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La gestione informativa digitale rivoluziona i lavori pubblici

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Massimo Angelo Deldossi Presidente Ance Brescia

Forse pare una data in là nel tempo, ma un anno (e poco più) trascorre in fretta. Con il 2025 tutte le opere pubbliche sopra al milione di euro, sia di nuova costruzione sia interventi su edifici esistenti, dovranno essere appaltate in modalità Bim. Quell’insieme di tecnologie, processi e procedure che permettono a diversi soggetti interessati di progettare, costruire e gestire in modo collaborativo un’opera in un ambiente virtuale diviene così una condizione necessaria e obbligatoria, scandendo un lasso di tempo molto breve per un grande passo verso l’innovazione digitale del costruito italiano.

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Da quella lontana direttiva europea che nel 2014 ha introdotto la possibilità degli Stati membri di avvalersi della modellazione informativa negli appalti pubblici

— che ha trovato spazio in Italia solo due anni dopo, nel 2016 - oggi il Bim diventa ufficialmente requisito di premialità nelle procedure di gara e le stazioni appaltanti avranno l’obbligo di migrare verso piattaforme aperte interoperabili. Ad aver stabilito le prossime scadenze ci ha pensato il nuovo Codice dei contratti pubblici, ma la digitalizzazione nel nostro settore si conferma un’urgenza che da anni detta le politiche aziendali e le strategie per il futuro del Paese. Ance lo ribadisce da tempo e si è organizzata di conseguenza per monitorarne gli step evolutivi e supportare le imprese nella transizione digitale.

Abbiamo in più occasioni, prima dell’introduzione del nuovo Codice, sottolineato la necessità stringente di affiancare le realtà del comparto nell’intero processo di passaggio ad una gestione informativa digitale dei dati, senza dimenticare di dotare di strumenti adeguati e di chiare indicazioni le strutture appaltanti. Lo stesso vale per la formazione specifica del personale, con l’individuazione di un coordinatore dei flussi informativi per ogni intervento a supporto del Rup.

Anche le imprese del comparto sono chiamate a dotarsi di figure ad hoc, attingendo dai nuovi specialisti del digitale formati dalle prestigiose realtà di istruzione tecnica superiore e accademica che troviamo anche a Brescia, in Eseb e nel corso Ted dell’Università statale. Già nel 2018 la norma Uni 11337-7 stabilì un’articolata matrice di competenze che va dal Cde manager, qualificato per gestire l’ambiente di condivisione dati di una specifica commessa; al Bim manager, interno all’organizzazione per la digitalizzazione dei processi. Fino ad arrivare al Bim coordinator, coordinatore dei flussi informativi di commessa a livello della singola commessa e al Bim specialist, operatore avanzato della gestione e della modellazione informativa. Quattro profili ben definiti, ma che oggi il mercato sembra far ancora fatica a metabolizzare. Tutte figure a cui si chiede di interoperare - tra loro e con gli altri attori coinvolti - per configurare ruoli, accessi e procedure all’interno di piattaforme collaborative in ottica Bimoriented.

Priorità, dunque, alla trasparenza e all’ottimizzazione dei flussi e delle informazioni legate alla gestione di una commessa lavorando da un’infrastruttura informativa dove tutti i soggetti, accreditati, condividono le informazioni digitali prodotte secondo regole prestabilite. Un ambiente di condivisione dati (AcDat) sulla logica inglese del Common Data Environment che ogni stazione appaltante deve implementare per consentire un’interazione diretta con i metodi e strumenti di modellazione informativa Bim. Per questo motivo la Pubblica amministrazione è chiamata a dotarsi di un piano di formazione del personale prima di avviare ogni procedimento di gara, contando all’interno dell’organizzazione di un Cde manager e di almeno un Bim manager. Azioni che consentiranno di mitigare e gestire rischi, migliorare lo studio di fattibilità delle opere e incrementare l’efficacia di un investimento in tutte le fasi di un contratto pubblico nativo digitale.

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