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Responsabilitá delle aziende: usare la legge per restituire l’uguaglianza /Editoriale

RESPONSABILITÀ DELLE AZIENDE: USARE LA LEGGE PER RESTITUIRE L’UGUAGLIANZA

di Liliana Maniscalco

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Più della metà delle cento maggiori economie del mondo è costituita da aziende. Esse oggi hanno più potere delle persone e hanno influenza sulle loro vite perchè, attraverso le loro decisioni, producono un impatto profondo sulle comunità. Usufruiscono anche di protezione legale, eppure contrastano ogni progresso giuridico verso la consapevolezza ed il rispetto dei diritti umani.

Gli interessi economici sono infatti riusciti a far in modo che le leggi funzionassero a tutela degli attori economici, al contrario i soggetti danneggiati dalle loro attività hanno visto spesso la protezione recedere di fronte al potere delle multinazionali.

La deregolamentazione e la necessità di attrarre gli investimenti hanno limitato la tutela dappertutto con particolare riferimento ai paesi in via di sviluppo, ma è da relativamente poco tempo che le associazioni per i diritti umani e ambientali, quelle per lo sviluppo e i sindacati hanno sollevato il livello d’attenzione della società civile sulla questione: l’informazione e le campagne su temi, quali il lavoro minorile, i rifiuti tossici e la complicità delle imprese con governi repressivi, hanno suscitato indignazione e queste rivelazioni hanno portato una serie di risposte in termini di attivismo, commercio equo, pubbliche condanne e, infine, reazioni da parte dello stesso mondo economico che ha ampliato lo spettro d’azione dall’investimento socialmente responsabile e dall’impegno delle imprese nel commercio etico a iniziative di pubbliche relazioni e al greenwashing delle aziende.

A seguito di ciò è emersa una differenza tra gli approcci di natura volontaria, la cosiddetta Responsabilità Sociale di Impresa (RSI), e quelli basati sulla richiesta di norme che pongano le imprese nella posizione di dovere rendere conto del proprio operato. Essi riflettono equilibri differenti basati sulla centralità dell’azienda, per quanto concerne il primo caso, e dello Stato, per quello che riguarda il secondo.

Da oltre dieci anni Amnesty International è impegnata in un programma di ricerca e sensibilizzazione su imprese e i diritti umani, che comprende ricerche su casi specifici. Pur riconoscendo il valore di alcuni approcci volontari, l’analisi e l’esperienza dell’Organizzazione hanno evidenziato la necessità di leggi per rafforzare i titolari dei diritti e per eliminare le scappatoie che permettono a tante aziende di sottrarsi alla giustizia.

Le accuse di violazioni dei diritti umani sono particolarmente evidenti nei confronti dell’industria estrattiva probabilmente per la natura invasiva di tali attività dei territori coinvolti. Nei paesi in via di sviluppo soprattutto l’influenza delle imprese può essere fondamentale per lo stato, ma la questione non è lì circoscritta perchè Amnesty ha documentato abusi in Canada, negli Usa e in Australia, solo per citare qualche esempio.

All’impatto che hanno le industrie estrattive si aggiunge la frequenza con cui la ricchezza mineraria coincide con la povertà e l’emarginazione. Molti dei paesi più poveri del mondo sono anche i più ricchi di risorse.

Dovrebbe essere possibile che gli investimenti nelle attività estrattive dessero un contributo alla riduzione dell’indigenza diffusa e allo sviluppo sostenibile. Ma è innegabile che decenni di estrazione e di enormi profitti generati hanno alimentato conflitti andando così nella direzione diametralmente opposta a quella della tutela.

Tutto questo è stato rafforzato dall’impunità per gli attori statali e per le aziende che violano i diritti umani direttamente o con la complicità degli stati.

Le ricerche di Amnesty sottolineano tre problemi significativi: lo stato non riesce a tutelare i diritti umani - spesso a causa del tipo di influenza delle attività economiche che subiscono; i titolari dei diritti non hanno accesso a informazioni vitali; il diritto che regola l’attività delle aziende non ha tenuto il passo con la realtà della natura globalizzata dell’economia.

Le soluzioni consistono attualmente nella RSI e nella cosiddetta accountability da parte delle compagnie, la capacità di rendere conto delle proprie azioni in relazione al rispetto dei diritti umani delle persone e delle comunità.

Sebbene se ne discuta da molti anni, la RSI non è ben definita. Essa copre una gamma ampia di attività delle aziende e molto variegata e ha inizialmente dato un importante contributo a mutare la propriocezione degli attori economici, tuttavia, poiché viene utilizzata per pubblicizzare le buone pratiche volontarie, igorando tuttavia l’impatto negativo delle operazioni economiche, viene vista con diffidenza e scetticismo.

La RSI ha inoltre implicato il coinvolgimento ed il dialogo con la società civile. Ma l’impegno delle imprese con gli attivisti ha anche i suoi limiti. I suoi risultati e le trattative possono essere insostenibili, o prive di credibilità, perché gli accordi possono non essere applicati e l’azione dell’azienda può non essere valutata.

Naturalmente resta il diritto. Esso non è la soluzione a tutti i problemi dei diritti umani. Ma fornisce una base su cui costruire soluzioni perchè contribuisce ad assicurare che ogni caso non sia un negoziato tra potenti e meno potenti, un atto meramente volontario o di immagine, un accordo tra mondo dell’economia e dell’attivismo.

Amnesty si concentra per questo su tre principali iniziative legali di fondamentale importanza per affrontare l’impatto sui diritti umani da parte delle aziende: leggi per obbligare le aziende a fare del rispetto dei diritti umani un dovere - assicurando che le aziende e le comunità sappiano cosa potrebbe accadere; leggi per rendere disponibili le informazioni. L’informazione è potere e quando le comunità e gli attivisti sanno cosa sta succedendo, possono mettere in discussione e sfidare le aziende e il governo; leggi per colmare le lacune che permettono ad aziende grandi e ricche di sfruttare una regolamentazione debole.

Alcune aziende hanno anche capito che la legge è almeno parte della soluzione. Questo è successo in parte grazie alla comparsa di nuovi attori dalle economie emergenti. Norme certe e quadri giuridici possono aiutare a garantire un ambiente operativo senza sorprese e parità di condizioni anche per le imprese.

Le norme internazionali in materia d’impatto delle aziende sui diritti umani stanno già emergendo come risultato di un processo delle Nazioni Unite durato sei anni. La sfida della definizione di standard comuni sta spingendo le aziende a conformarsi a essi. Senza legge, solo pochissimi rispetteranno le norme di base in relazione ai diritti umani.

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