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MAPPING HEBRON’S APARTHEID: una mappa interattiva della città occupata /Minoranze

MAPPING HEBRON’S APARTHEID: UNA MAPPA INTERATTIVA DELLA CITTÀ OCCUPATA

di Marianna Castellari

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La città di Al-Khalil, conosciuta a livello internazionale con il nome ebraico di “Hebron”, è l’unica città palestinese avente colonie israeliane insediatesi nel cuore del centro storico e costruite attorno ad esso. La città è divisa in due aree d’influenza definite dal protocollo di Hebron del 1997: l’area H1, gestita dall’autorità palestinese e l’area H2 sotto il controllo militare israeliano. Quest’ultima comprende il 20 per cento del territorio di Hebron, la maggior parte della città vecchia, gli edifici storici, la moschea principale e la kasbah ma poichè include anche le colonie e gli elementi fisici e architettonici che caratterizzano l’occupazione israeliana, è anche l’area in cui si manifestano le maggiori ingiustizie, soprusi e discriminazioni.

Collocata a 32 chilometri a Sud di Gerusalemme e avente una popolazione stimata di 200.000 abitanti, Hebron è stata da sempre conosciuta per la fertilità dei suoi campi e vigneti e per il primato nella lavorazione del vetro, ceramiche e cuoio. Oggi, essa viene crudamente considerata città simbolo dell’occupazione in Cisgiordania. La determinazione e la violenza dei coloni israeliani, la brutalità delle architetture militari, la presenza costante di soldati armati e la distruzione economica e sociale del centro storico, rendono Hebron un esempio tangibile di quali siano le diverse forme in cui l’occupazione si concretizza, trasformando e soffocando il territorio e la popolazione palestinese.

In seguito alla guerra del 1967 e alla conseguente occupazione dei territori della Cisgiordania, Hebron, a causa della sua importanza religiosa, divenne una roccaforte per le frange più estremiste del movimento di colonizzazione israeliano. La città viene considerata un luogo sacro per i tre credi, islamico, ebraico e cristiano, secondo i quali il profeta biblico Abramo e sua moglie Sara sarebbero sepolti insieme a Isacco, Giacobbe, Rebecca e Lea nel luogo in cui oggi sorge la Moschea di Abramo, dagli ebrei chiamato Tomba dei Patriarchi. Singoli gruppi di individui diedero vita ai primi insediamenti ma il loro sviluppo ed espansione fu portato avanti negli anni grazie all’approvazione, alla cooperazione e al supporto dei vari governi israeliani che si sono susseguiti negli anni. Israele, infatti, garantisce numerosi incentivi finanziari per lo sviluppo delle colonie, incoraggiando molti israeliani o neo-israeliani a trasferirsi oltre la “green line”, nei territori occupati.

Attualmente la maggior parte dei coloni ad Hebron vive nell’insediamento di Kiryat Arba, un quartiere residenziale costruito ex-novo, rigidamente pianificato e facilmente riconoscibile, situato a Nord-Est del centro storico. I coloni più radicali hanno invece, sin dall’inizio, cercato di insediarsi all’interno della città vecchia, distruggendo il fabbricato storico e occupando illegalmente edifici privati e strutture pubbliche palestinesi. Tutte queste colonie e quelle costruite da Israele negli ultimi cinquant’anni sono considerate una violazione della legge internazionale secondo l’articolo 49 della quarta convenzione di Ginevra, il quale attesta che “la potenza occupante non può deportare o trasferire parte della sua popolazione civile nel territorio da essa occupato”.

Hebron riflette in scala minore, le politiche di espropriazione, separazione e di segregazione che caratterizzano la più ampia strategia di occupazione attuata nei Territori Palestinesi. All’interno dell’area H2 è possibile distinguere un macchinoso sistema di frammentazione del tessuto urbano, il quale garantisce alla potenza occupante un facile controllo sul territorio e sulla popolazione locale. Differenti livelli si accostano e si sovrappongono per rendere funzionante questo meccanismo. Le architetture e le infrastrutture dell’occupazione sono gli elementi di questo sistema. Le colonie, la rete di strade che li connette, le aree militari, i checkpoint, le cabine e le torri di avvistamento, le barriere e le chiusure di separazione, i militari e le telecamere di sorveglianza ne sono invece la configurazione concreta.

L’esercito israeliano ha un compito ben preciso a Hebron ossia “proteggere” i propri connazionali, i coloni, e sorvegliare il territorio occupato. Per raggiungere questo obiettivo si serve di una determinata politica di sterilizzazione urbana: una strada cerniera è stata pianificata per mettere in comunicazione diretta i diversi insediamenti israeliani, facilitando il movimento dei coloni ed escludendo il transito dei palestinesi.
Questa strategia di occupazione si basa su una precisa e invasiva trasformazione del paesaggio e della conformazione urbana, causando il graduale allontanamento della popolazione araba locale tramite un processo di giudaizzazione del territorio. La maggior parte dei vicoli che un tempo si diramavano nel centro storico ora sono bloccati da grate metalliche o muri di cemento, come un lungo tratto della strada Al-Shuhada, un tempo il luogo più vitale, commercialmente e socialmente attivo di tutta la città. Per i coloni e per i soldati questo territorio militarmente occupato non è altro che un’appendice dello stato di Israele, circondata dalla città palestinese di Al-Khalil. I checkpoint rappresentano le frontiere, i muri e le grate metalliche ne sono i confini, i coloni i cittadini e i palestinesi, al contrario, gli stranieri. L’area H2 non ha più le forme e lo spirito di un centro abitato, si presenta come un’area militare asettica e altamente controllata. Molti urbanisti descriverebbero questa avvilente situazione urbana utilizzando il termine “uccisione” della città.

Per descrivere questa complessa situazione sociopolitica, che si riflette drasticamente sulla realtà urbana e umana, è necessario utilizzare l’ausilio di un linguaggio grafico e visivo, le parole non sono esaustive e la mappatura risulta essere il mezzo più idoneo per garantire una facile e veritiera comprensione di quello che sta accadendo nell’area H2 della città e che riflette più in generale la situazione esistente in Cisgiordania al giorno d’oggi. Da questi presupposti nasce il progetto interattivo “MAPPING HEBRON’S APARTHEID”, realizzato in collaborazione con il Politecnico di Hebron e l’associazione locale “Youth Against Settlements”.

Il sito on-line (www.hebronapartheid.org) ha l’obbiettivo di informare e denunciare, utilizzando l’analisi urbana come mezzo per illustrare la complessità dell’occupazione israeliana, descrivendo la gravità delle politiche urbane di espropriazione e separazione attuate nella città vecchia di Hebron/Al-Khalil. Il cuore della piattaforma comprende una mappa interattiva dell’area occupata della città. Essa mostra il rilievo completo di tutti gli elementi architettonici e infrastrutturali utilizzati dai militari israeliani per sterilizzare l’area in cui sorgono le colonie e che permettono la supervisione del territorio circostante. Un glossario grafico aiuta a spiegare la terminologia e a descrivere gli elementi mappati, mentre una linea del tempo interattiva e le introduzioni scritte forniscono le informazioni storiche principali. Una grafica molto comprensibile rappresenta quale sia la evidente strategia urbana che rende possibile l’occupazione e ne prevede la sua espansione. Per garantire un’approfondita descrizione la mappa è arricchita da numerosi documenti, scaricabili in formato pdf, che illustrano nel dettaglio la situazione attuale. Le viste tridimensionali raffigurano gli insediamenti israeliani, evidenziandone la differenza con il fabbricato storico palestinese. All’interno di queste immagini sono state inserite tutte le architetture, infrastrutture e apparecchiature che rendono possibile l’attuazione delle politiche di controllo e frammentazione del tessuto urbano.

Si è cercato di ricostruire la storia di quei luoghi della città vecchia fortemente trasformati dalla brutalità e freddezza delle strutture militari, descrivendone le funzioni primarie e utilizzando come titoli i nomi arabi originali. Parte integrante della strategia di occupazione israeliana si fonda infatti sulla distorsione e manomissione della memoria storica palestinese e l’unico modo per contrastarla consiste nel garantire una documentazione dettagliata della situazione precedente. Un layer della mappa più descrittivo é infine rappresentato dalle interviste ad alcune delle famiglie che vivono all’interno dell’area occupata; dare spazio a queste voci di resistenza quotidiana ha reso il progetto una testimonianza concreta e umana della situazione attuale.

“Mapping Hebron’s apartheid” è un accessibile database di informazioni e costituisce uno strumento oggettivo di analisi e comprensione, rappresentando così un attendibile e strutturato documento di denuncia della politica di occupazione israeliana in Cisgiordania e degli effetti devastanti che essa provoca sul territorio e sulla popolazione palestinese.

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