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Italia: Immigrazione e menzogne /Speciale migrazioni
ITALIA: IMMIGRAZIONE E MENZOGNE Ovvero: la falsità imperante
di Giuseppe Provenza
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Si sa, una strategia molto comoda di propaganda politica adottata da una certa parte politica si basa su due princìpi fondamentali: presentare la realtà in maniera distorta e sollecitare la paura trasformandola in odio nei confronti di un nemico preconfezionato.
È una storia antica. Precedente ben noto è costituito dal nazismo, che arrivò al potere in maniera quasi democratica suscitando l’odio prima nei confronti dei paesi vincitori della guerra e poi nei confronti di Ebrei, Rom e comunisti mediante una propaganda basata sulla falsità.
Non meno noto è il fenomeno del maccartismo degli anni 50 del XX secolo, quando negli Stati Uniti l’anticomunismo esasperato e soprattutto basato sulla falsità e sulla paura, divenne per molti politici una comoda scorciatoia per conquistare voti e potere.
Oggi il nemico nei confronti del quale suscitare paura ed odio è il migrante, che sia economico o richiedente asilo, ed ancora una volta la menzogna è lo strumento principale. È questo uno spettacolo vergognoso a cui si assiste in tutto il così detto Mondo Occidentale.
Costante è il richiamo alla sicurezza, minacciata dall’arrivo di terroristi e di delinquenza comune.
Nel contempo, qualora non fosse sufficiente la paura di delinquenza e terrorismo, continui sono i riferimenti ai costi delle immigrazioni e all’occupazione.
Eppure le colpe dell’Europa in tema di migrazioni sono tante, gravi e abbastanza identificabili. Ma poche voci si sentono per denunciarle.
Le cause per cui centinaia di milioni di persone (circa 250 milioni secondo l’ONU) vivono oggi fuori del proprio paese d’origine sono sostanzialmente tre: la povertà, le guerre e le dittature.
Riguardo alla povertà, abbiamo mai riflettuto sui motivi per cui paesi che dispongono di grandi risorse economiche abbiano redditi pro-capite bassissimi? Un’analisi neanche particolarmente approfondita degli stessi mette in evidenza come le più rilevanti risorse economiche di quei paesi siano in mano a multinazionali europee o statunitensi che sfruttano le risorse ed utilizzano la manodopera locale a bassissimo prezzo, dirottando, quindi, la quasi totalità degli utili nei paesi d’origine.
È la versione aggiornata del colonialismo, esercitato non più dagli stati ma dalle aziende, con l’ovvio beneplacito degli stati.
E le dittature? Guarda caso, la maggioranza di quei paesi è governata da dittature, regimi caratterizzati da elevatissimi livelli di corruzione e quindi facilmente manovrabili ai fini di chi sfrutta le ricchezze del paese.
Non diversa la logica delle guerre che si protraggono indefinitamente ancora una volta negli stessi paesi di origine di gran parte delle migrazioni, ed ancora una volta ciò finisce per essere fonte di guadagno per molti paesi sviluppati produttori di armi che, con il commercio di queste, ottengono il trasferimento di ulteriori ricchezze da paesi poveri, che pur dispongono di ingenti ricchezze, come, ad esempio petrolio e gas. Non va inoltre ignorato che molto spesso il finanziamento dei conflitti sia in parte significativa ottenuto dal traffico di stupefacenti e da somme provenienti da “simpatizzanti” residenti in Europa e nord America. Si assiste così a flussi enormi che vanno da paesi “sviluppati” a paesi “in via di sviluppo”, alimentandone i conflitti, per tornare da questi ai paesi “sviluppati” per l’acquisto di armi spesso con traffici tutt’altro che limpidi.
La prima falsità sta dunque nella omissione. L’omissione delle responsabilità del così detto “mondo occidentale” nell’alimentazione della crisi economica e sociale dei paesi falsamente chiamati “in via di sviluppo” e nella realizzazione di una “globalizzazione” che porta sfruttamento di intere popolazioni, anziché portare “sviluppo”, ossia crescita economica che si traduca in miglioramento del tenore di vita, e crescita sociale e politica.
Ma c’è una falsità forse ancora più grave, che riguarda gli effetti sulle società europee ed americane dell’arrivo dei migranti.
Ci soffermeremo sull’Italia per smentire, con dati di fatto, quanto falsamente sostenuto da certa propaganda politica, che sembra avere un buon successo sull’opinione pubblica nazionale, o che sa ben sfruttare innate diffidenze e paure popolari, visto che, stando ad eurobarometro (il servizio della Commissione europea che misura ed analizza le tendenze dell’opinione pubblica in tutti gli stati membri e nei paesi candidati), nel 2012 il 72% degli italiani aveva un’opinione negativa nei riguardi dell’immigrazione extracomunitaria ed il 54% nei riguardi di quella comunitaria (1).
Le motivazioni principali di tale atteggiamento stanno soprattutto nei costi eccessivi sostenuti, al riguardo, dallo Stato, nella sottrazione di posti di lavoro e nell’aumento della criminalità.
Che l’immigrazione pesi sul bilancio dello stato è abbondantemente smentito dalle analisi compiute in vari anni dalla Caritas: [grafico n.1]
Dati analoghi riporta la medesima fonte in anni più recenti: [grafico n.2]
[grafico 1] FONTE: Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes
[grafico 2] FONTE: Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes
Particolare attenzione va posta sul dato relativo alla previdenza, ossia al sistema pensionistico, che vide nel 2008 entrate per contributi versati all’INPS per 7,5 miliardi di euro, contro uscite da parte dello stesso ente pari a 1,0 miliardo di euro. Negli anni successivi, dal 2009 al 2014, gli stranieri hanno versato:
[Tabella] Entrate INPS da Immigranti (miliardi di euro) FONTE: Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes
Il dato principale che si evince è, quindi, che gli immigrati contribuiscono per miliardi di euro l’anno al pagamento delle pensioni di tutti i pensionati italiani, o, per dirla in altro modo, hanno pagato le pensioni di centinaia di migliaia di italiani.
Altro dato rilevante riguarda la formazione del PIL italiano.
A fine 2015 gli immigrati in Italia erano 5.789.000, pari al 9,5% dei residenti e producevano nel 2015 circa l’8,7% del PIL, secondo dati del Centro Studi Confindustria. Si noti che, sempre secondo il Centro Studi Confindustria, nel 2015 gli immigrati abbiano effettuato rimesse ai paesi d’origine pari al 15% del loro reddito. Quindi l’85% del reddito da loro prodotto è stato speso in Italia, divenendo reddito di altri residenti in Italia per locazioni, generi alimentari, abbigliamento e consumi in genere, incrementandone il volume.
Va inoltre aggiunto che gli immigrati contribuiscono alla formazione del Reddito Nazionale Italiano anche come imprenditori. Oltre 8% delle aziende italiane appartiene infatti ad immigrati. Queste aziende hanno prodotto 85 miliardi di valore aggiunto nel 2012 e 96 miliardi nel 2015.
In altri termini ogni italiano, mediamente, deve una parte non irrilevante del proprio reddito agli immigrati.
Riguardo all’affermazione che gli immigrati sottraggano lavoro ai nativi italiani, argomento che, come ovvio, ha una notevole presa sull’opinione pubblica, numerosi sono gli studi che, su base statistica, smentiscono questa tesi.
Senza voler entrare in analisi complesse, si tratta di capire, in sostanza, se esista concorrenzialità o complementarietà fra il lavoro di italiani nativi ed immigrati.
Un dato abbastanza evidente e sotto gli occhi di tutti riguarda le attività su cui in misura più rilevante si concentra il lavoro degli immigrati: il lavoro domestico per le donne e la raccolta dei prodotti dell’agricoltura
insieme al lavoro nell’edilizia per gli uomini. Si tratta, in questi casi, di attività poco gradite agli italiani nativi e, purtroppo, spesso coperte con lavoro nero sottopagato e con evasione dei contributi sociali.
Ovviamente la diffusione del lavoro nero in Italia è una delle carenze più gravi nel sistema sociale italiano, dovuta anche ad insufficienti controlli dello Stato. Ciò rende inaccettabili le attività lavorative nelle quali il fenomeno più si concentra. Sarebbe quindi auspicabile che il fenomeno si riducesse sensibilmente, fino, se possibile, a scomparire. Tuttavia oggi ciò costituisce una realtà, inammissibile e vergognosa, che non si può ignorare, che contribuisce in maniera rilevante a caratterizzare il lavoro degli immigrati come complementare e non concorrenziale rispetto a quello degli italiani di nascita, i quali abbandonano lavori considerati da loro troppo “umili” e troppo caratterizzati dalla “irregolarità”, per la ricerca di lavori più qualificati e qualificanti e in cui ritengono di poter trovare maggiori garanzie e protezioni.
È auspicabile che i due sistemi “controllo del mercato del lavoro” e “gestione dell’immigrazione”, che, come si è visto, sono ampiamente contigui, vadano profondamente rivisti, innanzitutto con una concreta e convinta lotta al lavoro irregolare, per la reale protezione di tutti i lavoratori, italiani nativi ed immigrati, rivedendo, in questo contesto, in maniera più razionale il sistema attuale di regolazione dell’immigrazione, basato sul così detto “decreto flussi”, con il quale ogni anno il governo, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, stabilisce il numero di cittadini non comunitari ammessi per il lavoro in Italia. Per il 2017 questo numero, con decreto del 13 febbraio, è stato stabilito in 30.850, contro i circa 181.000 sbarchi del 2016 ed un numero imprecisato di richieste di assunzione di lavoratori non comunitari. Pur tenendo conto che dei 181.000 immigrati sbarcati, molti hanno lasciato l’Italia per altri paesi, certamente quelli rimasti sono in misura molto maggiore di quanti previsti con il “decreto flussi”, lasciando ampio margine al lavoro irregolare.
Anche in questo caso va notato come venga diffusa l’idea che gli immigrati costituiscano un problema per il “sistema Italia”, mentre nella realtà, ed ipocritamente, si alimenti un mercato irregolare del lavoro lasciato fiorire impunemente.
L’ultima paura fomentata nell’opinione pubblica riguarda l’aumento di criminalità. Al riguardo si può rilevare un’attività molto sottile e costante da parte di molti media, pronti a diffondere e sottolineare ogni evento delittuoso commesso da stranieri. L’effetto è che circa due terzi degli italiani, secondo diversi sondaggi, si dichiarino certi che il livello di criminalità sia in aumento a causa dell’arrivo di migranti.
In realtà, tuttavia, come fa notare Francesco Palazzo (2) il 24 ottobre 2016 su “Diritto Penale Contemporaneo” con l’articolo dal titolo “Immigrazione e criminalità – una lettura di dati statistici”, la valutazione dell’incidenza dell’immigrazione sul tasso di criminalità risulta di una certa complessità e va compiuta “sulla base di una più approfondita riflessione razionalmente e scientificamente supportata”. Vero è infatti, fa notare l’autore, che al 30 settembre 2016 “su una popolazione detenuta complessiva di 54.465 presenze (rispetto a una capienza “regolamentare” di 49.796), ben 18.462 erano stranieri, pari cioè al 33,8 % del totale”, tuttavia, prosegue, “l’interpretazione di quelle statistiche – indubbiamente allarmanti nei loro dati grezzi – non può prescindere da una fondamentale distinzione: e cioè quella tra stranieri regolari e stranieri irregolari”. Da questa distinzione si deduce che “il tasso di delittuosità degli stranieri è pressoché coincidente con quello degli italiani quando si tratta di regolari, mentre s’innalza davvero notevolmente quando sono irregolari”.
Questa conclusione non può non far nascere la domanda se sia la condizione di irregolare a far delinquere, o se siano dei delinquenti ad entrare nel paese da irregolari. Risolvere questo quesito non è certamente facile, ma fanno riflettere due considerazioni: non sembra possibile che si affrontino viaggi lunghi e drammatici, mettendo ad altissimo rischio la propria vita, con l’intento premeditato di andare a delinquere nel paese d’arrivo, mentre appare possibile che costituiscano una spinta a delinquere le condizioni disumane in cui spesso si ritrovano coloro che vivono da “irregolari” in un paese straniero dove vengono sfruttati da chi si giova della loro condizione.
Va inoltre considerato un ultimo dato, quello demografico. La popolazione italiana è infatti tendente al calo per due motivi: il tasso di fertilità e l’emigrazione.
Il tasso di fertilità, ossia numero di nascite per donna, per il mantenimento stabile della popolazione non dovrebbe essere inferiore a 2,1. In Italia nel 2016 è stato di 1,34 (fonte ISTAT), dato che avrebbe un effetto devastante sull’economia per il progressivo venire a mancare di lavoratori e il contemporaneo invecchiamento della popolazione con sempre più pensionati e sempre meno lavoratori.
Al calo delle nascite si aggiunge l’emigrazione dall’Italia verso l’estero, più che compensata dall’arrivo di migranti, tanto che nel 2016 il saldo, positivo, fra immigrati ed emigrati è stato di 135 mila unità (fonte ISTAT). Nell’insieme, tuttavia, fra fertilità ed emigrazione, l’ISTAT prevede, per il futuro, un calo della popolazione italiana.
Il dato demografico si aggiunge dunque a quanto considerato riguardo al PIL e al bilancio dello Stato, l’Italia, come del resto l’intera Europa, è letteralmente salvata dall’arrivo dei migranti, il paese infatti è riuscito, negli anni di crisi, a non veder crollare il PIL per il lavoro dei migranti e per i loro consumi, il sistema pensionistico riceve un valido sostegno dai contributi dei migranti, ed i nostri centri produttivi non si vedono svuotati di forze di lavoro mediante la sostituzione, con lavoratori stranieri, di chi abbandona un lavoro non gradito, o lascia l’Italia.
In conclusione, appare molto grave che ciò che dovrebbe essere considerato una risorsa venga propagandato, per motivi di bassa politica, come una minaccia ed un pericolo, e soprattutto che questa risorsa sia sottoposta, nell’indifferenza delle istituzioni, a forme di sfruttamento che non raramente si configurano come veri e propri stati di schiavitù che certamente contrastano con la definizione di “stato di diritto” e di “paese civile” dell’Italia.
(1) - Fonte: “Immigrati: da emergenza a opportunità” – Centro Studi Confindustria, giugno 2016
(2) - Prof. Francesco Palazzo – Ordinario di Diritto Penale presso l’Università degli Studi di Firenze
IN EVIDENZA https://www.amnesty.it/appelli/non-lasciamoli-annegare/