Veins n7

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Numero SETTE

Rivista tecnico-scientifica on-line a diffusione mirata • Organo ufficiale della AFI - Associazione Flebologica Italiana

Le vene col sorriso piĂš bianco Great saphenous vein surgery without thigh ligation of the saphenofemoral junction Differential diagnosis of leg ulcers Comparison of Sclerosant Foam Stability by Foam Composition Evolution of an endovenous laser ablation practice for varicose veins Risultati a 8 anni del nuovo approccio alla patologia emorroidaria tramite endo-sclero-mousse del plesso emorroidario


È un supplemento de

Organigramma AFI

L’AMBULATORIO

MEDICO

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Diffusione nazionale

Medici specialisti in: anestesia e rianimazione, Angiologia e Flebologia, Chirurgia generale, Chirurgia plastica, dermatologia, dietologia, endocrinologia, fisiatria, malattie reumatiche, Medicina sportiva e patologia vascolare, centri di Medicina e Chirurgia Estetica, estetica medica, medici di base, studi privati di agopuntura e mesoterapia, infermieri professionali, ambulatori di chiroterapia, fisioterapia, fisiokinesiterapia e massaggi, poliambulatori, case di cura e cliniche private, direttori sanitari: A.S.L., ospedali, stabilimenti termali, associazioni e istituzioni sanitarie, istituti scientifici e di ricerca, docenti e corsisti Divisione Didattica VALET: C.P. M.A. e C.E.D.A.

Coordinatore ricerca medica Dr. Alessandro Pieri aogpieri@tin.it

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Le vene col sorriso più bianco S

arà successo anche ad altri di sfogliare il giornale al mattino e trovarsi davanti a un paginone di pubblicità di uno studio dentistico di qualche nazione vicina all’Italia. Una bella clinica, dentisti di qualità, igieniste in minigonna e prezzi stracciati. Quello che mi ha fatto andare di traverso il cappuccino l’altro giorno è stato però di vedere che insieme a tutte le prestazioni odontoiatriche (protesi, implantologia, odontoiatria estetica ecc ecc) c’era anche il “trattamento delle vene varicose del corpo”. Già dalla definizione non si parte bene, in trent’anni di flebologia ho visto varici al di fuori degli arti inferiori si e no due o tre volte e quindi vorrei capire bene di quali vene “del corpo” si parla. Ma se s’incomincia a considerare i Pazienti solo un territorio di conquista per ogni branca della medicina si rischia d’innestare una deriva che non porterà niente di buono. Mi sforzo sempre di capire le cose e gli altri, ma in tutta onestà non riesco a capire il nesso tra i denti e le vene e quindi che professionalità s’intende proporre agli ignari (o ingenui) Pazienti.

EDITORIALE DI Dr. Alessandro Frullini Presidente AFI

A onor del vero qualche anno fa sono incappato in un’altra pubblicità di un dentista (questa volta italiano) che, oltre i suoi servigi odontoiatrici, proponeva liposuzioni o interventi per vene varicose (questa volta erano delle gambe). L’AFI è solo una società che si propone di far crescere la flebologia italiana e non spetta a noi decidere se tali cose sono corrette o meno. Di certo ci piacerebbe sapere che tipo di formazione flebologica hanno avuto questi dentisti, se sanno cosa significano termini come cartografia venosa, perforanti di rientro o quell’oscura entità che si chiama valvola pre-terminale. Nell’attesa invito tutti i flebologi italiani a pensare seriamente di istituire nei loro studi un servizio di igiene dentale a prezzi stracciati. Pensate un pó, vene in ordine e un sorriso bianco splendente, cosa si può volere di più. In questi tempi di crisi tutto fa brodo! Buon lavoro a tutti Dr Alessandro Frullini Presidente AFI - Associazione Flebologica Italiana

Simposio Internazionale di Flebologia • International Symposium of Phlebology • Simposio Internacional de Flebología

28 - 29 Marzo • March • Marzo

Ex Sheraton Firenze Hotel & Conference Center - Florence

(ITALY)

Sclerotherapy Lingue ufficiali

(Italiano - English - Español)

Official languages - Idiomas oficiales

Traduzione simultanea Simultaneous translation Traducción simultánea

Associazione Flebologica Italiana

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Great saphenous vein surgery without thigh ligation of the saphenofemoral junction OBJECTIVE

The aim of this study was to evaluate whether great saphenous vein (GSV) surgery without high ligation of the saphenofemoral junction (SFJ) is beneficial in terms of varicose vein recurrence. METHODS

This was a prospective randomized trial set in a private practice. From December 2000 to May 2004, 120 patients were enrolled. Patients were randomly allocated preoperatively to two groups undergoing GSV surgery with (group A, n = 60) or without (group B, n = 60) high ligation of the SFJ. In four patients (two in each group), both limbs were operated on. Inclusion criteria were primary varicose veins with SFJ incompetence resulting in GSV reflux. Exclusion criteria were age <18 years, inability to give informed consent, associated small saphenous vein incompetence, and prior GSV surgery. Mean follow-up was 8 years and was complete in all but one patient (99.2%). The primary end point was varicose vein recurrence, defined as treated lower limbs

LAVORO PERSONALE DI Dr. Paolo Casoni casonip@tin.it Dr. Marc Lefebvre-Vilardebo Dr. Fabio Villa Dr. Piero Corona

with new thigh varices at clinical evaluation (CEAP ≥2) or venous reflux at the thigh or groin level, as assessed by duplex ultrasound imaging. RESULTS

The follow-up included 123 limbs. The combined clinical and ultrasound-determined recurrence rate was 24.4% (30 of 123): 32.2% (20 of 62) in group A vs 16.4% (10 of 61) in group B (P =.045). Postoperatively, recurrence of even minimal varices was observed in 24 limbs (19.5%): 18 of 62 (29.0%) in group A vs six of 61 (9.8%) in group B (P =.014). The ultrasound-detected recurrence rate was 22% (27 of 123): 32.2% (20 of 62) in group A vs 11.4% (7 of 61) in group B (P =.010). The average time to recurrence was 3.5 ± 1.2 years in group A and 4.1 ± 1.6 years in group B (P =.258). CONCLUSIONS

GSV surgery without high ligation of the SFJ is associated with low rates of clinical and ultrasound-determined recurrence of varicose veins.

3 tipologie di assicurazione per le vostre esigenze:

ABSTRACTS DEADLINE

1) Polizza Young - GIOVANE MEDICO 2) Polizza Colpa Grave Medici dipendenti Aziende Ospedaliere 3) Polizza Medico Flebologo Libero Profesisonista

Attenzione, la deadline è stata prorogata e

scade il 07/01/2014

Per informazioni: ASSITA - n° verde 800 23.72.20

Continua la rubrica dedicata ai commenti dei nostri lettori inerenti a tutti gli aspetti che gravitano attorno alla nostra professione: dal rapporto medico-paziente al racconto di esperienze lavorative personali, dalle questioni medico-legali alle esigenze pratiche del flebologo ai nostri giorni. Ogni riflessione verrà valutata dal comitato redattore e, compatibilmente con gli spazi della rivista, pubblicata. Sono ben gradite anche le critiche costruttive e i suggerimenti per far crescere la nostra Associazione. I commenti andranno inviati al seguente indirizzo:

Differential diagnosis of leg ulcers

F Pannier* and E Rabe** *Department of Dermatology, University of Cologne, Cologne, Germany; **Department of Dermatology, University of Bonn, Germany

L

e ulcere degli arti inferiori rappresentano un sintomo di differenti stati patologici. La patologia di riscontro piùfrequente (54-72% ) è l’insufficienza venosa cronica degli arti inferiori, mentre riscontriamo ulcere miste in circa il 15% dei casi, ulcere arteriose nel 3% dei casi,ulcere vasculitiche nel 13%dei casi ed in percentuale minima ulcere di altra origine. L’ulcera venosa si presenta sempre in una regione cutanea interessata da alterazioni dovute alla malattia venosa cronica quali la lipodermatosclerosi o l’atrofia bianca; la sede piùfrequente è la regione perimalleolare mediale, il fondo dell’ulcera è ricoperto da essudato fibrinoso e/ o tessuto di granulazione; le ulcere venose possono essere causate dalle varici degli arti inferiori o dalla sindrome post trombotica. L’ulcera arteriosa è determinata da un’ipossia tissutale dovuta all’occlusione arteriosa; la localizzazione tipica èrappresentata dal piede o dalle dita del piede; il sintomo preponderante è rappresentato dal dolore, e la lesione presenta aree necrotiche; le ulcere arteriose sono dovute all’arteriopatia cronica ostruttiva o alla tromboangioite obliterante, ma vengono classificate come ulcere arteriose anche l’ulcera di Martorell, le ulcere cutanee negli stati avanzati dell’insufficienza renale cronica e le ulcere diabetiche nelle quali viene evocato uno stato di ipertensione sottocutanea aterosclerotica. In particolare le ulcere diabetiche possono evocare meccanismi patogenetici legati alla macro o microangiopatia nonchèalla neuropatia che comporta alterazioni della termoregolazione, della fisiologia e della sensibilità cutanea e dell’innervazione dei muscoli del piede, favorendo l’insorgenza della lesione ulcerativa in zone sottoposte ad iperpressione. Le ulcere miste insorgono in genere come ulcere venose, ma il decorso viene complicato dalla coesistente arteriopatia; la lesione presenta gli aspetti caratteristici delle ulcere venose, ai quali si aggiungono aree necrotiche. Le ulcere vasculitiche possono essere dovute ad alterazioni dei grandi dei medi o dei piccoli vasi; la cute interessata presenta aree purpuree, necrotiche ed infiammate; si apprezzano in molteplici stati morbosi a genesi autoimmunitaria e non ed in genere rispondono bene ai trattamenti con immunosoppressori. Esistono poi lesioni ulcerative, classificate come di altra origine, che si verificano in stati morbosi diversi, quali l’ipogonadismo, le infezioni cutanee, i tumori cutanei e le malattie mieloproliferative in trattamento con idrossiurea.

ronconi@med.unibs.it

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RIASSUNTO E COMMENTO DI Dr. Alfonso Cristiani cristiani.box@tin.it

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COMMENTO

Da quanto esposto si impongono alcune considerazioni di carattere clinico, socio-economico ed etico. Le ulcere degli arti inferiori, a volte causa di quadri clinici drammatici ed a volte invalidanti, quali la perdita dell’arto interessato, costituiscono una patologia di alto rilievo sociale e di forte impatto economico per le loro caratteristiche peculiari rappresentate dai lunghi tempi di guarigione, l’alto costo dei trattamenti, e la tipologia dei Pazienti di età spesso avanzata con livello socio-culturale ed economico medio-basso. Una corretta diagnosi rappresenta l’atto medico fondamentale per impostare un corretto trattamento eziopatogenetico appropriato che è alla base del successo terapeutico. L’approccio diagnostico riposa su quattro tempi fondamentali che sono l’anamnesi, l’esame obbiettivo, i test di laboratorio e gli esami strumentali. L’anamnesi e l’esame obbiettivo di solito sono sufficienti ad orientare verso una diagnosi corretta e definiscono l’appropriatezza delle indagini di laboratorio e strumentali. L’anamnesi deve essere volta essenzialmente a cogliere le circostanze di esordio, di durata e dei fattori predisponenti o determinanti della patologia in questione. L’esame clinico dovrà valutare attentamente i sintomi e i segni utili alla diagnosi quali la sede della lesione, le caratteristiche della cute, la presenza di patologie venose quali le varici e l’edema, la presenza o meno dei polsi periferici,di soffi o fremiti vascolari, le variazioni del termotatto e la presenza di aritmie cardiache e/o cardiopatie. Gli esami di laboratorio dovranno essere volti in particolare allo studio dell’assetto lipidico, dei parametri emocoagulativi ed emoreologici, delle condizioni metaboliche, della immunologia, della genetica, della batteriologia e della virologia, nonchè dei markers tumorali. L’esame bioptico sarà l’arma diagnostica dirimente in tutte le forme dubbie. La diagnostica strumentale è rappresentata dalle metodiche atte allo studio morfo-funzionale dell’apparato vascolare, in primis l’ecocolordoppler a seguire la pletismofrafia, la tensione transcutanea di ossigeno il laser doppler e la capillaroscopia. I progressi terapeutici in campo vascolare ed endovascolare, ci dotano oramai di armi sofisticate, adeguate e potenti per poter far fronte alle situazioni piu disparate e drammatiche ma vanno sempre associate a trattamenti adeguati per la preparazione del letto dell’ulcera e ad una adeguata medicazione; inoltre nuove frontiere si aprono a noi grazie a metodiche innovative quali la terapia genica e la cute ingegnerizzata.


Comparison of Sclerosant Foam Stability by Foam Composition

LAVORO PERSONALE DI Dr. Douglas Hill info@veintreatmentcentre.com

OBJECTIVE

Recent research has suggested that sclerosant foam created with CO2 produces fewer side effects and potentially fewer complications than air based foam. However, CO2 foam tends to deteriorate more quickly in the syringe prior to injection, thus creating a barrier to its widespread acceptance. This study compares the syringe half-life of foam solutions composed of high and low concentrations of two commonly used sclerosants mixed with either CO2 or air. Methods: The sclerosants studied were sodium tetradecyl sulfate (STS) 2%, STS 0.25%, polidocanol 2% and polidocanol 0.25%. 1 ml of liquid sclerosant was mixed with 4 ml of air or CO2 using a 3 ml syringe and a 5 ml syringe connected by a 3-way stop cock. Foam “half life” was determined by measuring how long it took for 0.5 ml of the original 1 ml of liquid sclerosant to reform in an upright syringe of foam. Results: The mean half-lives of STS 2%+air foam (126.7 seconds) and polidocanol 2%+air foam (122.4 seconds) were similar. Polidocanol air foam stability decreased significantly with a lower sclerosant concentration however foam made with STS + air did not. Polidocanol 0.25% +air foam half-life was 67.2 seconds. Foam stability dropped significantly for both sclerosants at either concentration when CO2 was used as the gas. Discussion: Stronger concentrations of STS and polidocanol produce foams of equivalent stability when mixed with room air. STS at a low concentration appears to produce more stable foam when mixed with air than that produced with polidocanol at a low concentration. Foam stability drops dramatically when high or low concentrations of STS or polidocanol are mixed with CO2. Foam sclerotherapy has become a widely utilized, well accepted method for treating varicose veins. It may also be employed in lower sclerosant concentrations to eradicate reticular veins and telangiectasia. Foam sclerotherapy has proven to be an effective and remarkably safe technique with a few noteworthy exceptions. Forlee et al. reported the development of a right hemiparesis in a 61 year old male following injection of 20 ml of polidocanol air based foam.1 More recently, Bush described two cases of neurological complications after foam sclerotherapy.2 A 72 year old female suffered loss of consciousness, paresis and slurred speech post injection of 4 ml of sodium tetradecyl sulfate air foam and a 35 year old nurse experienced a seizure and left sided hemiparesis after treatment with 10 ml foam for reticular veins. A study by Morrison et al. describes fewer minor neurological side effects, chest tightness, and cough with CO2 foam than with air.3 When injected into the

was interposed between the two syringes. For the CO2 foam samples, a 3 way stopcock was used to connect the syringes in order to permit drawing up the CO2. A previous study by the author had determined there was no significant difference in the stability of foam created with this 2 way connector vs. a 3 way stopcock.4 Twenty back and forth passes of the mixture were employed to prepare the foam. Measurement: Foam “half-life” was defined as the time in seconds for 0.5 ml of the original 1 ml of liquid sclerosant to reform in the bottom of the upright foam filled 5 ml syringe (Fig 1).5 For each sample condition, a foam half-life measurement was recorded for ten different samples and the mean half- life for that condition was determined. Statistical analysis was done by the 2 tailed t-test.

Fig.2: STS vs POL Air foam

RESULTS

The mean half-lives of STS 2%+air foam (126.7 seconds) and (POL) 2%+air foam (122.4 seconds) were similar. Polidocanol air based foam stability significantly decreased with a lower sclerosant concentration whereas this was not the case with sodium tetradecyl sulfate air based foam. STS 0.25%+air foam half-life was 136.6 seconds. Stability was significantly lower for 0.25% (POL) at 67.2 seconds (Fig 2). The difference in foam stability in favour of STS 0.25% foam over POL 0.25% was also clearly evident with simple observation (Fig 3). As expected, when CO2 was used instead of room air, foam stability decreased dramatically for STS and for POL at both the 2% sclerosant concentration and the 0.25% concentration (Fig 4). There was no significant difference in foam half-life between STS + CO2 foam and POL + CO2 foam at the 2% or 0.25% sclerosant concentration. DISCUSSION

Fig. 1: Foam-fluid level forming in upright syringe.

human body, CO2 foam may be safer than air foam because carbon dioxide is much more soluble in blood than either nitrogen or oxygen. Conversely, CO2 foam is widely regarded as being considerably more unstable in the syringe than air foam. It rapidly breaks down into large visible bubbles making it difficult to work with. To add to the challenge for clinicians, there appear to be interesting differences between the behaviour of sodium tetradecyl sulfate foam and polidocanol foam depending on the initial sclerosant concentration employed. METHODS

Study design: the study was a comparative report on the in vitro “half-life” of sodium tetradecyl sulfate (STS) versus polidocanol (POL) foam made with either air or CO2. The foam was created with either a 0.25 or 2 percent concentration of liquid sclerosant. Thus, the variables manipulated were type of sclerosant, concentration of sclerosant and type of gas. The variables held constant were the ratio of gas to liquid, and the method of preparation. Procedure: one ml of liquid sclerosant solution was drawn up in a 3 ml Terumo syringe. This was mixed with 4 ml of either room air or CO2 drawn up in a 5 ml Terumo syringe. For the air foam samples, a 2 way Luer lock to Luer lock connector

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Foam made with CO2 is significantly less stable in a syringe than foam made with room air whether the sclerosant used is sodium tetradecyl sulfate or polidocanol, at high or low sclerosant concentrations. Foam “half-life” is an easily measurable, reproducible method to compare the stability of different foam solutions however by the time that 50 percent of the original liquid sclerosant has reformed in the syringe; the foam mixture has deteriorated to the point where it is unusable. Unadulterated CO2 foam breaks down into larger bubbles so rapidly that in many cases the clinician ends up injecting a froth of liquid and visible bubbles rather than true foam. Many practitioners improve CO2 foam stability by using a gas mixture of 70% CO2 and 30% O2 . A syringe filter used during foam creation may also improve CO2 foam stability. It is interesting that when room air is the gas utilized to make sclerosant foam, polidocanol foam appears to be much less stable than sodium tetradecyl sulfate foam at low sclerosant concentrations. This Fig.3: STS 0,25% Air foam, left side and POL 0,25% Air foam, right side

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Fig. 4: STS vs POL CO2 foam. P=.000

has practical implications when treating small veins. At higher sclerosant concentrations, such as those used to treat saphenous veins, the two detergent sclerosants demonstrate equivalent in vitro stability. Possible sources of error in this study include the inherent imprecision of the measurement method and unavoidable variation in the speed of the back and forth mixing movements. It is reported with the understanding that the ideal study would involve investigation of foam behaviour in the human body not only in a syringe. REFERENCES 1. Forlee MV, Grouden M, Moore DJ, Shanik G. Stroke after varicose vein foam injection sclerotherapy. J Vasc Surg 2006;43:162-4. 2. Bush RG, Derrick M, Manjoney D. Major neurological events following foam sclerotherapy. Phlebology 2008;23:189-92. 3. Morrison N, Neuhardt DL, Rogers CR, McEowen J, Morrison T, Johnson E, Salles-Cunha SX. Comparisons of side effects using air and carbon dioxide foam for endovenous chemical ablation. J Vasc Surg 2008;47:830-6. 4. Hill DA. Effect of production method and device on extemporary sclerosant foam stability. Canadian Society of Phlebology Meeting. Vancouver, Canada, April 29-30, 2006 5. Rao J, Goldman MP. Dermatol Surg 2005;31:19-22 che innovative quali la terapia genica e la cute ingegnerizzata.


Evolution of an endovenous laser ablation practice for varicose veins

RIASSUNTO E COMMENTO DI Dr. Sergio Amitrano sergioamitrano@virgilio.it

N. Samuel, T. Wallace, D. Carradice, G. Smith, F. Mazari and I. Chetter Hull York Medical School/University of Hull – Academic Vascular Surgical Unit, Hull Royal Infirmary, Hull-UK

G

li Autori dimostrano l’evoluzione del trattamento EVLA per la patologia varicosa, con follow-up a 5 anni di un gruppo di pazienti divisi in tre categorie: 1) gruppo A - pazienti con approccio venoso su safena magna a livello genicolare; 2) gruppo B - pazienti il cui approccio endovenoso è sul punto più basso di reflusso; 3) gruppo C - pazienti a cui è stata applicata pompa peristaltica per la tumescenza. Su di un numero totale di pazienti 454, divisi per i tre gruppi su riportati si sono verificati: - nel gruppo A un caso di TVP risolto con terapia eparinica e TAO; - nel gruppo B ci sono stati meno casi di recidiva varicosa e quindi minor numero di flebectomie post-laser; - nel gruppo C c’è stata un alta incidenza di flebiti, con un significativo incremento di fenomeni di parestesia.

A tal proposito ritengo opportuno ribadire il concetto che “è l’endotelio il vero obiettivo della tecnica EVLA, e che l’emoglobina funge da sola esca ottica“. L’intensità dell’emissione L.A.S.E.R. va calcolata in base al diametro della vena da trattare e soprattutto alla esperienza che ogni operatore acquisisce, seguendo gli stessi principi con cui si effettua la “scleroterapia“. In ultima analisi si contrappone alla sclerosi “chimica“, una sclerosi “termica“ della vena. In conclusione: l’evoluzione della tecnica EVLA nel tempo, va di pari passo con il concetto che oggi viene rinchiuso nel termine di “FLEBOLOGIA ESTETICA“.

In conclusione la tecnica risulta essere una valida alternativa alla chirurgia tradizionale a patto che si acquisisca l’esperienza tale da poter standardizzare il protocollo, adattando l’energia giusta ad ogni singolo caso clinico in base ai parametri dell’emodinamica venosa e al grado di varicosità. Il tutto permette di avere il massimo beneficio da una tecnica chirurgica mininvasiva quale è l’EVLA.

Risultati a 8 anni del nuovo approccio alla patologia emorroidaria tramite endo-sclero-mousse del plesso emorroidario LAVORO PERSONALE DI Dr. Gianluigi Rosi rosiflebite@libero.it

Dr. Raffaele Colucci

OBIETTIVO

Obiettivo dello studio è stato quello di valutare prospettivamente l’efficacia e la tollerabilità a 8 anni di un trattamento per le emorroidi per via endoscopica utilizzando la schiuma di polidocanolo (Atossisclerol) secondo tecnica “RosCol”. Sono stati trattati 150 soggetti che hanno effettuato una valutazione clinica per patologia emorroidaria e sono stati inclusi nel protocollo di studio. I criteri di inclusione, hanno previsto l’arruolamento di pazienti che giungevano presso l’ambulatorio di Angiologia e Gastroenterologia, con patologia emorroidaria insorta almeno da 8 mesi di qualunque grado dal I al IV , con sanguinamenti ripetuti, dolore costante, disagio alla vita quotidiana. I Criteri di esclusione erano prolasso rettale, allergia ai mezzi sclerosanti, preferenza per la chirurgia. MATERIALI E METODI

Tutti I pazienti sono stati trattati a giorno 0 poi dopo 40 giorni e a 80 giorni, tramite l’endosclerosi con schiuma di polidocanolo al 1% realizzata con metodo Tessari. La schiuma è stata iniettata utilizzando un ago da endoscopia di 23 G. Le emorroidi erano sanguinanti o prolassavano e sono state trattate in due o tre sedute e sono state controllate a 180 e 360 giorni e poi i pazienti hanno avuto un follow up ogni anno per 8 anni . Tutti i pazienti hanno avuto una valutazione dietologica ed una valutazione gastroenterologica per eliminare le irregolarità dell’alvo, stitichezza e/o diarrea e le altre problematiche digestive quali ipersecrezione gastrica, allergie ai latticini , assenza di acidi biliari che sono le cause che possono evocare una patologia emorroidaria finale applicando il diagramma di Ishigawa di “causa-effetto” Sono stati trattati pazienti in terapia dicumarolica, con patologie cerebrovascolari ed altre importanti patologie che rendevano impossibile il trattamento emorroidario per via chirurgica.

COMMENTO

Il trattamento EVLA delle varici è ormai entrato prepotentemente nella pratica chirurgica della patologia varicosa. Il Follow-up di questa tecnica ha oggi una valenza di circa 10 anni, pertanto entra di diritto nella esperienza clinica mondiale (messa in risalto anche al recente congresso UIP di Boston). Lo studio di questi Autori vuole mettere in evidenza variazioni sul protocollo EVLA che si va ad eseguire: a) accesso endovenoso in safena magna a livello genicolare (paragonabile ad esempio allo stripping corto); b) accesso endovenoso nel punto più basso di reflusso (per una maggior valenza emodinamica che implica però un buon mappaggio venoso non praticato da tutti gli operatori); c) l’utilizzo di pompa peristaltica per la “tumescenza“ che rende più agevole la compressione sulla parete venosa favorendo la sclerosi della stessa

RISULTATI

Ad 1 anno dal trattamento l’ 85,3% dei pazienti trattati hanno ridotto in maniera significativa i loro sintomi e disagio alla vita quotidiana. La qualità della vita è incrementa-

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ta rapidamente. Il sanguinamento è stato ridotto in media dopo due trattamenti con un incremento dei valori di Hb. Il prolasso emorroidario si è ridotto in media dopo tre trattamenti. Il follow up ad un anno e ad 8 anni ha evidenziato che questo trattamento è efficace , salvaguarda l’individuo, è ben tollerato e riduce effettivamente tutti i sintomi e migliora la qualità della vita e tutti i pazienti sono stati concordi nell’affermare che questa tecnica è stata importante ed efficace per la loro salute. Nessuna reazione avversa è stata dimostrata come anche solo il 3 % ha presentato delle complicanze caratterizzate da trombosi emorroidaria, quadri peraltro simili alle complicanze che scaturiscono dal trattamento di scleromousse delle vene varicose. DISCUSSIONE

Il Follow up a 8 anni dimostra che I pazienti trattatati sono in ottime condizioni di salute, non soffrono più di patologia emorroidaria come prima, applicano le linee guida consigliate per evitare crisi emorroidarie e nel 30% dei casi si sono sottoposti ad un ulteriore trattamento di endoscleromousse per ridurre la congestione emorroidaria. Solo il 10% dei pazienti sono stati sottoposti a chirurgia tradizionale di emorroidectomia in una casistica globale di 820 pazienti trattati ad oggi dopo 8 anni ed i risultati ottenuti sono equiparabili a quelli del campione osservato. CASISTICA DEL PROTOCOLLO EFFETTUATO


Questionario per valutazione della QL

Perchè l’endosclerosi delle emorroidi sec tecnica “RosCol” diagramma di Ishikawa “causa- effetto”

Gradi delle emorroidi secondo la presenza del prolasso

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Materiali per la scleromousse con l’l’endoscopia

Risultati della prevalenza di trattamento in 100 pazienti visitati

Plesso emorroidario in manovra di retroversione

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Plessi emorroidari congesti ed iperemici valutati in retroversione, con papilla ipertrofica

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