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Architetti, “operai della matita” sempre più digitalizzati

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Per il presidente Molgora il bel design non basta.

Sono molti gli aspetti in gioco, ad iniziare dall’efficienza energetica, gestionale, impiantistica e ambientale

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Dove i cittadini praticavano il giuoco della palla, su un’area verde a ridosso delle mura di quella che secoli dopo sarebbe diventata la Leonessa d’Italia, nel XVII secolo fu edificato dai Martinengo “delle Palle” il palazzo che oggi ospita la sede dell’Ordine degli Architetti bresciani. Una sede nobiliare, che richiama al contempo il rigore progettuale ed edificatorio e la bellezza, la cura del dettaglio. Una cornice elegante e naturale per i professionisti dello stile delle strutture e dell’abitare. Il corpo principale dell’edificio presenta una struttura assai diffusa nelle residenze cittadine bresciane. Ad iniziare dall’ampio porticato con colonne che si presenta al piano terra e che con una sorta di U abbraccia il cortile d’onore. Uno scalone monumentale conduce al piano nobile e all’elegante galleria che caratterizza la sede degli Architetti. La struttura, che pure a lungo ospitò la sede della Corte d’Appello, affaccia su via S. Martino della Battaglia, solido trait d’union tra il ring delle vie XX Settembre e Vittorio Emanuele II e il cuore della città e i suoi due eleganti corsi: Magenta e Zanardelli.

Presidente Molgora, qual è il bilancio della sua esperienza al vertice dell’Ordine dopo due anni di mandato?

Mah, il bilancio del mio lavoro non è significativo se non si considera quello del mio Consiglio direttivo, che ha macinato parecchio su vari temi riferiti alla professione e alla cultura legata all’architettura. È sempre il lavoro di squadra che conta, la mia è una posizione soprattutto d’immagine, anche se ovviamente qualche direttiva la devo dare. Ma quanto è stato fatto è riconducibile al programma ante elezioni del 2021, un programma che ho condiviso con gli altri 14 candidati ora consiglieri insieme a me. Da un lato abbiamo raccolto il testimone della passata gestione, penalizzata dal tremendo periodo del Covid che ne ha tarpato le ali nel momento in cui si sarebbero dovuti raccogliere i frutti. Dall’altro abbiamo dato una spinta nuova su alcuni temi specifici: massima attenzione alle competenze professionali e alla casistica legislativa che in certi casi ha penalizzato la figura dell’architetto e del paesaggista (vedasi l’argomento delle commissioni del paesaggio), la cura del settore culturale per la promozione dell’architettura e della nostra professione compreso l’avvio del processo per la formazione di Foabs (Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Brescia), ma anche l’accordo con scuole e università per convenzioni mirate, la revisione totale dei sistemi di comunicazione, sia sulla carta stampata che digitali, l’attenzione sui corsi formativi e sulla loro qualità, la riorganizzazione della nostra segreteria. I temi sono tanti e non del tutto conclusi, anzi siamo in pieno lavoro, un lavoro che nella sostanza non ha mai fine se si vuole tenere il passo dei tempi negli argomenti a noi affini quali ad esempio la legislazione urbanistica ed edilizia e i temi collegati, si pensi solo agli incentivi fiscali e al Pnrr. Non devo essere io a giudicare se il bilancio di quanto abbiamo fatto in questi due anni è positivo, lo devono fare i miei colleghi iscritti. Come descrive la professione dell’architetto nel terzo millennio?

Mio padre si definiva “operaio della matita” e anche se la digitalizzazione del nostro modo di operare ha preso il sopravvento, credo che le idee nascano appunto sempre tra il foglio e la matita. Cambiano le attenzioni a quanto ci circonda e l’aggiornamento sui nuovi sistemi smart, ma sono sempre le idee del professionista, la sua inventiva e il suo stile ad essere i protagonisti. Della serie: il mestiere si aggiorna ma è sostanzialmente lo stesso; cambiano invece di parecchio i modi di comunicarlo: dove c’era il plastico di un progetto ora ci sono i render, dove c’erano tavole e pannelli ora ci sono power point e file

Stefano Molgora, nato a Salò il 22 gennaio del 1958, è Architetto libero professionista. Dopo la laurea allo Iuav di Venezia ha frequentato il 108° corso Allievi Ufficiali di Complemento prestando poi servizio come Sottotenente nell’Arma del Genio.

Prosegue tutt’ora la sua quarantennale carriera professionale di Architetto, che lo vede impegnato sia in campo urbanistico/paesaggistico sia nella progettazione architettonica e nel restauro, proseguendo l’attività del padre Roberto nello Studio Molgora, giunto alla terza generazione di architetti con la presenza del primogenito. Sposato dal 1987 con Caterina Pelizzari, ha due figli, Michele architetto e Simone laureato in ingegneria aerospaziale. Costante è stato l’impegno istituzionale di Stefano

Molgora nell’Ordine professionale dove ha ricoperto varie cariche: segretario nel ’94-‘95, tesoriere nel ’96-’97, presidente del Primo Collegio di Disciplina dal 2013 al 2017, di nuovo consigliere tra il 2017 e il 2021 giungendo ad essere il presidente dell’Ordine Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori della provincia di Brescia nel 2021 per il mandato sino al 2025. Negli ultimi anni ha scritto alcuni libri, “Sentinelle del SilenzioArchitetture della Grande Guerra nella Valle del Caffaro, in Valle Sabbia e in Alta Valtrompia” (2018), “Memorie della Grande Guerra nella Valle del Caffaro” (2018), “Quando Ritornerò…” (2021). In passato in campo artistico ha esposto propri disegni e acquarelli con varie mostre personali e collettive. pdf. E questo avviene dal punto operativo. Nel merito degli obiettivi e dell’ambito dove dobbiamo operare, invece, le novità sono legate al fatto che ci confrontiamo quasi esclusivamente con il recupero del costruito e la conseguente necessità di adattarsi a spazi esistenti per ottenere risultati prestazionali più sostenibili con regole più stringenti in settori paralleli al nostro lavoro di architetti. Non basta il bel design, occorre l’efficienza energetica, gestionale, impiantistica, ambientale che necessariamente coinvolgono altre professioni specialistiche, professioni che dobbiamo coordinare e gestire al meglio.

In terra bresciana qual è la situazione del settore in questa fase?

Brescia ha la fortuna (o il merito) di avere un mondo economico che è avanti, molto avanti rispetto a gran parte del paese. Questo si riflette anche nel nostro lavoro e sebbene siamo una realtà provinciale, il lavoro dell’architetto è chiamato a rispondere alle esigenze di una società in continua trasformazione, perché Brescia e provincia sono realtà molto dinamiche, adattive ai tempi e ai mercati. Chi resta indietro sarebbe automaticamente fuori se non fosse che in questo momento c’è una grande carenza di tecnici in generale, compresi architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori. Il lavoro c’è per tutti.

Il problema di un adeguato ricambio generazionale si fa sentire trasversalmente nella quasi totalità dei settori. È così anche per gli architetti?

È certamente così. Dopo lunghi anni di crisi, dal 2008, soprattutto con tutte le conseguenze a livello di disponibilità di fondi nel mondo dell’edilizia (ve lo ricordate il patto di stabilità e la scomparsa degli appalti pubblici?), stiamo vivendo una fase che ha una grande necessità di architetti, sia per gli effetti degli incentivi fiscali sia per il Piano nazionale di ripresa e resilienza, un Pnrr che sta assorbendo sempre più lavoro man mano che si sta svolgendo. E questo avviene sia per chi lavora come dipendente pubblico, sia chi si occupa di progettazione per privati e ditte. A questo si è aggiunto l’effetto sempre più pesante della diminuzione delle nascite che ha ridotto in percentuale il numero dei laureati; lo vediamo ad ogni Consiglio direttivo quando parliamo di iscrizioni e cancellazioni, facciamo fatica a mantenere il numero degli iscritti perché spesso sono di più quelli che abbandonano la professione rispetto a quelli che, finiti gli studi, cominciano a lavorare. Architetto Molgora, quale futuro possiamo attenderci per il comparto, a livello nazionale e locale in particolare? Credo che alla base di tutto ci sia la ricerca e l’esigenza di una maggiore efficienza. L’organizzazione del nostro lavoro è ancora troppo basata su studi di professionisti singoli, e intendo proprio da soli, senza alcun collaboratore. Il Cresme ha diffuso i risultati nazionali e provinciali sulla composizione degli studi di architettura, ne abbiamo parlato il 24 giugno in “OPEN!”, la giornata del centenario degli Ordini professionali. Brescia non fa eccezione, anche se abbiamo alcune realtà di studi associati e società d’ingegneria che hanno un peso a carattere nazionale. Ma per il resto dob- biamo ancora crescere anche attraverso modalità di lavoro che premino l’interdisciplinarità professionale, sempre più necessaria per affrontare la complessità dell’attuale progettazione, della gestione di cantieri e della manutenzione futura delle opere finite. Il riferimento ovviamente è anche ai mezzi che dobbiamo usare, quale il Bim (Building Information Modeling), utilissimo nella fase di progetto e di realizzazione di un’opera, attraverso anche la gestione delle informazioni, ma forse ancor più utile nella manutenzione nel tempo. Pensi al Ponte Morandi se fosse stato gestito attraverso un sistema di questo tipo, magari anche con l’utilizzo di semplici sensori per il monitoraggio abbinati a un modello digitale, avrebbe avuto i segnali per le necessarie manutenzioni nei tempi adeguati. Nel passato per le grandi opere c’erano le fabbriche e a capo di tali fabbriche c’era un architetto il cui compito specifico era di garantirne la manutenzione: non basta costruire, è necessario soprattutto mantenere nel tempo ciò che esiste, oggi procedura ancora più importante se il consumo di suolo deve essere pari a zero.

Insieme agli aspetti critici, peraltro indotti da un quadro generale, ci sono anche le esperienze positive. È il caso del Campus Edilizia Brescia, un fiore all’occhiello della nostra città e provincia, arricchito dalla presenza dell’Ordine degli Architetti. Come vede il futuro dell’iniziativa?

Campus Edilizia è una realtà di grande spessore culturale e propositivo per la città. Lo è perché comprende trasversalmente enti, associazioni, ordini e collegi che hanno una funzione pubblica, e che quindi, agiscono senza interessi economici propri, esprimendo una volontà di trasformazione di Brescia scevra da alcun condizionamento. Certo occorre lavorarci parecchio perché è necessario dare un valore giuridico a Campus, attraverso probabilmente una Fondazione o un’Associazione. Ma occorre farlo con molta accortezza perché sarebbe un gravissimo errore modificare questa impostazione pretta- mente pubblica introducendo in Campus Edilizia società o ditte private per fini diversi: se ciò avvenisse si perderebbe lo spirito animatore della lodevole iniziativa che Ance ed Eseb hanno proposto alle altre realtà del settore pubblico, peraltro accollandosi gran parte degli investimenti. Per questi motivi l’eventuale paventata evoluzione verso il settore privato, se attuata, potrebbe costringerci a farci da parte perché svuoterebbe di significato lo spirito intrinseco di Campus Edilizia e sarebbe un vero peccato.

Si è da poco insediata in Loggia la nuova amministrazione, quali consigli in tema di urbanistica e costruito indicano gli architetti per il futuro della città?

Le dirò, nella fase preelettorale noi come Ordine Architetti abbiamo ascoltato tutti i candidati più che dargli consigli. Anche perché è difficile che il parere dell’Ordine possa comprendere quello di tutti gli architetti. Credo che le indicazioni migliori che possiamo dare non siano quelle di suggerire delle soluzioni ai problemi della città, ma suggerire dei metodi: primo fra tutti l’utilizzo del mezzo del concorso di architettura per realizzare le nuove opere pubbliche; mantenere una visione unitaria dell’insieme città-hinterland; utilizzare sempre più sistemi che ci portino velocemente alla smart city; avere l’onestà intellettuale certamente di proseguire l’opera delle precedenti amministrazioni, ma anche quella di riconoscerne gli errori e di correggerli. Per ultimo avere una visione meno burocratica della gestione delle pratiche edilizie e dell’applicazione delle norme che troppo spesso complicano e ostacolano il lavoro non solo dei privati ma degli stessi funzionari pubblici. E questo può avvenire solo nella chiarezza delle regole, perché più semplici e comprensibili sono, più facile è utilizzarle con equa giustizia e velocità negli iter autorizzativi. La condivisione delle scelte soprattutto normative è un altro punto fondamentale perché in tempi non lontani abbiamo visto approvare regolamenti di dubbia fattibilità e utilità con complicati e forse inutili calcoli, tabelle e valutazioni burocratiche.

Quanto incide l’innovazione tecnologica sulla progettazione dei vostri studi professionali?

Di questo ho già accennato prima, l’innovazione è essenziale per stare al passo dei tempi e di una città dinamica come Brescia. È sempre più fondamentale nella nostra professione l’utilizzo di strumenti e metodi di gestione informativa digitale (Bim) nell’ambito delle costruzioni, così come citato in premessa. A questo però deve corrispondere una analoga innovazione nell’ambito degli enti territo- riali e il corretto riconoscimento dell’impegno tecnico ed economico con l’equo compenso derivante, passaggio non banale. È giusto che il lavoro sia tecnologicamente avanzato ma deve essere anche adeguatamente riconosciuto e compensato. L’innovazione tecnologica produce certamente vantaggi ma costa e non deve essere un onere a carico esclusivamente di chi progetta.

Nel caso dell’edificato esistente con particolare riferimento agli edifici monumentali, la costruzione di questi modelli virtuali sarà certamente più difficile, ma già l’uso di tecnologie di rilievo come il laser scanner stanno diffondendosi con grande vantaggio nello sviluppo della progettazione e della gestione dei cantieri. Ci fornisce i numeri dei professionisti attivi nella nostra provincia, indicandoci quante sono le donne e quanti i giovani under 40?

Attualmente l’Ordine Appc di Brescia ha 2.357 iscritti, ed è quindi un Ordine di medie dimensioni. Di questi 971 sono donne e 1.386 maschi. I giovani sotto i quarant’anni sono 580 e gli over 65 sono 341. Nei primi sei mesi dell’anno abbiamo avuto 33 nuovi iscritti e 20 cancellati, con un saldo netto di +13 dopo alcuni anni di saldo negativo, vedremo come andrà a fine anno. Per darle un termine di paragone in tutta Italia gli architetti iscritti sono circa 158 mila.

In quest’anno particolare sul fronte della cultura per il nostro territorio, avete avviato iniziative condivise con l’Ordine degli Architetti di Bergamo?

Ancora alla fine del 2021, a inizio mandato, con l’Ordine degli Architetti di Bergamo pensammo di intraprendere un’iniziativa comune per celebrare “La capitale della cultura 2023” che vedeva le nostre città unite. Insieme all’Ordine di Bergamo l’inizia- tiva ha ricompreso anche la Fondazione degli Architetti bergamaschi. È nato così Labb, lovearchitetturabergamobrescia (sul web: lovearchitetturabgbs.it), un palinsesto di eventi basato su tre parole: ereditare, conoscere, curare, che fa riferimento ovviamente al nostro patrimonio architettonico con particolare attenzione al costruito della seconda metà del ‘900, tra il 1945 e il 1980. Ci sostengono in questo progetto l’Università di Bergamo, quella di Brescia, il Politecnico di Milano e abbiamo anche l’appoggio della Facoltà di Architettura dell’Università di Porto. Già nel 2022 avevamo incominciato aderendo alla piattaforma Asl “Atlante Second Life” ideata dalla Fondazione di Bergamo, una piattaforma dei desideri che coinvolge i cittadini. Qui ognuno può segnalare edifici dismessi, ruderi, spazi aperti o anche edifici in uso, collegandoli ad un proprio desiderio di riuso. Ne salta fuori un catalogo di schede, un database con foto, descrizione, ubicazione e proposta di riutilizzo a disposizione di chiunque ne abbia interesse. Quasi un piano per la rigenerazione, un catalogo appunto dei desideri per il nostro territorio. In primavera di quest’anno abbiamo collaborato e patrocinato la mostra nell’ex Cinema Astra “Visioni di Brescia” curata dal professore e architetto Alberto Ferlenga, evento finanziato proprio da Ance e dal Comune di Brescia. All’inizio di maggio per celebrare la Capitale della Cultura 2023 abbiamo ospitato, a Bergamo il 4 e a Brescia in Santa Giulia il 5, la Conferenza nazionale degli Ordini degli Architetti, evento che solitamente si svolge a Roma. È stato un bel momento per far conoscere le nostre belle città ai 105 Ordini d’Italia nell’anno che coincide con il centenario dell’istituzione ordinistica. Ma tornando a Labb, il programma si è sviluppato soprattutto nella settimana del Festival tra il 22 e il 28 maggio in cui a giorni alterni l’Ordine di Bergamo e l’Ordine di Brescia hanno organizzato eventi, convegni, dibattiti e work shop coinvolgendo tecnici e colleghi, cittadinanza e i giovani delle scuole superiori e delle università. Sempre all’interno del Festival, come Ordine degli Architetti PPC di Brescia abbiamo patrocinato il libro “Visioni di Brescia, immagini della città scomparsa e di quella mai apparsa” di Franco Robecchi, libro di cui ho curato personalmente l’introduzione. Un’altra importante iniziativa collegata al Festival è stata la posa delle prime targhe sugli edifici rappresentativi del dopoguerra seguendo una lista stilata dal Mic (ministero della Cultura) e da Regione Lombardia. Edifici che abbiamo ereditato, che vogliamo far conoscere e che occorre curare. A Brescia (e provincia) abbiamo cominciato il 27 maggio a posare la prima di queste targhe alla Camera di Commercio progettata dall’architetto Bruno Fedrigolli alla presenza del nipote architetto Paolo e dell’architetto Francesco Miceli, presidente del Consiglio nazionale degli Architetti PPC. Abbiamo proseguito con la seconda targa all’edificio dell’Inail a Brescia Due e ancora avremo il Museo di Scienze Naturali in via Ozanam e la Scuola Colombo in via Colombo. Alla fine dell’anno questi riconoscimenti saranno una quindicina e arriveranno ad essere 35 entro il 2025. La stessa cosa sta avvenendo nel territorio di Bergamo. Insieme a Bergamo nell’ultimo giorno del Festival, il 28 maggio, abbiamo lanciato il Premio internazionale Architetturalovers che arriverà ad essere assegnato in ottobre al miglior progetto di architettura realizzato. L’idea è di fare la premiazione alla Facoltà di Architettura di Porto in Portogallo, vedremo se ce la faremo. Insomma, tante cose, e l’anno non è ancora finito. Nello scenario caratterizzato tra l’altro dalle provvidenze del Pnrr, cosa prevede per la categoria nel medio e nel lungo periodo?

Stiamo vivendo un momento impegnativo e interessante per la nostra professione. Se da un lato la spinta dei superbonus edilizi si sta esaurendo, dall’altro sia i fondi del Pnrr che la normativa sulla rigenerazione urbana stanno richiedendo sempre più il lavoro dell’architetto. Credo che per vari anni ci sarà una forte necessità di tecnici e che l’onda sarà lunga (guerre e pandemie permettendo): la nostra economia si sta trasfor- mando sotto la pressione delle politiche energetiche e ambientali, ed è una pressione sempre più forte. È un momento epocale in cui questa trasformazione ci porta a pensare anche in modo diverso il nostro sistema di vita e ciò è strettamente correlato con il nostro lavoro di architetti e urbanisti. Basti pensare a come stanno cambiando i nostri desideri abitativi, le nostre aspettative per le città: anche senza Superbonus la casa sarà sempre più passiva, anzi, produttrice di energia, e ciò diventerà il desiderio per tutte le nostre abitazioni, anche per quelle più datate e parallelamente la città smart diventerà sempre più reale. Ma non bisogna dimenticare che per gli interventi su edifici di valore storico occorrerà tutta la sensibilità e la professionalità di noi architetti per preservare i valori artistici e contem- poraneamente attuare quelle minime trasformazioni (reversibili) che ci consentano di vivere anche in questi fabbricati che costituiscono il cuore delle nostre città, forse il patrimonio più grande che abbiamo. La stessa cosa vale per i nostri territori di valore paesaggistico (pensi che nella provincia di Brescia il territorio vincolato è il 60% del totale), altra enorme ricchezza. Queste sfide già iniziate caratterizzeranno il futuro. Una grande responsabilità per gli Architetti nei confronti della nostra città, della nostra provincia e del nostro paese. Quando l’architetto Molgora può lasciare impegni professionali e associativi come ama trascorrere il suo tempo libero?

Devo dire che da quando sono presidente dell’Ordine, proseguendo l’attività professionale, di gran tempo libero non ne ho molto, anzi è quasi del tutto scomparso. Mi è rimasta la possibilità di scattare qualche fotografia, mia grande passione da quando ero ragazzino, qualche ora in piscina e andare per monti in estate. Posso ricordare ciò a cui mi dedicavo nel tempo libero prima dell’incarico istituzionale, per esempio disegnare e dipingere, (qualche mostra l’ho già fatta in passato), scrivere: ora ho tre libri che non sono riuscito a terminare, ancora sulle architetture della Grande Guerra proseguendo il filone di “Sentinelle del Silenzio”, un libro fotografico sulle stagioni del lago d’Idro e un libro-catalogo su mio padre architetto. Saltuariamente anche un po’ di modellismo navale dinamico. Per queste cose aspetterò la fine del mandato, dato che ora di cose da fare in ambito associativo e professionale ne ho ancora parecchie.

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