Voci - Numero 4 Anno 1 - Amnesty International in Sicilia

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Approfondimenti

America Latina

DIRITTI UMANI ED AFFARI IN AMERICA LATINA: SENZA DENARO NON C’È GIUSTIZIA di Paola Ramello - Coord. America Latina

Nel maggio scorso Salil Shetty, Segretario Generale di Amnesty International, ha partecipato al Forum Economico Mondiale per l’America Latina, svoltosi a Cancún. Prendiamo spunto da un articolo da lui scritto in questa occasione per una riflessione sulla situazione dei diritti economici e sociali e del rapporto fra diritti umani e affari nei paesi di quella regione. Secondo Salil Shetty non si può fare a meno di constatare i notevoli progressi che sono stati fatti nel continente negli ultimi anni. Milioni di persone sono uscite dalla povertà nell’ultimo decennio, sono riuscite ad accedere a un lavoro, a farsi visitare da un medico quando ne hanno avuto bisogno e a mandare i propri figli a scuola. Per molti aspetti, lo sviluppo è stato positivo, ma quando avviene, come nel caso delle Americhe, senza che vi sia un piano a lungo termine che benefici tutti quanti, i problemi non tardano a presentarsi. Nelle Americhe, accanto ai grattacieli scintillanti e all’industria in crescita, le scuole e gli ospedali raccontano un’altra storia, molto diversa. Nel continente continuano a esserci 10 dei 15 paesi con maggiori disuguaglianze al mondo. L’enorme divario dei redditi significa che in tutti gli angoli di questa vasta regione vibrante e ricca di risorse, milioni di persone continuano ad affrontare una realtà terribile. Una massa relativamente invisibile di persone lotta per sopravvivere in mezzo alla povertà e alla violenza, la brutalità della polizia e alti tassi di discriminazione. E sono vittima di un sistema di giustizia corrotto che non dispone dei mezzi necessari per funzionare efficacemente, che nel migliore dei casi li ignora e nel peggiore li incolpa di tutti problemi della società.

tentativo per obbligarli ad andarsene dalle terre in cui vivono. Nel mese di febbraio scorso, l’avvocato di Máxima ha denunciato che almeno 200 agenti di polizia sono entrati nei loro terreni e hanno demolito un ampliamento che stavano costruendo per la loro casa. Non risulta che sia stata avviata un’indagine al riguardo. Le violenze sono continuate con l’uccisione, in varie riprese, degli animali da pastorizia. Maxima Acuña è divenuta il simbolo della lotta del popolo di Cajamarca e di tutti i popoli autoctoni che si battono per la difesa dell’ambiente contro le multinazionali minerarie. Nel 2014 è stata nominata “Defensora del Año” dalla Rete Latinoamericana delle Donne (ULAM). Questa storia di terrore, purtroppo, non è per nulla eccezionale. La mancanza di sicurezza di chi si oppone a progetti di sfruttamento territoriale è diffusa in tutta l’America Latina. Dal Brasile alla Colombia, dal Nicaragua fino alla Bolivia, milioni di persone subiscono le terribili conseguenze della disuguaglianza che perdura a

Le storie delle persone dietro i numeri sono rivelatrici. Máxima Acuña de Chaupe e la sua famiglia, agricoltori nel nord del Perù, hanno un contenzioso con la multinazionale Yanacocha riguardo la proprietà della terra, che la società rivendica per ampliare il proprio progetto minerario nella regione di Cajamarca. Nel dicembre del 2014 un tribunale ha stabilito che la famiglia non era colpevole di occupazione illegale della terra, come affermava invece l’impresa, la quale ha presentato appello contro la decisione. Pur avendo vinto la causa legale, da allora Máxima e la famiglia hanno denunciato di aver subìto ripetuti attacchi e intimidazioni da parte della polizia e di aver ricevuto minacce di morte. Ritengono che questi siano un 7

OTTOBRE 2015 N. 4 / A.1 - Voci


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