Il Signor Bardi

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È mattina, e il sole è appena sorto, tanto che alcuni vicoli ancora restano in penombra. Come ogni mattina il signor Bardi sta percorrendo il solito vicolo. Come ogni mattina, quel vicolo è sempre uguale. Il signor Bardi, con la testa bassa guarda le mattonelle, quasi come se le conoscesse tutte. Cammina lungo il vicolo con la testa bassa, e il viso malinconico. Sulla mano destra, la solita ventiquattro ore, sulla sinistra alcuni fogli di dubbia utilità. A quanto pare solo le mattonelle gli fanno compagnia lungo il cammino; i commercianti che si godono il primo sole sull’uscio dei loro negozi, lo fissano mentre percorre a passo svelto Via Qualcosa. È puntuale come ogni mattina. Alza il braccio sinistro e si porta davanti al viso l’orologio. Le 7 in punto. All’improvviso però alcuni fogli cascano per terra. Un evento inaspettato per il signor Bardi che da anni ormai consumava le mattonelle di quella via senza che mai accadesse qualcosa. Rimane immobile per alcuni istanti a fissare quei fogli. Prende coraggio e si inchina lentamente per raccoglierli, e proprio in quel momento si accorge che un’ombra ricopre i suoi fogli. Un’ombra umana. Per il signor Bardi tutto questo è assurdo, è fuori dai piani. Si gira con molta cautela e si accorge che un simpatico vecchio lo sta fissando, accennando un mezzo sorriso. I due si fissano per qualche secondo. «Siamo noi che diamo valore alle cose. Su, venga dentro» Il signor Bardi è ancora immobile, e incredulo fissa il vecchietto, come se qualcosa di irrimediabilmente sbagliato fosse accaduto.


Guarda l’orologio, guarda il vecchio, guarda la Via… Tremolante si avvia dentro il locale, senza proferire parola. Il vecchio già dietro il bancone gli chiede cosa può servirgli. “Un caffè grazie”. Il vecchio lo fissa negli occhi per qualche istante, poi si inchina leggermente e da sotto il bancone estre un cappello. Uno di quei tipici cilindri neri. Lo appoggia sul bancone e torna a fissare Bardi. Il signor Bardi ha sempre vissuto per il lavoro. Non ha mai coltivato amicizie, non ha mai coltivato amori. Per lui tutto ciò è impossibile. Strizza gli occhi, credendo di sognare, ma quando li riapre il cappello è ancora lì, insieme al simpatico vecchietto dietro al bancone. Bardi si sporge lievemente per guardare dentro al cappello. È colmo di sabbia, e in essa vi è una chiave. La sabbia è asciutta, e la chiave, infilata per metà, pare essere una di quelle antiche, in ferro pesante, leggermente arrugginita dal tempo e da chissà cosa. Se Bardi fosse stato diverso da quello che è, avrebbe provato a trascendere il tutto. In questi casi ci si dovrebbe guardare dall’alto, e assistere curiosi allo svolgersi delle situazioni, consapevoli della follia degli eventi. Ma Bardi è un uomo fin troppo semplice. Per lui tutto ciò esce dagli schemi della razionalità. Rimane immobile, con una smorfia sulla faccia. Il buon vecchio lo guarda sorridente. Il tempo scorre, e gli sguardi di Bardi vanno dal cappello, al vecchio, al bar e all’uscita, per poi ricominciare. Ad un certo punto il vecchio, solleva il braccio, e con il palmo verso l’alto gli indica il cappello. “Ti conviene girarlo prima si sfreddi”.


La follia non cessava e il signor Bardi in qualche modo l’aveva intuito. Con un po’ di disapprovazione e scetticismo ma ormai deciso ad andare fino in fondo, lentamente avvicina la mano alla chiave, e senza pensarci troppo – o avendoci pensato abbastanza – inizia a girare, proprio come se stesse girando il caffè. La sabbia si mescolava ad altra sabbia, creando una grande spirale che dai bordi del cappello convergeva esattamente al centro, come un flusso infinito. Sono questi i momenti in cui si può cogliere l’eterno. Sono questi i momenti che sembra non abbiano né un inizio né una fine, ma ti fai trasportare dal flusso degli eventi, un po’ come fa la sabbia nel cappello. Il signor Bardi si ferma, non sa quanto tempo è passato, ma mentre girava la sabbia si è perso tra i pensieri e ora ritorna con i piedi per terra. Alza lo sguardo e punta il vecchio. Il tempo di mettere a fuoco e vede che il vecchio sta indicando con la mano verso il retro del locale, più precisamente una porta. Capito lo spirito della situazione, Bardi si avvia verso la porta, sicuro di trovare qualcuno al di là di quella. Probabilmente si trattava di uno scherzo televisivo e lui era il malcapitato. Proprio lui che aveva sempre preferito l’anonimato, proprio lui che era sempre stato nelle ombre della vita. Deciso a non voler fare brutta figura, convinto di aver scoperto tutto, Bardi butta via quella fastidiosa smorfia in viso, assume sicurezza, e con passo spavaldo raggiunge la porta. La apre. «Mi dispiace signori…» Ora Bardi cade in un baratro, che pare infinito. Incredulità, confusione, smarrimento, incertezza.


Tutta la sicurezza acquisita in un istante è andata via per sempre. Solo e perso, con gli occhi sgranati e la bocca mezza aperta. Davanti a lui si staglia un paesaggio senza eguali. Bardi si ritrova su una scogliera; il mare dinnanzi a lui che finisce dove inizia l’orizzonte. Bardi è su un confine: dietro di lui il bar, davanti la scogliera. Dietro di lui il passato, davanti il futuro. È in un presente, un presente che lo mette davanti ad una scelta. Bardi nuovamente immerso nell’eterno, un presente che può non finire mai. Un presente che estrapolato dal particolare diventa un segno, sempre rievocabile, sempre valido, universale. La vita di Bardi è sempre stata molto piatta, come una linea retta che procede senza attriti, senza ostacoli, e lui lo sa. Lo ha sempre saputo, e pur trasportando ogni giorno quelle pesanti gambe lungo la solita via, con la testa sognava altri posti, altri luoghi, altre vite. Non è mai un caso se la vita ci offre una possibilità. Non è mai un caso, il caso non esiste. Siamo noi che agiamo e pensiamo in base a desideri e sensazioni. Siamo noi che diamo valore alle esperienze di ogni giorno, ai pensieri di ogni giorno. E in qualche modo Bardi è riuscito a richiamare l’attenzione, pur senza saperlo. La vita di Bardi ora non è più una linea retta. Ora c’è da compiere una scelta. Qualche momento di esitazione, e poi parte. Fa un passo. Si volta un attimo, quasi a voler già ricordare il momento della scelta, ma è tutto già svanito. Non c’è più nessuna porta, non c’è più nessun bar. C’è solo lui e il mondo. Non c’è più tempo per tornare indietro, e Bardi non ne ha nemmeno intenzione. Fa un altro passo, poi un altro ancora.


Lo sguardo è quello di un bambino alle giostre: troppe bellezze, troppi desideri tutti contemporaneamente e il corpo non sa da dove iniziare. Bardi guarda il mare, poi le piante. Poi la scogliera in lontananza, poi il cielo. Non si è mai sentito così vivo, e la leggera brezza che gli accarezza il viso non fa che corroborare le sensazioni. Fa un altro passo, e un altro ancora. Adesso non smette di camminare, e si dirige verso una stradina che porta verso il basso. Attorno a lui solo natura, e più scende verso il basso più si sente a suo agio, si sente sicuro. Aumenta il passo e inizia a togliersi la cravatta. Bardi non si ferma, è sempre più sé stesso. Inizia a correre, seguendo sempre il sentiero, come se alla fine ci fosse la libertà. Adesso si toglie la giacca nera, quella che da anni lo accompagna a lavoro. La lancia e continua a correre, è qualcosa che non gli appartiene più. Anche la camicia non è più sua, con quei bottoni chiusi fino al colletto. Nemmeno la gabbie sono così strette. Sembra non volersi fermare più, ha ritrovato il suo spazio, ha ritrovato la sua vita. All’improvviso arriva ad una spiaggetta. Il mare accarezza dolcemente la riva. È un dare e ricevere spontaneo, come solo la natura sa fare. Lì, nella battigia c’è il senso profondo delle relazioni, ed è un chiaro segnale per Bardi. Tutto intorno è un chiaro segnale, quello di una vita nuova. Ad un tratto Bardi nota sulla sinistra una grotta. Si avvicina lentamente, curioso e instancabile spettatore. Ora è davanti alla grotta, e può vedere l’uscita. Dall’altra parte c’è un’altra piccola spiaggia.


Ormai Bardi è immerso nel suo flusso di emozioni, e ad ogni passo che compie riacquista un granello di benessere, un granello di libertà, un granello di felicità. Senza pensarci due volte, tenero in volto, Bardi si inoltra dentro la grotta. La grotta è buia, è umida. È un po’ come Via Qualcosa, è un po’ come il suo lavoro, è un po’ come il prima. Ma niente lo spaventa. Le mani toccano i lati della grotta, come se volesse sentirne l’essenza, come se volesse coglierne la bellezza. Ed ecco che il sole gli illumina nuovamente il viso, con gli occhi leggermente socchiusi, una lacrima lungo la guancia e un dolce sorriso. Dall’altra parte della spiaggia vi è una persona. Bardi la nota, sembra conoscerla. Si avvicina a lui, passo dopo passo. “Ecco il suo caffè signor Bardi” Il vecchio del bar era lì ad attenderlo, con una tazza di caffè in mano. Bardi, senza proferire parola, prende il caffè, sorride al vecchio, si gira verso il mare e fa qualche passo. Ora Bardi gira il caffè. Questo si mescolava ad altro caffè, creando una grande spirale che dai bordi della tazzina convergeva esattamente al centro, come un flusso infinito, un flusso di benessere, un flusso di libertà, un flusso di felicità. Sono questi i momenti in cui si può cogliere l’eterno. Granello dopo granello.


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