Giornale della Sezione ANA Monte Grappa n 102 di Gennaio 2015

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POSTE ITALIANE S.P.A. - SPED. IN ABB. POSTALE - D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N° 46) ART. 1, COMMA 2, DBC VICENZA - CONTIENE INSERTO REDAZIONALE

QUADRIMESTRALE DELLA SEZIONE A.N.A. “MONTE GRAPPA” DI BASSANO DEL GRAPPA ANNO XXXIV - N. 102 - FEBBRAIO 2015


Sul Ponte di Bassano

Ne valeva la pena? di Flavio Gollin

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"1915…tuona il cannone" (Cesare Gerolimetto)

PERIODICO QUADRIMESTRALE DELLA SEZIONE ANA “MONTE GRAPPA” DI BASSANO DEL GRAPPA Anno XXXIV - N. 102 - Febbraio 2015 Direttore Responsabile: Flavio Gollin Comitato di Redazione: G. Rugolo (Presidente sez.le) P. Demeneghi - F. Grego - A. Guadagnin G. Idrio - M. Sartore - I. Zordan Direzione, Redazione, Amministrazione: Sezione A.N.A. “Monte Grappa” Via Angarano, 2 36061 Bassano del Grappa Impaginazione e stampa: Laboratorio Grafico BST Via Lanzarini, 25/b - Romano d'Ezzelino (VI) www.graficabst.com Autorizzazione del Tribunale di Bassano del Grappa n. 2/ 81 Reg. P. - 9/4/ 81 Poste Italiane s.p.a. Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 2, DCB Vicenza Tassa pagata - Taxe perçue E-mail: redazione@anamontegrappa.it Sito della Sezione: www.anamontegrappa.it

SOMMARIO • Una pagina di storia

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• L'opinione

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• Il personaggio

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• Le testimonianze

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• Dal museo

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• Cronaca sezionale

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• Inserto Grande Guerra

pag. 13-16

• Cronache dei Gruppi

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l prossimo 24 maggio celebreremo i cento anni dall’entrata dell’Italia nella Grande Guerra: un importante momento della nostra storia che va ricordato e approfondito per essere tramandato in tutti i suoi aspetti. I nostri nonni non ci sono stati tanto d’aiuto per soddisfare le nostre curiosità sulle loro personali esperienze, preferendo altri argomenti ai ricordi di quella che fu per loro una brutta storia da dimenticare. E di vera e propria tragedia si è trattato: basterebbe leggere le pagine centrali di questa rivista per capire quanto chi ha vissuto quei momenti evitasse di parlarne. Chissà quanti combattenti, dopo essere stati feriti, rimessi in qualche modo in piedi e riaccompagnati al fronte dai carabinieri, avrebbero preferito un colpo mortale! Una vasta documentazione è rimasta comunque, tradotta in servizi e opinioni quotidianamente trasmessi in televisione o pubblicati sulla carta stampata; grazie a questo possiamo accompagnare i nostri giovani sui luoghi della memoria indicando i teatri delle battaglie e i fatti accaduti, ma soprattutto possiamo rispondere alle loro domande. Ma qualche ragazzo ha mai chiesto “ne valeva la pena?” La scuola ci aveva parlato solo della liberazione di Trento e Trieste: causa sacrosanta, ma non l’unica per gli interventisti che sostenevano che dal conflitto ne sarebbe uscita un’Italia “migliore”; e invece famiglie distrutte, povertà e fame. E poi un ventennio di dittatura che culminerà con una seconda guerra peggiore della prima perché inutile e soprattutto fratricida che vedrà non solo la distruzione delle famiglie, ma anche della società, con spaccature politiche, odi e rancori. Trent’anni di guerre e dittatura, ma poi i sacrifici degli anni cinquanta, fatti di emigrazione e di tanto coraggio per la ripresa economica che hanno ridato agli italiani tranquillità, sicurezza e soprattutto lavoro, anche a chi, dopo anni in terra straniera, ha scelto di tornare in Patria, costruirsi una casa, crescere una famiglia. Dopo solo qualche decennio stiamo vivendo una nuova guerra, quella economica che vede molti giovani riprendere la valigia per cercare altrove un posto di lavoro; per chi rimane, invece, disoccupazione o, per i più fortunati, precariato. “Questione chiave” la definisce giustamente il Capo dello Stato nel suo ultimo discorso di fine anno nel corso del quale rimette ai cittadini anche altri mali che affliggono l’Italia come “il marciume della corruzione” che certo non aiuta la ripresa economica e che ribattezza quella Capitale che è sede delle più alte Istituzioni e alla quale abbiamo affidato il nostro Milite Ignoto, sacro simbolo di tutti i Caduti. E purtroppo i mali non finiscono qui se pensiamo alla delinquenza dilagante, anche giovanile, organizzata o no, straniera ma anche italiana che ti fa barricare in casa e chiudere in prigione se provi a difenderti; alla droga che fra non molto troveremo al supermercato; e non parliamo della “modernizzazione” della famiglia, base e catena della società, formata fino ad ora da persone in grado di mettere al mondo i cittadini di domani. Speriamo che le parole di Napolitano, oltre che sulle nostre spalle, siano arrivate anche sui banchi della politica dove si preferisce parlare di poltrone, divenute ormai merce di scambio, anziché risolvere quella “questione chiave” che sta galoppando verso il record del cinquanta per cento; dove non si riesce a gestire il problema delle frontiere, spalancate per migliaia di disperati incontrollati e incontrollabili e chiuse per i due nostri soldati che da tre anni rimangono prigionieri di un’altra sconosciuta e imprevedibile giustizia. E sulla vicenda dei due fucilieri giunge l’attesa risposta del Segretario Generale dell’ONU che ribadisce “l’importanza per entrambe le parti di cercare di giungere ad una soluzione ragionevole e reciprocamente accettabile”; cosa significa, pagare o, paradossalmente, “dividerci i marò"?? Speriamo che l’Europa, finalmente partecipe, arrivi un poco più in là. Intanto noi cittadini comuni, ancora forti dei nostri valori, celebriamo con onore quel centenario che ricorda il sacrificio, ormai consumato, dei nostri soldati. Ne sarà valsa la pena? Forse sì, se come custodi dell’Italia di oggi riusciremo a sconfiggere i nuovi nemici, più distruttivi di quelli di allora: la rassegnazione o, peggio ancora, l’indifferenza.

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Sul Ponte di Bassano Il saluto del presidente

Tre anni tutti d’un fiato

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di questo spazio. Mi si riconosca però la generosità con cui ho affrontato questo impegno, non lesinando né il mio tempo né tantomeno le mie forze fisiche, consapevole che il Presidente deve essere a servizio dei suoi uomini sapendone comprendere gli umori, guidandoli prima di tutto con l’esempio. Nel mio cuore e nella mia mente sono bene impressi i momenti importanti vissuti insieme a tutti voi: cerimonie, progetti, viaggi, anche le discussioni; il tutto vissuto con l’emozione, l’orgoglio e la certezza di farlo per rendere onore alla storia della nostra Sezione. Non sempre è stato facile prendere delle decisioni, in definitiva scegliere tra quello che era giusto e ciò che non lo era, con l’assicurazione comunque che ogni decisione, anche la più, all’apparenza, scontata, è stata oggetto di profonda analisi e discussioni. Tante cose sono state fatte ma tante di più sono ancora da farsi, considerando i tanti progetti in cantiere, soprattutto per celebrare degnamente il centenario della Grande Guerra, e nel triennio che va a concludersi sono state gettate le basi anche per sostanziali novità tecnologiche e di servizio che supporteranno il nostro lavoro e i nostri progetti. A voi alpini, capigruppo e consiglieri sezionali che sarete chiamati a guidare,la Sezione, ognuno per il proprio ruolo e responsabilità, nel prossimo triennio, chiedo di essere fieri di ciò che siamo, orgogliosi di quello che riusciamo a costruire ma nel rispetto degli altri. Vi chiedo di non essere presuntuosi, perché non siamo né “unti dal Signore“ né infallibili, ma di saper convivere fra di voi e di mantenere il giusto e corretto atteggiamento di rispetto sia nei confronti degli amministratori che dei parroci; badando bene a non sentirci invincibili, quasi fossimo una specie di “semidei“, rammentando sempre che la presunzione il più delle volte è cattiva consigliera e soprattutto mal si sposa con l’umiltà che da sempre ci viene riconosciuta. Tutto quello che facciamo sia fatto nel vero spirito di generoso volontariato e non per ostentare qualsivoglia potere o, peggio ancora, da usare per scalare carriere politiche; cercando di mantenere il cuore puro di un bambino ma, e questo si, forte e generoso come quello degli eroi. Non contaminiamo il nostro animo con pensieri o teorie che nulla hanno a che fare con la nostra Storia, riappropriandoci invece della semplicità e genuinità dei nostri “ veci “ ; non dimenticando mai, neanche per un istante, che noi non siamo e saremo mai soli, perché dietro a noi c’è una Storia a guida e insegnamento per il nostro futuro. Dietro di noi e con noi, idealmente, marceranno sempre i nostri “veci“, veri eroi ed ispiratori della straordinaria Storia dell’Associazione Nazionale Alpini. Sono orgoglioso di ognuno di voi e spero che con il tempo anche voi possiate esserlo del sottoscritto. Vi abbraccio con stima e affetto. Giuseppe Rugolo

compimento del mio primo triennio alla guida della Sezione e in vista del rinnovo delle cariche associative, mi sia consentito ringraziare, da queste righe, tutti coloro i quali mi sono stati a fianco in questo tempo, accompagnandomi con affetto e soprattutto con i preziosi consigli. Non ho vergogna nel riconoscere che senza il quotidiano impegno dei miei più stretti collaboratori, in segreteria, non avrei mai potuto assumere un così grande e delicato compito. I miei vicepresidenti Lucio Gambaretto, Lino Borsa, Girolamo Viero e Fabrizio Busnardo affiancati dal segretario Gianni Ceccon e dal tesoriere Evaristo Merlo mi sono stati in questi tre anni preziosi consiglieri, accompagnandomi con professionalità e competenza in questo delicato incarico, condividendo scelte e decisioni, momenti tristi e giorni di euforia e mai, dico mai, lasciandomi solo nel momento delle difficoltà che inevitabilmente si presentano puntuali come le tasse. Con loro e con tutto il Consiglio sezionale abbiamo gioito per i traguardi raggiunti e trattenuto il fiato di fronte agli ostacoli, spronandoci a vicenda convinti di essere una grande squadra, alcuni sostenuti e temprati dalle precedenti esperienze acquisite e gli altri, i più giovani, mossi dall’entusiasmo e dall’orgoglio di appartenere a una grande famiglia. Ho trovato una Sezione vivace sui temi quotidiani, orgogliosa della propria storia anche se, forse, non ancora, del tutto consapevole della propria forza, da potere così recitare un ruolo ancora più importante in seno all’A.N.A.. La nostra Sezione deve prendere coscienza delle proprie potenzialità ma lo può fare solamente con il concorso convinto e generoso di tutti i suoi alpini per non creare il presupposto che il tutto risulti appannaggio di pochi “eletti “. Tre anni sono letteralmente volati come un soffio di vento, considerando come il primo mi sia servito praticamente, quasi solamente, per capire cos’è e come funziona una Sezione. L’orgoglio che ho provato, nel rappresentarvi in questo triennio di presidenza, lo voglio condividere in parti eguali con tutti voi, ognuno per la propria parte, grande o piccola essa sia. Mi avete accompagnato passo dopo passo con generosità, competenza e passione, dimostrandomi fin da subito il vostro affetto senza, come è giusto che sia, disdegnare qualche appunto e “cicchetto”, quando lo avete ritenuto necessario. Sappiate che vi ringrazio più per i rimproveri che per i complimenti, perché è attraverso i primi che mi dimostrate il vostro attaccamento e impegno per le sorti della nostra Sezione e dei suoi Gruppi. Voi mi avete onorato di sincera amicizia e profondo affetto che spero di riuscire, dal profondo del mio cuore, a ricambiare nel tempo. Riconosco di avere un carattere un po’ particolare, a volte un po’ troppo ruvido e impulsivo e se qualche volta ho ferito la sensibilità di qualcuno di voi sono pronto a recitare un “mea culpa“, approfittando

La Redazione, la Protezione Civile, la Banda, il Coro, il Coordinamento Attività Sportive, il Museo, il Gruppo Giovani, la Segreteria augurano a tutti i lettori un

Felice 2015 3


Sul Ponte di Bassano una pagina di storia

Il soldato Rudolf Vitecˇ ek di Fidenzio Grego

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fatti d’armi e le cruente battaglie che si susseguirono nel Primo Conflitto Mondiale vengono oggi descritte in ogni particolare da libri dedicati a questo specifico argomento. Le ricerche storiche derivano dalla consultazione di numerosi faldoni, depositati nei vari archivi privati e statali sia italiani che stranieri; testimonianze di persone che, a vario titolo, parteciparono in prima persona a questi avvenimenti lasciando in eredità le loro memorie. Il foglio matricolare che riporta il percorso della vita militare di ogni soldato, viene sempre più richiesto dai parenti per conoscere l’unità di appartenenza, i luoghi di combattimento e, purtroppo, quelli del decesso. Questo è successo anche alcuni mesi fa quando con il treno proveniente da Trento scesero alla stazione di Cismon del Grappa tre donne, le quali avevano un foglio con scritto: Monte Asolone-Cismon; provenivano da Hustopecˇ e, un paese della Moravia Meridionale (Repubblica Ceca). La ragazza più giovane era funzionaria del locale museo civico ed aveva organizzato questo viaggio a Cismon per esaudire la volontà della nonna: visitare i luoghi dove suo fratello trovò la morte. Dalle scarne notizie in loro possesso, erano convinte che il Monte Asolone fosse situato a Cismon e il nome del loro congiunto riportato in qualche lapide, o sepolto nel locale cimitero. Saputo che il Monte Asolone si trova a circa tre-quattro ore a piedi e che su questa cima, non ci sono le testimonianze che stavano cercando, si fecero accompagnare prima sulla mulattiera che sale verso la Gusella e Val Cesilla (la stessa che percorse il soldato Rudolf con il 99° Reggimento di Fanteria) e poi in cimitero e alla chiesa per una breve visita. Sul Monumento ai Caduti di Cismon le tre donne hanno recitato alcune preghiere e depositato un mazzo di fiori, ricordando in questo modo anche il loro congiunto che si immolò nell’estrema conquista di quel lembo di monte che rappresentò per i due eserciti contendenti

un punto strategico importante nello scacchiere del Grappa. A distanza di quasi un secolo è stata una delle poche volte che a Cismon i familiari di un soldato austro-ungarico, hanno compiuto un tale nobile gesto. Dopo una settimana arrivò un plico contenente alcune foto con una annotazione in lingua inglese: “Ti mando il documento del certificato di morte che l’Archivio Militare di Praga mi ha inviato nel 2008. Rudolf Vitecˇ ek è nato il 15 aprile 1894 in Polehraditz (oggi Boleradice - Repub- Monumento ai caduti di Boleradice blica Ceca). Morì il 29 giugno 1918 sul Monte Asolone (a Cismon) e fu sepolto lo stesso giorno sul Monte Asolone. Era un soldato del k.u.k (imperiale e regio) Mahrisches (Moravia) - 99° Reggimento di Fanteria d’Assalto. Molti uomini di questo Reggimento erano da questo posto del Sud Moravia e il 37% di nazionalità Ceca. Essi non volevano combattere per l’Austria. Rudolf era lo zio di mia mamma. Suo padre Antonin era al palazzo comando a Borgo Valsugana. Rudolf voleva disertare, ma suo padre era contrario, perché pensava che fosse pericoloso e così Rudolf trovò la morte.” (t.d.r.). Il 99° Reggimento di Fanteria partì in marcia da Fonzaso il 12 giugno entrando in linea il giorno successivo nel settore Magnola- Casera Fratte- Monte Asolone. Questo Reggimento rappresentò l’immagine della vecchia monarchia danubiana perché formato principalmente da soldati di etnie diverse: cecoslovacchi, polacchi, bosniaci, ungheresi. Nei giorni 15-16-17 giugno questa unità partecipò ai vari combattimenti in quella che venne chiamata “Battaglia del Solstizio”. Le artiglierie italiane posizionate sul Grappa con l’aiuto di alcune batterie sull’Altopiano di Asiago colpirono sistematicamente con fuoco di sbarramento le truppe imperiali impegnate a conquistare le posizioni italiane. Nel corso di questi assalti di una ferocia inaudita furono ingenti le perdite tra i due eserciti. Solo un nucleo di assalto arrivò casualmente fino a Ponte San Lorenzo. L’operazione, denominata Radetzky, fallì completamente su tutti i fronti per la tenacia e l’efficienza dimostrata dall’esercito italiano. La mancata copertura delle artiglierie, i limitati rifornimenti alimentari per i soldati, il dovere di attaccare su un terreno pietroso dove ogni impatto di proiettile a terra decuplicava il sinistro effetto, contribuirono ad elevare oltre ad ogni limite la tensione nervosa dei soldati austro-ungarici. In questo contesto il soldato Rudolf combatté lontano dalla sua famiglia per una Patria che non sentì mai sua; la voglia di fuggire da questo inferno balenò nella sua mente più di una volta e l’accompagnò fino alla morte. Nonostante le accurate ricerche da me effettuate non è stato possibile conoscere il luogo di sepoltura; è probabile allora che il soldato Rudolf Vitecˇ ek sia stato tumulato con gli altri 10.000 soldati austroungarici ignoti nell’Ossario del Monte Grappa.

Foglio matricolare di Rudolf Vitecek.

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Sul Ponte di Bassano l'opinione

Anche i soldati fucilati furono vittime della guerra di Piero Demeneghi

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un difetto nella strategia degli stessi alti comandi, ma alla viltà dei soldati. Infine ci sono le esecuzioni, avvenute nelle trincee o durante gli assalti, nei confronti di quei soldati che si rifiutavano di combattere per un naturale senso di paura o di quelli che, nel tentativo di evitare le pallottole avversarie, venivano freddati da quelle dei carabinieri comandati di sparare su chi tentasse di tornare indietro durante un’azione bellica. Tra condanne pronunciate ed esecuzioni avvenute nell’esercito italiano in guerra si arriva ad una percentuale nettamente superiore a quella di altri stati belligeranti. Il che testimonia quanto il soldato italiano, almeno fino a Caporetto, sentisse estranea a sé una guerra in cui Cadorna lo mandava letteralmente al massacro, nell’inferno di pietra del Carso come sulle impervie rocce dolomitiche, in ossequio ad una strategia che non prevedeva difesa o ritirata strategica ma solo attacco sia pur per conquistare pochi palmi di terreno. Non mettendo affatto in discussione questo modo di condurre la guerra, era facile per gli alti comandi militari scambiare la naturale stanchezza del soldato, che si domandava per chi e per che cosa stesse andando al massacro, per viltà e scarso ardimento contro i quali occorreva reagire con il terrore e la repressione. Si riteneva necessario offrire esempi di deterrenza con la decimazione o con un rigore assurdo come quello che portò all’esecuzione immediata di un soldato il quale, di ritorno stanco dal fronte, non aveva fatto il saluto al suo superiore o di quello che, povero analfabeta del sud, fu passato per le armi per essere rientrato due giorni dopo la scadenza della sua licenza che non era stato in grado di leggere. Il centenario della Grande Guerra può offrirci l’occasione, con l’ausilio della ricerca storica, per riconsiderare questo capitolo dei fucilati dalla giustizia militare. Altri paesi europei, con un numero di casi assai inferiore al nostro, lo hanno già fatto o lo stanno facendo. Proprio nel 2012 in Francia è stata approvata una normativa in base a cui i fucilati dalla giustizia militare devono essere inseriti nelle targhe recanti i nomi dei caduti. Altri paesi hanno seguito o stanno seguendo l’esempio francese. Ora non è il caso di equiparare tutti i fucilati per mano della giustizia militare con i caduti in combattimento. Un’esecuzione, avvenuta in seguito a regolare processo con tanto di garanzie per l’imputato e ad accertamento di reati sanzionati dal codice militare, non va nemmeno messa in discussione. Tutt’altro discorso va fatto per quei poveri fanti estratti a sorte, del tutto incolpevoli, vittime della decimazione o di un rigore assurdo che li portava, di fronte all’inutile massacro a cui si vedevano mandati, a manifestare una più che naturale stanchezza scambiata per ignavia e viltà. Proprio su questi ultimi credo che il Paese, tramite le istituzioni, debba fare un’opportuna riflessione e considerare se non sia doveroso ricordarli come vittime della guerra insieme con i loro compagni caduti al fronte, sebbene siano caduti per mano dei loro ufficiali e commilitoni. E’ un’opera auspicabile non appena la ricerca storiografica avrà fatto piena luce su questo doloroso capitolo della Grande Guerra.

icorrendo il centenario della Grande Guerra è opportuno soffermarci su un fatto a lungo rimosso, a torto o a ragione, dalla memoria collettiva. Si tratta, in generale, dei condannati dalla giustizia militare e, tra questi, dei soldati fucilati dai loro ufficiali e commilitoni perché ritenuti colpevoli di, veri o presunti, gravi reati. È certamente questo un capitolo doloroso della nostra storia nazionale del quale solo in tempi recenti la storiografia militare ha incominciato ad occuparsi per far luce sulle ragioni di un così elevato numero di fucilazioni incominciando a distinguere fra quanti furono riconosciuti effettivamente colpevoli di reati puniti dal codice militare e quanti invece caddero vittime di una giustizia sommaria, o peggio ancora, arbitraria, abbattutasi su soldati del tutto innocenti. Si sa che i condannati dalla giustizia militare in Italia nel corso della prima guerra mondiale furono molti, ma non e facile, in ogni caso, venire a capo neppure di cifre approssimative. Sono note infatti le condanne a morte emesse dai tribunali militari, delle quali restano gli atti processuali e che ammontano a circa 4000. Per lo più esse riguardano emigrati non presentatisi alla chiamata alle armi e quindi condannati in contumacia. Delle altre, circa 750 furono effettivamente eseguite dopo regolare processo conseguente a reati accertati. Assai più difficile appare il computo delle esecuzioni sommarie sulle quali mancano dati ufficiali e fonti certe. Tuttavia i caduti per mano della giustizia militare superano abbondantemente le 1000 unità sui quattro milioni di soldati al fronte. È una cifra che ci colloca come secondi in una triste graduatoria tra gli stati belligeranti, appena dietro alla Russia dove i fucilati al fronte furono diverse migliaia. Molte di meno invece appaiono, per quanto i dati non siano sempre attendibili, le esecuzioni avvenute negli altri fronti di guerra sia dei nostri alleati sia degli avversari. Ne consegue che la giustizia militare italiana fu particolarmente pesante, pur con le opportune o necessarie distinzioni da fare sul caso in questione. Innanzitutto vanno distinti quanti si resero colpevoli di reati contemplati dal codice militare italiano - pensiamo a furti, stupri, omicidi per vendette personali ecc. - e perciò mandati a processo davanti ad un tribunale militare ordinario, da quanti invece furono condannati da tribunali straordinari istituiti dai comandi al fronte e formati da militari che emettevano il verdetto in pochissimo tempo e davano all’imputato molte meno garanzie. In secondo luogo - e siamo all’aspetto più triste e doloroso - ci sono le esecuzioni effettuate in ottemperanza alle dure disposizioni emanate con specifiche circolari dal generale Luigi Cadorna. In questo caso il pensiero ci porta immediatamente alle famigerate decimazioni, fenomeno tutto italiano, in base alle quali venivano estratti a sorte i soldati (uno ogni dieci) di quei reparti che i comandi supremi ritenevano avessero dimostrato viltà o poco ardimento negli assalti e nei combattimenti. Un pregiudizio questo radicato negli alti comandi militari italiani, se è vero che lo stesso Cadorna, nel pieno della disfatta di Caporetto, ne addossò la colpa non già ad

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Sul Ponte di Bassano il personaggio

AMEDEO DE CIA: grande Generale Alpino di Giuseppe Zonta

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De Cia è sul fronte occidentale nella zona del Col della Maddalena, ma nel novembre dello stesso anno la “Pusteria” viene impiegata nella campagna di Grecia, al fianco della “Julia” (Valle dell’Osum). La sua condotta di comandante deciso contribuisce ad evitare la disfatta, ma non riesce a frenare, come sul fronte francese, la critica nei confronti della disorganizzazione e impreparazione e non è più disposto a sacrificare un solo alpino e un solo mulo in operazioni dissennate. In seguito a queste critiche De Cia verrà sollevato dal comando della “Pusteria”, ma la quasi contemporanea promozione al grado di Generale di Divisione, poi un grave incidente che obbligherà la sostituzione del comandante della Div. Fanteria “Legnano”, lo porteranno al subentro (25/1/1941). Al suo comando la “Legnano” riesce a contenere l’ultima offensiva greca, a cavallo della Vojussa, nella zona di ponte Dragoti e riavviare l’offensiva italiana: il Gen. De Cia meriterà un’altra M.A.V.M. Nell’estate ‘41 la “Legnano” è rimpatriata in Liguria e posta in difesa della riviera di ponente. Per oltre un anno di sostanziale inattività operativa il Generale cura il riordinamento, l’addestramento e la preparazione dello Stato Maggiore, trasformando la Div. “Legnano” in uno dei quadri più efficienti del Regio Esercito Italiano. Nel novembre ‘42 la “Legnano” è ri-dislocata in Provenza con il comando a Nizza; ma per qualche incidente diplomatico, ancora una volta, De Cia viene sollevato dal comando e assegnato, gennaio ’43, alla 223ª Divisione costiera, che coopera con i tedeschi. Pare siano proprio questi ultimi avvenimenti, il contestato omaggio al monumento di Garibaldi e il successivo sollevamento dal comando, a determinare la sua scelta certamente non voluta ma ineludibile. Dopo l’8 settembre i tedeschi intimano la resa al Generale che, dopo un iniziale rifiuto, per evitare inutili spargimenti di sangue, la accetta. Pur rifiutando di essere inquadrato nelle forze germaniche, decide di collaborare come “combattente” e l’11 settembre, rispondendo all’appello del Maresciallo Graziani, entra nell’Esercito della R.S.I. assumendo la Direzione dell’Assistenza Internati Italiani nella Francia meridionale. Il figlio Alberto, S.Ten. Art. Alp. Gruppo “Lanzo”, di stanza a Grenoble, fatto prigioniero con il suo Reparto, tenta la fuga ma, ripreso, rischia una dura condanna. I tedeschi però stimano il Generale e soprassiedono alla sua condanna e lo assegnano al padre come ufficiale d’ordinanza. Il Generale resterà a disposizione del Ministero FF.AA. e dello S.M.E. di Salò. Dall’aprile ‘44 sarà Ispettore delle Truppe Alpine, rifiutando la carica di Presidente del Tribunale Supremo Militare. Nel marzo ‘45 rifiuta pure il comando della Divisione Alpina “Monte Rosa”; lungi da lui anche il solo pensiero di battersi contro altri italiani. Alla fine della guerra il Gen. De Cia non subirà, giustamente, alcun processo. Nel novembre 1945 gli verrà comunicata “la cancellazione dai ruoli con perdita di grado”, ma il 9/6/1950 verrà reintegrato con D.M. Difesa-Esercito. Il Generale, però, schivo e riservato, si ritira a vita privata. Muore a Milano il 7 aprile 1971. Infine il 27/05/2001 una Delibera del Consiglio Nazionale A.N.A. pone termine, dopo 50 anni, all’esclusione dei reduci Alpini aderenti all’R.S.I.; così oggi possiamo accogliere il Signor Amedeo De Cia, Generale di Divisione, bassanese di adozione, ben tornato nella nostra grande famiglia alpina.

ella ricorrenza del 4 novembre il Gruppo di S.Croce non dimentica di rendere omaggio al gen. Amedeo De Cia, tumulato nel Cimitero locale, già socio della nostra Sezione che conserva, nel proprio museo, la sciabola e il medagliere. Amedeo De Cia, definito “Il soldato di tre guerre”, nasce a Locri (Calabria) il 23/12/1883, da padre ligure, Ispettore amministrativo dello Stato Sabaudo, e da madre di origini sicule. Nel 1898 il padre è trasferito a Genova dove Amedeo si iscrive all’Università nella facoltà d’ingegneria; ma nel 1903 abbandona gli studi per passare alla Scuola Militare di Modena dalla quale uscirà Sottotenente di Fanteria nel 1905. Alla fine del 1909 indosserà il cappello alpino nel Btg. “Ivrea” del 4° Reggimento; nel 1911il ten. De Cia partecipa in Libia alla Guerra Italo-Turca e il 3 marzo 1912 guadagna la prima M.B.V.M. Rientrato in Patria e promosso Capitano nel 1914, viene assegnato all’89° Rgt. Fanteria “Salerno” quale Comandante di Compagnia. Allo scoppio della Iª Guerra Mondiale, il Reggimento è inviato nell’alta Valle Isonzo e, nell’attacco al crinale del M.te Mrzli-M.te Sleme, De Cia si merita la seconda M.B.V.M. (4/6/1915). Il successivo 15 giugno torna tra gli Alpini al comando dell’11ª Cp. del Btg. “Mondovì”; ma sul M.te Kucla viene gravemente ferito al petto e ricoverato in ospedale. Ristabilitosi, nel marzo 1916 il Capitano torna al fronte al comando della 118ª cp. del Btg. Alp. “Monte Clapier”, impegnato in Val Fella. Nel maggio 1916 il Battaglione è schierato sull’altipiano di Tonezza a nord di Arsiero per contenere la Strafe Expedition del gen. Conrad. Nel drammatico scontro, ininterrotto per oltre due mesi, De Cia viene insignito di ben due M.A.V.M., nonché di una Croce di Guerra dell’Armata francese. Nell’aprile 1917 il magg. De Cia passa al comando del Btg. Alp. “Bassano”, ma non può partecipare alla sanguinosa battaglia dell’Ortigara, causa una grave distorsione alla caviglia. Nel successivo mese di luglio torna per ricostituire con i giovani rincalzi il dissanguato Battaglione e per riportarlo subito in prima linea, a Cima Saette, poi sul caposaldo del Sisemol e alle Melette, per tentare una resistenza dopo la disfatta di Caporetto: tre mesi di aspre battaglie con conseguente nuovo dissanguamento del Battaglione. Nel gennaio 1918 il Maggiore guiderà i Btg. “Bassano”, “Monte Baldo” e “Tirano” alla conquista del Col d’Echele, azione offensiva segnale di ripresa del nostro Esercito che gli porterà la terza M.A.V.M. (28/1/1918). Seguirà un periodo di stasi per una nuova ricostituzione del Battaglione che viene ritirato nella zona di Vicenza e Mussolente. La sosta durerà poco, ché già nel giugno ‘18 (Battaglia del Solstizio) il Btg. “Bassano” sarà schierato inizialmente sul Grappa e poi sul Piave da dove, a fine ottobre, scatterà l’offensiva italiana che si concluderà a Vittorio Veneto. Il nostro Maggiore avrà ancora un riconoscimento: Croce di Cavaliere dell’Ordine Militare di Savoia (Piave 27,28,29,30 ottobre 1918). Alla fine della Guerra il “Bassano” viene inquadrato nel 9° Rgt. Alpini di Gorizia e dislocato nella Valle del Timavo. Seguono alcuni anni di ordinaria attività di guarnigione durante i quali De Cia frequenta gli ambienti bassanesi e, nel dicembre 1921, sposa la bassanese Ferrari che nel 1922 gli darà il piccolo Alberto. Promosso Ten. Colonnello, nel 1926 terrà il comando del Btg. Alp. “Feltre” e poi, nel 1929, del Btg. Alp. “Borgo San Dalmazzo”. Nel ‘32, promosso Colonnello, tornerà alla Fanteria per comandare il 55° Rgt. della B.f. “Marche” a Treviso; poi nel ‘35 sarà Comandante del Distretto Militare di Bolzano ed infine della Scuola Allievi Ufficiali e Sottufficiali degli Alpini e dei Bersaglieri a Bassano del Grappa. Generale di Brigata, nell’agosto 1938, gli viene assegnata la 5ª Divisione Alpina “Pusteria”. Allo scoppio della IIª Guerra Mondiale,

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Sul Ponte di Bassano testimonianze

Monumento alla Brigata Toscana di Alfeo Guadagnin

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tata italiana, simbolo che Randaccio portò con sé in ogni azione. D’Annunzio, nel maggio del 1917, convinse l’amico ad intraprendere un’azione ardita e molto rischiosa a S. Giovanni di Duino, nei pressi della città giuliana, ma l’attacco finì in un bagno di sangue e Randaccio vi trovò la morte. L’eroico Maggiore venne insignito della Medaglia d’Oro al Valor Militare e, prima di venire tumulato ad Aquileia, venne avvolto dal D’Annunzio a Campese. suo Tricolore. Il Poeta proseguì la sua guerra personale contro l’Austria-Ungheria: un conflitto denso di gesti eclatanti e di propaganda come il volo su Vienna o la “Beffa di Buccari”, tanto che i nemici misero una taglia sulla sua testa. D’Annunzio però non dimenticò mai i “Lupi” della Toscana e non fu mai dimenticato da loro. La corona, dopo la lavorazione compiuta da abili fanti, divenne un’opera degna del miglior gioielliere, completata con fronde di alloro in argento e oro e, al centro, il simbolo della regione Toscana, il Giglio. Nel frattempo i reggimenti della Brigata Toscana lasciarono il Carso e, dal novembre del 1917, combatterono sull’Altipiano di Asiago, mentre nel 1918 furono impegnati in Val Brenta nello sbarramento difensivo che collegava la 6ª Armata dell’Altopiano alla 4ª del Grappa, posizione molto delicata. Fu durante un periodo di riposo dei due reggimenti a Campese, che il Poeta venne invitato dai suoi “Lupi” e fu premiato con la famosa corona, con una cerimonia solenne svoltasi il 12 maggio del 1918 presente anche il Duca d’Aosta. D’Annunzio tenne un discorso in cui ribadì il legame indissolubile con i fanti del II/77° e parte del testo è riportata su un lato del monumento; sopra di essa troneggia il bassorilievo della corona donata da Randaccio e dai suoi uomini, nel lato opposto l’effige dei Lupi, gli eroici fanti dei Reggimenti 77° e 78°. Gabriele D’Annunzio terminò la guerra con il grado di Tenente Colonnello e molte decorazioni al Valor Militare: 2 Medaglie d’Oro, 6 Medaglie d’Argento, 1 di Bronzo e 1 Croce di Ufficiale dell’Ordine Militare di Savoia. Il Tricolore e la corona della Brigata Toscana sono esposti nella casamuseo del Vittoriale degli Italiani a Gardone, l’ultima residenza del Poeta.

ollocato in piazza a Campese il 6 maggio del 1939, il monumento alla Brigata Toscana (77° e 78° Reggimento Fanteria) ha una storia molto particolare. La motivazione per cui una stele dedicata alla famosa Brigata ed ai suoi uomini chiamati anche “Lupi di Toscana” è stata posata in quel luogo nasce nel lontano 1916, quando il celebre poetasoldato Gabriele D’Annunzio entrò a far parte del 2° Battaglione del 77° Fanteria per simpatia nei confronti del comandante del reparto maggiore Giovanni Randaccio. D’Annunzio era sicuramente un personaggio geniale, discutibile e fuori dagli schemi in ogni sua manifestazione; volontario di guerra a 52 anni, ottenne il grado di Tenente grazie ad un Regio Decreto a titolo personale dovuto all’intercessione (si dice) di Cadorna e di Re Vittorio Emanuele III. Il poeta era un divo, al pari di un attore o di una rockstar di oggi, con stuoli di ammiratori e soprattutto ammiratrici, con un ascendente anche verso la nobiltà e le più alte cariche del Regio Esercito che gli permisero, nel corso della guerra, di cambiare Arma e passare indifferentemente da ufficiale di Cavalleria, di Fanteria, d’Aviazione, di Marina e, nel 1920, a Legionario fiumano. Nel 1916 il maggiore Randaccio raccolse sul campo di battaglia del Carso la corona di un proiettile nemico scoppiato per farne un ornamento da donare al “Vate” come gratificazione per la sua immensa grandezza. L’anno seguente D’Annunzio donò all’amico Maggiore un Tricolore da issare per prima a Trieste quando questa sarebbe diven-

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Sul Ponte di Bassano dal museo

Gli Alpini Paracadutisti di Gabriele Peruzzo

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al 1° luglio scorso, il Comando Truppe Alpine ha ceduto la guida del 4° Rgt Alpini Paracadutisti del Col. Radizza al neo costituito COMFOSE (Comando Forze Speciali dell’Esercito). Tale cambiamento si inquadra nel processo di riorganizzazione dell’Esercito e mira alla creazione di un comando unico, snello e veloce per la gestione di operazioni militari speciali in teatri di crisi internazionali. Sotto questo comando sono confluiti oltre ai Ranger del 4° Rgt Alp. Par. “Monte Cervino”, i Parà del 9° Rgt d’Assalto “Col Moschin“, il 185° Reggimento Ricognizione Acquisizione Obiettivi “Folgore”, il 28° Rgt Comunicazioni Operative “Pavia” ed il 26° REOS (Reparto Elicotteri Operazioni Speciali). Alpini e paracadutismo si conoscono già dalla Prima Guerra Mondiale, i tenenti degli Alpini Alessandro Tandura e Arrigo Barnaba venivano lanciati durante il 1918 sui territori del Friuli occupato dagli Austriaci per raccogliere informazioni e coordinare le azioni di sabotaggio operate dai soldati Italiani rimasti isolati dopo la rotta di Caporetto. Per queste azioni, entrambi saranno decorati di Medaglia d’Oro al Valor Militare. Dopo questa parentesi non si parlerà di alpini abilitati al lancio per molto tempo. Solo negli ultimi mesi della Seconda Guerra Mondiale, Compagnie del Rgt Paracadutisti “Folgore” della RSI impiegate nelle zone della Val di Susa, Lanzo ed Orco, constatate le difficoltà di operare in ambiente montano, fornirono uomini per costituire la 1°Compagnia Alpina Paracadutisti. Gli uomini di questo reparto furono addestrati in alta montagna e adeguatamente equipaggiati con materiale per truppe alpine al fine di poter svolgere efficacemente il compito a loro assegnato. Passata la tempesta della guerra, il concetto di utilizzare truppe aviolanciate per combattimenti in ambiente montano venne ripreso da Americani e Francesi; tra il 1947 ed il 1948 si effettuarono dei lanci sperimentali in alta montagna con risultati deludenti. Ufficiali degli Alpini italiani si resero conto che, una volta a terra, truppe non addestrate per la montagna (specialmente in alta quota) erano soggette a problematiche fisiche che ne compromettevano l’efficienza. Per risolvere il problema, chi meglio degli Alpini poteva prestarsi a questo genere di operazioni? Già dal novembre 1951 il col. Emiliano Scotti venne comandato dall’Ispettorato Truppe Alpine per analizzare le problematiche organizzative, addestrative e operative del plotone Alpini Paracadutisti. Un primo nucleo di Ufficiali Alpini, nella primavera del 1952, venne inviato al Centro Militare di Paracadutismo con sede a Viterbo per frequentare il relativo corso e il 1° settembre dello stesso anno, con sede a Bres-

sanone, venne costituito il Plotone Alpini Paracadutisti della Brigata Tridentina. Ai primi di novembre del 1952, un gruppo di reclute alpine selezionate dal CAR di Montorio Veronese venne inviato a Viterbo per l’addestramento al lancio con paracadute mod. IF 41 (gli stessi della Seconda Guerra Mondiale). Il battesimo dell’aria risale al 29 gennaio 1953 e il primo lancio in montagna verrà effettuato a Rocca di Cambio (Abruzzo) il 27 febbraio 1953. Terminato l’iter addestrativo della specialità paracadutisti, il Plotone ritorna a Bressanone e, una volta equipaggiato con i materiali da montagna, viene subito inviato alla Suola Militare Alpina di Aosta per l’addestramento sciistico e alpinistico. Il duro addestramento formerà uomini preparati dall’eccezionale forza fisica ed il termine “mai strack” diventerà il motto del Plotone. Il 24 luglio 1953, alla presenza degli scettici vertici della NATO, l’intero Plotone viene lanciato a La Thuile sul ghiacciaio del Ruitor a 3200 metri di altezza !! Verificato il successo della sperimentazione, in ogni Brigata sarà costituito un Plotone Alpini-parà, nel novembre 1953 quello della Julia a Tolmezzo, nel 1954 quello della Taurinense a Pinerolo e nel 1956 quelli dell’Orobica a Merano e Cadore a Belluno. Al fine di ottimizzare l’istruzione e l’impiego dei Plotoni, il 1 aprile 1964 si decide di riunirli in una Compagnia con sede a Bolzano alla dipendenza del 4°Corpo d’Armata Alpino. Gli uomini della Compagnia, grazie all’incessante e duro addestramento si affermeranno in tante competizioni sportive e militari riscuotendo ammirazione e plauso a livello mondiale. All’inizio del 1990, per onorare la memoria del Battaglione Sciatori “Monte Cervino” distrutto in Russia, la Compagnia ne assume il nome nel corso di una suggestiva cerimonia a Cervinia. Il 14 luglio 1996 la Compagnia viene elevata a rango di Battaglione, in concomitanza con la profonda ristrutturazione della Difesa nazionale e l’arrivo dei volontari, viene avviato il progetto Ranger che prevede la trasformazione degli Alpini Paracadutisti in prima unità Ranger dell’Esercito Italiano. Culmine della rimodulazione addestrativa e operativa è la costituzione del Reggimento Alpini Paracadutisti, il 25 settembre 2004 nelle mani del Ten.Col. Caruso viene consegnata la storica e decoratissima Bandiera di Guerra del 4°Reggimento Alpini. Attualmente il 4° Rgt Alpini Paracadutisti “Monte Cervino” ha sede a Montorio Veronese; i suoi uomini, equipaggiati con i migliori materiali e tecnologie disponibili, sono incessantemente impegnati in esercitazioni a livello Plotone e Compagnia e in quasi tutte le operazioni militari del nostro Esercito in varie parti del mondo. Per tributare il giusto riconoscimento ai valorosi “mai strack”, vera élite degli Alpini, all’interno del nostro museo sezionale è allestito un manichino raffigurante un Sottufficiale Alpino Paracadutista in tenuta da lancio. La Sezione di Padova dell’Ass. Nazionale Paracadutisti d’Italia ha donato al nostro museo un paracadute IRVIN 80, con la gratitudine da parte della Sezione M. Grappa.

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Sul Ponte di Bassano

La Grande Guerra, il Grappa e le scuole

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l centenario dello scoppio della Prima Guerra Mondiale batte ormai alle porte e stanno entrando nel vivo le rivisitazioni di un evento che a quel tempo sconvolse tutta l’Europa. Conferenze, pubblicazioni di diari, di studi, di ricerche, anche se in materia la memorialistica é pressoché sterminata, mostre con foto d’epoca, visite guidate sui siti storici dove si è combattuto, articoli della stampa nazionale e locale, nulla è stato lasciato al caso. Sono sorti ovunque comitati di studio. Tutto questo fervore ed interesse ad approfondire il periodo 191418 non può che far piacere, specie se l’impulso nasce da una doverosa e sincera riscoperta di quanto seppero fare i nostri nonni in quelle tragiche vicende, e non, almeno ci si augura, dall’interessata ricerca tesa ad usufruire dei modesti finanziamenti regionali e nazionali. La Sezione ANA Monte Grappa, per motivi di competenza territoriale su una rilevante fetta del Grappa, non poteva essere assente. Tra l’altro, non bisogna dimenticare che lo Statuto nazionale impone il dovere all’articolo 2 punto a) di “tenere vive e tramandare le tradizioni degli Alpini, difenderne le caratteristiche, illustrarne le glorie e le gesta;” e al punto d) di “promuovere e favorire lo studio dei problemi della montagna e del rispetto dell’ambiente naturale, anche ai fini della formazione spirituale e intellettuale delle nuove generazioni. Infine il punto successivo stabilisce di “promuovere e concorrere in attività di volontariato e Protezione Civile, con possibilità di impiego in Italia e all’estero, nel rispetto prioritario dell’identità associativa e della autonomia decisionale. Per il conseguimento degli scopi associativi l'Associazione Nazionale Alpini, che non ha scopo di lucro, si avvale in modo determinante e prevalente delle prestazioni personali, volontarie e gratuite dei propri soci”. L’ufficio scolastico di Treviso ( il vecchio Provveditorato) nell’estate scorsa ha chiesto alla nostra Sezione il supporto organizzativo nell’ambito del Progetto “ La Grande Guerra e l’esigenza infinita di pace”. Nella cerimonia inaugurale del 29 settembre oltre 800 allievi hanno

dato luogo ad un concerto nello scenario quanto mai suggestivo della Via Eroica, davanti all’altare Roma. Il tutto si è svolto alla presenza delle massime autorità scolastiche del Veneto. Ma si trattava soltanto di un sostanzioso anticipo di una lunga serie di visite guidate sul Grappa da parte delle scuole di tutta la Provincia della Marca. Nel mese di ottobre sono salite 82 classi di 22 istituti diversi per un totale di oltre 1600 allievi. Accompagnati da una trentina di esperti volontari quasi tutti alpini, che si sono alternati per 20 giorni, hanno visitato il Sacrario, il Museo e la Galleria Vittorio Emanuele III. Le classi coinvolte nel progetto erano quelle finaliste delle Medie o delle Superiori. Non sono mancate le giornate di pioggia e di freddo ma tutto si è svolto con soddisfazione degli allievi e dei loro docenti, senza incidenti. Lo staff che ha fatto da supporto si è rivelato di ottimo livello e tutti si sono dichiarati pronti a riprendere l’iniziativa a partire dalla primavera 2015, essendosi già prenotate molte scuole, questa volta da tutto il Veneto. Gianni Idrio

Aiutiamo il Ponte di Bassano

Diretta televisiva del 7 dicembre.

Continuano le iniziative per la raccolta di fondi per l’intervento sul Ponte degli Alpini. Sono gocce più o meno significative che, messe assieme, daranno una buona spinta all’iniziativa. Offerte spontanee, manifestazioni, dirette televisive, concerti continuano a sensibilizzare la gente che dona volentieri quello che può, sicura che, con la garanzia degli alpini, il suo contributo andrà a buon fine. Singolare l’offerta della figlia dell’alpino “andato avanti” Nicolò Gianesini di Gallio che ai fiori ha preferito opere di bene e ha così destinato al Ponte quanto raccolto in occasione del funerale del padre. A oggi sono stati raccolti 110.000€.

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Sul Ponte di Bassano

Protezione Civile: autunno ricco di impegni

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l ritorno dalle vacanze estive i nostri volontari di P.C. hanno trovato un calendario ricco di impegni preparato ad “hoc”. Spesso vi è stata la presenza anche dei ragazzi della sei giorni 2014. A tutti va naturalmente il grazie della Sezione. - Venerdì 5 settembre a Possagno, al funerale dell’alpino Favero Angelo, papà del nostro presidente nazionale Sebastiano, dove sono intervenuti 8 volontari della PC; - Sabato 6 settembre 14 volontari impegnati nella ex caserma Fincato in operazioni di pulizia della palazzina a sud alla nostra sede, per l’attività esercitativa del Comando inter-force dei carabinieri che si è tenuto lunedì 22 settembre con una attività dimostrativa di forze di polizia europee; - Sabato e domenica 13/14 settembre con l’esercitazione triveneta di PC a Verona, dove ben 31 volontari - di cui 11 da Enego - sono stati impiegati in quattro distinti cantieri. Partenza alle 6 di mattina dalla caserma Fincato e ritorno, per un primo gruppo verso le 19.00, mentre l’altro gruppo si è fermato a Verona per partecipare alla sfilata di domenica. Quattro squadre impiegate per altrettanti cantieri: dal rischio sismico a quello idrologico, a quello anti-incendio boschivo e pulizia torrente da piante e arbusti con la nostra ben collaudata squadra “boscaiola” di Valrovina. Qualche piccolo problema logistico- organizzativo, dato anche dal gran numero di volontari impegnati – circa un migliaio - non ha scoraggiato i nostri volontari che non si sono mai persi d’animo e hanno sempre dimostrato impegno e serietà nelle loro azioni. - Domenica 21 settembre, con la 2a marcia di regolarità in montagna memorial Bortolo Busnardo dove una decina di nostri volontari, assieme ad altrettanti alpini della Sezione sono stati impegnati nella gestione della viabilità e della sicurezza. - Domenica 28 settembre nove volontari sono stai impegnati nel TRAIL degli Erori, marcia in montagna che ha visto la partecipazione di oltre 650 concorrenti provenienti da tutta Europa. I nostri volontari, impegnati nella gestione della viabilità e della sicurezza dei partecipanti alla gara, sono entrati in servizio dalle 03.00 alle 13.00. - Lunedi 29 settembre, sedici volontari ed una decina di alpini della Sezione all’interno del progetto “la grande guerra e l’esigenza infinita di pace” promosso dall’Istituto comprensivo di Crespano del Grappa che ha coinvolto oltre 800 ragazzi delle scuole medie e superiori del trevigiano, sono stati impegnati nel-

la gestione della sicurezza dei ragazzi e della viabilità. - Sabato e domenica 11 e 12 ottobre iniziativa promossa dal DPC sul tema "terremoto io non rischio" a Bassano in Piazza Garibaldi per la distribuzione di informazioni e depliants sul corretto comportamento da tenere in caso di terremoto. Dodici volontari impegnati e 8 ragazzi della sei giorni 2014. Preziosa la collaborazione della dott.ssa Marta Giaretton dell’università di Padova che ha completato professionalmente le spiegazioni. - Sabato e domenica 18 e 19 ottobre, attività esercitativa e dimostrativa “La protezione civile con NOI” organizzata dall’Amministrazione Comunale di Bassano, con la presenza, oltre che della nostra PC anche di altre associazioni del territorio, allo scopo di amalgamare le varie realtà di PC e nello stesso tempo addestrare i volontari sulla realizzazione di un campo di accoglienza. Buono il successo dell’iniziativa, anche se alcuni aspetti saranno da migliorare ed integrare. Significativa la presenza, di alcuni ragazzi della sei giorni 2014, che oltre a dare una mano nel montaggio e smontaggio delle tende e dei gazebi, hanno anche provato l’emozione di dormire nelle nuove tende pneumatiche fornite dal Dipartimento. - Sabato e domenica 25 e 26 ottobre a Bolzano per l’esercitazione di PC. Una squadra di dodici volontari è partita sabato mattina alle 6.00 per Bolzano dove, dopo i saluti in città da parte del coordinatore Luca Zannoni, è salita a Costalovara, assieme ad altre squadre di PC per attività di pulizia boschiva. Buona l’organizzazione e l’accoglienza. Da settembre ad ottobre sono state “dedicate” circa 960 ore. Il 3° Rgpt, coordinato da Orazio D’Inca, ha donato alla nostra PC una nuova motopompa della portata di 150 mc/ora (quella attuale ha una portata di 90 mc /ora); la donazione permetterà una maggiore efficienza nell’ emergenza e nel soccorso alla popolazione. Informiamo infine che è iniziato un corso di autodifesa - MGA - per i nostri volontari, seguiti ed allenati dal socio Luigi Bordignon presso la caserma Fincato. A lui, al suo collega Bruno Seminara e al maestro Bertoncello il grazie della Sezione. Fabrizio Busnardo

Colletta Alimentare

Sabato 29 novembre 2014 oltre trecento nostri alpini e aggregati hanno raccolto, in 55 supermercati aderenti all’iniziativa, 34.999 kg. di alimenti con un incremento dell’8% rispetto al 2013. Anche quest’anno la solidarietà ha vinto sulla crisi. A tutti i volontari che si sono impegnati nella raccolta va l’ammirazione della Sezione Monte Grappa, ma soprattutto la riconoscenza silenziosa di chi ha potuto trascorrere, grazie a loro, un Natale più sereno.

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Lavori a Cima Grappa

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n seguito alla convenzione stipulata tra il Commissariato Generale per le Onoranze ai Caduti e l’A.N.A. sulle attività di custodia e manutenzione dei Sepolcreti militari, giunge, da parte del Direttore del Sacrario di Cima Grappa ten. col. Riccardo La Bella, un resoconto sulle attività svolte dagli alpini delle Sezioni Monte Grappa, Treviso, Feltre e Valdobbiadene nel corso del 2014. Oltre al servizio di sorveglianza che ha garantito l’affiancamento al personale militare in tutti i fine settimana e festività dell’intero anno, alpini e aggregati si sono impegnati anche in lavori di manutenzione delle infrastrutture e della zona esterna con grande soddisfazione dell’Associazione e la riconoscenza da parte della Direzione militare che li ha classificati “a regola d’arte”. Gli interventi hanno riguardato la Galleria Vittorio Emanuele dove sono state applicate delle reti elettrosaldate per rendere più sicure le porte di uscita laterali; un altro lavoro ha interessato la sala proiezione e i servizi igienici della Caserma Milano con l’intonacatura e verniciatura delle pareti. Nella zona del Rifugio Bassano si è proceduto alla stuccatura del muro in pietra antistante e ad interventi di manutenzione nei servizi igienici adiacenti il parcheggio nord. Sono state poi sistemate delle perdite d’acqua nella sala depurazione e rifatta la pavimentazione dell’area atterraggio elicotteri. La zona esterna, inoltre, è stata tenuta curata con tagli dell’erba e diserbo: cosa all’apparenza di minor importanza, ma che ha mantenuto il sito sempre accogliente e decoroso agli occhi dei sempre più numerosi visitatori richiamati ora anche dal grande evento del centenario della Grande Guerra . Ma un intervento che merita di essere particolarmente citato rimane la ristrutturazione del muro di sostegno sulla strada che dal Rifugio Bassano porta al piazzale della Caserma Milano: un lavoro che ha interessato i militari in servizio a Cima Grappa e i volontari di ben undici Gruppi della Sezione M. Grappa coordinati dal vice presiden-

te Momi Viero. Gli alpini hanno lavorato per diciotto giorni con condizioni meteo spesso avverse, ma con un risultato alquanto soddisfacente sia sotto l’aspetto visivo che di sicurezza: un biglietto da visita di quell’accordo, fortemente voluto dal I firmatari della convenzione ten. col. La presidente Favero, che ha Bella e il presidente naz.le Favero. aggiunto valore agli scopi statutari della nostra Associazione. A tutti i volontari e a coloro che li hanno coordinati va l’ammirazione dell’Associazione Alpini e del Presidente, il ringraziamento da parte di Onorcaduti e della Direzione di Cima Grappa, ma soprattutto la riconoscenza di tutti coloro che hanno particolarmente a cuore questa preziosa e sacra dimora dei nostri Caduti.

La Madonna del Grappa nella nostra sede Martedì 11 novembre, nel corso di una breve cerimonia, l’amico Sergio Dussin ha voluto donare alla Sezione una statuetta della Madonnina del Grappa, opera di un ceramista di Nove precedentemente benedetta dal Santo Padre Papa Francesco. Alla consegna, oltre ai vertici sezionali e a una nutrita rappresentanza di alpini, era presente anche il presidente nazionale Sebastiano Favero che ha ricordato la presenza della sacra immagine nelle tragiche vicende che si sono consumate ai suoi piedi durante le battaglie del Grappa. L’immagine rimarrà esposta nella sede sezionale e, oltre all’aspetto religioso, rappresenterà un’ulteriore sacra testimonianza da conservare nel centenario della Grande Guerra.

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Sul Ponte di Bassano

Il Grappa restituisce ancora i suoi Caduti

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onostante siano passati novantasette anni dalle battaglie della Prima Guerra Mondiale, il Grappa custodisce ancora gelosamente le salme di parecchi combattenti, disseminate un po’ ovunque, nelle valli e nelle trincee di cui il massiccio è costellato. I ritrovamenti non sono infrequenti ed offrono l’occasione per cerimonie molto toccanti e significative, come quella di domenica 2 novembre al Sacello e lungo la via Eroica. Complici le abbondanti piogge di questa strana estate alcuni mesi fa si è verificato uno smottamento in Val delle Saline che ha riportato alla luce le ossa di alcuni soldati. Troppo pochi erano gli indizi per identificare almeno la nazionalità, se non proprio i nominativi. Il luogo del rinvenimento è stato più volte teatro di battaglia, per cui

i caduti potevano appartenere, indifferentemente, all’esercito italiano o a quello austroungarico. Proprio per questo, nell’incertezza sulla loro esatta nazionalità, è apparsa opportuna la loro tumulazione presso il cippo collocato a metà della Via Eroica, equidistante dal cimitero italiano a sud ed austroungarico a nord. Il celebrante monsignor Renato Marangoni, vicario del vescovo di Padova, traendo spunto dall’eccezionale scenario offerto dalle Prealpi venete, nella sua omelia ha voluto sottolineare: “ l’abbraccio di queste montagne è metafora dell’ideale abbraccio tra tutti gli uomini. Come è bello augurarsi che questo luogo, che fu spettatore di scontri e di morte, possa diventare luogo di incontro tra tutti gli uomini, per un grande banchetto di pace”. Il sindaco di Crespano, Annalisa Rampin, ha voluto opportunamente ricordare che le quattro salme fino ad ora non avevano mai avuto una tomba degna di tal nome, sulla quale i parenti potessero deporre dei fiori e recitare una preghiera. Ci ha pensato il Creato, per cui il vuoto è colmato. In rappresentanza della Regione Veneto c’erano l’assessore Donazzan ed il consigliere Gerolimetto. Presenti pure il presidente nazionale dell’ANA ing. Sebastiano Favero, il vice presidente vicario dei fanti, numerosi sindaci, labari, gagliardetti e vessilli di varie Associazioni combattentistiche e d’arma. Il gen. Gianfranco Rossi ed il gen. Carlo Capovilla hanno tenuto le due relazioni ufficiali, illustrando le cause dello scoppio della Grande Guerra ed i suoi primi sviluppi. La cerimonia si è conclusa con la benedizione delle salme e la loro tumulazione lungo la Via Eroica, in una cornice splendida dal punto di vista ambientale. Gianni Idrio

Coordinamento Attività Sportive

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omenica 21 settembre 2014 si è disputato a Campo Croce l’11° Campionato Triveneto A.N.A. di marcia di regolarità in montagna nonché il 2° Memorial “Bortolo Busnardo”. La manifestazione ha visto la partecipazione di 24 pattuglie e 8 coppie provenienti da 7 Sezioni. Il percorso di 18 km., tracciato sui luoghi della Grande Guerra, ha visto la partenza in località Campo Croce e il passaggio al Sacrario di Cima Grappa. La giornata non è stata delle migliori a causa delle condizioni meteo poco favorevoli. Ciò non ha impedito ai 98 partecipanti di apprezzare il suggestivo percorso, considerato comunque molto impegnativo. La vittoria del campionato A.N.A. è andata alla Sezione di Valdobbiadene che ha piazzato una pattuglia anche al 2° posto mentre al 3° è giunta una pattuglia della Sezione di Treviso. Il Memorial Bortolo Busnardo è stato assegnato invece definitivamente alla pattuglia meglio classificata della nostra Sezione composta da Dal Broi Pietro, Silvestri Francesco e Rostirolla Antonio. Alla buona riuscita della manifestazione hanno contribuito la Protezione Civile dell’ANA Monte Grappa e vari Gruppi Alpini sezionali. Nello stesso giorno si è svolto a Treviso il Campionato Nazionale A.N.A. di tiro a segno al quale ha preso parte il nostro socio Antonio Orso che ha conseguito l’11° posto nel Tiro con la Pistola categoria Master. Il Gruppo Sportivo Alpini della Sezione ha iniziato l’annuale attività con la consueta ginnastica pre-sciistica bisettimanale che si svolge presso la palestra della scuola elementare di S.Vito di Bassano. Gli agonisti si stanno preparando per la partecipazione alle gare in calendario FISI e ai campionati nazionali A.N.A che inizieranno con quello di Fondo il 15 febbraio 2015 ad Asiago organizzati dalla locale Sezione.

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Sul Ponte di Bassano

LA GRANDE GUERRA La Sanità e gli Ospedali da campo nella Grande Guerra di Gianni Idrio Il cedimento della linea difensiva a Caporetto comportò, come aspetto tutt’altro che secondario, una nuova e più articolata organizzazione di tutte le strutture sanitarie dell’Esercito italiano. Nuove furono, in gran parte, le località coinvolte, la rete di trasporti, le istituzioni e gli edifici utilizzati. Cambiava radicalmente il teatro di guerra, cambiavano le distanze ed i punti di riferimento. Quasi tutti i paesi che vennero, loro malgrado, a trovarsi sulla linea del fronte conobbero l’afflusso di interminabili colonne di feriti, che avevano estremo bisogno di un intervento medico-chirurgico rapido ed efficace, se non addirittura drastico. Fu allora che spuntarono un po’ ovunque gli Ospedali da campo, i punti di medicazione, le infermerie improvvisate. Non fu risparmiato alcun Comune, alcun edificio ritenuto idoneo ad accogliere grandi flussi di feriti. Moltissimi sono i documenti che tornano alla luce, dopo oltre 90 anni, e le testimonianze come quella, ad esempio, del ten.col. Edoardo Audenino. Apprendiamo così dal libro di suor Antonietta Prevedello sull’Istituto delle Suore di Carità ( fondato da Vincenza Gerosa e Bartolomea Capitanio) che a Crespano nel novembre 1917 venne aperto l’ospedale n° 109 presso il locale Collegio femminile. Il 9 marzo 1923 il dott. Edoardo Audenino scrive alla Commissione

L'ospedale di Crespano e sullo sfondo il M. Grappa.

per la Guerra presso il Ministero omonimo per illustrare le “spiccate benemerenze acquisite nel 1917 - 18 dalle Suore dell’Istituto femminile situato a Crespano…. Nei giorni tristissimi che seguirono Caporetto, quando più grave e disperata appariva la sorte delle nostre armi e si preparavano sul Grappa le prime resistenze all’invasione nemica incalzante, l’Ospedale da Campo n. 109, facente parte del 18° Corpo d’Armata, veniva dislocato a Crespano nei locali dell’Istituto femminile, che lo sgombero della popolazione e perciò delle Suore e delle Educande rendeva immediatamente utilizzabile per la spedalizzazione dei numerosissimi feriti. La Direttrice dell’Istituto, suor Giuseppina Saviane, e con essa un gruppo di 8 Suore di Carità dettero la prima elevatissima prova di alto sentire, di squisito spirito di pietà e di coraggio. Esse, anziché seguire le giovani a loro affidate e le consorelle, che cercavano scampo in altre Case dell’Ordine, vollero rimanere presso l’Ospedaletto….La loro opera si svolse per tutto l’anno di guerra combattuto sulle vicinissime cime del Grappa, prestando soccorso ad oltre 2500 soldati…”. Testimonianze come questa sono numerosissime. Ma come era organizzato il nostro Esercito in materia sanitaria, durante il primo conflitto mondiale? Nascono gli Ospedali di guerra, che si affiancano agli Ospedali da campo e dispongono di “quasi identiche” dotazioni di materiali. Il loro numero non è più prefissato, ma varia; essi sono contraddistinti da un numero progressivo per tutto l’esercito. Il trasporto, la cura e il ricovero di oltre due milioni e mezzo di feriti ed ammalati, era gestito, sotto il comando del gen. Della Valle, dai soldati del Corpo della Sanità Militare e dall’apparato della Croce Rossa Italiana (personale medico e “Dame della Croce Rossa”, cioè crocerossine volontarie) coadiuvato dal personale infermieristico sempre volontario facente parte di vari comitati assistenziali quali i Cavalieri di Malta, quelli dell’Ordine dei SS Maurizio e Lazzaro, i Gesuiti. Molto importante fu anche l’ aiuto dato dagli Alleati: nel 1918 operavano nel fronte italiano centinaia di militari di Sanità britannici e statunitensi, con compiti di ambulanzieri ma anche barellieri e infermieri. Dobbiamo ad uno studioso


Sul Ponte di Bassano come Massimiliano Galasso una documentata ricerca sul sistema sanitario italiano nella Grande Guerra. “Con l’entrata in guerra la Croce Rossa Italiana militarizzò immediatamente il suo personale, forte di 9.500 infermieri e 1.200 dottori, con 209 apparati logistici propri tra Ospedali Territoriali, attendamenti, autoambulanze e treni ospedali); già nel 1916 i medici militari in Zona di Guerra erano 8.000 (più altri 6.000 che operavano in retrovia) e nel 1918 diventarono complessivamente 18.000. Di norma l’unità operativa di base della Sanità Militare al fronte era la Sezione di Sanità, diretta da un capitano medico chirurgo ed operante a livello di reggimento di fanteria, che a sua volta si divideva in due Reparti di Sanità aggregati ognuno al Comando di battaglione e comandati da un tenente medico chirurgo. Il Reparto di Sanità era composto, oltre che dal tenente comandante, da altri uno o due aspiranti ufficiali medici subalterni, da un cappellano militare e da circa una trentina di militari infermieri, portaferiti e barellieri (soldati della Sanità militare ma anche fanti reclutati in modo estemporaneo per quel compito) divisi in squadre da dieci elementi (dirette da sergenti o caporali Aiutanti di Sanità nel numero di due per battaglione) ripartite tra le varie compagnie. Le compagnie di alpini e bersaglieri ciclisti ( divisibili in due aliquote) avevano invece Sezioni sanitarie autonome, per meglio adeguarsi alla mobilità del reparto o poter operare in territori impervi”. In ogni caso tali Sezioni non dovevano trovarsi troppo lontane dai posti di medicazione, per permettere ai feriti di essere trasportati con facilità e sollecitudine e, di regola, si trovavano al riparo dal fuoco ed in luogo da non creare problemi ai movimenti delle truppe combattenti. Dovevano porsi dietro la seconda linea. Bisognava dare la precedenza ad un centro abitato o a qualche fabbricato. Occorreva cercare siti ove non mancasse l’acqua, che fossero nelle vicinanze di strade di facile percorribilità, procurando però di tenere queste sgombere e di non portare ostacoli ai rapidi movimenti delle truppe e delle artiglierie. Furono creati anche Reparti di Sanità Someggiati, dotati di muli o cavalli per lo sgombero dei feriti dalle prime linee. La dotazione di materiale medico avveniva a livello di battaglione per la fanteria e di compagnia per alpini, mitraglieri e bersaglieri ciclisti. Di norma ognuna di queste unità aveva in dotazione quattro barelle e vari “cofani” e borse di sanità contenenti garze, bende, lacci emostatici, filo per sutura, siringhe, disinfettanti (iodio, alcool e acqua, etere, cloroformio come anestetizzante) antiparassitari, (antitifina e naftalina) e fiale di morfina. Va ricordato che allora non esistevano antibiotici e che la trasfusione di sangue non veniva ancora utilizzata. Subito dietro alle prime linee si trovavano i Posti di Medicazione, infermerie campali sistemate in punti defilati o il più possibile al riparo dal fuoco nemico, dove venivano sommariamente fasciati e medicati i feriti che non erano

riusciti da soli ad arrestare emorragie, fasciarsi arti rotti o maciullati o rischiavano il dissanguamento; in seguito i feriti raggiungevano a piedi, se in grado, o in groppa a muli, a spalla, mediante teleferiche o con autoambulanze gli Ospedaletti da Campo. Qui il personale medico chirurgico della Sezione di Sanità operava i feriti più gravi, medicava sommariamente o disinfettava e mandava verso le retrovie i meno urgenti (rispedendo in linea quelli considerati abili, scortati da carabinieri), somministrava adrenalina ai dissanguati e morfina come sedativo ai più sofferenti oppure lasciava agonizzare quelli per cui ogni intervento sarebbe stato inutile. A questi molto spesso venivano tolte le bende, per applicarle, in caso di penuria di garze, a qualche altro ferito “salvabile”, prima che fossero morti, e magari ancora in stato di semincoscienza. Anche la politica di sgombero dei feriti era quella di sempre: essi venivano raccolti dai portaferiti dei vari Corpi e trasportati al posto di medicazione, ove ricevevano le prime cure. In seguito tramite le Sezioni di Sanità i feriti precedentemente medicati venivano sgomberati verso altri Ospedali da Campo (strutture sistemate su baracche o tendopoli poste che accoglievano i feriti aggravatisi o quelli che avevano meno di 30 gg di convalescenza) o più indietro sui vari Ospedali Divisionali, d’Armata o Territoriali della C.R.I. Tutto il territorio della retrovia fu riempito da questi grandi Ospedali, alloggiati in prossimità di grandi strade, di ferrovie, dentro a scuole o o all’interno di grandi ville padronali (i Savoia dal canto loro misero a disposizione il Palazzo Reale di Moncalieri, dove sorse l’ ospedale militare per mutilati, e una stanza del palazzo al Celio in Roma riservata solo a feriti “eccellenti”). Queste grandi strutture (nel ’17 in Zone di Guerra c’erano 234 ospedali da 50 posti letto, 167 da 100-150 posti letto, 46 da 200 e 27 ospedali di tappa) potevano anche godere del supporto di strutture specializzate quali sezioni di disinfestazione, laboratori chimicobatteriologici, campi contumaciali, stazioni radiologiche. Dopo le esperienze dei primi mesi di guerra, una speciale Commissione, istituita dall’Intendenza Generale, suggerì di aumentare il numero di barelle e portaferiti disponibili, di avvicinare maggiormente i posti di medicazione alla linea del fuoco e di rendere normale l’assegnazione (al momento solo eventuale) di ospedali da campo a livello di Divisione. Allo scopo di decongestionare il più possibile le strutture ospedaliere in Zona di Guerra i feriti vennero in seguito anche ricoverati in Navi Ospedale (come la Albaro, la Memphi, la Po, la Principessa Giovanna) o nei 59 Treni Ospedale (convogli da 360 posti che raggiungevano le stazioni avanzate del fronte per caricare i pazienti per poi ripartire verso l’ interno fermarsi nei rami morti delle grandi stazioni, come Mestre, Torino, Padova, Verona). Per gli sgomberi a tergo degli ospedali da campo, i mezzi prati-

Primo soccorso sul Bocaor (M. Grappa).

Prà d'Ort (M. Grappa) Tenda medicazione in 1a linea.


Sul Ponte di Bassano camente esclusivi rimanevano i treni sanitari, che si dividevano in: a) treni-trasporto feriti e malati ,allestiti e gestiti direttamente dall’autorità militare, con tragitti brevi e mai superiori ad un giorno e b) treni-ospedale, allestiti e gestiti con personale della Croce Rossa o dell’Ordine di Malta, con percorsi anche di più giorni. In Friuli fu riutilizzata la via fluviale della “Litoranea Veneta” (un grosso canale navigabile che collegava Grado a Mestre passando parallelo alla costa e distante da essa circa circa 5 km), dove migliaia di feriti del Carso furono sgomberati su chiatte rimorchiate da battelli che partivano da Grado e dopo una notte di viaggio raggiungevano Mestre. Importante fu anche il ruolo delle autoambulanze, dapprima semplici autocarri i cui cassoni furono attrezzati con letti e casse contenenti materiale medico o con pertiche per il posizionamento delle barelle e in seguito ricavate dai Fiat 15 Ter: nel 1918 erano 954, divise in autoambulanze chirurgiche (che andavano a prendere i feriti gravi sotto le prime linee e li trasportavano verso l’ interno), radiologiche, di trasporto barelle. Tutte le strutture mobili o fisse della C.R.I. avevano ben in vista il logo crociato rosso su sfondo bianco, per evitare che il nemico bombardasse baracche, tende o edifici adibiti a ricovero per i feriti; questo però era possibile sono in retrovia mentre in prima linea molto spesso si verificarono stragi di feriti fatti stazionare dentro a semplici buche o a ricoveri di fortuna. I feriti presso le Sezioni di Sanità dislocate negli Ospedali da Campo si dividevano altresì in: - Gravissimi trasportabili (feriti al cranio, addome, colonna spinale): quelli già sommariamente operati e destinati alle ambulanze chirurgiche per altri interventi d’ urgenza; - Gravi trasportabili candidati ad urgente ed immediato intervento chirurgico: feriti che necessitavano di altri interventi, smistati in altri Ospedali arretrati o passati ad ambulanze chirurgiche o radiologiche; - Gravi trasportabili a distanza breve: destinati agli Ospedaletti da Campo più vicini, trasportati tramite carri o autoambulanze per barelle; - Trasportabili a lunga distanza: feriti in condizioni stabili ma non in grado di camminare, caricati su autocarri diretti in retrovia; - Leggeri: quei feriti che possono deambulare autonomamente. Inutile dire che tutto questo sistema, ordinatissimo sulla carta, saltò puntualmente durante le tragiche estati di guerra del ’15, ’16 e ’17, quando dalle prime linee dell’Isonzo ogni giorno scendevano verso gli Ospedaletti da 50 o 100 posti letto migliaia e migliaia di feriti,

Addetti all'ospedale di Crespano.

Ambulanza in ospedale da campo 72 - Onè di Fonte.

stanchi, con le ferite infette, non autosufficienti, che piangevano e urlavano di dolore. Un significativo contributo all’articolazione dei servizi sanitari lo dettero anche gli alleati, gli Americani in particolare. Ha fatto scalpore la presenza di un gruppo (piuttosto pittoresco e poco formale) di giovani universitari, in veste di autisti di ambulanza, animati da spirito d’avventura. Alcuni di loro erano destinati a diventare persone affermatissime nei vari campi. Sono noti i nomi di Hemingway e Dos Passos. L’esperienza da loro vissuta nel Bassanese incise profondamente nel loro animo e nei loro ricordi, e ne troviamo traccia nei romanzi e nei disegni che composero. Henry Serrano Villard scrive in “Americani sul Grappa”: ...la nostra sede a Bassano era pittoresca, ben diversa dai posti afosi e malarici del Basso Piave. Da una larga spianata, limitata da alberi, ai bordi della città, si stendeva a nord un panorama indimenticabile: una vista di verdi campi…e più in alto il colosso del Grappa grigio-verde, coi suoi 1776 metri di altezza. Uno stupendo baluardo per le case sparse ai suoi piedi. Sui suoi ripidi tornanti salivano a zig-zag le ferite della Strada Militare ( che Cadorna aveva fatto aprire nel 1916), un trionfo di ingegneria forzata e su cui dovevano salire anche le ambulanze della nostra Sezione. Di lì si potevano scorgere un mare di cime alpine, le roccaforti dolomitiche in cui erano trincerati gli austriaci in attesa di scendere al piano. Il Grappa era già allora una leggenda.“ Ogni sezione A.R.D. ( American Red Cross) era comandata da un tenente, o chef; gli autisti godevano del titolo di sottotenente. Per ragioni statistiche, tutte le volte che intraprendevano un viaggio per conto dell’esercito italiano, era loro richiesto di compilare un modulo a stampa, indicando i particolari del medesimo. Per i feriti e gli ammalati si usava un linguaggio misto italofrancese: uno in barella era un couché, un ferito un blessé, un caso da ambulatorio un assis o seduto, chi soffriva di qualcosa era un malato. Alla sezione di Bassano generalmente si impegnavano gli uomini per una tirata di tre giorni, seguita da un periodo di riposo al campo base. È sempre Villard a scrivere: “…..alla sezione di Bassano c’e-


Sul Ponte di Bassano ra un parco automezzi di quindici macchine: cinque mastodontiche Fiat e dieci Ford. Queste ultime non dettero prova di buon servizio in montagna. Le Fiat, invece, avevano uno spazioso interno dove potevano trovare posto sei barelle o quattordici seduti…..il periodo di ambientamento fu molto breve per cui le varie strutture ospedaliere dovevano diventarmi familiari come le mie tasche e come del resto gli ospedali della zona. Ce n’erano moltissimi, praticamente uno o addirittura due per paese: Romano Alto, ai piedi del Grappa, Borso, S. Eulalia, Crespano, Paderno, Quattro Strade, Fietta, Borgo Piazza, Possagno, Tezze, Ca’ Molin in pianura…umili borgate dai nomi di santi: San Zenone, Sant’Andrea, San Giacomo, San Liberale, dove una notte, durante un furioso temporale ed un bombardamento, credetti di essere stato tagliato fuori dagli austriaci. …. Gli attacchi aerei dovevano diventare pane quotidiano… non dimenticherò quanto mi successe vicino al mio al posto di servizio a Rova (pronuncia anglo-americana per Rover, borgata di Possagno, ndr.). L’arteria era battutissima dal traffico militare e proprio per questo soggetta ad intensi bombardamenti aerei da parte austriaca. Un convoglio stracarico di munizioni poteva essere un bersaglio più che legittimo, ma (accidenti) non una piccola e solitaria ambulanza, con la Croce Rossa bene in vista sul tetto e che filava disperata in mezzo alla carreggiata fuggendo come un Satanasso... Le strade sul monte Grappa erano pericolosissime per via dell’enorme traffico di mezzi e di truppe, che per tutto il tempo andavano e venivano. La responsabilità era grande. Viaggi con quindici feriti per volta. In molti punti le strade erano bombardate in continuazione e piene di crateri, massi e granate inesplose…. …. A evacuare i feriti, oltre alle ambulanze giù per la strada tortuosa, c’erano pure le teleferiche. Un sistema di cavi ancorati alle cime scendeva a precipizio in basso, e su di essi viaggiava un trespolo metallico alto pochi centimetri, a forma di cuccetta, su cui si adagiava il peso umano: il ferito, legatovi con cinghie e avvolto in una coperta, veniva calato giù come fosse un pezzo di carne da macelleria, una discesa da far drizzare i capelli, con gli occhi inchiodati dalla paura o per le vertigini.” Risulta attivato un ospedale considerato “aliquota avanzata” perfino in Val delle Mure, gestito dal maggiore Marro, con la caratteristica di essere a soli 200 metri dalla linea di cresta Croce dei Lebi - Col dell’Orso, e dotato di una sala per interventi chirurgici d’urgenza ricavata all’interno del pendio, a quota 1630. Bastano alcune testimonianze per rendere tragicamente l’idea di quale peso abbiano sorretto sulle loro spalle i medici della C.R.I., che dovettero affrontare le ferite con cui la nuova guerra moderna maciullò le carni delle sue vittime sacrificali; troppo grandi per suturare, bendare o cucire, troppo grandi per un corpo umano. I problemi sugli Altipiani o sul Grappa non erano per nulla dissimili

La teleferica.

da quelli di tutto il resto del fronte. Ancora da Galasso ecco cosa succedeva nell’ ospedale militare austriaco di Gorizia e nell’ ospedale da campo italiano di Romans d’Isonzo (dove il sangue correva fino sulla strada): “….si sentiva la povera gente che gridava, operavano così, senza anestesia. Tagliavano braccia, gambe, secondo la ferita che si aveva. Quelli che morivano venivano portati al cimitero su un carretto tirato da un cavallo o da un mulo. Il cimitero era pieno. I feriti sono molti e hanno un aspetto spaventoso. In alcuni si vedono pendere le bende sanguinanti e pezzi di carne. Uno piange, l’altro geme, il terzo chiede aiuto. […] i soldati da curare arrivano e partono in processione. Essi giacciono uno vicino all’altro nei corridoi, sulla paglia, e vengono portati in sala d’operazione a seconda delle ferite più o meno gravi. Alcuni muoiono sulla barella, altri sul tavolo d’operazione, i più fortunati nel loro letto. Il sangue scorre in terra, non si può passare senza insanguinarsi, l’odore del sangue è perennemente nel naso…” Migliaia di soldati morirono dissanguati o per infezioni per incuria del personale o perché non c’erano bende e disinfettanti a sufficienza. Il Comando Supremo mise subito tutto a tacere fin dal 1917, ma da allora il comandante della II armata, gen. Capello, pretese di avere in dotazione solo personale medico britannico. La mortalità tra i feriti era spaventosamente alta, ed era dovuta alle poche conoscenze mediche dell’epoca, all’impossibilità di sfruttarle appieno in zona di guerra e alla mancanza grave di igiene che portava la temuta cancrena, il tetano, le emorragie. La mortalità tra i ricoverati fu del 30%, causa principale di morte erano le infezioni pre o post operatorie: meningo- encefalite, ascesso cerebrale, emorragia. Tra i feriti al torace la mortalità scendeva al 20%, ma moltissimi certamente morirono una volta giunti a casa di tubercolosi, malattia che colpiva facilmente un polmone lesionato e magari affetto da pleurite in seguito ad infezione. Tra i feriti all’ addome invece le possibilità di guarire era tristemente lontana. I feriti al basso ventre non venivano neppure operati, tanto i medici erano sicuri che la morte sopraggiungesse in poco tempo per dissanguamento o per infezione in seguito alla perforazione delle budella. Per i feriti agli arti invece la speranza di sopravvivere era maggiore; durante i giorni delle grandi battaglie, in cui il sovraffollamento degli Ospedali non permetteva cure individualizzate per ogni paziente, l’amputazione chirurgica o la disarticolazione dell’arto maciullato era prassi. In altri casi i medici agirono anche con metodi più ortodossi, quali plastiche cutanee e legature di vasi sanguigni e tendini. Causa di morte frequente era per loro la cancrena gassosa (causata anche dai dolorosissimi lacci emostatici che venivano stretti attorno agli arti feriti nei Posti di Soccorso). Anche tra i feriti caricati sulle autoambulanze chirurgiche la mortalità era alta, dovuta al fatto che in queste strutture venivano trattati solo i casi più gravi e disperati: ad esempio, l’ambulanza chirurgica d’Armata n.6 di Foza su 117 soldati sgomberati e 57 operati al suo interno 47 furono i morti (di cui 16 per complicazioni post-operatorie come encefaliti e peritoniti). La divisa per il militi di sanità era la mod.1909, con il bracciale della C.R.I., il fregio a stella sul berretto e mostrine rosse ad una fiamma sul bavero (entrambi con all’interno un pallino bianco smaltato con una piccola croce rossa centrale); gli ufficiali medici della C.R.I. portavano invece sul berretto uno stemma dorato contornato da foglie, oppure il fregio dell’associazione di supporto medico di appartenenza. Tutti portavano al braccio la fascia internazionale bianca con una croce rossa disegnata di lato. Alcuni elmetti mod. Adrian, dati in dotazione al corpo di sanità, furono dipinti di bianco e in certi casi fu disegnata una grande croce rossa sulla parte frontale.


Sul Ponte di Bassano

Assemblea di fine anno

C

ome ogni anno Capigruppo e Consiglio Sezionale si sono ritrovati per l’assemblea di fine anno e il consueto pranzo: occasione anche per lo scambio di auguri in vista delle festività natalizie. L’assemblea si è svolta all’interno della sala teatro Monte Grappa di Rosà dopo una sfilata che dalla sede del Gruppo rosatese ha portato alpini e ospiti nel piazzale del municipio per l’alzabandiera e l’onore ai Caduti. Ad aprire il lungo corteo alpino il Vessillo della Sezione accompagnato dal presidente Rugolo e dal Gen. D. Gianfranco Rossi, il Vessillo del R.D.S. accompagnato dal presidente Zen, il sindaco di Rosà Bordignon e l’assessore Vernillo del Comune di Bassano. Tra gli ospiti anche l’on. Manuela Lanzarin e il Cap. Trevisson del 7° Rgt. Alpini. Sfilata e cerimonia, accompagnate dalla Banda M. Grappa di Rosà, hanno visto una nutrita partecipazione di alpini con i gagliardetti di tutti i Gruppi della Sezione. Presidente dell’assemblea è stato nominato il Gen. Rossi, mentre come segretario è stato scelto il consigliere Matteo Bergamo. Dopo il benvenuto da parte del consigliere Mario Baggio a nome del Mandamento ospitante e i saluti del Sindaco e del capitano Trevisson, il presidente Rugolo ha relazionato i presenti sui principali impegni che hanno interessato la Sezione nel 2014, ultimo anno di mandato dell’attuale Consiglio sezionale. Con la lettura delle prossime candidature ha poi ricordato l’importanza dell’appuntamento di marzo con la scelta dei nuovi consiglieri che saranno chiamati ad un impegno serio e consapevole. Rugolo ha poi anticipato la sua candidatura per guidare la Sezione anche nel prossimo triennio, una scelta dettata soprattutto dalla necessità di non lasciare in sospeso problemi, anche delicati, ancora irrisolti e programmi che in un solo triennio non possono essere portati a termine; la decisione è stata appoggiata dall’intera assemblea con un caloroso applauso.

Rugolo ha invitato soprattutto i capigruppo a individuare gli alpini ancora dormienti: azione di primaria importanza per il nostro futuro associativo. Altra iniziativa in tal senso è l’indagine che Sezione e Donatori di Sangue stanno conducendo presso i Gruppi Alpini dove ancora non opera un Gruppo Donatori. Sul tema del futuro, Rugolo ha anticipato l’intenzione del presidente nazionale Favero di incontrare, prima dell’assemblea nazionale di maggio, tutti i presidenti sezionali per concludere quel lavoro di consultazione che aveva intrapreso il suo predecessore Corrado Perona. Il Presidente ha poi anticipato i programmi della Sezione come l’adunata nazionale a L’Aquila, quella sezionale a Enego a fine luglio e il Raduno Triveneto di giugno a Conegliano e i programmi per il centenario della Grande Guerra che vedranno l’esercitazione di Protezione Civile del Triveneto, in calendario dall’11 al 13 settembre 2015, e la candidatura per ospitare le Alpiniadi estive del 2018: un evento che porterebbe a Bassano atleti di tutta Italia che gareggeranno proprio dove i loro nonni hanno combattuto cento anni prima. La relazione è continuata con cenni sulle iniziative in corso come l’intervento sul Ponte, per il quale sono stati già raccolti 102.000 euro e la riapertura del Tempio Ossario prevista per il 24 maggio, centenario dell’entrata in guerra dell’Italia. Nel suo intervento il Presidente non ha dimenticato note di ammirazione e stima nei riguardi delle varie attività sezionali come coro, banda, attività sportive, protezione civile, museo e gruppo giovani. Al termine dell’assemblea gli alpini si sono trasferiti a Cusinati di Rosà per il pranzo magistralmente preparato e servito presso l’accogliente centro parrocchiale. Flavio Gollin

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Sul Ponte di Bassano

Trasferta in Baviera

G

ià da diversi anni, grazie al lavoro del Gruppo di Cavaso del Tomba, si è consolidato un rapporto di amicizia tra gli Alpini della Sezione Monte Grappa ed i Riservisti Tedeschi del Kreisgruppe di Dingolfing- Landau. Tale amicizia si esplica specialmente con visite che i relativi gruppi si scambiano durante l’anno ed attività che il gruppo ospitante propone agli ospiti. In tale ottica, gli amici Riservisti Bavaresi hanno invitato gli alpini a partecipare alla 20° Int. Drei Lànder Zweitage Marsch 2014 (20° marcia int. delle tre nazioni 2014), una esercitazione addestrativa alla quale gli italiani non avevano mai partecipato. Partito il 3 ottobre alla volta della Germania il gruppo, composto dal vicepresidente Lino Borsa, dai consiglieri Mario Baggio, Gabriele Peruzzo, Damiano Rinaldo con Ruggero Gnesotto e Raffaele Zilio, ha scelto come prima tappa la bella città bavarese di Landshut (gemellata con Schio) famosa per l’originale centro storico medioevale e la basilica di St. Martin con il campanile di mattoni più alto del mondo (130,6 m). Raggiunti dagli amici tedeschi, gli alpini si sono divisi: i marciatori Wenzl, Peruzzo, Rinaldo e Zilio hanno raggiunto la caserma di Freyung per la registrazione e l’assegnazione degli alloggi per il pernottamento. La restante compagnia è stata invece ospitata dall’amico Willi Ruhstorfer. Di buon mattino circa 200 riservisti provenienti da Germania, Austria, Svizzera, Ungheria, Repubblica Ceca, Polonia e Slovacchia, hanno affrontato un impegnativo percorso di 35 km con dislivelli di 1000 m che ha toccato i territori di Germania, Austria e Repubblica Ceca. Con vero spirito cameratesco l’amico Franz Wenzl ha guidato gli alpini per tutte le otto ore e mezza di durata della marcia; ottima l’organizzazione con paesaggi di rara bellezza. I non partecipanti alla marcia, dopo aver assistito alla partenza, hanno visitato il Parco della Foresta Bavarese accompagnati dagli amici

tedeschi. A sera tutto il gruppo si è riunito per il party organizzato dal Landesgruppe Bayern e Kriesgruppe Landau presso la caserma di Freyung; grande l’emozione al momento dei ringraziamenti per la partecipazione alpina e la seguente ovazione tributata dai 1000 partecipanti alla serata. Domenica 5 ottobre, raggiunta la sede del kriesgruppe Dingolfing-Landau, si è svolto il tradizionale pranzo di arrivederci sul Pattugliatore della Marina Tedesca diventato “baita del gruppo”. Scambio di doni e ringraziamenti e già gli amici tedeschi hanno cameratescamente anticipato l’invito per i festeggiamenti del loro 25°anniversario di fondazione e per la partecipazione alla prossima edizione della marcia. Gabriele Peruzzo

I Presidenti del Triveneto a Bassano

S

abato 18 ottobre i Presidenti delle Sezioni del 3° Raggruppamento si sono incontrati a Bassano per il loro periodico incontro. L’incontro è stato anticipato da una sfilata che, attraversando il Ponte degli Alpini, ha raggiunto Viale dei Martiri, accompagnata dalla nostra Banda, dai Vessilli delle Sezioni e da tanti Gagliardetti e alpini, il tutto coordinato dal nostro cerimoniere Piazzetta. All’alzabandiera e all’onore ai Caduti, sono seguiti i lavori presso la nuovissima Sala Chilesotti, all’interno del Museo Civico, mentre i Gruppi Giovani venivano ospitati nella sala consiliare del municipio. All’apertura della riunione erano presenti, per un saluto, anche il sindaco di Bassano Poletto e l’assessore regionale Donazzan. I punti all’ordine del gior-

no erano diversi, ma naturalmente il più atteso era l’assegnazione dell’adunata nazionale del 2016 che, come noto, il CDN ha destinato ad Asti. Non si è fatto attendere l’intervento del Presidente della Sezione di Vicenza, candidata del Triveneto che, nonostante le aspettative, ha dovuto rinunciare al grande evento, ma il tutto si è concluso con una serie di considerazioni, da parte dei presidenti e dei consiglieri nazionali presenti, sensate e costruttive, sicuramente utili per il futuro della nostra associazione. Flavio Gollin

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Sul Ponte di Bassano

Borso Borso ha ancora il suo monumento

Madonnina, se ne possono trovare ovunque, anche in capo al mondo, portate come ricordo e devozione dai nostri emigranti; altre sono presenti nei nostri musei a testimonianza della salita del Patriarca a Cima Grappa o delle vicende della Grande Guerra. Il monumento di Borso mette assieme entrambi questi aspetti come a voler ricordare il pre- Il reduce Gioacchino Ravagnolo classe 1923 sagio di Pio X che, presente alla cerimonia. a pochi anni di distanza, aveva anticipato l’imminente tragedia che lui aveva chiamato “guerrone”. La cerimonia del 2014 è stata anticipata da una breve sfilata che ha visto la presenza dell’Amministrazione con il Vessillo comunale accompagnato dal sindaco prof. Ivano Zordan, il Vessillo della Sezione ANA M. Grappa con il vice presidente Lino Borsa e una rappresentanza del consiglio sezionale, i gagliardetti dei Gruppi Alpini limitrofi, alpini e cittadini. Sfilata e cerimonia erano accompagnate dalla banda e dal coro della Sezione. Dopo l’alzabandiera e una deposizione corona, il parroco di Borso don Fabrizio ha celebrato la santa messa al termine della quale è intervenuto il Sindaco per un saluto e un pensiero sulla lunga vicenda, fatta di spostamenti, che ha coinvolto il manufatto, ma soprattutto quello che il monumento ritorna a rappresentare quale luogo di aggregazione per tutti i cittadini.

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a fedele riproduzione in scala del vecchio sacello di Cima Grappa, benedetto dal cardinale Giuseppe Sarto, poi Papa Pio X, dedicato alla Madonnina delle Genti Venete, ha trovato finalmente la sua definitiva collocazione. L’opera, voluta dalla cittadinanza di Borso capoluogo per onorare i propri Caduti, era stata inaugurata nel 1969 e il 2 novembre scorso, nella ricorrenza della fine della Grande Guerra, cittadini e alpini si sono nuovamente ritrovati attorno ad essa per un omaggio alla Vergine e a coloro che si sono sacrificati per la Patria. Una cerimonia meno partecipata di quella del ’69, ma che ha comunque coinvolto la cittadinanza che ha vissuto questo momento anche come la conclusione di una tormentata vicenda che sembrava senza fine. La nuova posizione, distante solo pochi metri e con lo stesso sfondo della nostra montagna, sembra aver messo tutti d’accordo, ma ciò che più importa è l’aver ridato a chi conserva ancora sentimenti di devozione e di riconoscenza un posto dove deporre una corona d’alloro o un semplice fiore, dove ritrovarsi per un momento ufficiale o dove sostare per un piccolo pensiero. Riproduzioni, comunque più ridotte del sacello o della sola

Flavio Gollin

Pove

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Figura veramente carismatica, Don Gastone ha saputo trasmettere con grande vigore, umiltà ma indubbio spirito alpino, i valori che lo hanno accompagnato in quel tragico momento dove era presente per essere di sostegno ai nostri combattenti. Nella tragica e sofferta ritirata nella steppa russa, ha sopportato disagi e ferite: e di queste conserva nel suo corpo due schegge di granata che non è stato possibile estrarre. In Patria ha poi dedicato il suo tempo come Cappellano delle Carceri di Venezia, dove ancora una volta, ha portato avanti la sua missione a sostegno e redenzione di tanti disagiati e sofferenti. La cerimonia ha visto la grande partecipazione di tutti quelli che lo hanno conosciuto e hanno potuto sperimentato il suo profondo spirito religioso e alpino.

omenica 9 Novembre la Sezione di Venezia “Alpini-Quota Zero” ha festeggiato il centesimo compleanno, e che compleanno, del Cappellano Militare Alpino della Tridentina don Gastone Barecchia, durante una Santa Messa celebrata nella parrocchia di San Sebastiano. Fedele alla promessa di partecipare all’evento, l’assessore regionale Elena Donazzan, che aveva conosciuto il Cappellano lo scorso anno, ha invitato a sua volta il Gruppo Alpini di Pove che ha presenziato alla cerimonia con il Gagliardetto portato dall’alfiere alpino Giorgio Zanchetta.

Caterina Rovere Donazzan

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Sul Ponte di Bassano

Breganze Sui sentieri della Grande Guerra

prima che soldati, italiani ed austriaci, sepolti assieme nel cimitero di Magnaboschi. Nel programma non poteva mancare la visita all’Ossario di Asiago. Al museo della Grande Guerra di Canove erano esposti alcuni reperti come fucili, divise ed equipaggiamenti dei soldati italiani, austriaci e tedeschi. Al termine della prima giornata la comitiva è stata ospite del generoso Gruppo Alpini di Canove che ha proposto un’ottima cena deliziata da canti e momenti di allegria. Pernottamento nella palestra di Gallio e il giorno seguente, dopo l’alzabandiera e una bella colazione, era prevista l’escursione a Cima Ortigara. Dopo il trasferimento in pullman fino a Piazzale Lozze, ha avuto inizio l’impegnativa salita. Subito si presentavano le prime trincee che si potevano percorrere salendo sempre più su, fino ad arrivare al Passo dell’Agnella, tristemente noto per il massacro degli alpini che qui tentarono inutilmente di sfondare il fronte nemico. Alla lettura tratta da “Con le Aquile” di don Luigi Sbaragli cappellano del Battaglione Alpini Sette Comuni, fatta dal capogruppo Brian, la baldanza e la goliardia dei giovani si è subito spenta. In prossimità della vetta si è aperto uno spiraglio sulla Valsugana, coperta dalla nebbia. Che paesaggio! Ma ecco finalmente la vetta, la Colonna Mozza di quota 2105 m. e l’espressione degli alpini “Per non dimenticare” dedicata ai compagni caduti. Lo scopo della trasferta era di dare uno spunto per uno studio di gruppo sulla Grande Guerra che si è concluso con una “mostra simbolica”, un reportage fotografico ed un approfondimento tematico dedicato alla storiografia, alle curiosità, a Giuseppe Ungaretti ed ad un incontro con lo storico Ruggero Dal Molin. Nella serata conclusiva del 20 novembre scorso, nell’aula magna della scuola primaria di Breganze gli studenti hanno potuto restituire agli organizzatori e agli accompagnatori il valore di questa straordinaria esperienza attraverso un cortometraggio e due letture tratte dal romanzo “Un anno sull’altipiano” di E. Lussu e “Giornale di guerra e di prigionia” di C. E. Gadda. Gli studenti

N

ei giorni 2 e 3 ottobre, le classi quinte dell’Istituto Scotton Indirizzo Meccanico hanno aderito ad un interessante progetto promosso dal Gruppo Alpini di Breganze, con il Patrocinio della Regione Veneto. Obiettivo: conoscere i luoghi dell’Altopiano che, durante il primo conflitto mondiale, furono teatro di cruenti battaglie. Il primo sito visitato è stato il Monte Cengio, famoso soprattutto per la leggenda (così ancora considerata) del Salto dei Granatieri, dove gli arditi, posti a difendere l’ultimo baluardo, si aggrappavano ai nemici per gettarsi nello strapiombo. Sebbene si possa non credere alla vicenda, indiscutibili furono comunque le gesta di questi uomini venuti dalla Sardegna per adempiere al loro dovere. Grazie alle guide gli alpini Massimo Valerio, Luca Brian e i fratelli Massimo e Gianfranco Dissegna si è potuto comprendere le sofferenze nascoste nel termine “eroi”: uomini scagliati dai generali contro il nemico. A questo proposito Massimo ha citato una frase di Cadorna: “Le uniche munizioni che non mi mancano sono gli uomini”. Uomini,

Loria Gli alunni incontrano gli alpini

• Ieri sono venuti gli alpini, ci hanno parlato della loro associazione. La maestra Damiana ci ha fatto cantare “La leggenda del Piave” e “Venti di pace”. Gli alpini invece hanno cantato ”Il testamento del capitano e “Monte Canino”. Mi è piaciuto l’alzabandiera e l’Inno Nazionale; ci hanno raccontato che sono morti molti giovani e tanti bambini della nostra età, molti papà hanno lasciato le loro mogli e i loro figli per difendere la Patria. Ci hanno insegnato che bisogna aiutare le persone e proteggerle, anche a costo di morire. • Nella Piazzetta dell’Alpino una vecchietta cantava e piangeva, forse pensava che da bambina aveva visto la guerra. • Gli Alpini aiutano chi è in difficoltà, ci hanno insegnato a volerci bene e l’importanza dell’amicizia e della solidarietà. • È stata una giornata indimenticabile! Voglio essere anch’ io un alpino. Gli alunni cl. V di Loria

G

iovedì 30 ottobre gli alpini del Gruppo di Loria, assieme all’alpino Fabrizio Busnardo, hanno incontrato gli alunni e i docenti della Scuola Primaria G. Pascoli, alla presenza del Sindaco alpino, degli Assessori e del Dirigente Scolastico. L’incontro si è rivelato da subito ricco di emozioni per gli alunni che hanno seguito l’evento con curiosità e partecipazione. Bellissima la solenne entrata degli alpini nell’atrio della scuola, accompagnata da canti, messaggi, disegni e festosi applausi. E’ stato un modo semplice, ma efficace per avvicinare i bambini al ricordo della Grande Guerra partendo dalla figura dell’Alpino. Commovente l’Inno d’Italia cantato tutti insieme, il Silenzio suonato e ascoltato dai bambini con emozione, i canti degli alpini eseguiti con il cuore, il ricordo silenzioso e raccolto di fronte al cippo all’esterno della scuola. Alcuni pensieri:

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Sul Ponte di Bassano

Santa Croce

«

mista Paolo Mazzochin, con arte e competenza ma tra mille difficoltà, pensò poi a rinfrescare tutte le scritte e le liste dei nomi. Oggi lo storico Monumento si presenta in tutto il suo splendore e, con il pennone del Tricolore al fianco, è meta di cerimonie e ricorrenze. Il restauro del Mausoleo Partigiani, all’interno del Cimitero comunale, ha conosciuto invece qualche iniziale difficoltà burocratica “tutta italiana” ma, dopo alcuni mesi, finalmente è stato possibile intervenire con una squadra di volontari, guidata dal capogruppo Ceccon e formata dagli alpini Francesco Fietta, Giuseppe Zilio, Giovanni Bozzetto, Stefano La Grotta, Sebastiano Baggio e altri. Con la consulenza di un esperto marmista, l’imponente manufatto è stato ripulito da smog ed erbacce; lo stesso Mazzochin, armato di pennello e vernice, ha poi ripassato tutte le scritte e i nomi, senza trascurare i loculi vicini come quello di Padre Odone Nicolini, l’eroico sacerdote che prestò il conforto religioso ai Martiri della ferocia nazi-fascista. E così monumento e mausoleo hanno potuto ospitare, nella veste più dignitosa, la ricorrenza del 4 novembre. Alla cerimonia di quest’anno, posticipata al sabato 8, erano presenti il Gonfalone di Bassano accompagnato dalle massime autorità comunali, rappresentanze militari, il vice presidente della Provincia Morena Martini, molti alpini con i loro gagliardetti e, fatto ancor più significativo, gli alunni di alcune classi della locale scuola elementare A. Canova con le loro insegnanti ognuno dei quali, ai piedi del mausoleo, ha deposto un fiore.

Per non dimenticare…». Questo monito, fondamento dello Statuto A.N.A. è inciso sulla colonna mozza dell’Ortigara; oggi è molto citato nella ricorrenza del centenario della Grande Guerra, troppo spesso, purtroppo, soltanto con parole e discorsi fatui. Il Gruppo Alpini di Santa Croce lo sente invece come vero ‘imperativo’ e si è mobilitato con interventi concreti, prima per recuperare il Monumento ai Caduti, poi per pulire il Mausoleo dei Partigiani nel locale cimitero. Il Monumento, ubicato nel piazzale della chiesa di S. Croce, commemora tutti i soldati locali caduti durante la Grande Guerra; fu eretto subito dopo il conflitto per iniziativa dei reduci combattenti, ma il tempo e gli agenti atmosferici avevano cancellato i nomi incisi e sgretolato in varie parti la colonna marmorea che supporta l’angelo della vittoria sulla sommità. Nel 1969-‘72, per iniziativa del rinato Gruppo Alpini S.Croce, l’opera fu completata al basamento con le lapidi dei Caduti e Dispersi della Seconda Guerra Mondiale. Nel 2013, ricorrenza del 75° della nascita del Gruppo, gli alpini Luigi Rossi ed Enrico Melli, guidati dal capogruppo col. Giovanni Ceccon, iniziarono il restauro con opportuna pulizia e stuccatura del manufatto; il vecchio cera-

Giuseppe Zonta

Stroppari

È

ormai tradizione che il Gruppo Alpini di Stroppari, guidato da Nicola Galluzzi, in collaborazione con i Gruppi RDS e AIDO, incontri gli alunni della scuola primaria per la consegna del Tricolore all’inizio dell’anno scolastico per poi riceverlo nuovamente dalla scuola a fine anno. Una doppia cerimonia a inizio e fine anno scolastico che ha un profondo significato: quello di non lasciare incustodita la nostra Bandiera. Un insegnamento per i nostri ragazzi che, fin dalla scuola, devono conoscere quanto la nostra Patria e tutto ciò che la rappresenta, vadano protetti e difesi.

La crocerossina del Grappa. Autore: Giancarlo Cunial. Editrice: SANTI QUARANTA. Libreria: La Bassanese di Bassano del Grappa. Prezzo: 13,00 e. Protagonista di questo “romanzo” di 163 pagine è la crocerossina del Tomba, del Monfenera, del Grappa realmente esistita: Ada Andreina Bianchi, di nobile famiglia di Cavaso del Tomba che ha lasciato una lancinante testimonianza sulla Grande Guerra da lei vissuta in prima linea. Il presidente nazionale Sebastiano Favero ha lasciato un bel testo di recensione.

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Sul Ponte di Bassano

Pozzoleone

F

inalmente è arrivato il nostro momento! Da quando abbiamo iniziato a frequentare la scuola primaria i nostri amici e i nostri fratelli ci avevano tanto parlato di questa straordinaria esperienza: visitare il Massiccio del Grappa sotto la guida e protezione degli alpini. Avevano proprio ragione: è stata una gita unica, magica, indimenticabile! Camminare nel bosco, ammirare la natura, conoscere il nome di piante e fiori grazie alla presenza dell’amico botanico, seguire il percorso delle Meatte ammirando panorami mozzafiato, vedere i camosci che ci osservano da lontano timidi e curiosi… sono stati momenti impegnativi (che sentieri faticosi!), ma ci hanno arricchito e insegnato ad amare e rispettare la natura. Inoltre sono stati davvero interessanti i racconti del maresciallo Giuseppe e dell’esperto Marco che ci hanno spiegato, con parole semplici e coinvolgenti, le tristi vicende accadute sul Monte Grappa durante la guerra. Abbiamo capito che la guerra è una “cosa brutta” e che tutti, fin da bambini, dobbiamo impegnarci a fare in modo che non si ripeta più. Dopo questi momenti di riflessione, quanta allegria ci avete trasmesso durante la cena e in ogni occasione. Difficile sarà dimenticare la splendida serata allietata dalle canzoni, dai balli, dal suono della fisarmonica e della batteria ed addirittura dalla presenza del Sindaco!! Eravamo così felici ed allegri che non sentivamo più la stanchezza dovuta alla lunga passeggiata per raggiungere Malga Val Vecia.

E che dire del cibo che ci avete preparato? Il brodetto e la carne ai ferri con le patatine fritte erano una vera prelibatezza! Non ci resta che dirvi un grande grande grazie per quanto ci avete offerto. Gli alunni delle classi 4ª A e 4ª B della Scuola Primaria di Pozzoleone

Rossano Serata di preziose testimonianze

gata partigiana Martiri del Grappa, Masaccio ha partecipato a tante azioni nella lotta di liberazione, una per tutte la strategica distruzione del Ponte Vecchio di Bassano del febbraio del 1945. Giovedì 3 luglio scorso il Gruppo Alpini di Rossano, guidato da Renato Campagnolo, ha voluto dedicare una serata alla memoria di questo uomo straordinario, forte e coraggioso, determinato combattente ma dalle doti profondamente umane, acquisite in una giovinezza di sofferenze e povertà. Relatore della serata il reduce Mario Scapin, amico fedele e collega insegnante di Visentin, invitato dagli Alpini di Rossano a poca distanza dallo scoprimento di una lapide dedicata al Masaccio presso la locale scuola materna. Molte le testimonianza dell’amico Scapin accompagnate da frequenti momenti di commozione. Visentin viene ucciso il 29 aprile del ’45 a guerra finita in circostanze discusse per anni: un triste ricordo tra i tanti episodi accaduti nel corso di questa maledetta guerra fratricida. Al termine della serata Scapin ha donato agli organizzatori il congedo dell’amico che è stato orgogliosamente esposto nella sede del Gruppo.

M

olti sono i Gruppi che organizzano serate culturali dedicate ad eventi o personaggi che hanno scritto la storia della nostra terra e della nostra gente. Un personaggio che ha lasciato un segno nelle vicende belliche della Resistenza è stato la M.O.V.M. alla memoria prof. Primo Visentin, meglio conosciuto come ”Masaccio”, nome di battaglia scelto per la sua simpatia per il noto pittore del XIII secolo. Nato nel 1913 a Poggiana di Riese, insegnante a Loria, comandante della Bri-

Rimettiamo la croce sul Col Fenilon

MUSSOLENTE: il 10 ottobre scorso una delegazione della Sezione e del Comune di Bassano si è recata a San Candido per il cambio del Comandante del Battaglione Alpini Bassano. Il ten. col. Renzo Martini ha ceduto il comando al ten. col. Angelo Crocco. La foto ritrae il Capitano Eger Edoardo, in servizio al 6°, con il padre Paolo, assieme a Matteo Bergamo con il Vessillo e Sergio Ferronato col gagliardetto di Mussolente.

Con il patrocinio di: Alpini e Comune di Solagna, Sez. ANA M. Grappa, Ass. IV Novembre, Alto Onore del Grappa, Ass. Naz. Fante. Per contribuire: Giulio Nervo, capogruppo o Nicola Bonato, tecnico comunale di Solagna.

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Sul Ponte di Bassano

Crespano La croce sul M. Colombera

Superato il primo momento di incredulità il Gruppo non si è perso d’animo. Una squadra di volontari è andata sul luogo ed ha provveduto a prendere le esatte misure dei pezzi occorrenti per un pronto ed efficace ripristino. Ad ognuno è stato attribuito un compito preciso. C’era chi doveva provvedere all’impalcatura, chi agli strumenti, chi alle varie componenti della croce, chi ai trasporti col furgone. Non è mancata in Duomo nemmeno una propiziatrice benedizione da parte del parroco, don Francesco. Ed ecco che sabato 11 ottobre, armati di tutto punto, numerosi alpini e relativo seguito sono saliti sulla Cima della Colombera, per provvedere alla ricollocazione, nello stesso identico luogo, in territorio crespanese. In un paio di ore la croce è tornata a svettare, bella, lucente, visibile anche a kilometri di distanza nelle giornate di sole. La soddisfazione era dipinta sul volto di tutti. Al termine, per non perdere le amate abitudini, l’intero gruppo si è trasferito a Cima Grappa ed ha festeggiato degnamente l’evento, alla moda alpina, fino all’esaurimento ….della sete. Gianni Idrio

S

ul monte Colombera la croce piantata a quota 1451 era stata letteralmente segata e gettata in valle. La segnalazione pervenuta aveva colto di sorpresa tutti gli Alpini di Crespano, riempiendoli di amarezza. Proprio loro l’avevano collocata sul posto nel 1972, quale auspicio di pace e segno di devozione. Pertanto risultava difficile capire la logica, se mai ce ne fosse stata una, che aveva condotto mani sacrileghe a compiere un gesto così dissacrante ed offensivo.

G

li Alpini di Crespano, guidati dal capogruppo, hanno festeggiato assieme ai famigliari i cento anni di Fausto Morosin, classe 1915. Alpino della Julia, Morosin ha combattuto sui fronti occidentale, greco-albanese e russo; da quest’ultimo è tornato con principi di congelamento e, come tanti, ha trovato in Patria l’umiliante accoglienza del Regime. Morosin, che ha dedicato la lunga vita alla famiglia e al lavoro, ha sempre evitato domande sui suoi ricordi di guerra. Accanto al protagonista, posano orgogliosi il figlio alpino Dario, il nipote parà e i pronipoti. L’evento ha visto la partecipazione del presidente nazionale Favero, del presidente sezionale Rugolo, del Sindaco e di altri reduci, amici della centenaria penna nera.

Incontri

CRESPANO: John Pellizzari, classe 1931, aveva svolto il suo servizio militare nel Btg, Feltre - Ia Compagnia, ed era poi emigrato in Canada 58 anni fa. Socio del Gruppo Alpini di Crespano del Grappa, rientrato in Patria per un periodo di vacanza, è stato festeggiato presso la Baita al Castegner dea Madoneta il 31 agosto u.s., su interessamento del fratello Cesare, pure lui socio. Presenti diversi alpini di Crespano e numerosi suoi famigliari. In quell’occasione, al pranzo appositamente organizzato, ha avuto modo di incontrare il commilitone Mario Colombana (classe 1933), frequentante il C.A.R. presso la Caserma Montegrappa di Bassano, ove il Pellizzari era Caporale Istruttore (nella foto). Gianni Idrio

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Si sono ritrovati i fondatori del Gruppo Alpini di Ginevra che nel 1964 inaugurarono il nuovo Gagliardetto benedetto da Padre Angelo Ferraro di Pove. Sono da sin. Lucio Donazzan, Mario Serradura, Silvio Forin (1° capogruppo) e Nereo Ferraro.


Sul Ponte di Bassano

Avvenimenti

FRIOLA: 60° di matrimonio per Angelo Bertoncello e Marcella Toaldo.

MUSSOLENTE: 65° di matrimonio per l’alpino e reduce Bortolo Facchin classe 1923 con Linda Berton.

CASONI: Si sono sposati Paolo Bertollo e Serena Zecchin, qui festeggiati dagli amici alpini.

TEZZE: Doppia ricorrenza per il socio Giuseppe Lago che ha festeggiato il 90° compleanno e il 60° di matrimonio con la signora Anna Maria.

TEZZE: 50° di matrimonio per Valentino Suelotto e Antonietta Artuso.

TEZZE: 60° di matrimonio per Antonio Cerantola e Dina Segafredo.

SAN MARCO: 50° di matrimonio per Luigi Gheno e Maria Rosa Chemello.

SAN MARCO: 55 anni di matrimonio per Alfredo Merlo e Lucia Andolfatto.

ONE’ DI FONTE: 40° di matrimonio per Giuseppe Favero e Rosanna Silvestri.

ROSSANO: 50° di matrimonio per Bruno Campagnolo e Placida Ferraro.

ROSSANO: 50° di matrimonio per Giovanni Moretto e Rosa Stragliotto.

POSSAGNO: Biron Massimiliano in braccio al papà Giancarlo con il nonno Moretto Vittorio, il bisnonno Moretto Angelo, lo zio Moretto Stiven e mamma Angela.

CRESPANO: Hanno festeggiato 40 anni di matrimonio Angelo Dal Nevo e Liliana Melchiori .

CASELLA D’ASOLO: Il socio Manuel Martinello si è felicemente sposato con Alessandra che nella foto indossa il cappello del nonno reduce del fronte greco.

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Sul Ponte di Bassano

CARPANÈ: L’alpino Ellino Moro, uno dei pochi reduci rimasti, ha voluto festeggiare i suoi 94 anni con gli alpini del Gruppo.

SEMONZO: Si è sposato Gianfelice Scariot (3°/99 8° Rgt.) con Barbara Favero, nella foto con parenti e amici alpini: zio Silvano, cugini Primo e Santino, cognati Danilo e Dennis e amici Gianluca, Marco, Simone e Diego.

Sono andati avanti: alle famiglie degli scomparsi le più sentite condoglianze. Belvedere

Belvedere

Borso

Breganze

Campese

Campolongo

Cusinati

Enego

Roberto Carinato classe 1941

Giuseppe Tessarolo classe 1962

Giuseppe Bertuzzo classe 1932

Domenico Ignagni classe 1930

Egidio Vialetto classe 1947

Riccardo Gaborin classe 1946

Antonio Dalla Palma classe 1931

Longa

Nove

Decimo Dalle Fratte reduce classe 1916

Nove

Onè Di Fonte

Onè Di Fonte

Possagno

Possagno

Q.re XXV Aprile

Luigi Rigon classe 1926

Sergio Mozzato classe 1931

Remigio Zarpellon classe 1953

Aldo Benacchio classe 1948

Aldo Visintin classe 1928

Emanuele Vardanega classe 1951

Mariano Vardanega classe 1932

Danilo Giacobbo classe 1944

Rosà

Rosà

Rossano

Salcedo

Salcedo

San Marco

Roberto Ferronato classe 1950

Giuseppe Poggiana classe 1943

Mario Lando classe 1937

Egidio Dalla Valle classe 1931

Silvano Sperotto classe 1942

Tiziano De Guio classe 1959

Francesco Ferraro classe 1940

San Marco

San Marco

San Marco

San Marco

Solagna

San Vito

Valentino Lovison reduce classe 1923

San Zenone

San Zenone

Franco Fincati classe 1934

Giuseppe Pastore classe 1933

Maurizio Tinello classe 1947

Giovanni Zonta reduce classe 1920

Ivo Smaniotto classe 1968

Pietro Novello classe 1942

Alfonso Gazzola reduce classe 1922

Osvaldo Pasqual classe 1949

Giovanni Cristofari (Johnny) classe 1942

BREGANZE: Giovanni Cristofari (Johnny), componente del Comitato di Redazione del nostro giornale ha raggiunto, da bravo alpino il Paradiso di Cantore. Alla famiglia le più sentite condoglianze da parte della Redazione e della Sezione ANA M. Grappa.

S. Giorgio di Perlena S. Giorgio di Perlena

Antonio Spenga classe 1940

GENERAL GIARDINO: il 2 ottobre 2014 il m.o magg. cav.uff. Antonio Spenga ha raggiunto il Paradiso di Cantore: una partenza improvvisa che ha lasciato la famiglia e l’intera Sezione nello sconforto. È stato socio fondatore del Gruppo Gen. Giardino dove ha ricoperto sempre un ruolo direttivo e, da oltre trent’anni, faceva parte del Consiglio sezionale dove ha svolto con impegno anche il ruolo di vice Presidente e consigliere responsabile della Banda sezionale. Alla consorte signora Rosetta, ai figli Roberta e Massimo e ai nipoti, il nostro cordoglio sincero ed affettuoso da parte del capogruppo Roberto Barletta, del Consiglio sezionale e di tutti gli alpini della Sezione ANA M. Grappa.

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Sul Ponte di Bassano

ELENCO CANDIDATI CONSIGLIO DIRETTIVO SEZIONALE TRIENNIO 2015/2018

PRESIDENTE SEZIONALE Rugolo Giuseppe

Mandamento n. 1

Consigliere Sezionale

Consigliere Mandamentale

Mandamento n. 1 Mandamento n. 2 Mandamento n. 3 Mandamento n. 4 Mandamento n. 5 Mandamento n. 6 Mandamento n. 7 Mandamento n. 8 Mandamento n. 9 Mandamento n. 10 Mandamento n. 11 Mandamento n. 12 Mandamento n. 13

Tonella Fabrizio Idrio Gianni Gianantonio Codemo Giuseppe Possagnolo Busnardo Fabrizio Bergamo Matteo Rinaldo Damiano Baron Emanuele Dissegna Gianfranco Guarda Bruno Monegato Renato Bizzotto Roberto Peruzzo Gabriele Pin Marino Campagnolo Renato Cervellin Urbano Baggio Virginio Bonora Giacomo Beda Alberto Lobba Luigi Cortese Giovanni Borsa Lino Merlo Evaristo Moretto Mirco Ferraris Alessandro Bertazzo Vittorio Guadagnin Ardengo Mellini Tarcisio Zarpellon Alessandro

Gnesotto Roberto

REVISORI DEI CONTI:

Bordignon Antonio Ferraro Gianni Gnesotto Ruggero Zara Giampietro

PROBIVIRI:

Campello Sandro Dalla Valle Attilio Gambaretto Lucio Lago Pietro

GIUNTA DI SCRUTINIO:

Bosa Gioacchino Calmonte Giuseppe Viero Girolamo Zanolla Giovanni

Dissegna Alessandro Stella Armando Nichele Sergio Artuso Gianni Baggio Mario

Scalco Alessandro Zecchin Giovanni Ba첫 Antonio Oriella Gaetano Cavallin Gianfranco Bortignon Giuseppe

Mazzeracca Bruno

Il Consiglio Direttivo Sezionale augura a tutti un Felice 2015 e al nuovo Consiglio un proficuo lavoro.

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Sul Ponte di Bassano

ASSOCIAZIONE NAZIONALE ALPINI Sezione Monte Grappa di Bassano

Calendario manifestazioni alpini e donatori di sangue 2015

25

Gennaio

S. Lazzaro

Commemorazione Nikolajewka

27

Gennaio

Cassola

Commemorazione Nikolajewka

15

Marzo

Sezione

Assemblea sezionale del Delegati

22

Marzo

R.D.S.

Assemblea dei Delegati

25

Aprile

Bassano

Anniversario della Liberazione

1

Maggio

Breganze

Festa Mandamentale

9

Maggio

Bassano

Coro Edelweiss ANA M. Grappa - Ann/le rassegna cori alpini

16-17

Maggio

L’Aquila

Adunata Nazionale degli Alpini

23

Maggio

R.D.S.

Borsa di studio Marisa Nardini Viscidi

31

Maggio

Milano

Assemblea Nazionale dei Delegati

30-31

Maggio

Cartigliano

85° fondazione gruppo alpini

2

Giugno

Romano D’Ezz.

Marcia alpina sui sentieri dei soldati del grappa

7

Giugno

S. Michele

Cerimonia inumazione salma caduto 2^ Guerra Mondiale

18-19

Giugno

Conegliano

Raduno Triveneto degli Alpini

28

Giugno

Rifugio Contrin

Annuale pellegrinaggio

5

Luglio

Cima Grappa

19° incontro Donatori di Sangue

12

Luglio

M. Ortigara

Annuale pellegrinaggio

19

Luglio

Enego

Annuale commemorazione alla Chiesetta del Frizzon

25/26

Luglio

Enego

Adunata sezionale Monte Grappa

2

Agosto

Cima Grappa

Annuale pellegrinaggio

9

Agosto

Enego

Annuale raduno a Malga Fossetta

23

Agosto

Borso

Commemorazione cimitero di guerra a Malga Pat

6

Settembre

Cavaso

Annuale pellegrinaggio al Monte Tomba

11/13

Settembre

Sezione

Esercitazione Triveneta di Protezione Civile

12

Settembre

Sezione

Borse di studio Uti Fabris

13

Settembre

Rossano

50° anniversario fondazione gruppo donatori di sangue

24

Settembre

Romano D’Ezz

Commemorazione dei caduti del rastrellamento del grappa

27

Settembre

Sezione (Campo Croce) Marcia di Regolarità “3° Memorial Bortolo Busnardo”

4

Novembre

Anniversario fine della Grande Guerra

6

Dicembre

R.D.S.

Festa del ringraziamento Donatori

8

Dicembre

Crespano

Commemorazione Monumento - Tradizionale sfilata alpina

20

Dicembre

Sezione

Assemblea sez.le dei capigruppo e pranzo fine anno

Il presente calendario sostituisce ogni altro distribuito o pubblicato

27


Verso Col Moschin - qui fu infranta e respinta l'avanzata austriaca il 15 giu 1918 - 78째 Cp. Genio Zappatori - IX Rep. Assalto - 92째 Rgt. Fanteria" (C. Gerolimetto - www.cesaregerolimetto.com).


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