Sospensione

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Si sa, la sospensione è la madre di tutti i nodi.


Succede che nel bel mezzo di una vita, mentre magari stiamo sorseggiando un caffè caldo appena servito, o mentre stiamo correndo sotto un sole primaverile, lungo l’argine di qualche placido fiume, quella vita che stavamo vivendo cambia improvvisamente. Vabbè, magari non è proprio nel bel mezzo, ma di sicuro capita sempre nei momenti più impensabili e inaspettati. E ci passiamo tutti. Chiunque abbia posato anche solo una volta un piede su un piccolo lembo di terra, sa che l’irreversibile patto è ormai sancito. Sono le regole da rispettare, in un grande cerchio dove non esiste anarchia né dittatura. Sono regole scelte e imposte. Sono implicitamente accettate e non scritte. Chi ne parla? Quasi nessuno. Sono come inviolabili tabù, ancestrali marchi stampati sulle nostre anime. E così, quel bel aroma di caffè che lentamente saliva al naso, inizia a svanire, insieme al calore


col quale poco prima ti riscaldavi le mani avvolte attorno alla tazzina. Il sole, che ti accompagnava lungo la sponda di quel fiume che scorrendo è sempre se stesso ma sempre diverso, improvvisamente svanisce dietro qualche nube, apparsa dal nulla. Ti fermi, ti guardi attorno. Sinistra, destra, poi ancora sinistra. Capisci che qualcosa è cambiato, che qualcosa è andato storto, o forse prosegue come dovrebbe, ma improvvisamente la strada non è più asfaltata, e davanti hai solo una distesa infinita di pietruzze e polvere. Non che sia un male, certo. Ma tu eri uscito con delle scarpe da corsa, e ora sotto i piedi, quelle suole, slittano e ti fanno perdere l’equilibrio. E adesso? Colui che viene portato sul patibolo, sente il peso del nodo solo quando rimane sospeso. Ed è un attimo, un battito di ciglia, un pensiero di troppo, uno sguardo distratto, un ricordo impolverato, un profumo per strada.


Che l’unica soluzione sia proprio riportare a terra quei piedi che suggellarono l’eterno patto alla vita? Quegli stessi piedi che ci marchiarono come bestie, padri dell’incertezza, ora richiedono la terra, recitando il copione di chi ha capito lo sbaglio, forse oramai troppo tardi.


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