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Diritti Umani ed affari in America Latina: senza denaro non c’è giustizia /America Latina

DIRITTI UMANI ED AFFARI IN AMERICA LATINA: SENZA DENARO NON C’È GIUSTIZIA

di Paola Ramello - Coord. America Latina

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Nel maggio scorso Salil Shetty, Segretario Generale di Amnesty International, ha partecipato al Forum Economico Mondiale per l’America Latina, svoltosi a Cancún. Prendiamo spunto da un articolo da lui scritto in questa occasione per una riflessione sulla situazione dei diritti economici e sociali e del rapporto fra diritti umani e affari nei paesi di quella regione.

Secondo Salil Shetty non si può fare a meno di constatare i notevoli progressi che sono stati fatti nel continente negli ultimi anni. Milioni di persone sono uscite dalla povertà nell’ultimo decennio, sono riuscite ad accedere a un lavoro, a farsi visitare da un medico quando ne hanno avuto bisogno e a mandare i propri figli a scuola. Per molti aspetti, lo sviluppo è stato positivo, ma quando avviene, come nel caso delle Americhe, senza che vi sia un piano a lungo termine che benefici tutti quanti, i problemi non tardano a presentarsi.

Nelle Americhe, accanto ai grattacieli scintillanti e all’industria in crescita, le scuole e gli ospedali raccontano un’altra storia, molto diversa. Nel continente continuano a esserci 10 dei 15 paesi con maggiori disuguaglianze al mondo. L’enorme divario dei redditi significa che in tutti gli angoli di questa vasta regione vibrante e ricca di risorse, milioni di persone continuano ad affrontare una realtà terribile. Una massa relativamente invisibile di persone lotta per sopravvivere in mezzo alla povertà e alla violenza, la brutalità della polizia e alti tassi di discriminazione. E sono vittima di un sistema di giustizia corrotto che non dispone dei mezzi necessari per funzionare efficacemente, che nel migliore dei casi li ignora e nel peggiore li incolpa di tutti problemi della società.

Le storie delle persone dietro i numeri sono rivelatrici. Máxima Acuña de Chaupe e la sua famiglia, agricoltori nel nord del Perù, hanno un contenzioso con la multinazionale Yanacocha riguardo la proprietà della terra, che la società rivendica per ampliare il proprio progetto minerario nella regione di Cajamarca. Nel dicembre del 2014 un tribunale ha stabilito che la famiglia non era colpevole di occupazione illegale della terra, come affermava invece l’impresa, la quale ha presentato appello contro la decisione. Pur avendo vinto la causa legale, da allora Máxima e la famiglia hanno denunciato di aver subìto ripetuti attacchi e intimidazioni da parte della polizia e di aver ricevuto minacce di morte. Ritengono che questi siano un tentativo per obbligarli ad andarsene dalle terre in cui vivono. Nel mese di febbraio scorso, l’avvocato di Máxima ha denunciato che almeno 200 agenti di polizia sono entrati nei loro terreni e hanno demolito un ampliamento che stavano costruendo per la loro casa. Non risulta che sia stata avviata un’indagine al riguardo. Le violenze sono continuate con l’uccisione, in varie riprese, degli animali da pastorizia. Maxima Acuña è divenuta il simbolo della lotta del popolo di Cajamarca e di tutti i popoli autoctoni che si battono per la difesa dell’ambiente contro le multinazionali minerarie. Nel 2014 è stata nominata “Defensora del Año” dalla Rete Latinoamericana delle Donne (ULAM).

Questa storia di terrore, purtroppo, non è per nulla eccezionale. La mancanza di sicurezza di chi si oppone a progetti di sfruttamento territoriale è diffusa in tutta l’America Latina.

Dal Brasile alla Colombia, dal Nicaragua fino alla Bolivia, milioni di persone subiscono le terribili conseguenze della disuguaglianza che perdura a causa di sistemi di giustizia corrotti e dotati di scarse risorse.

Le comunità indigene e afrodiscendenti vengono espulse in modo violento delle loro terre quando potenti interessi economici decidono che lo “sviluppo” e i guadagni devono predominare.

In Colombia, il sanguinoso conflitto armato interno che va avanti da 40 anni ha coinvolto milioni di persone in tutto il paese, provocando decine di migliaia di uccisioni, torture e sparizioni di civili. E ha causato un altissimo numero di sfollati interni: dal 1985 ad oggi circa sei milioni di persone (il 13% della popolazione) sono state obbligate a lasciare le loro terre, principalmente dai paramilitari e dalle forze di sicurezza. Si stima che otto milioni di ettari di terre - un’area più vasta del Costa Rica - siano stati sottratti illegalmente a contadini, comunità indigene e afrodiscendenti, spesso a beneficio di forti interessi economici.

Per far fronte a questo grave problema il governo colombiano ha emanato una legge, entrata in vigore nel 2012, che avrebbe dovuto favorire la restituzione delle terre ai loro legittimi proprietari, attraverso appositi procedimenti giudiziari.

In realtà, a causa delle costanti minacce di violenza e della lentezza delle pratiche burocratiche, la Legge 1448 non sta riuscendo a dare una risposta a gran parte delle persone che avrebbero dovuto tornare a casa. Il pesante clima d’intimidazione presente nel paese (sono state aperte indagini su 35 omicidi di persone che avevano avviato la procedura per riottenere le loro terre) unito all’inadeguata attuazione di una legislazione carente, impediscono che si realizzi la promessa del governo colombiano di restituire milioni di ettari di terra: all’inizio del 2015 ne erano stati assegnati soltanto 30.000.

Inoltre, in molti paesi dell’area migliaia di uomini, donne, bambini e bambine vivono in balìa di terribili bande criminali che mirano a detenere il controllo. Molte persone sono messe al bando e trattate come cittadini di seconda classe a causa dell’orientamento sessuale. Coraggiosi attivisti per i diritti umani e giornalisti sono puniti per la diffusione di un messaggio che poche persone vogliono ascoltare. Questi sono solo alcuni esempi. Con troppa frequenza il messaggio sembra essere: “se sei povero la giustizia è fuori dalla tua portata”. Senza denaro, non c’è giustizia.

I governi sono responsabili di gran parte di questi problemi. Ma non sono soli. In tutto il continente americano le imprese, grandi e piccole, sono state responsabili per azione o omissione in molte delle violazioni che fanno sì che vivere sia quasi impossibile per milioni di persone. Una volta che gli abusi sono stati compiuti, spesso i tribunali sembrano essere disponibili solo per chi può pagare e milione di persone si vedono obbligate a convertirsi in cittadini di seconda classe. La forza della legge, requisito essenziale affinché qualsiasi paese funzioni correttamente, si svuota, rendendo le società insicure per tutti.

Si potrebbe obiettare che sono i governi ad avere il dovere fondamentale di garantire ai propri cittadini di vivere in pace e di godere dei propri diritti. Ma la verità è che le imprese non operano nel vuoto, i loro guadagni provengono dalle società nelle quali decidono di operare e di cui far parte e, come tali, hanno il dovere di garantire che le loro azioni non pregiudichino la vita della gente che ci vive. Ogni giorno, le imprese decidono tra il rispetto dei diritti delle comunità in cui operano - attraverso la consultazione e la protezione dei loro interessi - o di privarle del loro potere, spesso fino al punto di minacciarne l’esistenza. Quando decidono di seguire la prima strada tutti ne guadagnano. Perché quando i diritti umani sono rispettati e la giustizia non è solo una mera illusione, e comunità sono sicure e le aziende prosperano.

E se anche si verificasse il caso che alcune mele marce causino la perdita di fiducia nel mondo economico, è tuttavia responsabilità dei governi e delle imprese far fronte a ciò prima che sia troppo tardi. La lotta contro la disuguaglianza sostenuta da misure concrete è l’unica strada praticabile affinché il continente faccia davvero dei passi avanti. Non c’è una soluzione rapida per la disuguaglianza ma ci sono alcune azioni che i governi e le imprese nelle Americhe potrebbero e dovrebbero intraprendere. Un rafforzamento del sistema di giustizia penale che affronti i legami fra politici e reti criminali e l’attuazione di controlli con la dovuta diligenza sarebbe già un buon inizio.

Paradossalmente, l’instabilità e il conflitto causati dalla discriminazione, dalla disuguaglianza e dal carente sistema giudiziario, mettono in pericolo la stessa prosperità che i governi e il settore privato cercano di raggiungere. Le Americhe non possono più prendersi il lusso di ignorare il prezzo che dovranno pagare se non vengono adottate misure urgenti.

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