Oltre il cielo

Page 1


Il cielo, di un bianco denso e palpabile, sembrava più infinito del solito, e la sua profondità intimoriva gli animi dei passanti, che a testa bassa strisciavano i loro dubbi verso solite destinazioni. Andrea camminava a passi corti e svelti, mentre schiacciava ripetutamente le piccole pozze d’acqua piovana che ricoprivano a macchie la stretta stradina lastricata di sampietrini. Dubbi al guinzaglio come cani, da portare a spasso, per placare gli instancabili guaiti quotidiani. Dubbi indigenti di risposte che l’aria fredda di quel mattino di Novembre non avrebbe potuto dare, mai. Alla fine della stradina c’era la piccola e unica libreria del paese, senza insegna. Fuori, nessun foglio negava l’ingresso ai dubbi. Andrea aprì la porta, si asciugò le scarpe e tirò un sospiro. «Sei venuto anche oggi?» «Certo, perché?» «Deve essere importante.» «Lo è infatti.» «Ti preparo un caffè. Intanto asciugati un po’, c’è il riscaldamento acceso.» «Grazie Nico.» Andrea osservava i lenti movimenti che le mani leggermente tremanti del libraio compievano attorno alla macchina del caffè, come carezze rivolte alla propria amata, come gesti affettuosi e protettivi. Domenico era il proprietario della libreria; un signore di sessantatre anni, non troppo alto, con una pancia ben 2


portata e una folta e canuta barba. Taciturno il più delle volte, passava le sue giornate in libreria, anche quando era chiusa. «Ho bisogno di un libro» disse Andrea, mentre con le mani si appoggiava al termosifone. «Credo tu sia nel posto giusto. Se ti guardi attorno dovresti riuscire a trovarne uno.» «Stanotte ho sognato che guardavo lo schermo del cellulare, e anziché veder scendere il livello della batteria, era il tempo che calava. E non tornava indietro solo digitalmente, ma anche nella realtà.» Domenico non parlava, ma fissava Andrea, come se la capacità di ascoltare risiedesse negli occhi. «Non capisco se sia un problema comune, oppure sono io che ho difficoltà a rassegnarmi. Sento che c’è qualcosa, ma è qualcosa di nebbioso e non capisco cosa sia.» La fortuna di quei due personaggi, dentro una piccola libreria, mentre il cielo si disperava, era che si capivano anche senza spiegarsi. Andrea non era bravo con le parole. C’era troppo poco tempo tra il pensare e il dire, o forse era il troppo materiale da pensare, da catalogare e da sviscerare per riuscirci in quel poco tempo riconosciuto adatto dall’opinione pubblica. Pensare di poter esprimere un concetto diventava arduo, ma l’istinto di sopravvivenza gli permetteva comunque di riuscirci, in modo totalmente sintetico, ermetico e criptico. Una diga istintiva che bloccava un enorme flusso di coscienze proprio alla foce. Nico, d’altro canto, era come un filtro. Nel suo silenzio rendeva il tempo eterno; abbastanza da poter creare un 3


intero monologo strutturato in ogni sua forma, aulico e prosastico, ma che poi abbandonava a quella eternità, corroborandolo di tutto quello che assorbiva. Da lui uscivano solo poche parole, ma ben pensate, e sempre mirate. «Facciamo così,» disse il libraio, «Prendi questo libro, leggilo, e poi ne parliamo.» Il picchiettio della pioggia sui vetri della finestra era una costante di quei giorni, e teneva compagnia ad Andrea, che chiuso nella sua camera divorava con voracità il libro. Non uscì di casa, se non tramite il suo stesso riflesso che a tratti si poteva intravvedere al di là del vetro bagnato. Anche Nico non usciva molto, ma al contrario, era come se fosse sempre fuori. Stava dentro la sua libreria, sommerso da mille vite, mille storie, mille mondi. Le loro due vite procedevano come su una stessa linea, ma ad altezze diverse. Dall’alto potevi confonderle come un’unica persona, ma era guardandole in viso che notavi la differenza, e forse quel cielo etereo, con la sua immensità, non aveva ancora capito abbastanza. «L’ho finito» disse Andrea mentre appoggiava il libro al bancone vicino l’ingresso della libreria. «Ebbene?» «Non capisco. Mi vuoi dire che è tutto solamente un problema di consapevolezza?» «Hai evinto questo dal libro?» «No, dalla vita. Il libro me l’ha solo confermato.» 4


Andrea stette un momento in silenzio; questa volta si prese un po’ più di tempo: «Cioè… sono ad un punto di non ritorno giusto? Sono come il tempo, ammettendo che esista. Questo è quello che capita: tu sei tu e poi non lo sei più. Nessun evento, nessun periodo di transizione, nessun trauma. Sei tu e poi no.» «È un attimo, ma anche quello può essere considerato evento. Da quel micromomento sei nel limbo, e ogni volta che da quell’istante in poi vivrai qualcosa, la vivrai con occhi diversi, con animo diverso.» «Perché, questo è vivere? Avrei preferito non sapere, essere ignorante. Avrei preferito avere dubbi quotidiani risolvibili nel giro di poche ore. Anche a me sembra di non saper più spiegare quello che vedo. Avrei preferito non vedere quel niente oltre il bicchiere di birra Spatenbrau.» «È solo un momento. Però dipende da te: può durare anche per sempre» e mentre il libraio pronunciava queste parole, uscì da dietro il bancone, camminando lentamente e fissando la grande parete di libri. Poi proseguì: «La risoluzione del problema sta nel trovare un compromesso tra dolore e consapevolezza. Non puoi annullare nessuno dei due e non puoi lasciarli vivere come entità separate. Aristotele parlava di giusto mezzo. Trova una sintesi» e porse ad Andrea un altro libro, con la copertina ingiallita e incartapecorita. L’odore era quello classico di scantinati umidi. Nessun titolo o autore sul fronte. «Tieni, il cielo ti ha concesso altro tempo.» Col cappuccio in testa Andrea si trascinava a casa, noncurante dell’acqua sempre più fitta su di lui. 5


Camminava lento, come se la lentezza fosse un campo fertile per i pensieri. Come era arrivato a questo punto? A malapena lo ricordava. Andando a ritroso nella memoria non ricordava nessun momento preciso, ma solo una grandissima transizione che aveva come punto di partenza il primo ricordo di vita. Ricordi sfocati e incerti, che possedevano quel fastidioso tratto distintivo sfacciato e arrogante di una gratuita e presuntuosa serenità. Entrò in casa, si chiuse in camera e aprì il libro. Una mattina, dopo sei mesi ininterrotti di pioggia, il cielo smise di piangere. Non più una sola goccia, ma a guardare verso l’alto ci si poteva perdere nella sua inquietudine. La tempesta deriva sempre dalla quiete. Le nubi erano un unico agglomerato compatto e non si poteva scorgere nemmeno uno spiraglio di azzurro. Erano talmente fitte che pareva fosse proprio quello, il cielo. Fu quella stessa mattina che Nico vide entrare Andrea. «Ciao Nico» «Sei vivo quindi» «Così pare, stanotte niente incubi» «Solito caffè?» «Benissimo, ne avevo proprio bisogno» Mentre Nico gli porgeva la tazzina, lo osservava negli occhi, e poi scrutava anche tutto il resto. I movimenti, i gesti, le smorfie. Il ragazzo si era accomodato su una delle poltroncine per i clienti: «Sei mesi Nico. Sei mesi. Il libro l’ho finito il terzo giorno che me l’hai dato» «Avrai avuto da fare. Ma tranquillo, non mi serviva indietro urgentemente.» 6


«Sei mesi fa pensavo che non ci fosse nient’altro oltre. Nessuna via d’uscita, nessuna luce salvifica. Poi ho capito.» Il libraio stava in silenzio, dietro il solito bancone. Non annuiva nemmeno, sapeva che Andrea avrebbe continuato. «È stato un attimo, una realizzazione istantanea. Come un flash di una macchina fotografica. Ho capito dove volevi farmi arrivare. Sono stati sei mesi di lotta ma finalmente ho capito. Ho capito che avevo ragione.» «Nessuna salvezza, nessun oltre. Tu sei esattamente quello che sei. Solo che prima ti vedevi diviso, spaccato. Non si può dimenticare e non si può ignorare. Il segreto è accettare.» Andrea rimase in silenzio per qualche tempo, poi all’improvviso iniziò a parlare, come mai aveva fatto, come se per mesi non avesse fatto altro che pensare e ripensare alle stesse parole, come un pezzo in repeat, e ora non c’era nulla da mediare, nulla da sviscerare. Era già tutto pronto e tutto da sputare: «Non ha senso, non può essere questo il segreto. Non posso immaginare che sia veramente tutto qua. Accettazione, o rassegnazione? Almeno prima avevo qualcosa per cui disperare, avevo l’ardore della ricerca, l’ansia dell’incontrollabile. Ora? Mi resta solo un mare piatto dove le emozioni e i pensieri sono solo pezzi di plastica corrosi dal lento ondeggiare. Non sento più niente Nico, non sento più niente.» «Andre, è tutto qua, veramente. Hai solo accettato il compromesso e hai bisogno di più tempo perché il tutto si raffreddi. Le cose scivolano via e non ci possiamo fare niente.» 7


«Dammi un altro libro, so che ce l’hai. Uno come te non può fermarsi qua. Non mi avresti dato quei due libri, non mi avresti detto determinate cose.» «Perché non vuoi fermarti? Cosa pensi di trovare? Sei andato abbastanza a fondo, ma se ti sbilanci troppo poi cadi. Ascoltami, devi solo…» «Lasciami cadere. Se non lo farai avrai la mia vita sulla tua coscienza.» Il libraio, senza replicare, si alzò lentamente dalla sedia, sparì dentro il piccolo stanzino adibito a magazzino e dopo un breve tempo uscì; il viso chino. «Il nostro rapporto finisce qui» e mentre il libraio pronunciava queste parole, porgeva ad Andrea un pezzo di carta, sgualcito e spiegazzato. Una pagina di chissà quale libro, piegata più volte su se stessa. Il ragazzo la prese e senza dire niente uscì di corsa dalla libreria. Quella notte, alle ventitré, la piccola libreria era ancora aperta, e le luci illuminavano lo stretto vicolo. All’interno, il libraio stava ancora seduto sulla sedia dietro il bancone. Davanti a sé una lettera ancora bianca aspettava di essere riempita; la mano, tremante a lungo, si decise e iniziò a scarabocchiare qualche parola, mal scritta, quasi incomprensibile. Poi, si appoggiò sullo schienale, alzò gli occhi al cielo e desiderò perdersi in quell’immensità, senza remore e rimorsi, lasciandosi trasportare cullato dal dolce abbandonarsi in quel bianco disarmante e avvolgente, che ora vedeva davanti a sé, proprio poco sotto il soffitto. 8


Il viso sciupato, pallido, con delle occhiaie marcate sotto gli occhi incavati. Dimagrito, che gli si potevano vedere facilmente le ossa malari. Trasandato e con uno sguardo pieno, troppo pieno. CosÏ descrivevano Andrea, i pochi che l’avevano visto. Nessuno gli si avvicinava. Ogni tanto rallentava - dicevano - estraeva un pezzo di carta dalla tasca e lo fissava, a lungo; le mani fragili e tremanti. Poi lo rimetteva in tasca e subito dopo spariva nel nulla, perso in quel vagare senza meta. Perso, per sempre, nel peso insostenibile della verità .

9


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.