2 minute read
Il conflitto nel Tigray
IL CONFLITTO NEL TIGRAY
di Federica Carelli
Advertisement
Bisogna rompere il silenzio sul conflitto in corso in Etiopia, nella regione del Tigray ma anche in quelle vicine di Afar e Amhara, ponendosi dalla parte delle vittime civili.
“Forse ci renderemo conto della gravità della carestia in Etiopia quando sarà troppo tardi e quando ci troveremo a contare le tombe delle persone decedute” ha denunciato Alex de Waal, direttore esecutivo della World Peace Foundation alla Fletcher School della Tufts University (fonte Agenzia Dire)
Emergono in maniera preponderante le difficoltà a far raggiungere aiuti umanitari nel Tigray a causa di un blocco degli approvvigionamenti imposto dall’esercito federale. Vanno senza dubbio citate anche le difficoltà a reperire e verificare le notizie sul conflitto.
Si rischia una strage silenziosa che potrebbe diventare una polveriera regionale.
È bene specificare che questa crisi non riguarda solo il Tigray perché “ci sono tra i 60mila e i 70mila rifugiati etiopi nel Sudan e in Somalia c’è l’esercito etiope nel ruolo di peacekeeper che probabilmente vorrà far tornare indietro i soldati” (fonte Agenzia Dire).
Auspicabile è, infine, la creazione di un osservatorio sui diritti per un’informazione il più possibile credibile e verificabile.
È utile anche ricordare la petizione contro la violenza di genere come strumento di guerra promossa da Amnesty International. (1)
Va rammentato anche il recente intervento di Papa Francesco a favore della conclusione del conflitto.
A livello di mass media, l’unico giornale di carta stampata che ha parlato del conflitto è stato il quotidiano l’Avvenire, il quale ha sinteticamente descritto a linee generali la situazione venutasi a creare in seguito al conflitto.
Molto importante è sottolineare come il più grande strumento di informazione su questo conflitto sia l’organizzazione di eventi di riflessione e informazione che vedono la partecipazione attiva di tantissime persone interessate. Anche i social media aiutano nella diffusione delle informazioni su questo conflitto che, con il passare dei giorni, sta assomigliando sempre più a una vera e propria guerra civile.
La difficoltà nel reperimento delle informazioni è dovuta anche e soprattutto al fatto che la situazione varia molto velocemente, in un contesto in cui, per altro, manca l’interesse a far circolare le informazioni.
È doveroso anche ricordare la mancata distribuzione dei pacchi umanitari contenenti beni di prima necessità come strumento atto alla creazione di ulteriore odio fra le popolazioni interessate.
Negli ultimi giorni si sta assistendo all’evacuazione dei cittadini dello Zambia residenti in Etiopia.
Federica Carelli - Coord. Africa Centrale e Orientale di Amnesty International Italia
Note:
(1) - Giustizia per le vittime di violenza sessuale nel Tigray https://www.amnesty.it/appelli/giustizia-per-le-vittime-di-violenza-sessuale-nel-tigray