Veins n2

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Numero DUE

Rivista tecnico-scientifica on-line a diffusione mirata • Organo ufficiale della AFI - Associazione Flebologica Italiana

Sclerotherapy 2012: il… marzo fiorentino

Nuova ipotesi patogenetica per i disturbi neurologici e visivi dopo scleroterapia con schiuma

Consensus Conference europea sulla terapia delle varici con schiuma sclerosante Aprile 2006, Tegernsee- Germania

La fleboterapia rigeneratrice tridimensionale ambulatoriale (TRAP): concetto innovativo del trattamento della varicosi Il duplex scan non è il sostituto dell’esperienza chirurgica nell’identificare la giunzione safenofemorale: i risultati dopo chirurgia della vena piccola safena L’incompetenza delle vene pelviche (PVI) influenza i livelli di dolore nei pazienti con varici degli arti inferiori

Può il numero di gravidanze incidere sul tipo di reflusso della grande safena nelle donne affette da varici?


È un supplemento de

L’AMBULATORIO

MEDICO

Organigramma AFI

Sclerotherapy 2012: il…marzo fiorentino

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I

EDITORIALE DI Dr. Alessandro Frullini Presidente AFI

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Diffusione nazionale

Medici specialisti in: anestesia e rianimazione, Angiologia e Flebologia, chirurgia generale, chirurgia plastica, dermatologia, dietologia, endocrinologia, fisiatria, malattie reumatiche, medicina sportiva e patologia vascolare, centri di medicina e Chirurgia Estetica, estetica medica, medici di base, studi privati di agopuntura e mesoterapia, infermieri professionali, ambulatori di chiroterapia, fisioterapia, fisiokinesiterapia e massaggi, poliambulatori, case di cura e cliniche private, direttori sanitari: A.S.L., ospedali, stabilimenti termali, associazioni e istituzioni sanitarie, istituti scientifici e di ricerca, docenti e corsisti Divisione Didattica VALET: C.P.M.A. e C.E.D.A.

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Dr. Maurizio Ronconi ronconi@med.unibs.it Dr. Vincenzo Mattaliano vmat@libero.it

Responsabili VEINS Dr. Maurizio Ronconi ronconi@med.unibs.it

n questo numero di Veins i lettori potranno trovare un resoconto dello studio che il nostro gruppo sta effettuando sulla produzione di endotelina dopo scleroterapia e sulle sue possibili relazioni con gli effetti collaterali della schiuma. Sempre su questo argomento Stephen Guggenbichler ha scritto un testo sulle famose Consensus Conference del Tegernsee che saranno di grande aiuto come linee guida a chi utilizza la schiuma sclerosante. Vorrei ringraziare quindi i colleghi che regalano un po’ del loro tempo per riassumere e commentare gli articoli che vedete pubblicati si Veins e colgo questa occasione per invitare tutti quelli che sono interessati a questa a attività a contattare la segreteria dell’AFI.

per fare il punto della situazione e fare nuovi progetti per il futuro. Invito quindi tutti i soci a partecipare attivamente alla discussione. Nel 2012 l’occasione sarà comunque più impegnativa e importante, il 23 e il 24 Marzo ci sarà l’undicesima edizione di SCLEROTHERAPY e secondo congresso nazionale dell’AFI. Questa sarà un’occasione speciale e per questo abbiamo deciso di spostare la sede a Firenze, città di grande richiamo e tradizionalmente legata alla flebologia (la prima descrizione scientifica del sistema venoso degli arti inferiori è stata fatta da Leonardo da Vinci nelle sale anatomiche dell’ospedale di Santa Maria Nuova di Firenze). Anche questa edizione di SCLEROTHERAPY 2012 si terrà in tre lingue (italiano, inglese e spagnolo) e per compilare il programma ho chiesto l’aiuto di due noti flebologi di fama internazionale, Stefano Ricci e Alessandro Pieri. Segnatevi quindi questa data sul calendario, sono sicuro che sarà un congresso da ricordare.

L’AFI sta crescendo e le nostre iniziative si stanno moltiplicando. L’assicurazione per il flebologo è già una realtà e grande successo ha riscosso il forum flebologico dell’AFI su internet (www.linkedin.com). Invito tutti gli associati a collegarsi in rete per discussioni sempre più interessanti. Il primo degli appuntamenti che ci aspetta è l’AFI DAY 2011 che terremo a Bologna nella sede della Valet. Ricordo che si tratta di una giornata gratuita per i soci in regola (5 crediti ECM). Nel corso dell’AFI DAY terremo anche la nostra assemblea annuale e sarà l’occasione

Dr. Paolo Casoni casonip@tin.it

Buon lavoro a tutti Dr Alessandro Frullini Presidente AFI - Associazione Flebologica Italiana

Simposio Internazionale di Flebologia International Symposium of Phlebology Simposio Internacional de Flebología

Segreteria

Elisa Bertocchi segreteria@associazioneflebologicaitaliana.it

ETE V SthAe DA

Rappresentanti regionali

Dr. Sergio Amitrano - Campania Dr. Giuseppe Caprarola - Umbria Dr. Paolo Casoni - Emilia Romagna Dr. Pietrino Forfori - Liguria Dr. Demetrio Guarnaccia - Campania Dr. Oronzo Walter Loparco - Abruzzo Dr. Cesare Moretti - Sardegna Dr. Gianfranco Nero - Lazio Dr.ssa Patrizia Pavei - Veneto Dr. Michele Rendace - Calabria Dr. Maurizio Ronconi - Lombardia

Coordinatore ricerca medica Dr. Sandro Pieri s.pieri@isci.it

Firenze (ITALY) 23 - 24 Marzo • March • Marzo

2012 Sclerotherapy Lingue ufficiali

(Italiano - English - Español)

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Congresso Nazionale

Associazione Flebologica Italiana

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Nuova ipotesi patogenetica per i disturbi neurologici e visivi dopo scleroterapia con schiuma L

a schiuma sclerosante (SS) è stata introdotta nel 1993 da Juan Cabrera (1) e successivamente diffusa in tutto il mondo. Il concetto alla base di un trattamento di questo tipo è quello di riempire il vaso insufficiente con una schiuma che fosse in grado di spingere via il sangue nell’area da trattare. In questo modo si realizza una sclerosi ideale in assenza di sangue (2-3). La schiuma estemporanea viene prodotta modificando gli sclerosanti liquidi con proprietà detergenti. Nel nostro paese questi sono rappresentati dal Lauromacrogol 400 o polidocanolo (POL) e dal tetradecil solfato di sodio (STS). Nella schiuma sclerosante il film di farmaco che riveste la bolla è composto dallo sclerosante allo stato puro. Se consideriamo poi che il tempo di contatto della schiuma con l’endotelio è particolarmente lungo, si comprende come l’irritazione endoteliale conseguente risulterà molte volte superiore a quella ottenuta con il farmaco nella corrispondente formulazione liquida Con la SS si sono ottenuti ottimi risultati nel trattamento delle varici safeniche, per le recidive, per il trattamento delle varici tributarie e nelle malformazioni vascolari. Malgrado non ci sia accordo sull’impiego della schiuma anche nelle varici minori (teleangectasie e reticolari) sono molti i flebologi che usano questa forma di trattamento con ottimi risultati. Le complicanze della schiuma sclerosante sono risultate simili a quelle della scleroterapia con liquido anche se, con la SS è stata riferita una maggiore incidenza di complicanze neurologiche e visive. Una delle possibili spiegazioni di questo fenomeno è la presenza di aria o gas nella schiuma che, attraverso un forame ovale pervio (condizione fisiologicamente presente in circa il 25% degli individui), permette un’embolizzazione paradossa nel circolo arterioso sistemico (4-5-6-7-8-9-10-11-12-13)). Uno studio recente su 12173 sessioni di scleroterapia ha riportato 4 disturbi visivi dopo scleroterapia con liquido, 16 con l’utilizzo di schiuma sclerosante e 8 in pazienti emicranici trattati con SS (1415). La “teoria delle bolle” può spiegare solo i casi trattati con schiuma ma non è ovviamente applicabile quando si utilizza lo sclerosante liquido. Nell’esperienza personale di uno degli autori (AF) è stato osservato un caso di emiparesi

Alessandro Frullini 1 Francesca Felice 2 Rossella di Stefano 2 Alberto Balbarini 2 1. Studio medico flebologico Dr. Frullini - Figline Valdarno (FI) (Italy) 2. U.O. Angiologia Universitaria Dip. Cardiotoracico e Vascolare Università di Pisa – Pisa (Italy)

transitoria in una paziente trattata con scleroterapia liquida per teleangectasie e più di un caso di disturbi visivi dopo scleroterapia con tetradecilsolfato di sodio in forma liquida. Per quanto riguarda poi l’iniezione di aria bisogna ricordare come questa pratica faccia routinariamente parte dell’esame ecocardiografico in caso di sospetto di difetto settale. Questa pratica, effettuata anche con volumi gassosi molto superiori a quelli usati in scleroterapia, non è mai stata associata a disturbi visivi o neurologici. Nell’unico lavoro nel quale viene postulata una certa relazione con alcune complicanze, l’aria è stata usata in associazione a mezzo di contrasto e, nell’unico caso dove è stata utilizzata solo l’aria, il difetto settale non era presente (17). In letteratura si trovano evidenze che esiste una chiara relazione tra alti livelli di endotelina 1 (ET 1) - il più potente peptide vasopressorio dell’organismo - il vasospasmo cerebrale, il vasospasmo retinico e l’emicrania. L’ET 1 è stato dimostrato che si produce in relazione a un’irritazione endoteliale e sembra quindi logico supporre che la scleroterapia, che è sostanzialmente una forma di irritazione endoteliale, possa essere legata a una aumentata produzione di endotelina. Questo spiegherebbe anche perché si sono osservate complicanze visive e neurologiche con l’uso dei liquidi (16-18-19-20-21-22-23-24-25-26-2728-29-30-31-32-33). In questo studio abbiamo misurato la produzione di endotelina in due gruppi di ratti prima e dopo scleroterapia con Lauromacrogol o tetradecilsolfato di sodio liquido e in schiuma.

un primo gruppo di 6 animali (gruppo 1). Un secondo gruppo (gruppo 2) di 6 ratti venne trattato con la stessa metodologia ma con il farmaco trasformato in schiuma (metodo tre vie – rapporto farmaco: aria 1 a 4). Infine un ultimo animale venne sottoposto a un’iniezione di soluzione salina da usare come controllo. Un’analisi della concentrazione sistemica di ET 1 venne effettuata nel sangue aortico prima dell’iniezione sclerosante (T0), dopo 1 minuto (T1) e infine dopo 5 minuti (T5). Tutti I campioni vennero centrifugati e conservati a -20°C fino allo studio ELISA (Assay Designs, Inc. of Enzo Biochem, Inc., New York, NY). La sensibilità dello studio risultò essere 0.41 pg/ml e la variazione intra- and interanalisi fu <9.5% and <8.3%, rispettivamente. Lo stesso studio è stato quindi condotto in un secondo gruppo di 12 ratti utilizzando tetradecilsolfato di sodio con la stessa metodologia.In quest’ultimo gruppo sono risultati utili all’analisi finale dei risultati solo 11 animali. Venne effettuata un’analisi statistica e tutti i risultati vennero espressi come medie ± S.D. di n esperimenti indipendenti. Utilizzando un software statistico (StatView for Windows) venne effettuata un’analisi della varianza (ANOVA) e una procedura di confronto multiplo PLSD (Fisher’s protected least-significant difference). I risultati vennero considerati significativi per p < 0.05.

(POL schiuma) trattato con schiuma sclerosante di Lauromacrogol 400 venne riscontrato un aumento significativo dei livelli di endotelina sia a 1 che a 5 minuti. (p<0.05 and p<0.01). Infatti nel ratto trattato con salina i livelli di ET 1 risultarono essere 20 ± 0.5 pg/ml al T0, 18.3 ± 0.5 pg/ml al T1 e 18.5 ± 0.5 pg/ml al T5. Nel gruppo 1 POL (Lauromacrogol liquido) i risultati furono 19 ± 1.9 pg/ml al T0, 17.9 ± 2.8 pg/ml al T1 and 17.7 ± 1.7 pg/ml al T5. Contrariamente ai precedenti, nel gruppo 2 POL trattato con SS, I livelli di ET 1 aumentarono da 17.9 ± 2.1 pg/ml al T0 a 21.4 ± 0.6 pg/ml al T1 e 22.3 ± 2.1 pg/ml al T5 (sia il T1 che il T5 risultarono statisticamente significativi verso T0, p<0.05 and p<0.01 rispettivamente) (Tabella I). Per quello che riguarda il trattamento con tetradecilsolfato di sodio al T0 il gruppo 1 STS trattato con il liquido dimostrò livelli di ET 1 di 2,13 +/- 0.36, al T1 di 1,106 +/0.55 e al T5 di 3,171 +/- 1.5. Il gruppo 2 STS (schiuma sclerosante) registrò al T0 3,325+/- 0.86, al T1 di 3,212 +/- 1.24 e infine al T5 di 5,709 +/- 1.69, risultati questi che differiscono in modo statisticamente significativo (p<0.01). Anche il confronto tra T1 e T5 di STS liquido raggiunse una differenza statisticamente significativa (p<0.01) (Tabella II).

RISULTATI

La schiuma sclerosante ha rivoluzionato il trattamento dell’insufficienza venosa e il numero di pazienti trattati con questa metodica è aumentato notevolmente negli ultimi anni. Malgrado il grandissimo numero di terapie effettua-

DISCUSSIONE

Nel gruppo 1 (POL liquido) e nell’animale di controllo con salina non si evidenziarono differenze statisticamente significative nei livelli di ET 1 a 1 e 5 minuti, ma nel gruppo 2

Tabella I: livelli sistemici di endotelina 1 (T0) e dopo (T1 e T5) scleroterapia con Lauromacrogol 400. I ratti trattati con schiuma sclerosante (gruppo 2) hanno un significativo aumento dei livelli ematici di ET 1 (*p<0.05 vs T0; **p<0.01 vs T0)

MATERIALI E METODI

Abbiamo dosato la produzione di ET 1 in un gruppo di 25 ratti (12 trattati con polidocanolo e 12 con tetradecilsolfato di sodio più uno trattato con la sola soluzione fisiologica). Lo studio è stato approvato da un comitato etico. Un ratto trattato con tetradecilsolfato di sodio venne escluso dall’analisi dei risultati per l’imperfetta iniezione in vena femorale. Gli animali vennero sottoposti a un’anestesia generale con pentobarbital e dopo aver esposto la vena femorale sinistra all’inguine e aver cannulato l’aorta, venne effettuata un’iniezione di 0,2 ml di Lauromacrogol 400 1% liquido in 4

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16- Romero J. R., Frey J. L., Schwamm L. H., Demaerschalk B. M., Chaliki H. P., Parikh G. et al Cerebral Ischemic Events Associated With ‘Bubble Study’ for Identification of Right to Left Shunts Stroke. 2009;40:2343-8 17- Tsivgoulis G., Heliopoulos I., Stamboulis E. Safety of TCD “Bubble Study” Stroke 2010;41:195 18- Iannaccone A., Letizia C., Pazzaglia S., Vingolo E M, Clemente G, Pannarale M R Plasma endothelin-1 concentrations in patients with retinal vein occlusions. Br J Ophthalmol 1998;82:498-03 19- Ciulla T. A., Pawlyk B. S., Harris A., Oberoi A., Miller J. W., Sandberg M. A.. Endothelin-1-mediated retinal artery vasospasm and the rabbit electroretinogram. J Ocul Pharmacol Ther 2000 ;4:393-98 20- T. Haufschild, C. Prünte, J. Messerli, J. Flammer Erhöhter Endothelin-1-Plasmaspiegel bei retinalen Gefäßverschlüssen jüngerer Patienten. Klin Monatsbl Augenheilkd 2004; 5: 357-59 21- Takei K., Sato T., Nonoyama T., Miyauchi T., Goto K. Analysis of vasocontractile responses to endothelin-1 in rabbit retinal vessels using an ETA receptor antagonist and an ETB receptor agonist. Life sciences 1993; 6: 111-15 22- Kallela M., Färkkilä M., Saijonmaa O., Fyhrquist F. Endothelin in migraine patients. Cephalalgia. 1998; 6:329-32 23- Dreier J P, Kleeberg J, Petzold G et al Endothelin-1 potently induces Leão’s cortical spreading depression in vivo in the rat. Brain 2002; 1: 102-12 24- Tzourio C., El Amrani M., Poirier O., Nicaud V., Bousser M. G., Alpérovitch A. Association between migraine and endothelin type A receptor (ETA -231 A/G) gene polymorphism. Neurology 2001;56:1273-77 25- Färkkilä M., Palo J., Saijonmaa O., Fyhrquist F. Raised plasma endothelin during acute migraine attack. Cephalalgia 2005; 6: 38384 26- Ziv I., Fleminger G., Djaldetti R., Achiron A., Melamed E., Sokolovsky M. Increased plasma endothelin-1 in acute ischemic stroke. Stroke 1992;23:1014-16 27- Mascia L., Fedorko L., Stewart D. J., Mohamed F, terBrugge K, Ranieri V M, Wallace M C, Pluta R M Temporal Relationship Between Endothelin-1 Concentrations and Cerebral Vasospasm in Patients With Aneurysmal Subarachnoid Hemorrhage. Stroke 2001;32:1185-90 28- Shaller B. J. The role of endothelin in stroke: experimental data and underlying pathophysiology. Arch Med Sci 2006; 3: 146-58 29- Hasdai D., Holmes D. R. Jr, Garratt K. N., Edwards W. D., Lerman A. Mechanical Pressure and Stretch Release Endothelin-1 From Human Atherosclerotic Coronary Arteries In Vivo. Circulation 1997; 2: 357-62 30- Yanagisawa M, Kurihawa H, Kimura S, Tomobe Y, Kobayashi M, Mitsui Y, et al. A novel potent vasoconstrictor peptide produced by vascular endothelial cells. Nature 1988;332:411-5 31- Abraham D., Dashwood M. Endothelin—role in vascular disease Rheumatology 2008; 47:23-4 32- Letizia C., Cerci C., Subioli S., Scuro L., Clemente G. Increased Plasma Endothelin-1 After Nicotine Consumption in Nonsmokers Clinical Chemistry 1997;43: 2440-1, 33- Loghin C., Sdringola S., Gould K. L. Does coronary vasodilation after adenosine override endothelin-1-induced coronary vasoconstriction? - Am J Physiol Heart Circ Physiol 2007;292: 496-02 34- Raymond-Martimbeau P. transient adverse events positively associated with patent foramen ovale after ultrasound-guided foam sclerotherapy. Phlebology 2009;24: 114-19 35- Lowell R. C., Gloviczki P., Miller V. M. In vitro evaluation of endothelial and smooth muscle function of primary varicose veins. J Vasc Surg. 1992; 5: 679-86. 36- Barber D. A., Wang X., Gloviczki P., Miller V. M. Characterization of endothelin receptors in human varicose veins. J Vasc Surg. 1997; 1:61-69.

rosante con Lauromacrogol 400 schiuma rispetto a una dose di farmaco equivalente in forma liquida. Anche il trattamento con tetradecilsolfato di sodio ha prodotto un consistente aumento dell’endotelina cicolante. In questo caso il farmaco ha dimostrato di essere capace di aumentare significativamente i livelli di endotelina anche in forma liquida oltre che in schiuma. Questo non significa necessariamente che il tetradecilsolfato di sodio sia in grado di aumentare l’ET 1 sistemica maggiormente rispetto al polidocanolo (i valori dei due gruppi di controllo non erano equivalenti) ma, dal punto di vista puramente teorico, potrebbe spiegare la maggiore incidenza di disturbi visivi dopo scleroterapia con tetradecilsolfato di sodio anche in forma liquida. Non è ovviamente possibile trasferire automaticamente questi dati nella realtà clinica ma, allo stesso modo, non esistono a oggi le condizioni per considerare i disturbi neurologici e visivi dopo scleroterapia con schiuma come sicuramente correlati alla presenza di bolle di aria o di gas.

Tabella II: livelli sistemici di endotelina 1 (T0) e dopo (T1 e T5) scleroterapia con tetradecilsolfato di sodio. I ratti trattati con schiuma sclerosante (gruppo 2) hanno un significativo aumento dei livelli ematici di ET 1 con l’uso della schiuma sclerosante (**p<0.01 vs T0 e T1). Una significatività si è raggiunta anche tra T1 e T5 (*p<0.01 T5 vs T1) con l’uso del tetradecilsolfato di sodio liquido (gruppo 1)

trattata è sicuramente superiore. In questo caso la produzione di ET 1 dovrebbe essere quindi superiore. In questo studio abbiamo dimostrato che in un modello animale una scleroterapia con schiuma libera una quantità significativa di ET1. Malgrado la quantità liberata di endotelina sia in termini assoluti più elevata utilizzando tetradecil solfato di sodio, non è possibile fare un raffronto tra i due farmaci perché i valori nei due gruppi di controllo differiscono sostanzialmente. Lowell e Barber hanno dimostrato che la parete delle vene insufficienti produce più endotelina della vena normale (35-36). Un trattamento eseguito in questo contesto potrebbe risultare in una produzione ancora maggiore di ET 1 (i ratti trattati avevano ovviamente delle vene normali). L’endotelina così prodotta verrà liberata nel circolo venoso di ritorno e si legherà ai recettori presenti sui vasi a valle, in particolare nella rete vascolare del polmone, risultando in un sangue povero di ET 1 a livello delle sezioni sinistre del cuore. Nel caso di una pervietà dl forame ovale è logico pensare a un passaggio di sangue ricco di endotelina nel cuore sinistro e quindi a una maggiore possibilità di vasospasmo.

te con successo, alcuni effetti collaterali (disturbi visivi e neurologici transitori), sia pure con incidenza molto rara, si sono verificati più frequentemente che con la corrispondente forma farmaceutica liquida. La spiegazione più comune di queste complicazioni lega queste complicanze al passaggio di micro-bolle di aria o di gas nel cuore sinistro attraverso un forame ovale pervio. Studi con doppler trans-cranico hanno dimostrato la presenza di microemboli gassosi nelle arterie cerebrali anche se in assenza di sintomi o segni neurologici. Tali reperti sono comunque reperti normali anche dopo lo studio ecocardiografico per i difetti del setto dove viene iniettata aria in vena e tale procedura non è mai stata correlata a eventi neurologici o visivi. La “teoria delle bolle” non convince per molti motivi, soprattutto perché tali eventi visivi e neurologici vengono riportati in tutte le grandi serie di trattamento sclerosante con liquido.Inoltre Raymond-Martimbeau ha dimostrato in un gruppo di 3259 pazienti trattati con ecosclerosi effettuata con una schiuma di STS che una complicazione neurologica o visiva si verificò nello 0,21% dei pazienti. In questi casi con complicanze, il 28,6 dei soggetti non aveva un forame ovale pervio (34). La nostra ipotesi è che la scleroterapia induca una maggiore produzione di endotelina dal vaso trattato. Una sclerosi con schiuma risulta molto più efficace in termini di danno endoteliale e la superficie

CONCLUSIONE

Questo studio dimostra come la produzione di ET 1 risulti aumentata in un modello animale dopo trattamento scle6

REFERENCES 1- Cabrera Garrido J. R., Cabrera Garcia Olmedo J. R., Garcia Olmedo D. Nuevo metodo de esclerosis en las varices tronculares Pathologia Vasculares 1993; 1: 55-72 2- Frullini A. Foam sclerotherapy: a review. Phlebolymphology 2003;40: 125-29 3- Frullini A., Cavezzi A. Sclerosing foam in the treatment of varicose veins and teleangectasies: history and analysis of safety and complications. Dermatol Surg 2002;28: 11-15 4- Morrison N. Ultrasound guided foam sclerotherapy: safety and efficacy. Phlebology 2009;24:239 5- Tessari L. Nouvelle technique d’obtention de la scléro-mousse Phlébologie 2000;53:129 6- Morrison N. Studies on safety of foam sclerotherapy. in: Bergan J, Le Cheng V: Foam sclerotherapy: a textbook London - Royal Society of Medicine press –2008: 183-92 7- Morrison N. Foam sclerotherapy, how to improve results and reduce side effects Phlébologie 2009, 62;23-34 8- Forlee M. V., Gouden M., Moore D. J., Shanik G. Stroke after varicose vein foam injection sclerotherapy J Vasc Surg 2006;43: 162-64 9- Bush R. G., Derrick M., Manjoney D. Major neurological events following foam sclerotherapy. Phlebology 2008;23: 189-92 10- Bénigni J. P. Sclérothérapie à la mousse et migraines à aura. Phlébologie 2005; 4: 323-24 11- Breu F. X., Guggenbichler S., Wollmann J .C. Second European Consensus meeting of foam sclerotherapy. Duplex ultrasound and efficacy criteria in foam sclerotherapy from the 2nd European consensus meeting on foam sclerotherapy 2006, Tegernsee Germany. Vasa 2008;37:90-5 12- Gillet J. L., Guedes J. M., Guex J. J. et al Etude Cesmous: effets secondaires et complications de la sclerotherapy à mousse de la grande et de la petite veinse saphéne. Etude prospective controlée incluant 1025 patients. Phlébologie 2009;4: 29-39 13- Gillet J. L. Troubles visuels et neurologiques après injection de mousse sclérosante. Phlébologie 2009; 2: 26-30 14- Guex J. J., Allaert F. A., Gillet J. L., Chleir F. Incidence des complications de la sclerotherapy: analyse d’u register prospectif multicentrique realize chez 22 phlébologues pendant 12 semaines (12173 séances). Phlébologie 2005; 2: 189-95 15- Gillet J. L., Guex J. J., Allaert F. A., Chleir F. Incidence des complications de la sclerotherapy à la mousse: résultats de l’létude de la société Francaise de Phlébologie (SFP). Phlébologie 2005; 4: 349-51

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Consensus Conference europea sulla terapia delle varici con schiuma sclerosante Aprile 2006, Tegernsee- Germania

RIASSUNTO E COMMENTO DI Dr. Stephan Guggenbichler Monaco - Germania info@beinsprechstunde.de

Breu FX, Guggenbichler S, Wollmann J C VASA 2008; S/71: 3-29.

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2007 e venne pubblicato nel 2008. I temi furono: 1 Generalità (esperienza, indicazioni, numero di pazienti trattati) 2 Materiale di accesso 3 Vie di accesso 4 Metodo di produzione della schiuma 5 Volumi del sclerosante 6 Concentrazioni del sclerosante 7 Criteri di efficacia 8 Sicurezza 9 Compressione post-scleroterapia 10 Consenso informato del paziente 11 Criteri sull’uso dell’ecocolordoppler

urante la prima “Consensus” sulla terapia con agenti sclerosanti in schiuma nel 2003 esperti scelti di vari paesi europei hanno elaborato diverse raccomandazioni per l’uso della scleroterapia con “mousse”. Successivamente è stato organizzato un secondo incontro con un gruppo di flebologi esperti nell’uso della schiuma sclerosante nell’aprile del 2006 a Tegernsee in Germania. Compito principale del gruppo era quello di aggiornare gli argomenti della prima ”Consensus” e di precisare alcuni punti importanti nello sviluppo della scleroterapia con schiuma. Per la formazione del Consensus è stata seguita la seguente metodologia: ai 27 partecipanti di 10 paesi europei diversi è stato inviato qualche mese prima della conferenza un questionario comprendente tutti gli argomenti che sarebbero stati oggetto del successivo incontro. In base ai risultati dei questionari il comitato organizzativo ha sviluppato quindi dei pareri di posizione e raccomandazioni che durante l’incontro successivo sarebbero stati modificati o autorizzati dai vari partecipanti. Inoltre le proposte sono state elaborate in modo da poter presentare una serie di consigli pratici. Durante la conferenze furono organizzati dei gruppi di lavoro che dovevano elaborare alcuni concetti come, per esempio, i criteri di efficacia del trattamento endoluminale. Il loro lavoro venne portato a termine nel

Generalità Per quello che riguarda le indicazioni per la scleroterapia con schiuma il gruppo concordò che tutti i vasi di qualsiasi calibro possono essere sottoposti a trattamento scleroterapico con questa modalità. In particolare sono state differenziate le seguenti indicazioni: v. grande safena (GSV), v. piccola safena (SSV), rami collaterali (tributarie), varici recidive (Rec-Var), varici perforanti (PerfV), varici reticolari (retV), telangiectasie (Tel), malformazioni venose (VVM) e altre indicazioni come ad es. le varici vulvari. Per quello che riguarda la l’indicazione al trattamento con schiuma, le varici recidive furono quelle dove il metodo sembrava più indicato, seguite dalle varici di grosso calibro come la grande o la piccola safena e le tributarie. Materiale di accesso Come metodo di accesso più frequente venne usata l’iniezione diretta con ago posizionato sulla siringa. Altri metodi furono la cosiddetta tecnica aperta, l’iniezione con l’ago a farfalla, con il catetere corto oppure l’ applicazione della schiuma tramite catetere lungo.Le dimensioni di ago vennero suggerite tra i 21G e i 23G per le vene di calibro grosso e 25G/30G per varici reticolari e telangectasie. 8

Liquido 0,25% 0,5% GSV

1% +

2% ++

3% ++

SSV

+

++

+

++

++

+

(+)

++

+

(+)

+

Volume medio schiuma per iniezione

Volume massimale schiuma per iniezione

GSV

2 - 4 ml

Fino a 6 ml

Tributarie

SSV

2 -4 ml

Fino a 4 ml

Rec Var

(+)

Trib

Fino a 4 ml

Fino a 6 ml

Perf V

Recidive

Fino a 4 ml

Fino a 8 ml

v. Perforanti

Fino a 2 ml

Fino a 4 ml

Varici reticolari

< 0,5 ml

< 1 ml

telangiectasie

< 0.5 ml

< 0.5 ml

Malformazioni Venose

2 - 6 ml

< 8 ml

++

Ret.V

(+)

(+)

++

Tel*

++

(+)

(+) +

VVM

++

+

Avviso: Le concentrazioni riguardano il polidocanolo liquido dal quale viene prodotto la schiuma * In vasi con diametro sotto 1mm la terapia con schiuma non è la terapia di prima scelta. Si raccomanda pertanto di usare la scleroterapia con agenti liquidi. Se necessario usare piccole dosi di schiume al 0.25% oppure 0.5%.

Tabella 1: volume per punzione

Tabella 2: polidocanolo - concentrazioni/indicazioni

Vie di accesso Nel trattamento dela grande safena venne consigliato un accesso alla safena al terzo superiore di coscia con una distanza minima di sicurezza di 10cm dalla giunzione safeno-femorale. Usando cateteri lunghi si consigliò l’accesso alla grande safena al di sotto del ginocchio. Nel trattamento della vena piccola safena venne considerato desiderabile un accesso al terzo medio o superiore della gamba.anche se venne sottolineato come particolarmente evidente il rischio dell’iniezione di una arteria nel cavo popliteo, per cui fu sottolineato l’importanza dell’iniezione solo sotto controllo ecografico in quella sede. Riguardo alla posizione del paziente quella supina con una moderata elevazione della gamba venne considerata la più adeguata con l’eccezione del trattamento della vena piccola safena. Nel trattamento di varici tronculari e varici recidive si consiglia di iniettare nella parte più craniale della varice. Trattando varici perforanti si consiglia per motivi di sicurezza di non iniettare direttamente nelle perforanti ma nelle vene varicose adiacenti.

Liquido 0,25% 0,5%

1% +

2% ++

3% ++

1-3 mm (RetV)

+

++

+

3-4 mm

++

Tel < 1 mm

5-6 mm

(+)

++

++

+

7-8 mm

(+)

++

+

(+)

+

9-10 mm

(+)

(+)

++

> 10 mm

++

(+)

(+)

Tabella 3: concentrazioni di polidocanolo per la produzione in relazione al diametro dei vasi

Una delle raccomandazioni più importanti del “Consensus” riguarda il volume da utilizzare:

Non si dovrebbe superare Il volume massimo di 10ml di schiuma per gamba e per seduta (anche se con iniezioni multiple). Alcuni esperti dichiararono che utilizzavano volumi superiori di schiuma per seduta usando schiume al CO2O2.

Produzione della schiuma Per produrre la schiuma per tutte le indicazioni si consiglia il metodo delle tre vie oppure il metodo Tessari/DSS (2 siringhe connesse con un connettore). Si consiglia l’aria come componente gassosa ma si può usare anche una miscela di CO2 e O2 in composizioni diverse, preferi-bilmente 70%:30%. La proporzione preferita di agente sclerosante liquido e gas per produrre una schiuma sclerosante è 1:4 (1 parte liquida e 4 parti di gas). Trattando varici reticolari e telangiectasie si usano proporzioni di sclerosante e gas tra 1+1 e 1+5, ma la maggioranza dei partecipanti ha proposto 1+4 anche in questo caso. Trattando varici di grosso calibro si consiglia una schiuma densa e a bolle piccolissime.

Criteri di efficacia Per una piccola maggioranza di partecipanti lo spasmo vasale (controllato con l’ecografia) dopo l’iniezione della schiuma veniva ritenuto un buon criterio per l’iniziale efficacia del trattamento. La maggioranza degli esperti comunque era concorde sul fatto che la presenza del vasospasmo non poteva essere l’unico criterio per decidere su concentrazione e volume adeguati dell’agente sclerosante. L’efficacia terapeutica della sclerosi con schiuma doveva essere decisa secondo criteri clinici, ecografici e una classificazione in base al miglioramento dei sintomi del paziente. L’efficacia terapeutica doveva essere valutata secondo parametri temporali come l’efficacia a breve termine dopo 4-12 settimane, a medio termine dopo 2 anni e a lungo termine dopo 5 anni. Se dopo la prima visita di controllo non si fosse evidenziata una occlusione del

Volume della schiuma e concentrazione del polidocanolo I volumi per iniezione sono descritti nella Tabella 1, le concentrazioni preferite nelle Tabelle 2 e 3. 9


occlusione del segmento di vena trattato lunghezza dell’occlusione evidenza di flusso flusso retrogrado (>1 sec) o anterogrado compressibilità della vena con la sonda ecografica diametro del vaso alterazioni morfologiche (fibrosi/ispessimento parietale) vena non più evidenziabile

giunzione situate cranialmente o confinanti con il sistema venoso profondo. In aggiunta alle già note controindicazioni della scleroterapia con schiuma sono state formulate nuove controindicazioni relative e assolute per la scleroterapia con schiuma: • un forame ovale cardiaco pervio sintomatico è una contraindicazione assoluta per la scleroterapia con schiuma; • un forame ovale cardiaco pervio asintomatico noto è una controindicazione relativa alla scleroterapia con schiuma. In questo caso si consigliano le seguenti misure: • l asciare il paziente in posizione supina per un periodo che va dai 8 ai 30 minuti; • s i consiglia di usare volumi di schiuma inferiori (2ml) o di trattare con la sclero-terapia liquida • evitare le manovre di Valsava; • sollevare l’arto dopo l’iniezione di c.a 30cm.

Tabella 4: criteri ecografici per l’efficacia

vaso trattato, la maggioranza dei partecipanti consigliava la ripetizione della terapia con eventualmente un volume maggiore di schiuma o con una schiuma a concentrazione superiore. In particolare si consigliava di aumentare solo una componente alla volta, cioè il volume o la concentrazione. La Tabella 4 riporta i criteri di valutazione dell’effetto della scleroterapia con schiuma mentre i criteri di valutazione dell’effetto terapeutico sono presentati in Tabella 5. Sicurezza e controindicazioni Consigli pratici per migliorare la sicurezza durante la scleroterapia con schiuma delle vene safene grande e piccola: • evitare la compressione immediata delle zone iniettate; • controllo ecografico della distribuzione della schiuma; • iniezione di una schiuma molto densa; • si consiglia di evitare movimenti del paziente o della gamba, non eseguire movimenti muscolari o manovre di Valsalva per un periodo di 2-5 minuti; • nel trattamento delle teleangectasie o vene reticolari si consiglia come prima scelta gli agenti sclerosanti liquidi. Usando la schiuma si consigliano volumi piccoli e concentrazioni molto basse per evitare danni. (la schiuma è molto più efficace del liquido) • la maggioranza di esperti era del parere che durante la iniezione non era necessario comprimere vene e/o la

Prima di una scleroterapia con schiuma (scs) non ènecessario fare delle indagini diagnostiche mirate a scoprire un forame ovale pervio. Quando durante una scs emergono disturbi neurologici transitori si consiglia di fare degli accertamenti riguardanti un eventuale forame ovale pervio con shunt destrosinistro (ecografia trans-esofagea) e si consiglia di non eseguire ulteriori trattamenti con schiuma. Un alto rischio alto di tromboembolia nell’anamnesi del paziente (per es. una trombosi profonda o embolia polmonare ) e una trombofilia grave e nota (specialmente in combinazione con un alto rischio trombembolico) sono una controindicazione relativa.In questi casi si consiglia: • profilassi eparinica con eparine a basso p.m. (secondo le linee guida);

Tabella 5: gradazione dei risultati del trattamento con scleroterapia con schiuma

gradazione

criteri Duplex

criteri clinici

sintomi

a) scomparsa completa della vena trattata oppure “cordone fibroso” (cordone non comressibile, iperecogeno, nel sito della vena trattata 2 pieno successo

no REFLUSSO

b) Occlusione completa (non-compressibilità) della vena trattata

Normalizzato (assenza di varici)

Assenti o migliorati

Assenti o migliorati

c) Pervietà della vena trattata con diametro ridotto e flusso anterogrado 1 successo parziale

REFLUSSO < 1 sec.

Non-compressibilità parziale, occlusione parziale del segmento di vena trattato e riduzione del diametro

normalizzato o migliorato (meno varici visibili)

0 senza successso

REFLUSSO > 1 sec. o invariato

completa (o incompleta) pervietà e/o diametro invariato

invariato o peggiorato (varici più grandi o peggioramento classe CEAP)

Invariato o peggiorato

Ulteriori informazioni: L‘esame ecografico si esegue in posizione eretta; La lunghezza del segmento di vena occluso deve essere paragonato alla lunghezza del segmento di vena con reflusso, il quale deve essere occluso con l’iniezione. (Prima dell’iniezione bisogna decidere il segmento di vena da occludere; Si valuta il reflusso durante una manovra di Valsalva oppure durante una compressione/rilasciamento distale; Riguardo il rilevamento dei sintomi si possono – se indicati – usare schemi differenziati e standardizzati tipo Symptom Scores VCSS ; altrimenti anche il VAS (schemi visuali analoghi da 1-10) può essere di aiuto e sono semplici; Riguardo la valutazione clinica possono- se indicate – essere usate classificazioni differenziate e standardizzate come la CEAP; Trattando sia dal punto di vista estetico e medico si consiglia di usare due documentazioni diverse; Questa classificazione si può usare per il confronto di tutte le terapie endovenose (laser, radiofrequenza e scleroterapia); Si consiglia di documentare il numero dei trattamenti (iniezioni e sedute) come anche il tipo di trattamento.

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• profilassi fisica; • usare concentrazioni basse di agente sclerosante; • usare piccoli volumi di schiuma; • decisione caso per caso (rispettando la giusta indicazione per il trattamento e valutando rischio e vantaggio della terapia).

• a volte sono necessari ulteriori trattamenti specialmente trattando varici di grosso calibro. La schiuma sclerosante è più efficace del liquido sclerosante. Ecografia duplex e scleroterapia Nella diagnostica pre-scleroterapeutica e assolutamente necessario conoscere l’esatta localizza-zione delle vene insufficienti. L’ecografia duplex è lo standard diagnostico di prima scelta accettato da tutti. È possibile dimostrare con l’ecografia duplex l’efficacia terapeutica della schiuma sulla piccola e grande safena, sulle tributarie, le recidive, le perforanti e le malformazioni venose. Per l’iniezione di varici non visibili il controllo ecografico e un importante strumento per evitare stravasi o iniezioni intra-arteriose. Per iniettare direttamente varici non visibili ad occhio nudo è necessaria una visione ecografica preferibilmente con il sistema duplex.

Prima di una scs non è necessario fare degli esami di laboratorio per studiare una eventuale trombofilia. Nel caso di formazione di sclerotrombi all’interno della vena trattata si consiglia sempre una incisione o puntura del vaso con espressione digitale del trombo (migliore guarigione, più rapida riduzione del dolore, migliore risultato estetico). La maggioranza dei partecipanti non ritiene che la emicrania sia una controindicazione alla scs. consigliando in questo caso le seguenti misure precauzionali: • usare volumi piccoli; • usare concentrazioni basse; • elevare la gamba; • lasciare il paziente più a lungo in posizione supina; • usare agenti sclerosanti liquidi;

La “Consensus Conference” sulla scleroterapia con schiuma organizzata da noi al lago di Tegernsee in Germania ha suscitato interesse in tutto il mondo e ha promosso oltre alla efficacia del metodo anche la sua sicurezza. Ha sicuramente contribuito allo sviluppo del metodo e alla almeno parziale standardizzazione della scleroterapia con schiuma. I risultati di questa “Consensus internazionale” con esperti scleroterapisti sono stati fondamentali per lo sviluppo di linee guide nazionali tedesche e internazionali. Nel 2006 la scleroterapia con schiuma in Germania era un trattamento cosiddetto “off label”, attualmente la terapia ha avuto in Germania l’approvazione delle autorità tedesche, sicuramente anche grazie alla “Consensus”. Il metodo della ablazione chimica di vene varicose e comunque in continuo sviluppo e ha ancora un grosso potenziale per il futuro.

Compressione Per quanto riguarda la necessita di eseguire una compressione dopo scs durante la conferenza si registrarono le seguenti opinioni: circa il 85 % dei partecipanti ritenne necessaria una terapia compressiva con fasciatura o calza elastica dopo il trattamento di varici a grosso calibro per un periodo di 3-4 settimane. Dopo il trattamento di varici reticolari e delle teleangectasie solo la meta dei partecipanti ritenne necessaria una compressione prolungata (per 2-3 settimane). Trattando malformazioni venose i partecipanti consigliavano la compressione nel 94% dei casi e come grado di compressione delle calze si consigliava la prima o la seconda classe secondo la classificazione tedesca. Si trovò inoltre un consenso sul fatto che se si verificava l’insorgenza di una tromboflebite dopo la scleroterapia, l’uso della compressione doveva essere prolungato per 2-4 settimane. informazione del paziente - consenso Prima di una scs si consiglia di informare il paziente sugli stessi rischi e possibili effetti collaterali come prima di una scleroterapia con agenti liquidi e inoltre: • un piccolo rischio maggiore di iperpigmentazioni e infiammazioni; • un rischio di sviluppare sintomi neurologici transitori; • esiste un rischio di sviluppare disturbi visivi transitori; • esiste un rischio di scatenare una emicrania.

Partecipanti alla conferenza Benigni Jean-Patrick, Francia; Bihari Imre, Ungheria; Breu Franz-Xaver, Germania; Cabrera Antonio, Spagna; Cavezzi Attilio, Italia; Coleridge Smith Phillip D, Regno Unito; Diamand Jean-Marc, Francia; Frullini Alessandro, Italia; Guex Jean-Jérôme, Francia; Guggenbichler Stefan, Germania; Hamel-Desnos Claudine, Francia; Javien Arkadiusz, Polonia; Kahle Birgit, Germania; Kern Phillipe, Svizzera; Marshall Markward, Germania; Milleret René, Francia; Morrison Nick, USA; Pannier Felicitas, Germania; Partsch Bernhard, Austria; Partsch Hugo, Austria; Ra-be Eberhard, Germania; Ramelet Albert-Adrian, Svizzera; Rybak Zbigniev, Polonia; Schadeck Michel, Francia; Strejcek Jaroslav, Repubblica Ceca; Stücker Markus, Germania; Tessari Lo-renzo, Italia; Wildenhues Bernward, Germania; Wollmann Jan-Christoph, Germania;

Per quanto riguarda l’efficacia terapeutica prospetta si consiglia di informate il paziente che: • i risultati a breve termine sono molto soddisfacenti 11


La fleboterapia rigeneratrice tridimensionale ambulatoriale (TRAP): concetto innovativo del trattamento della varicosi

RIASSUNTO E COMMENTO DI Dr. Stefano Ricci - RM varicci@tiscali.it

La phlébothérapie régénératrice tridimensionnelle ambualtoire (TRAP): concept innovant de traitement de la varicose. Phlébologie 2010, 63,1, P.53-5. Dr. Sergio Capurro - Divisione di Chirurgia Plastica, Ospedale S.Martino – Genova • sergio.capurro@fastweb.it

RIASSUNTO

Fatte queste premesse, invece di obliterare o eliminare le vene superficiali che fungono da valvola di scarico dell’ipertensione emodinamica, l’Autore preferisce ridurre il calibro delle perforanti e della vene superficiali rinforzando le loro pareti e ristabilendone la funzione e la morfologia. Questo effetto viene chiamato “rigenerazione”. Tutte le vene visibili ad occhio nudo o per transillumunazione devono essere iniettate con una soluzione non obliterante che va a correggere la “meiopragia” della pereti venose malate: Il liquido penetra in maniera “tridimensionale” andando a trattare in profondità le vene perforanti, vera causa anatomica dell’ipertensione emodinamica. Tale soluzione è costituita da salicilato di sodio in un veicolo di idroglicerina tamponata al 6 e 10%. Vengono iniettati 12-45 ml (al 3 o 6% ) per seduta ad un solo arto alla volta. Ogni arto è diviso in tre territori trattati in successione: regione mediale di gamba, regione posteriore, regione laterale. Alla fine del trattamento il paziente rimane immobile per due minuti, quindi viene bendato o indossa calze compressive. La compressione dovrà essere portata per alcuni mesi fino a scomparsa delle varicosità. La percentuale di scomparsa permandente di vene visibili dal 2003 al 2009 è stata elevata: in un campione di 30 casi sottoposti a due sedute di 9ml al 6% è stato riscontrato un miglioramento del 93,14%. Mentre i trattamenti correnti trattano singoli vasi ectasici, la TRAP è un trattamento rigeneratore delle vene superficiali e delle perforanti che blocca l’evoluzione della malattia varicosa.

La circolazione venosa è un sistema tridimensionale basato su valvole e sistemi di pompa. Se le valvole diventano incontinenti a causa della debolezza della parete venosa, il sistema venoso superficiale si dilata perché sottoposto ad una pressione anomala. Ma non è la safena incontinente che trasmette questa pressione, tanto che molti soggetti nascono senza valvole in safena, senza sviluppare varici. L’insufficienza safenica diventa patologica solo quando sono insufficienti le perforanti o la Piccola Safena. Bastano poche perforanti, anche non visibili agli ultrasuoni, per dilatare le vene superficiali, a causa della loro interazione con la pressione idrostatica. Questa è legata alla altezza della colonna idrostatica ed è la stessa qualunque sia lo stato della safena. Ma è la spinta idrostatica (data dal prodotto della PI x diametro interno della vena x altezza di 1 cm) invece che è importante, dove conta più l’estensione della superficie del vaso interessato che il volume di sangue contenuto. Per esempio: due vene piene di sangue dell’altezza di un metro; una ha un diametro di 10 mm; l’altra un diametro di 1 mm tranne che sui 5cm terminali in cui il diametro è di 20 mm. Questa seconda vena, pur contenedo una quantità di sangue minore, ha una spinta idrostatica doppia rispetto alla prima vena. Di conseguenza, clinicamente avremo: • dilatazione delle perforanti; • insufficienza valvolare; • ipertensione emodinamica; • dilatazione delle vene; • aumento della spinta idrostatica; • edema e compressione dei tessuti della caviglia; • disturbi trofici; • ulcera. 12

Essa è consigliabile nei casi di patologia venosa dichiarata, nei pazienti con ulcera venosa e nella prevenzione della malattia varicosa.

pistone ci suggerisce il grado di incontinenza del vaso in trattamento – la tecnica è “tridimensionale” perché tratta le perforanti – lo stato della grande safena non è importante, ma quello della piccola safena sì; il trattamento rinforza la parete venosa e riduce il calibro, ristabilisce la funzione e la morfologia = rigenerazione) il trattamento suggerito è proposto come in grado di trattare la malattia varicosa alla sua origine, ma vengono mostrati solo casi di teleangectasie e varici reticolari (ancorché estese) mentre non si fa accenno alcuno a casi di varici conclamate delle tributarie e degli assi safenici, che costituiscono la patologia più importante nella casistica del flebologo. Manca infine una casistica anche appena abbozzata nonché una analisi credibile dei risulti. Per concludere, poiché il Bisclero è probabilmente un buon liquido sclerosante, è un vero peccato che un medico di esperienza e di genio come Capurro (ha registrato vari altri brevetti, vedi il metodo TIMED) dotato di mentalità innovativa e spirito creativo non sia in grado di “tenere a freno” queste doti filtrandole attraverso le regole in uso nella comunità scientifica. Un certo disprezzo per il mondo esterno alla sua sfera si può leggere in un lungo scambio di messaggi su www.circolazionevenosa.it, nel forum, alla pagina sulla fleboterapia, in cui si contrappone “il metodo scientifico” al “metodo fisico”.

COMMENTO

Fare il riassunto di questo lavoro è difficile perché molte delle frasi non sono esprimibili con parole diverse da quelle espresse dall’Autore, tanto sono originali ed assiomatiche. La fleboterapia rigeneratrice ambulatoriale tridimensionale (TRAP) viene proposta come una novità terapeutica assoluta, ma in realtà il salicilato di sodio e la glicerina sono in uso dall’inizio della storia della scleroterapia. L’Autore propone una formulazione da Lui brevettata (Bisclero 6% e 10%), che richiede in più l’aggiunta anestetico locale, peraltro utilizzabile secondo i criteri di farmaco galenico. La caratteristica fondamentale di questa soluzione è di essere relativamente debole (effetto non obliterante) tanto da consentire l’iniezione di volumi importanti (l’effetto è volume dipendente). I problemi nascono quando ci viene spiegato il razionale di questa terapia. Essa si basa su una interpretazione fisiopatologica (peraltro inesatta perché cita leggi relative all’idrostatica che contraddicono l’esempio riportato) che tiene conto solo dell’effetto della pressione idrostatica (in tubi rigidi) senza tener conto che il sistema venoso è molto più complesso di quello prospettato, non fosse altro per l’azione dei muscoli e della pressione dei tessuti circostanti, per la compliance della parete, per l’azione del sistema valvolare dei vasi profondi e di quelli superficiali sottofasciali. L’autore cita una “ipertensione emodinamica” che trae origine da una “meiopragia” che colpisce le pareti di tutte le vene del soggetto varicoso; in particolare sarebbero colpite le perforanti, causa di tutti i mali, mentre lo stato della safena sarebbe del tutto trascurabile. Poiché le perforanti non sono sempre visibili agli ultrasuoni, risulta del tutto inutile un esame eco-Doppler,che viene fatto solo in presenza di dolore o forme complesse, nel 10% dei casi: “even the tiniest telangiectasia is the outward manifestation of the valvular incontinence of an underlying vesse; It should be borne in mind that most incontinent perforators are not visible on colorflow Doppler examination” (da una pubblicazione precedente: (Three-dimensional Regenerative Ambulatory Phlebotherapy (T.R.A.P). - UIP 15° World Congress Rio. October 2-7, 2005 visualizzabile su www.phlebotherapy.com). Non credo che sia necessario commentare queste idee. Tralasciando altre perle di esperienza (la siringa è terapeutica ma anche diagnostica: la pressione sul

Nota redazionale

L’utilizzo di liquidi sclerosanti è soggetta alla loro immissione in commercio dalle autorità preposte. Mi risulta che allo stato attuale il salicilato di sodio non sia più registrato in nessun paese europeo (credo sia legale solo in Canada e in altri paesi extraeuropei). Se ciò fosse confermato questo pone un serio problema medico legale per chi utilizza il salicilato come sclerosante. Dr. Alessandro Frullini

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Il duplex scan non è il sostituto dell’esperienza chirurgica nell’identificare la giunzione safenofemorale: i risultati dopo chirurgia della vena piccola safena

RIASSUNTO E COMMENTO DI Dr. Alessandro Frullini Figline Valdarno (FI) info@venevaricose.it

L’incompetenza delle vene pelviche (PVI) influenza i livelli di dolore nei pazienti con varici degli arti inferiori

RIASSUNTO E COMMENTO DI Dr. Alessandro Pieri - FI s.pieri@isci.it

Pelvic vein incompetence (PVI) influences pain levels in patients with lower limb varicosity Asciutto G., Mumme A., Asciutto K.C., Geier B. – Phlebology 2010; 25: 179-83

S.Sonnemberg, N F Gowland-Hopkins - Phlebology 2010; 25:252-256

una recidiva varicosa dopo stripping, in 27 si trattava di varici primarie. La media delle gravidanze era di 2.5 (range 0-7) nel complesso, ugualmente distribuita nei 2 gruppi. L’idea di correlare l’entità dei sintomi, generalmente considerati come propri della malattia varicosa, con la presenza o meno della PVI mi è sembrata pregevole ma la classificazione CEAP (C1-C2) del gruppo non mi sembra tale da giustificare l’entità dei sintomi riferiti dalle pazienti. Questi sono certamente indubitabili ma viene la voglia di pensare che vi siano altri motivi alla base di una così accentuata sintomatologia e che la correlazione di essi con le manifestazioni varicose sia un po’“forzata”. Il dolore pelvico (in posizione eretta e seduta), ad esempio, compare nel 19% delle pazienti senza reperti di PVI contro il 73,6% del gruppo A mentre il dolore a carico delle gambe compare con la stessa frequenza (circa l’80%) nei due gruppi (P = NS). Lo stesso vale per la sensazione di tumefazione delle gambe sia in posizione eretta che assisa. Quanto riportato sembra NON confermare che vi sia una grande differenza, per quanto attiene ai sintomi degli arti inferiori, tra chi ha e chi non ha varici pelviche (PVI) mentre i sintomi pelvici compaiono più frequenti in chi presenta varici pelviche. Sommando tutte le scale analogiche visuali del gruppo A e comparandole con quelle del gruppo B emerge la differenza (P < 0,0001) ma essa riguarda, come abbiamo visto, soltanto i sintomi pelvici. Quanto descritto in dettaglio sembra essere in contrasto con il titolo ma, rileggendolo bene, si capisce che il livello di dolore a cui si riferisce è quello “totale” che cioè riguarda la globalità dei sintomi presentati dalle pazienti affette da varici degli arti inferiori. Il sottoscritto manifesta inoltre perplessità, ovviamente solo teoriche, sulla presunta, stretta, correlazione tra la presenza di varici pelviche e dolore pelvico. La (frequen-

RIASSUNTO

RIASSUNTO

Nella chirurgia della vena piccola safena il maggior rischio di recidive è legato all’incapacità di identificare correttamente la giunzione. Alcuni studi riportano l’inadeguata chirurgia come causa di recidiva nel 22-27%. Secondo gli autori la corretta identificazione si basa sull’esperienza del chirurgo e per dimostrarlo hanno condotto un’analisi sia retrospettiva che prospettica su 222 arti operati per chirurgia della piccola safena. Nei pazienti operati da chirurghi esperti si è registrato un successo chirurgico rispettivamente nel 95,5 e nel 97,3%. In quelli operati dai meno esperti la giunzione fu legata correttamente nel 12,5% dei pazienti dello studio retrospettivo e in nessuno di quelli dello studio prospettico. Gli ecodoppler erano stati eseguiti da un tecnico con la misurazione della distanza della GSP dalla caviglia. Sfortunatamente non ci sono informazioni nel testo sulla tecnica di studio e soprattutto se gli esami sono stati eseguiti in posizione eretta. Gli autori concludono quindi che l’esperienza dell’operatore è più importante di un esame ecodoppler nella chirurgia della vena piccola safena.

AFI DAY

COMMENTO

Quando si dice un lavoro ben eseguito ma che si basa su presupposti sbagliati! Gli autori iniziano dicendo che il rischio di recidiva è legato alla mancata identificazione della giunzione safeno-poplitea. Questo è uno dei dogmi flebologica che sarebbe l’ora di mettere in discussione. A mio giudizio il problema è ben più complesso e l’emodinamica di ogni singolo arto dovrebbe essere presa in considerazione prima di fare certe affermazioni. Cosa dire per esempio dei casi di compressione dinamica della via di efflusso (poplitea, femorale) che si manifestano con un reflusso sistolico alla giunzione stessa. Non credo che gli autori abbiano minimamente preso in considerazione situazioni come queste che sono probabilmente la maggiore causa di recidiva precoce dopo chirurgia della piccola safena. Ma veniamo al punto principale: la conclusione degli autori secondo me doveva essere un’altra, cioè che non è possibile fare la chirurgia della VPS sulla base di un ecodoppler eseguito da un altro, specialmente se il tecnico in questione si limita a rappresentare la morfologia in modo acritico e non interpreta a sufficienza il quadro emodinamico.

La giornata della Flebologia 26 Marzo 2011 - Bologna

Scopo – indagare l’influenza della PVI sul livello di dolore in pazienti con varici degli arti inferiori. Materiali e Metodi: donne in età da gravidanza (> 18 aa.), con varici primarie o recidive nel territorio della grande safena, furono prospetticamente incluse in due gruppi a seconda della presenza o meno di segni flebografici di PVI. La gradazione del dolore è stata valutata mediante una scala analogica visuale (VAS) da 0 a 100 (0 = assenza di dolore. 100 = dolore intollerabile). Gruppo A età media 41 aa (range 29-55), Gruppo B età media 35 aa (range 18-52). Risultati: sono state incluse nello studio 40 donne: in 19 di esse (gruppo A) furono riscontrati segni flebografici di PVI mentre le altre 21 (gruppo B) furono assegnate al gruppo di controllo. Le pazienti del gruppo A riferirono un punteggio di dolore totale più elevato rispetto a quello del gruppo di controllo: gruppo A mediana 62 (range 25-100); gruppo B mediana 32 (range 0-100). P < 0.001. Nel gruppo A la mediana del dolore a carico degli arti inferiori in posizione eretta era di 67.2 (range 40-100) mentre nel gruppo B era di 50.3 (range 3681). P = NS. La mediana del dolore degli arti inferiori in posizione seduta era di 41.2 (range 0-67) nel gruppo A contro 38.1 (range 0-46) del gruppo B. P = NS. Il dolore pelvico in posizione eretta era più marcato (P = NS) nelle donne del gruppo A (mediana 72.2 – range 50-91) che in quelle del gruppo B (mediana 20.1 – range 0-41). Nelle pazienti del gruppo A era infine statisticamente significativo (P = 0.0001) il dolore pelvico in posizione seduta (mediana 67.2 – range 59-71) rispetto a quelle del gruppo B (mediana 18.1 – range 0-35). Conclusioni: In un piccolo gruppo di pazienti affette da varici della grande safena il dolore totale risultò statisticamente più elevato nel sottogruppo con segni flebografici di PVI. Questi reperti suggeriscono che la presenza di PVI può influenzare l’entità dei sintomi connessi alla presenza di varici.

COMMENTO

Non risulta dall’abstract, ma compare nel testo, la valutazione clinica del gruppo di pazienti incluse nello studio: 30 erano in CEAP C2, 10 in C1 equamente distribuite nei due gruppi. In 13 casi era presente

www.associazioneflebologicaitaliana.it14

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te) mancata risposta sintomatologica dopo trattamento del varicocele pelvico dovrebbe far riflettere e spengere gli eccessivi entusiasmi flebologici trionfalistici. Inoltre, se ci pensiamo bene, la comparsa di varici di origine pelvica a carico degli arti inferiori è da considerare un circolo di compenso a fronte della congestione pelvica. Questa dovrebbe essere alleviata dalla presenza di un circolo di scarico (che noi ci ostiniamo comunque a combattere con tutte le nostre forze e tutte le nostre schiume…..). L’articolo comunque dimostra chiaramente che NON ci sono differenze di sintomi a carico degli arti inferiori tra il gruppo A e quello B e quindi possiamo continuare a trattare le nostre pazienti con la speranza di non indurre

aggravamenti dei sintomi pelvici. Credo anche che si debba ancora indagare sulle correlazioni tra dolore pelvico e varicocele pelvico per capire quali siano i casi in cui la coesistenza delle due condizioni sia davvero in rapporto di causa-effetto. Si deve a tal proposito considerare il fatto che anche il varicocele maschile è stato a lungo, ed è tuttora, considerato la causa di dolori scrotali (mentre non lo è affatto): occasionali dolori scrotali costituiscono il motivo della richiesta di Visita Specialistica Urologica. Questa evidenzia clinicamente la presenza del varicocele nonostante che il dolore si sia già spontaneamente risolto nelle more dell’attesa della prestazione… Meditate gente, meditate...

mali, o più distali. A parità di estensione di reflusso una progressione parietale senza progressione valvolare di una insufficienza venosa può pertanto essere comunque ingravescente e, di pari passo con la crescita e la estensione delle varici, si possono avere volumi di flebostasi progressivamente crescenti e con essi gradi più avanzati di IVC secondo la classificazione CEAP. La comunità scientifica oggi abbraccia una non dichiarata teoria che abbraccia l’ipotesi parietale e valvolare insieme in un unicum emodinamico che adombra il ruolo determinante del sistema venoso profondo nella genesi delle varici, anche in assenza di tromboflebiti. Tutto ciò premesso, ritornando alla studio brasiliano, facendo riferimento alla ipotesi parietale/valvolare, se la gravidanza è un fattore condizionante il cedimento della pareti venose, nella popolazione di donne con varici essenziali ed un elevato numero di gravidanze si dovrebbe rilevare una prevalenza di reflussi molto prossimali, mentre nelle donne con zero gravidanze, o poche gravidanze si dovrebbe rilevare una prevalenza di reflussi periferici e segmentari. Tutto questo non emerge dal lavoro brasiliano qui riportato. La conclusione che viene tratta è che il fattore “numero di gravidanze” non agisce sulla estensione prossimale dei reflussi safenici. Dovremmo dedurre che quanto emerso possa suffragare la teoria valvolare pura, o la progressione parietale dell’insufficienza venosa senza progressione valvolare. Una altra conseguenza che si potrebbe trarre è la conferma delle terapie ablative safeniche con risparmio della giunzione safenofemorale. Tuttavia chi commenta, pur senza addurre dati statistici, non riesce a non considerare le constatazioni che frequentemente derivano dalla pratica flebologica quotidiana. Valga l’esempio delle valvole ostiali safenofemorali che con le successive gravidanze da continenti in molte pazienti divengono refluenti. A questo proposito si può muovere muovere una critica al lavoro analizzato, che riguarda proprio le tipologie di reflusso della vena grande safena prese in considerazione dagli Autori. Gli Autori infatti hanno considerato reflussi da tributarie, giunzionali, da metà coscia e dal ginocchio e dal polpaccio. In particolare l’inquadramento della funzione valvolare delle giunzioni safeno-femorali appare insufficiente. Sarebbe stato forse più dirimente anche in prospettiva di orientamento delle scelte terapeutiche, fare riferimento alla continenza giunzionale completa, ad incontinenze valvolari con residua continenza ostiale safeno-femorale ed incontinenza preterminale, e quelle con incontinenza valvolare ostiale totale. A questo proposito, se fosse dimostrabile che le numerose gravidanze non rappresentano un fattore condizionante il cedimento valvolare ostiale safeno-femorale, fermo restando che la gravidanza comunque peggiora una insufficienza venosa, questa evidenza sarebbe una ulteriore prova a favore della possibilità di tenuta delle valvolare nel tempo ed in presenza di correzioni terapeutiche.

3. reflussi distali alla giunzione safeno-femorale, con par-

tenza da tributarie safeniche o da perforanti, estesi alla segmento di safena in sede di caviglia; 4. r eflussi distali alla giunzione safeno-femorale, con partenza da tributarie safeniche o da perforanti, trasmessi ad un solo segmento di grande safena e quindi trasferiti ad altre perforanti o tributarie; 5. reflussi in più segmenti di grande safena suddivisi in 2 sottogruppi: (V1) con continenza valvolare della giunzione safeno-femorale; (V2) con incontinenza valvolare della giunzione safeno-femorale; 6. r eflussi da incontinenza valvolare completa della vena grande safena dalla giunzione safeno-femorale alla caviglia.

COMMENTO

Può il numero di gravidanze incidere sul tipo di reflusso della grande safena nelle donne affette da varici?

RIASSUNTO E COMMENTO DI Dr. Mario Collura - TA mario@collura.it

C.A. Engelhorn et al ... - Università Cattolica Pontificia del Paranà – Curitiba – PR Brazil Laboratorio Vascolare non invasivo – Curitiba – PR Brazil - Phlebology 2010; 25- 190-195. DOI: 10.1258/Phleb.2009.009057

femorale, dalla coscia, dal ginocchio o dal polpaccio non è risultata statisticamente significativamente differente nelle classi con elevato numero di gravidanze. Le prevalenze di reflusso si sono mostrate affini nelle varie classi e ciò esclude una tendenza ad una prossimalizzazione della sede di partenza di reflusso col crescere del numero di gravidanze. Conclusioni: il numero di gravidanze non condiziona la tipologia di reflusso nelle grandi safene incontinenti di donne affette da varici essenziali. Quadri di reflusso (Fig. 1) Gli Autori e gli ecodoppleristi di riferimento hanno fornito i seguenti quadri di reflusso che hanno costituito i materiali dello studio: 1. reflussi a carico di tributarie della giunzione safeno-femorale; 2. reflussi a partenza dalla giunzione safeno-femorale ed estrinsecantisi nella porzione prossimale della vena grande safena;

RIASSUNTO

Obiettivi: l’impatto delle gravidanze sui quadri di reflusso delle vene grandi safene merita di essere chiarito. Quale segmento di safena è più interessato? La giunzione safeno-femorale viene coinvolta? Metodi: 583 arti inferiori affetti da varici primitive, con IVC di grado CEAP 2, senza edema, nè alterazioni trofiche della cute ed ulcere , sono stati indagati con EcoColor-Doppler. Sono state escluse donne con precedenti tromboflebiti e con pregressi interventi di chirurgia venosa. L’origine del reflusso è stata rilevata a partire dalla giunzione Safeno-femorale, dalla coscia, dal ginocchio, dal polpaccio. Si è quindi ricercata la prevalenza dei reflussi più prossimali nelle 5 classi di donne raggruppate per numero di gravidanze: nessuna gravidanza (0), una (1), due (2), tre (3), quattro o più gravidanze (> 4). Risultati: la prevalenza dei reflussi da incontinenza valvolare della vena grande safena più prossimali è risultata: − per gli arti destri del 75% (0), 69% (1), 79% (2), 70% (3) e 76% (> 4) ... P= 0,79− per gli arti sinistri del 78% (0), 81% (1), 82% (2), 79% (3) e 73% (> 4) ... P= 0,87 L’altezza della sorgente di reflusso dalla giunzione safeno16

Gli Autori in questo lavoro si limitano ad analizzare una ipotesi di progressione della malattia varicosa intesa come estensione dei reflussi della grande safena in rapporto al numero di gravidanze, individuando nella gravidanza un fattore capace di condizionare negativamente l’insufficienza venosa degli arti inferiori, come universalmente accettato. Fanno riferimento alla popolazione delle donne con varici essenziali. Non viene seguita nel tempo l’incontinenza valvolare delle singole pazienti. Cionondimeno il razionale dello studio è valido e si sostanzia nel suddividere le donne per numero di gravidanze avute e nel ricercare nelle singole classi la prevalenza delle tipologie di reflusso in una popolazione campione ampia. Di fatto, con riferimento ad un fattore condizionante, la gravidanza, lo studio indaga la fisiopatologia delle varici. Inevitabile a questo punto fare riferimento alle ipotesi ezipatogenetiche della malattia varicosa. Secondo la classica teoria valvolare delle varici il cedimento avveniva dal centro verso la periferia, prima le giunzioni, poi i tronchi infine le collaterali. Secondo la teoria parietale invece il cedimento valvolare avverrebbe dalla periferia verso il centro, sfiancando gli assi venosi e quindi a seguire anche le valvole. Daltronde in una safena segmentariamente incontinente il cedimento parietale si può tradurre in un aumento del diametro del segmento venoso incontinente senza cedimento di altre valvole più prossiFig. 1: Quadri di reflusso

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