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Come ripensare il cemento in chiave sostenibile

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Un approfondimento dal convegno Ance Brescia-Fondazione Musil-Apai

Con consumi mondiali che si aggirano intorno ai 4,25 miliardi di tonnellate e una produzione in Italia pari a 20,6 milioni di tonnellate (secondo i dati dell’ultimo rapporto pubblicato da Federbeton nel 2021), il cemento si conferma uno dei materiali più impiegati in assoluto nell’edilizia e nelle costruzioni. Indispensabile per le sua caratteristiche di resistenza e durabilità, si confronta con i temi della sostenibilità per ricercare un minore impatto ambientale, guardando allo stato dell’ arte e alle innovazioni introdotte dal settore cementifero per rendere più virtuoso un materiale dagli evidenti vantaggi strutturali.

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Di questo e di altri aspetti storico-evolutivi ha fat- to sintesi il convegno dal titolo “Il mito del cemento armato: storia, architettura e innovazione”, organizzato da Ance Brescia in collaborazione con Fondazione Musil e Aipai (associazione italiana per il patrimonio archeologico industriale). In particolare, nell’intervento dei professori Fauro Minelli e Giovanni Plizzari del Dicatam dell’Università di Brescia è stato approfondito il tema del calcestruzzo fibrorinforzato per il recupero e la realizzazione di opere sostenibili.

Nell’elenco degli obiettivi al centro del Green Deal europeo, l’Unione europea mira a diventare climaticamente neutra entro il 2050. “La sostenibilità — sottolineano Mi- nelli e Plizzari - rappresenta un obiettivo comune primario per tutti i settori produttivi, ma è di particolare rilevanza per il settore delle costruzioni che viene ritenuto tra i responsabili del potenziale di riscaldamento globale (Global Potential WarmingGWP) a causa del 50% dell’estrazione di materie prime; del 40% del consumo energetico; del 36% delle emissioni di CO2 e del 21% del consumo di acqua. La sfida che il settore delle costruzioni si prepara ad affrontare nel corso del prossimo decennio è una radicale trasformazione in vista di una riduzione degli impatti sull’ambiente in termini di impronta carbonica e uso delle materie prime”.

Costruire in modo più sostenibile è possibile e la strada che ci si accinge a percorrere può solo portare notevoli miglioramenti. Lo dimostrano le prime ricerche così come i primi risultati dati dall’utilizzo di materiali a minor impatto ambientale, dalla possibilità di sottrarre anidride carbonica dall’ambiente, dall’utilizzo di materiali da riciclo in sostituzione (anche parziale) delle risorse naturali non rinnovabili, dal riutilizzo di componenti del sistema edilizio e da una concezione costruttiva finalizzata al minor impatto ambientale. Si è resa evidente, in questo contesto, la convenienza del recupero e della riabilitazione strutturale di strutture e infrastrutture esistenti, anziché la loro demolizione e ricostruzione, che risulterebbe anche economicamente sconveniente e socialmente rischiosa per la maggior percentuale di incidenti dovuti alla deviazione del traffico nei cantieri stradali.

“Per questo motivo, i governi di molti Paesi — puntualizzano i due professori del Dicatam - stanno finanziando il monitoraggio e, ove necessario, il rinforzo delle infrastrutture stradali esistenti, anche grazie ai fondi messi a disposizione del Pnrr, al fine di avere sistemi di trasporto più efficienti e sicuri”. Si porta sul tavolo l’esempio della Provincia di Brescia, particolarmente attiva in tale ambito grazie anche alla collaborazione con l’Università di Brescia per la manutenzione dei numerosi ponti che l’ente ha in gestione.

“L’utilizzo di nuovi materiali come il calcestruzzo fibrorinforzato (FRC) e, in particolare, il calcestruzzo fibrorinforzato ad alte prestazioni (UHPFRC) sta trovando uno spazio crescente per la riabilitazione strutturale dei ponti” segnalano nel loro intervento Minelli e Plizzari, portando come esempio i principali risultati di un progetto finanziato dall’Unione Europea, che ha coinvolto la riparazione di due ponti stradali sulla SP45bis “Gardesana occidentale” utilizzando il calcestruzzo fibrorinforzato ad alte prestazioni. “Il progetto — specificano - ha eseguito con successo il rivestimento delle pile e delle travi fortemente danneggiate dalla corrosione con un nuovo strato di UHPFRC di spessore ridotto (40 mm) e limitato utilizzo di armature in acciaio. Prove sperimentali condotte nel laboratorio dell’Università degli Studi di Brescia hanno mostrato la possibilità di aumentare la capacità portante degli elementi strutturali, sia rispetto al carico verticale che laterale, fino a due volte”.

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E mai cambieranno.

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