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Ritrarre i ponti
ponti sono sempre stati fra le opere costruttive più importanti. Molti edifici sono ovviamente essenziali, come quelli residenziali, ma fra le opere infrastrutturali i ponti hanno spesso costituito strutture essenziali, e non sostituibili, per i commerci, per i contatti politici e sociali, nonché per le azioni militari. Strade e acquedotti sono stati molto rilevanti, ma in zone più limitate e periodi più ristretti della storia. Emerge su tutti l’epoca della civiltà romana. I ponti, però, hanno avuto una diffusione più generale, per le mille implicazioni che essi comportano. Non sempre si trattava di grandi imprese costruttive, ma spesso, invece, ancora una volta in epoca romana, hanno costituito caposaldi da primato delle tecniche ingegneristiche ed edificatorie. Sono molti i ponti romani ancora esistenti e ancora di più sono quelli che sono rimasti per le porzioni inferiori sulle quali si sono innestati rifacimenti dei secoli successivi. Vogliamo solo ricordare i casi di Roma, ma anche di Rimini, e il superlativo ponte-acquedotto di Gard nella Provenza francese. I ponti hanno anche sempre avuto una valenza simbolica e psicologica, poiché in essi risaltava una funzione insostituibile. Diversamente dalle strade o dalle nnn
Il ponte in totale equilibrio con il paesaggio urbano circostante: l’intelligenza umana in pace con il mondo nnn abitazioni, che sono spesso intercambiabili e sostituibili facilmente, i ponti hanno sempre rappresentato una vetta dell’essenzialità necessaria. Se un ponte non esisteva o crollava, non vi era alternativa alla sua funzione e spesso ne restavano bloccati collegamenti basilari per l’economia, anche quella minore, ma fondamentale nell’antichità, come quella agricola. Inoltre, il blocco militare di un ponte era spesso un traguardo determinante nelle tattiche belliche di aggressione o di difesa. Contemporaneamente, un ponte aveva grossi riflessi psicologici inerenti alla sua funzione di allacciamento e di avvicinamento, di amicizia e di relazioni umane favorevoli. Non a caso il concetto è stato ripreso, ad esempio, in epoca recente, dalle parole del Papa, il quale, a fronte dei problemi migratori e dei tentativi di difesa dal fenomeno, ha ripetutamente detto che gli Stati non devono erigere fra loro “muri, ma ponti”. Addirittura si giunge al valore morale del ponte. Fra parentesi si precisa una cosa poco nota, e cioè che il pontefice non si riferisce per nulla a un’etimologia che vuole il pontefice un “costruttore di ponti” e tanto meno pontificare deriva da un bizzarro “realizzare ponti”. Ma non è qui il caso di approfondire. Il valore quindi simbolico del ponte è divenuto anche fonte di attenzione concettuale, visiva e addirittura estetico-artistica. In questo articolo vogliamo appunto parlare di questo curioso risvolto: il piacere e l’interesse di raffigurare pittoricamente i ponti. A partire dai bassorilievi marmorei romani della Colonna traiana, il ritratto del ponte ha avuto una sua diffusione già nell’epoca medievale, anche grazie ad alcuni aspetti di talune soluzioni tipologiche, alle quali erano persino abbinate suggestioni magiche. Parlo del ponte a schiena d’asino, la cui costruzione spesso era ritenuta opera del demonio, non insolito presunto autore anche di altri ponti, di forme più normali. Si sa che questi ponti hanno la caratteristica di non avere in sé un camminamento orizzontale, bensì due rampe montanti verso il centro, al vertice del grande arco di sostegno, unico o, comunque, molto maggiore degli eventuali archi adiacenti. Non è dato sapere come mai il diavolo prediligesse questa curiosa forma, conseguenza dell’altezza centrale degli archi a tutto sesto. La gobba del profilo sembrava rivelare un intervento anomalo, alieno e deformante rispetto alla normale razionalità umana?
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Naturalmente un’attrattiva pittorica in più è derivata dalle forme architettonicamente spesso di alta qualità, come è avvenuto per diverse strutture, sia storiche che attuali. Pensiamo al Ponte di Rialto di Venezia, al Ponte Vecchio di nnn
Il ponte romantico, con il suo riflesso simmetrico nelle tranquille acque di un fiume
Il ponte della sconfitta. L’orgoglio stroncato nella simbolica raffigurazione del principe delle costruzioni mutilato
Il mastodontico e ammirevole ponte scozzese, ottocentesco, sul fiume Forth
In una veduta fantascientifica, il ponte di Londra devastato e in totale abbandono. Il declino della civiltà
Firenze, al Ponte degli Angeli di Roma, al Ponte Alessandro III di Parigi, di Brooklyn a New York al Tower Bridge di Londra. Ma, riferendoci al carattere estetico dei casi più clamorosi, osserviamo che spesso gli artisti si sono interessati, per i loro quadri, anche di ponti molto più modesti, sia per entità che per attrattiva estetica.
In ogni caso era il carattere del ponte in sé ad attrarre, con la sua inevitabile presenza di acqua che scorre alla sua base, fattore insolito e curioso in ambienti spesso agresti. Valga per tutti il dipinto di Van Gogh raffigurante un ponticello molto dimesso, nella campagna, con lavandaie intente al loro lavoro sulla riva. Tutto il contrario di ponti che sono stati ritratti per l’evidenza della loro monumentalità ingegneristica. Il fascino della costruzione ardita era trasmesso attraverso la scelta di un’immagine dall’ammirato e forte impatto emotivo. Spesso per sottolineare lo stupore di fronte all’opera faraonica erano esalate le dimensioni dell’opera, nella proporzione con le figure umane presenti. Si riporta qui un esempio esplicito. In altri casi l’eccezionalità costruttiva delle grandi opere è raffigurata grazie alla visione sorprendente del cantiere con il ponte in costruzione. Se il ponte finito dà un’impressione di stabilità scontata, molto più affascinante può risultare la rappresentazione di arditi monconi montanti che non si capisce come possano reggere in quelle forme e in quelle dimensioni. In altri casi la scelta pittorica è conseguenza del fenomeno visivamente attraente del riflesso che il ponte ha, nelle acque che gli scorrono al di sotto, come in uno specchio simmetrico, per cui la sua forma, ad esempio semicircolare, come in molti ponti con archi a sesto pieno, risulta completamente a cerchio. È un’immagine che si trasfigura, ancora una volta, quasi per magia. Ancora un’osservazione sull’attrattiva visiva e artistica che un ponte può suscitare, evidente in alcuni quadri, è il contrasto fra la selvaggia natura circostante e il manufatto, frutto dell’intelligenza umana, che il caos della natura l’ha sempre contrastato. Acque travolgenti, macigni nell’alveo, alberi caduti e trasportati dalla corrente sono tra i possibili soggetti dello scenario. La natura imperversa, terribile e violenta, mentre il ponte sta, in genere, incrollabile. Il ponte si erge solitario in quel marasma, con la sua solidità umana vincente, in contrasto con la furia cieca degli elementi.
Più rara è la raffigurazione che è il risvolto della medaglia delle considerazioni qui esposte. Se il ponte è una vetta dell’orgoglio dell’intervento umano nell’inconsapevole natura, la sua distruzione morde fortemente il senso della sconfitta. Si riportano qui due esempi di un quadro dello sconforto: il ponte in disfacimento e quindi la civiltà in decadenza. Ancora il ponte come simbolo del primato umano, talora minacciato, talora sconfitto.