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#VERITÀPERGIULIOREGENI /Editoriale

#VERITÀPERGIULIOREGENI

Scariche elettriche, pestaggi, violenze non possono essere accettati e nemmeno l’incoerenza.

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di Liliana Maniscalco

Sono giorni in cui per i difensori dei diritti umani, italiani e non, è necessaria la più convinta delle resilienze. Da pochissimo il Comune di Trieste ha deciso di rimuovere lo striscione oggetto della campagna di Amnesty International e del quotidiano “La Repubblica” attraverso la quale si chiede la verità sul caso di Giulio Regeni. Una dismissione che ha provocato grande clamore e mosso le coscienze, ma che è specchio dei tempi in corso.

Si è trattato di “un atto intempestivo e fuori luogo, che mostra una grave mancanza di sensibilità in chi lo ha compiuto. La ricerca della verità non può essere sottoposta a date di scadenza, non si prescrive neppure quando occorrono decenni perché gli autori di gravi violazioni dei diritti umani siano portati davanti alla giustizia” – come ha dichiarato Antonio Marchesi, presidente dell’organizzazione in Italia – “Quello striscione, appeso sui municipi di oltre 170 città italiane, sta a significare un impegno non effimero per la ricerca della verità sulla tortura e l’uccisione di Giulio Regeni. È davvero triste che un vicenda umana così tragica sia diventata oggetto di polemica politica, soprattutto in una città così importante nella vita di Giulio come Trieste”.

La capacità di reazione degli attivisti di Amnesty in Friuli Venezia Giulia ha creato le condizioni per un’affissione presso il palazzo regionale, riproducendo, in un’area piccola ma altamente significativa del nostro paese, quello che sta succedendo da noi ed in tutto il mondo: l’entropia dei diritti umani che si reclamano e si negano a seconda di circostanze e convenienze.

L’indifferenza, a tratti lo spregio, dei diritti umani è un fatto gravissimo. Il caso Regeni ha portato alla ribalta una realtà tanto sconcertante quanto diffusa. Ha anche acceso i riflettori sul metodo delle sparizioni forzate praticato in maniera sistematica oggi in Egitto per cui è necessario arrivare alla verità e fermare questa terribile pratica. Sono tanti i cittadini che hanno ricominciato a chiedere ed a partecipare, moltissime le istituzioni, le scuole, le università, le biblioteche, gruppi e associazioni e la stampa.

Lo stesso governo ha chiesto spiegazioni all’Egitto.

Eppure, nonostante tutto questo, e solo per fare un esempio, perché basterebbe semplicemente sottolineare la situazione permanente in Siria, negli stessi giorni la Ministra Pinotti si è recata in Arabia Saudita per promuovere contratti militari.

I media sauditi riportano che nei colloqui con re Salman abbia discusso “le modalità per rafforzare le relazioni bilaterali” e abbia “passato in rassegna i recenti sviluppi sulla scena regionale ed internazionale”. Con il Vice principe ereditario, invece, sono state discusse “le modalità per migliorare le relazioni bilaterali, soprattutto nel settore della difesa”.

Francesco Vignarca, coordinatore della Rete italiana per il Disarmo, ha già sottolineato come l’estremo riserbo per questa visita costituisca grave motivo di preoccupazione. Da marzo dell’anno scorso, infatti, l’Arabia Saudita si è posta a capo di una coalizione militare che è intervenuta nel conflitto in Yemen con bombardamenti anche sulle zone civili, tra cui alcune strutture sanitarie di Medici senza Frontiere, segnalate come tali a tutti i contendenti.

In Italia la Legge n. 185 del 9 luglio 1990 sancisce che l’esportazione «di materiale di armamento nonché la cessione delle relative licenze di produzione devono essere conformi alla politica estera e di difesa dell’Italia» e che «tali operazioni vengono regolamentate dallo Stato secondo i principi della Costituzione repubblicana che ripudia la

guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali». La Legge vieta specificamente l’esportazione di materiali di armamento «verso i Paesi in stato di conflitto armato, in contrasto con i principi dell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, fatto salvo il rispetto degli obblighi internazionali dell’Italia o le diverse deliberazioni del Consiglio dei ministri, da adottare previo parere delle Camere», nonché «verso Paesi la cui politica contrasti con i principi dell’articolo 11 della Costituzione».

Rete Italiana per il Disarmo e Amnesty International Italia hanno pertanto chiesto a tutti i gruppi parlamentari di presentare interrogazioni e si rendono disponibili a fornire informazioni.

Sottolineare che la mancanza di coerenza, interna ed estera, sull’atteggiamento nei confronti del rispetto e della tutela dei diritti umani non ci porterà alcuna verità, alcuna giustizia e alcuna protezione è pleonastico.

IN EVIDENZA https://www.amnesty.it/appelli/corri-con-giulio/

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