La preghiera del Nome di Gesù - pratica e significato

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A cura di ANGELO RENZI

LA PREGHIERA DEL NOME DI GESU’ pratica e significato


Ed ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: “GIUSEPPE, figlio di Davide, non temere di prendere con te MARIA, tua sposa, perché il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai GESU’ (che significa Salvatore): egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati (Mt 1, 20-21).

L'abate Arsenio, al tramonto del Sàbato, voltava le spalle al sole e tendeva le sue mani al cielo, restando in preghiera, finché il sole non tornava a splendere sul suo volto. (Arsenio, Detti, 30).


SOMMARIO CHE COS’E’ LA PREGHIERA DEL NOME DI GESU’ Dal catechismo della Chiesa cattolica Anche il corpo prega Lo Spirito e la Parola IL TESTO DELLA PREGHIERA Signore Gesù Cristo Le tentazioni del Cristo La prima tentazione La tentazione del Potere La tentazione di tentare Dio L’anti-Cristo Il Sàtana: una pseudo-Trinità alla rovescia Figlio di Dio Il Figlio uni-gènito Le tre nascite del Figlio di Dio Misericordia Di me peccatore IL CONTESTO DELLA PREGHIERA Che cos’è la hesykìa La solitudine Il silenzio La quiete La prudenza La giustizia La fortezza La temperanza La quiete in Dio L’ABBRACCIO DELLA TRINITA’ Le tre forme della preghiera Le carezze di Dio Sperare Dio per amore MISTICI COI PIEDI PER TERRA Lo sterco del diavolo Verso lo Shalòm planetario


CHE COS’E’ LA PREGHIERA DEL NOME DI GESU’ In nessun’arte al mondo mi voglio esercitare quanto nell’amare Dio nel modo più profondo.1 Puro come l’oro più puro, saldo come la roccia, come cristallo limpidissimo, deve essere il tuo cuore.2 La preghiera di Iesous, interiore e costante, è l’invocazione continua e in-interrotta del Nome di Iesous, con le labbra, con il cuore e con l’intelligenza, nella certezza della Sua Presenza in ogni luogo e in ogni tempo, anche durante il sonno.3 Essa si esprime con queste parole:

Κύριε Ἰησοῦ Χριστέ, Υἱὲ Θεοῦ, ἐλέησόν με τὸν ἁμαρτωλό. Signore Iesu Cristo, Figlio di Dio, misericordia di me peccatore. Chi si abitua a questa invocazione, ne riceve grande consolazione e sente il bisogno di dire sempre questa preghiera: dopo un po' di tempo, non può più vivere senza, ed essa scorre in lui come da sola. Dio è un magnète, il mio cuore l’acciaio: se una volta lo tocca, sempre si volge a Lui.4 “Rimani seduto, nel silenzio e nella solitudine; piega il capo; chiudi gli occhi; respira più dolcemente; … e scandisci respirando Signore Iesu Cristo, Figlio di Dio, abbi misericordia di me peccatore, a voce bassa o anche soltanto con la mente; sfòrzati di cacciar via ogni pensiero; sii paziente; e ripeti spesso questo esercizio”.5 “Poi, quando ti sarai abituato a questa attività, comincia ad introdurre nel tuo cuore la preghiera di Iesous ed a farla uscire insieme con il ritmo del respiro, ossia:

➢ ➢

in-spirando l’aria, di’ o pensa: Signore Iesu Cristo, Figlio di Dio; e-spirando l’aria, di’ o pensa: misericordia di me peccatore.

Con l’aiuto di Dio, giungerai così all’ azione costante della preghiera all’interno del cuore”.6

Angelo della Slesia - “Il pellegrino cherubico”, III,193. Angelo della Slesia - “Il pellegrino cherubico”, I,1. 3 Ct 5, 2. 4 Idem, V, 130. 5 “Racconti di un pellegrino Russo”, a cura di Carlo Carretto, Ed. Cittadella, Assisi, 1996, cap. I. 6 “Racconti di un pellegrino Russo - Il contadino cieco”, a cura di Carlo Carretto, Ed. Cittadella, Assisi, 1996. 1 2


Che la preghiera di Iesous faccia un tutt'uno con il tuo respiro, e tu gusterai il frutto del silenzio e della solitudine.7

Johannes Scheffler detto Angelus Silesius (Angelo della Slesia), grande poeta e mistico di lingua tedesca, Breslavia/1624-1677

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S. Giovanni Climaco (circa 575-650 dC) - “La scala del paradiso�, P.G. t.88, col.1112 c.


DAL CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA Questa invocazione di fede, estremamente semplice, è stata sviluppata, nella tradizione della preghiera, sotto varie forme in Oriente e in Occidente. La formulazione più abituale, trasmessa dai monaci del Sinai, di Siria e dell’Athos, è l’invocazione: «Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore!». Essa coniuga l’inno cristologico di Fil 2, 6-11 con l’invocazione del pubblicano (Lc 18, 9-14) e dei mendicanti della luce (Mc 10, 46-52). Mediante essa, il cuore entra in sintonia con la miseria degli uomini e con la misericordia del loro Salvatore.8 ******* L’invocazione del santo Nome di Iesous è la via più semplice per la preghiera continua.9 Ripetuta spesso da un cuore umilmente attento, non si disperde in tante parole10 ma custodisce la Parola11 e produce frutto con la perseveranza.12 Essa è possibile in ogni tempo, giacché non è un’occupazione accanto ad un’altra, ma l’unica occupazione, quella di amare Dio, che anima e trasfigura ogni azione in Cristo Iesous.13

Il fariseo ed il pubblicano (Lc 18, 9-14) Catechismo Chiesa Cattolica, n°2667. 1 Ts 5, 16; Lc 18, 1; Rom 12, 12; Ef 6, 18; Fil 4, 4-7; 1 Tm 2, 8; 2Tm 1, 3; ... 10 Mt 6, 7-8. 11 Gv 1, 1.12.14.18. 12 1Ts 2, 13; Mc 4, 20. 13 Catechismo Chiesa Cattolica, n°2668. 8 9


ANCHE IL CORPO PREGA Gli antichi “padri del deserto” avevano riscoperto, per conto loro, la respirazione diaframmatica, che è la più fisiologica e “naturale” per l’essere umano (è infatti quella dei bambini alla nascita) e induce una condizione complessiva di benessere psico-fisico superiore a quella indotta dalla respirazione toracica. In effetti, in condizioni “normali”, l'in-spirazione dovrebbe essere eseguita dal diaframma (làmina muscolo-tendìnea, che separa la cavità toracica dalla cavità addominale), mentre l'espirazione dovrebbe avvenire “passivamente” e completamente … In pratica, però, il nostro stile di vita “moderno” ci porta a respirare prevalentemente con la porzione superiore delle coste e a mantenere per tutta la giornata un blocco in-spiratorio (in parole povere, non buttiamo fuori l'aria quasi mai). Perciò, per iniziare: “Sdraiatevi pancia all’aria, gambe piegate, rilassatevi e cominciate a respirare piano piano (possibilmente, aria non inquinata!) … Poi, mettete una mano sulla pancia e una sul petto; cercate di inspirare con il naso gonfiando solo la pancia, lasciando fermo il torace; poi espirate con la bocca aperta, sgonfiando la pancia. L'aria deve uscire dalla bocca in maniera naturale, come se fosse un sospiro di sollievo. L'utilizzo delle due mani serve solo per prendere coscienza del movimento e capire se state lavorando con la pancia o se state facendo intervenire le coste durante la respirazione. Attenzione a non forzare la respirazione perché potreste andare incontro a iper-ventilazione ed avvertire giramenti di testa; in questo caso, fermatevi e ricominciate piano piano.”14 Di per sé, ovviamente, la respirazione diaframmatica non ha nulla di “mistico”: viene usata da cantanti, attori e da quelli che suonano strumenti a fiato, ed è semplicemente consigliabile a tutti, credenti e non. L’esperienza dei monaci e dei Padri garantisce tuttavia che essa, se “associata” alla preghiera di Iesous nel modo sopra descritto, costituisce un valido ausilio “fisico” per giungere alla “preghiera continua” di cui parla l’Apostolo Paolo.15 Ed anzi, per far partecipare il corpo stesso alla preghiera, affinché l’essere umano tutto intero (còrpore et ànima ùnus) possa pervenire, per quanto possibile in questo mondo, alla unione con Dio. Non sta scritto, forse, “amerai il Signore Dio tuo, con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima e con tutte le tue forze”?16

Dott. Felice Masullo. 1Ts 5, 16. 16 Dt 6, 5. 14 15


Dopo un po’ di tempo, infatti, divenuta un habitus, la preghiera-respiro consente sia di pregare “con tutto sé stesso” sia di “pregare incessantemente”, nel senso che l’invocazione diventa un fatto quasi automatico quanto la respirazione. Non dunque una “attività” accanto alle altre, ma l’attività “di sfondo”, che “anima” e rende possibili tutte le altre. La preghiera diventa, per così dire, il respiro della vita: “quando siedi a casa tua e quando cammini per la via, quando ti corichi e quando ti alzi.”17

Andrej Rublev – “S. Paolo apostolo delle genti”

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Dt 6, 7.


LO SPIRITO E LA PAROLA Sappiamo che Ruach significa, in ebraico, oltre che “Spirito” e “vento”, anche “soffio, respiro”. E sappiamo anche che sta scritto: “le parole che Io ti dono oggi siano scritte sopra il tuo cuore.”18 Questo ci consente di comprendere, e di sperimentare, quasi una sorta di “trascrizione fisica” di verità teologiche e mistiche fondamentali: ➢

la e-spirazione completa, accompagnata dalle parole “abbi misericordia di me peccatore”, è la “trascrizione fisica” di: abbandonarsi, distaccarsi dal proprio io, decentrarsi, morire a sé stessi, far morire l’uomo vecchio consumato dal peccato, affinché possa sorgere l’uomo nuovo;

➢ la in-spirazione profonda, accompagnata dalle parole “Signore Iesu Cristo, Figlio di

Dio”, è la “trascrizione fisica” della venuta in noi dello Spirito Santo, che in-scrive il Nome di Iesous sul nostro cuore. “Il Nome che comprende tutto è quello che il Figlio di Dio riceve nell’incarnazione: Iesous. Il Nome divino YHWH è indicibile dalle labbra umane, ma il Verbo di Dio, assumendo la nostra umanità, ce lo consegna e noi possiamo invocarlo: Iesous = YHWH salva. Il Nome di Iesous contiene tutto: Dio e l’uomo e l’intera economia della creazione e della salvezza. Pregare Iesous è invocarLo, chiamarLo in noi. Il suo Nome è il solo che contiene la Presenza che esso significa. Iesous è risorto, e chiunque invoca il suo Nome accoglie il Figlio di Dio che lo ha amato e ha dato Se Stesso per lui.”19 Il Nome di Iesous è un olio versato:20 placa il male dell'anima, illumina e nutre.21

Dt 6, 6. Catechismo Chiesa Cattolica, n° 2666. 20 Ct 1, 3; Sal 23, 5; 133, 2. 21 Angelo della Slesia - “Il pellegrino cherubico”, IV, 8. 18 19


IL TESTO DELLA PREGHIERA DEL NOME Nelle parole “Signore Iesu Cristo, Figlio di Dio, abbi misericordia di me peccatore”, vi è tutta la Bibbia, il suo messaggio ridotto alla semplicità più essenziale: confessione della Signorìa di Cristo, della sua filiazione divina, dunque della Trinità; poi l’abisso della caduta e infine l’invocazione, dall’abisso, della misericordia divina.22 ******* La prima parte (= Signore Iesous Cristo, Figlio di Dio) è tratta semplicemente dal Credo di Nicea-Costantinopoli (325-381 dC), laddove diciamo: “Credo in un solo Signore Iesous Cristo, Figlio di Dio uni-gènito, nato dal Padre prima di tutti i secoli, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, con-sostanziale al Padre, e per mezzo del quale tutte le cose sono state create …” Ripetendo, dunque, incessantemente, nella preghiera, le parole “Signore Iesous Cristo, Figlio di Dio” noi “incidiamo” sempre più profondamente nel nostro cuore la divina Verità che esse esprimono, ed abbracciamo questa Verità con sempre più grande Amore. ******* La seconda parte della preghiera (= Abbi misericordia di me peccatore) fa eco, invece, alla invocazione penitenziale liturgica: Kyrie, eleison; Christe, eleison (= Signore, pietà; Cristo, pietà) laddove, però, il vocabolo greco eleison è certo meglio tradotto in italiano, piuttosto che “pietà”, come “misericordia, abbi misericordia”. Iesous ci dice di non essere venuto a chiamare quelli che presumono di essere giusti bensì quelli che sanno di essere peccatori.23 A questa parola di Iesous, co-risponde la preghiera umile del pubblicano24 e del cieco BarTimèo.25 E così, “la miseria degli uomini si incontra con la misericordia del loro Salvatore”, come è espresso in particolare dai 7 Salmi detti “penitenziali” ovvero Sal 6, 32, 38, 51, 102, 130, 143. Abyssus abyssum invòcat L’abisso chiama l’abisso.26 Un bàratro è l’uomo, e il suo cuore un abisso!27 Sull’orlo dell’abisso io t’invoco, Pavel Evdokimov. Mc 2, 17; Mt 9, 12; Lc 5, 31; 18, 9. 24 Lc 18, 9-14. 25 Mc 10, 46-52. 26 Sal 42, 8; Sal 69, 1-4. 14-18. 27 Sal 64, 7. 22 23


mentre sento che il cuore mi manca: guidami Tu sulla rupe per me troppo alta.28 Dal fondo dell'abisso in cui è caduta, l'anima umana invoca l'abisso della misericordia divina: L'abisso della mia anima chiama sempre a gran voce l'abisso di Dio: dimmi, quale è più profondo?29 Dove abbonda il peccato, sovra-abbonda la grazia.30 Grande è il mio peccato, ma più grande è il Tuo amore! ******* Nei capitoli seguenti, illustreremo brevemente ognuna delle parole che formano IL TESTO della preghiera del Nome. Ne illustreremo poi IL CONTESTO interiore ed esteriore, ovvero le condizioni interne ed esterne che la rèndono praticabile in modo concreto ed efficace.

Sal 61, 3. Angelo della Slesia - “Il pellegrino cherubico” I, 68. 30 Rom 5, 20. 28 29


SIGNORE (= Adonài = Kyriòs = Dòminus) Nella città di Alessandria d’Egitto, negli anni 285 – 246 aC, un gruppo di 70 saggi ebrei tradusse per la prima volta completamente dall’ebraico in greco la Bibbia ebraica, quella che gli Ebrei chiamano “la Toràh” e noi cristiani “Antica Alleanza”. Questa traduzione viene perciò chiamata “la Bibbia dei 70”. Or dunque, nella “Bibbia dei 70”, la parola greca Kyrios (= Signore) viene usata di norma per tradurre la parola ebraica Adonài (= Signore) che è il modo in cui gli Ebrei leggono la parola scritta YHWH che è il Nome di Dio rivelato a Mosè nell’episodio del roveto ardente31 e che, in quanto Santissimo, gli Ebrei ritengono di non dover mai pronunciare.32 “Ascolta Israele, YHWH (= il Signore) è nostro Dio, YHWH (= il Signore) è uno. E amerai YHWH (= il Signore) Dio tuo, con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima e con tutte le tue forze.”33 Proclamare, dunque, Iesous di Nazareth come il Signore costituisce la perfetta professione di fede nella sua natura divina.34 Dire “Iesous è il Signore” significa affermare che “in Lui abita corporalmente tutta la pienezza della divinità.”35 Iesous è Dio, tanto quanto è Dio il Padre; e tanto quanto è Dio lo Spirito Santo, che infatti anche viene chiamato “Signore” nel Credo: “… è Signore e dà la vita … e con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato”.36 ******* È semplicemente falso che “la Storia” e/o “la Scienza” ci “dimostrino” che Iesous di Nazareth era soltanto un essere umano, che poi, nel corso del tempo, è stato “divinizzato” dai suoi seguaci, cioè che è stato considerato, è stato ritenuto Dio, senza però esserlo veramente. Soltanto un essere umano era Mosè, soltanto un essere umano era Maometto, soltanto un essere umano era Buddha, soltanto un essere umano era Confucio … e ciò, infatti, a detta dei loro stessi discepoli. Iesous non è “la stessa cosa”: Iesous di Nazareth è una persona assolutamente unica nella storia dell’umanità, perché è l’unico essere umano che sia veramente risorto dai morti, e dunque è l’unico essere umano che è anche, contemporaneamente, Dio stesso: il Signore della vita. Es 3, 13-15. Es 20, 7. 33 Dt 6, 4-5. 34 Fil 2, 11; Rom 10, 9. 35 Col 2, 9. 36 1Cor 12, 3. 12-13. 27; 1 Cor 2, 11-12. 16. 31 32


Dal tempo dei 12 apostoli in poi37, viene chiamato “cristiano”38 chi crede che Iesous Nazareno, il crocifisso, è veramente risorto, e attende il Suo ritorno, la Sua seconda venuta (= la Sua parusìa) alla fine dei tempi, quando il Regno dei Cieli, da Lui annunciato ed iniziato sulla terra, si manifesterà pienamente “come in cielo così in terra”39. “Annunciamo la Tua morte, Signore, e proclamiamo la tua resurrezione, nell’attesa della Tua venuta”. “Se Cristo non è resuscitato, allora la nostra predicazione è vuota, e vuota anche la vostra fede.”40 L’unica vera ed importante novità della storia, la vittoria decisiva sulla morte e su ogni male, è la resurrezione di Iesous Nazareno: è questo il grande segno, “il segno di Giona” 41, posto per tutti gli esseri umani e per tutti i tempi: “La pietra scartata dai costruttori è diventata la pietra angolare.”42 ******* Va ben inteso che la resurrezione di Iesous non è la semplice “ri-animazione di un cadavere”, cioè il ritorno di un defunto alla sua normale vita precedente che poi dovrà comunque concludersi con la morte, come avvenne per le resurrezioni miracolose da Lui stesso operate: Làzzaro di Betania43; il figlio della vedova di Nain44; la figlia di Giàiro45. Tanto meno, la resurrezione è uno dei vari miti, di “ritorno alla vita” della terra in primavera, collegati al ciclo delle stagioni, soprattutto in società basate sull’agricoltura. La resurrezione di Iesous è, invece, il Suo “passaggio” (= Pasqua), in corpo ed anima, alla “vita eterna”, cioè ad una vita nuova e definitiva. Il Padre resuscita il Figlio nella forza dello Spirito46: in questo modo, “introduce” nella Trinità, in maniera perfetta e definitiva, l’umanità in quanto Suo Corpo.47 Nell’Alleanza Antica, la Pasqua è il passaggio del popolo di Israele dalla schiavitù in Egitto alla libertà della vita nella terra promessa. Nell’Alleanza Nuova, la Pasqua è il passaggio di tutta l’umanità dalla schiavitù del peccato e della morte alla libertà della vita eterna nella Terra dei risorti.

At 2, 14. 22-24. 32-33. 36. At 11, 26. 39 Mt 13, 31-37; 28, 16-20; At 1, 6-11. 40 1Cor 15, 14. 20-28. 41 Mt 12, 38-40; 16, 1-4; Lc 11, 29-30. 42 Sal 118, 22; At 4, 11-12. 43 Gv 11, 1-44. 44 Lc 7, 11-17. 45 Mt 9, 18-26; Mc 5, 35-43; Lc 8, 49-56. 46 Rom 8, 11. 47 1 Cor 12, 12-13.27. 37 38


La resurrezione di Iesous è l’annuncio e l’inizio della resurrezione “cosmica”48. In particolare, è la causa efficace ed esemplare, dirà S. Tommaso d’Aquino, della nostra resurrezione, che comincia adesso, con il perdono delle colpe e la novità di vita in Cristo, e si compirà definitivamente alla fine dei tempi, con la Sua seconda venuta. “Dio, infatti, ha tanto amato il mondo da dare il suo unico Figlio, perché chiunque crede in lui non muoia ma abbia la vita eterna. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.”49 ******* “Credo soltanto alle storie i cui testimoni siano disposti a farsi sgozzare.”50 I testimoni oculari della resurrezione di Iesous hanno impegnato tutta la loro vita sulla veridicità della loro testimonianza51, senza guadagnarci nulla, se non la persecuzione e il martirio: certamente, dunque, non erano dei truffatori, che inventavano favole per interessi personali, di danaro o di potere. Perciò, “non perché siamo andati dietro a favole artificiosamente inventate”, ma perché crediamo ai “testimoni oculari della Sua grandezza”52 ed alle verità che sono state scritte dai màrtiri con il loro stesso sangue, noi professiamo che Iesous di Nazareth è il Signore. ******* Nel corso dei primi tre secoli del cristianesimo, attraverso la travagliata esperienza di vita e di pensiero di piccole comunità ancora semi-clandestine ed a volte esplicitamente perseguitate dal potere costituito, è stata sempre meglio compresa, approfondita e precisata (ma non inventata!) la Sua reale identità divino-umana. Del resto, aveva detto Lui stesso: “Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della Verità … che rimane presso di voi e sarà in voi … Il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio Nome, Lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che Io vi ho detto.”53 Se dunque Iesous è indiscutibilmente un uomo ma contemporaneamente è anche Dio, ne segue la cosiddetta “unione ipostàtica”: Iesous di Nazareth è una sola Persona (= la seconda Persona della SS. Trinità) in due nature, la natura umana e la natura divina, “unite ma non confuse, distinte ma non divise”.

Rm 8, 18-25. Gv 3, 16-17. 50 Blaise Pascal - “Pensieri”, 595. 51 1Gv 1, 1-4. 52 2Pt 1, 12-21. 53 Gv 14, 15-26. 48 49


Il Figlio eterno, generato dal Padre con una “nascita fuori dal tempo ed in-corpòrea”, non è persona diversa dal figlio nato storicamente da Maria54. Bensì: “nella completa e perfetta natura di vero uomo, è nato il vero Dio … con generazione singolarmente mirabile e mirabilmente singolare; … la chiesa cattolica e ortodossa vive e progredisce di questa fede: che nel Cristo Iesous non vi è umanità senza vera divinità, né divinità senza vera umanità.”55 “Il Signore nostro Iesous Cristo, nostro vero Dio; uno della santa con-sostanziale e vivificante Trinità; perfetto nella divinità e perfetto nella umanità; veramente Dio e veramente uomo composto di anima razionale e di corpo; con-sostanziale al Padre secondo la divinità e, nello stesso tempo, con-sostanziale a noi nella sua umanità; simile a noi in tutto, meno che nel peccato; generato dal Padre, prima dei secoli, secondo la divinità; e in questi ultimi tempi, per noi e per la nostra salvezza, dallo Spirito santo e da Maria vergine, nel più vero senso della parola Madre di Dio, secondo l'umanità.”56 “(In particolare) affermiamo anche la presenza, in Lui, di due volontà naturali (la volontà umana e la volontà divina) … che non sono in contrasto fra loro … ma tali che la volontà umana segua, senza opposizione o riluttanza, o meglio, sia sottoposta alla sua volontà divina e onnipotente.57 Come, infatti la sua santissima, immacolata e animata carne, sebbene deificata (divinizzata), non fu distrutta, ma rimase nel proprio stato e nel proprio modo d'essere, così la sua volontà umana, anche se deificata (divinizzata), non fu annullata, ma piuttosto salvata, secondo quanto Gregorio, divinamente ispirato, dice: - Quel volere, che noi riscontriamo nel Salvatore, non è contrario a Dio, ma anzi è trasformato completamente in Dio.”58

Gv 8, 58. Concilio di Calcedonia, anno 451 dC. 56 Concilio di Costantinopoli III - anno 681 dC. 57 Mc 14, 36; Lc 22, 42; Mt 26, 39.42; Lc 23, 46. 58 Concilio di Costantinopoli III - anno 681 dC. 54 55


GESU’ (= Iehoshua’ = Iesous = Jesus) Nella preghiera, si invoca il Nome stesso di Iesous di Nazareth, che in ebraico è Iehoshua’ cioè “YHWH salva, YHWH è salvatore” e quindi è, per così dire, “innestato” sul Nome di Dio a 4 lettere YHWH che leggiamo rivelato a Mosè nell’episodio del roveto ardente59. Nella Prima Alleanza, il Nome “tre volte santo” YHWH poteva essere pronunciato solo dal Sommo Sacerdote, quando, una sola volta l’anno (nel giorno di Kippur), entrava, da solo, nel “Santo dei Santi”, la parte più interna e sacra del Tempio di Gerusalemme. Nella Nuova Alleanza, il Nome di Iesous può essere invocato da ogni cristiano, quando, ogni giorno dell’anno, entra nel “Santo dei Santi” del proprio cuore. Il Nome di Iesous è miele sulla lingua, canto di nozze all'orecchio, balzo di gioia nel cuore.60 ******* Ed ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: “GIUSEPPE, figlio di Davide, non temere di prendere con te MARIA, tua sposa, perché il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai GESU’ (che significa Salvatore): egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati. Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta61: Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele che significa Dio-con-noi.62 Il nome di Iesous significa dunque Salvatore e Dio-con-noi. Ed “in quel Nome tutte le genti spereranno.”63 Rivolgendosi alle principali autorità religiose e politiche del popolo ebraico in quel tempo, il semplice pescatore Simon Pietro afferma con coraggio: “Iesous è la pietra che è stata scartata da voi costruttori e che è diventata la pietra d’angolo. In nessun altro c’è salvezza. Non vi è infatti, sotto il cielo, altro Nome dato agli uomini nel quale è stabilito che noi siamo salvati.”64

Es 3, 13-15. Angelo della Slesia - “Il pellegrino cherubico”, III, 27. 61 Is 7, 14. 62 Mt 1, 20-23. 63 Mt 12, 21. 64 At 4, 11-12. 59 60


Nel mondo greco, il titolo di “salvatore” era attribuito alle divinità che proteggevano il popolo e, al tempo in cui Pietro parlava, era abituale per molti Re ed era utilizzato per lo stesso Imperatore Romano, al quale si attribuivano onori divini. Dicendo quelle cose, perciò, Simon Pietro non solo affermava che proprio Iesous di Nazareth, crocifisso e risorto, era il Messia lungamente atteso dal popolo ebraico, ma anche che solo a lui, e non ai potenti del mondo, spettava il titolo di salvatore divino. E prima di Pietro, una donna, la madre di Iesous, Maria di Nazareth, aveva proclamato che il Signore “disperde i superbi nei pensieri del loro cuore, rovescia i potenti dai troni ed innalza gli umili …”65 La Bestia della terra “fa sì che tutti … ricevano un marchio sulla mano destra o sulla fronte e che nessuno possa comprare o vendere senza avere tale marchio cioè il Nome della Bestia.”66 Invece, nella Gerusalemme celeste, i salvati vedranno il volto di Dio e porteranno il Nome di Iesous scritto sulla fronte.67 ******* Certamente, Iesous è venuto anche per indicarci come migliorare la vita umana sulla terra. È infatti del tutto evidente che, se tutti gli esseri umani vivessero secondo il Vangelo o soltanto rispettassero i 10 comandamenti, vivremmo tutti meglio in questo mondo: in pace, equità ed armonia con la natura. “Se pensassimo più a fare bene che a stare bene finiremmo anche per stare tutti meglio.”68 “Non si può più affermare che la religione deve limitarsi all’ambito privato e che esiste solo per preparare le anime per il cielo. Sappiamo che Dio desidera la felicità dei suoi figli anche su questa terra, benché siano chiamati alla pienezza eterna, perché Egli ha creato tutte le cose perché possiamo goderne69 cioè perché tutti possano goderne.”70 “La pro-posta del Vangelo non consiste solo in una relazione personale con Dio. E neppure la nostra ris-posta di amore dovrebbe intendersi come una mera somma di piccoli gesti personali nei confronti di qualche individuo bisognoso, il che potrebbe costituire una sorta di “carità à la carte”, una serie di azioni tendenti solo a tranquillizzare la propria coscienza. La proposta è il Regno di Dio. Si tratta di amare Dio che regna nel mondo. Nella misura in cui Egli riuscirà a regnare tra di noi, la vita sociale sarà uno spazio di fraternità, di giustizia, di pace, di dignità per tutti ... Il progetto di Iesous è instaurare il Regno del Padre suo …”71

Lc 1, 51-52. Ap 13, 16-17. 67 Ap 22, 4. 68 Alessandro Manzoni. 69 1 Tm 6, 17-19. Vedi anche 1Tm 4, 4-5. 70 Papa Francesco – Evangelii gaudium, n°182. 71 Papa Francesco – Evangelii gaudium, n°180. 65 66


“Padre nostro, che sei nei cieli … venga il tuo Regno … come in cielo così in terra”. ******* Altrettanto certamente, però, Iesous non è venuto solo per migliorare la vita umana sulla terra. Come insegna S. Tommaso d’Aquino: Il salvatore nostro Signore Iesous Cristo, che, come attestato dall’angelo, “salva il suo popolo dai suoi peccati”72, ci ha mostrato in Sé Stesso la Via della Verità73 percorrendo la quale possiamo pervenire, risorgendo, alla beatitudine della Vita immortale.74 “La sua potenza divina ci ha donato tutto quello che è necessario per una vita vissuta santamente, grazie alla conoscenza di Colui che ci ha chiamati … Con questo, egli ci ha donato i beni grandissimi e preziosi a noi promessi (= la grazia dello Spirito Santo ed i suoi doni; i sacramenti; la preghiera) affinché per loro mezzo diventiate partécipi della natura divina sfuggendo alla corruzione che è nel mondo75 a causa delle passioni ingannatrici.”76 Come sinteticamente diceva il vecchio catechismo di S. Pio X: “Iesous Cristo ci ha insegnato a vivere secondo Dio. Per vivere secondo Dio dobbiamo: - credere le verità da Lui rivelate - ed osservare i suoi comandamenti con l’aiuto della sua grazia che si ottiene mediante i sacramenti e la preghiera.” I nostri genitori, facendoci nascere, ci hanno resi partecipi della loro natura umana, donandoci la vita biologica, che è un breve segmento del tempo che inizia con la nascita e finisce con la morte. Dio, molto di più, ci ha resi partecipi della sua natura divina, donandoci la vita eterna cioè una vita che non è soggetta alla decadenza e alla morte ma partecipa di quell’Eternità che è Dio stesso, che non ha inizio né fine ed è senza successione: in Lui non c’è passato, presente e futuro, ma un unico istante infinitamente denso e sempre sorgivo. *******

Mt 1, 21. Gv 14, 6: “Io sono la via, la verità e la vita”. 74 S. Th. III, Proemio. 75 1Gv 2, 15-17. 76 2Pt 1, 3-4. 72 73


Alcuni dicono che la salvezza eterna non esiste e che l’al di là è solo una illusione, una consolazione magari utile per le persone deboli che non hanno il coraggio di guardare la morte in faccia … Essi dicono: “Le persone hanno ovviamente paura della morte, per il semplice istinto di conservazione biologico, e perciò hanno bisogno di credere e di sperare che dopo la morte ci sia un’altra vita”. Rispondo: se è solo per vincere la paura della morte fisica, allora è meglio credere nella reincarnazione! Oppure credere nel Paradiso di Odìno, che aiutava i guerrieri a vincere la paura di morire in battaglia! Ma i màrtiri cristiani si sono fatti uccidere … perché avevano paura della morte? In generale, cosa penseresti di un ragionamento così fatto: “Le persone sentono l’istinto di bere, perciò hanno bisogno dell’acqua, e quindi … l’acqua non esiste ma è solo una illusione dell’essere umano”. Ti sembra un ragionamento plausibile? Eppure è proprio quello che alcuni dicono. ******* Alcuni invece dicono che tutta la storia umana, tutta la vicenda umana sulla terra, non ha alcun senso, non ha cioè alcun significato ed alcun fine. Essi dicono: “Le persone hanno bisogno di pensare di esistere per qualche motivo, ma un motivo preciso in realtà non c'è”. Ma il “motivo”, in realtà, non potrebbe esserci? È forse più “razionale” pensare che l’universo, e l’umanità, sono sorti dal nulla per caso ed altrettanto casualmente continuano ad esistere, e torneranno nel nulla? Chi, e come, e quando, ha dimostrato la “priorità ontologica” del nulla rispetto all’essere, ovvero che il nulla è “più grande e più forte” dell’essere? E dovremo dunque negarti, Dio ... e su ogni tomba scrivere la sola nostra certezza: - Thànatos a-thànatos (morte im-mortale)?77 No, la cenere non può prevalere. Il peccato, l’ingiustizia, la violenza, l’idolatria, la corruzione, e la morte e il nulla, come non sono la prima, così non possono essere, e non sono, l’ultima parola della storia, individuale e collettiva. “Noi abbiamo veduto ed attestiamo che il Padre ha mandato il suo Figlio come salvatore del mondo”78… Per riportare tutta la creazione, sfigurata dal peccato dell’uomo, sul “sentiero della bellezza” voluto da Dio, verso quel giorno finale in cui “il Signore sarà uno ed uno sarà il Suo Nome”79.

Salvatore Quasimodo, “La vita non è sogno”, 1946-48. 1Gv 4, 14. 79 Zc 14, 6-9. 77 78


******* Il Suo Nome, in ebraico, è Iehoshua ha-nozri traducibile in italiano Gesù il nazarèno, Gesù di Nazareth. È un nome proprio di persona, molto frequente, allora come oggi, tra gli ebrei. Etimologicamente, significa “Dio salva”, “Dio è salvatore” e corrisponderebbe quindi ai nomi propri italiani “Salvatore” e “Giosuè”. Biblicamente, è il nome che portava il successore di Mosè, cioè colui che, dopo la morte di questi, introdusse il popolo di Israele nella terra promessa. Mosè aveva fatto uscire il popolo di Israele dalla schiavitù in Egitto e lo aveva guidato nel deserto, fino alle soglie della terra promessa; dopo di lui, venne Iesous (= Giosuè = Salvatore), che introdusse il popolo nella terra promessa. Analogamente, dopo Giovanni il battezzatore, che aveva fatto uscire il popolo verso il deserto80, viene Iesous di Nazareth, per introdurre tutti i popoli nella terra promessa del Regno di Dio. Da allora, si diffonde “la buona notizia del Regno di Dio e del Nome di Iesous Messia.”81 “Così infatti vi sarà ampiamente aperto l’ingresso nel Regno eterno del Signore nostro e salvatore Iesous Cristo.”82 ******* Si, noi sappiamo e non possiamo tacerlo: Iesous di Nazareth è proprio il Messia che doveva venire, con Lui il tempo dell’attesa è finito. Ma proprio per questo, con Lui, si riaprono definitivamente anche le porte del futuro ed ogni cosa ha un “nuovo inizio”. Ha princìpio (= arché)83 sia una “umanità nuova”84 sia una “nuova creazione” del mondo: “Nuovi cieli e una terra nuova, in cui avrà stabile dimora la giustizia.”85 Annunciando che “il tempo è compiuto e il Regno di Dio è giunto”86, Iesous di Nazareth afferma che è ormai giunto il tempo in cui Dio, tenendo fede alle promesse fatte ai padri, porta a compimento tutto quello che è scritto nella Toràh e nei Profeti.87 “Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno, e lo vide, e si rallegrò.”88

Mc 1, 4-5. At 8, 12. 82 2Pt 1, 11. 83 Gen 1,1; Mc 1,1; Gv 1,1. 84 Ef 4, 17-32. 85 2Pt 3, 13; Is 65, 17-25; Is 66, 22; Rm 8, 19-23; Ap 21, 1-8. 86 Mc 1, 14-15. 87 Mt 5, 17; Gv 19, 30. 88 Gv 8, 56-58. 80 81


Ma, ancor più ampiamente, ci dona la certezza che, nel Regno messianico, tutte le “promesse della creazione” sono mantenute: tutto ciò che è creato da Dio, è anche liberato dal male, portato al suo pieno compimento, e salvato per la vita eterna. La “nuova creazione”, proprio perché “risàna” e “rimette sulla giusta strada” la creazione iniziale, è anche, necessariamente, il “nuovo esodo” e il “nuovo ritorno dall’esilio”, che presuppongono, riprendono, e portano fino allo shalòm del pieno compimento, quelli antichi. Il Messia, infatti, non sarà solamente colui che sconfiggerà il Faraone o farà ritornare il popolo d’Israele dall’esilio a Babilonia, bensì Colui che sconfiggerà, anzi taglierà alla radice, tutto il male del mondo e perfino la morte stessa, e farà ritornare tutti i popoli dal grande esilio, che è la lontananza dalla “patria trinitaria”. Per questo, il Regno di Dio è, per così dire, il “sogno” messianico, insieme, di Iesous, di tutta l’umanità e di tutta la Trinità: la trans-figurazione di questo mondo secondo il progetto di Dio.89 “Noi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo”90 … “per noi uomini e per la nostra salvezza disceso dal Cielo”. ******* “Oggi, nella città di Davide, è nato per voi un salvatore, che è Cristo Signore.”91 “Dio, nostro salvatore, vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità. Uno solo, infatti, è Dio e uno solo anche il mediatore fra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Iesous, che ha dato sé stesso in riscatto per tutti.”92 “Per questo noi ci affatichiamo e combattiamo, perché abbiamo posto la nostra speranza nel Dio vivente, che è il salvatore di tutti gli uomini.”93 “La manifestazione del salvatore nostro Iesous Cristo ha vinto la morte ed ha fatto risplendere la vita e l’incorruttibilità per mezzo del Vangelo.”94 “È apparsa infatti la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini e ci insegna a rinnegare l’irreligiosità e i desideri mondani ed a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia, e con religiosità autentica, Mc 9, 1-8; 2Cor 3, 18; Rm 12, 2. Gv 4, 42. 91 Lc 2, 11. 92 1Tm 2, 3-6. 93 1Tm 4, 10. 94 2Tm 1, 10. 89 90


nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Iesous Cristo. Egli ha dato sé stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formare per sé un popolo puro che gli appartenga, pieno di zelo per le opere buone.”95 “E quando apparvero la bontà di Dio salvatore nostro ed il suo amore per gli uomini, egli ci ha salvati, non per opere giuste da noi compiute ma per la sua misericordia, con un’acqua che rigenera e rinnova nello Spirito Santo, che Dio ha effuso su di noi in abbondanza per mezzo di Iesous Cristo salvatore nostro affinché, giustificati per la sua grazia, diventassimo, nella speranza, eredi della vita eterna.”96 “La nostra cittadinanza ora è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Iesous Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso, in virtù del potere che egli ha di sottomettere a sé tutte le cose.”97 “All’unico Dio, nostro salvatore, per mezzo di Iesous Cristo nostro Signore, gloria maestà forza e potenza, prima di ogni tempo, ora, e per sempre. Amen.”98 “Il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore.”99

Tt 2, 11-14. Tt 3, 4-7. 97 Fil 3, 20-21. 98 Gd 1, 25. 99 Lc 1, 47. 95 96


IL CRISTO (= Mashìakh = Christòs = Chrìstus) In tutti gli esseri umani esiste la passione di speranza, che è semplicemente naturale come tutte le passioni e che è all'origine delle grandi “utopie” degli uomini e dei popoli. In questo senso, nella storia di tutte le genti è presente, in qualche modo, una “dimensione messianica” intesa appunto come “il sogno collettivo” di un mondo felice, di giustizia, di libertà, di fraternità, di pace, etc. … secondo, ovviamente, il vario significato che ognuno può attribuire a queste parole (tante teste, tante opinioni!). ******* In senso stretto, però, il concetto di Messia (in ebraico: Mashìakh; in greco: Christòs; in latino: Chrìstus) è tipicamente ebraico. Etimologicamente, significa “Unto”, nel senso di “consacrato” da Dio in vista di una missione da compiere presso il popolo. La consacrazione con l’olio si usava abitualmente per i Re, i Sacerdoti ed i Profeti, anche se perfino un imperatore pagano, come Ciro di Persia, può essere un “messia”100. Il messianismo ebraico non sopprime, ma pre-suppone e porta a compimento, la “dimensione messianica” che è presente in tutti gli uomini e in tutti i popoli. Esso infatti è bensì “l’utopia di un mondo di giustizia e di pace per tutti”, ma questa utopia umana viene sovra-naturalmente trasfigurata, precisata cioè e perfezionata nel suo contenuto, in virtù dell’Alleanza, ovvero di un impegno/promessa che Dio stesso assume nei confronti dell'umanità, e diventa possibile e realizzabile grazie all'opera comune di Dio e dell'essere umano. Tuttavia, al tempo di Iesous, cioè all’alba del I secolo, ognuno dei gruppi esistenti all’interno del popolo ebraico (farisèi, zelòti, essèni, etc.) aveva una “sua” idea di “come” avrebbero dovuto essere l’atteso Messia ed il relativo Regno messianico. ******* Iesous di Nazareth, in quel contesto, da una parte, afferma chiaramente di essere Lui il Messia atteso101 e che il riconoscimento di questa verità è essenziale per la stessa salvezza non solo di Israele ma di tutti i popoli.102 D’altra parte, però, non si identifica con nessuna delle “idee” di Messia allora correnti, ed annuncia un Regno messianico di inèdite caratteristiche: tutto il Vangelo ci mostra, appunto, che “tipo” di Messia, e che “tipo” di Regno messianico, Iesous è venuto ad incarnare sulla terra. Possiamo quindi dire che anche il messianismo cristiano non sopprime, ma pre-suppone e porta a compimento il messianismo ebraico, divinamente trasfigurandone le attese. In che senso? Is 45, 1. Mc 8, 29; 9, 41; 12, 35; 13, 21; 14, 61-62. 102 Mc 13, 5-6.10.13. 100 101


LE TENTAZIONI DEL CRISTO Le tre tentazioni con le quali Iesous è insidiato da parte del Sàtana all’inizio della sua missione103, riguardano proprio il messianismo cioè quale “tipo” di Messia e quale “tipo” di Regno messianico Iesous è venuto ad incarnare sulla terra: -

il Messia “secondo Dio”104, che salva veramente l’umanità;

-

oppure un Messia “secondo gli uomini”105, cioè qualcuna delle false idee di Messia, che il Sàtana continuamente semina nella storia, per depistare l’umanità e condurla alla rovina seguendo degli pseudo-Messia.106

Perciò, quelle tre tentazioni sono anche: ❑

le tentazioni, le “prove”, alle quali Iesous verrà di fatto sottoposto, da parte degli avversari (sàtana) nel corso della sua vita e della sua predicazione, e fino alla sua morte; le tentazioni, le “prove”, alle quali ogni cristiano, in quanto tale, va incontro nel corso della sua vita; le tentazioni, le “prove”, alle quali la comunità cristiana nel suo insieme, la Chiesa, è stata e sarà esposta, nel corso della sua storia.

“In queste tre tentazioni, è come riassunta in blocco e predetta tutta la futura storia umana e sono rivelate le tre forme tipiche in cui verranno a calarsi tutte le irriducibili contraddizioni storiche della natura umana sulla terra intera.”107 Per questo, sempre, dobbiamo pregare: “Non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male.” “Non abbandonarci alla tentazione, ma liberaci dal male.” “Aiùtaci nella tentazione e liberaci dal Maligno.” Sapendo bene che: 1) non è Dio che ci “induce” in tentazione;108 2) il Maligno è un essere spirituale, malvagio e di acuta intelligenza, realmente esistente. O Iesous buono, esaudiscimi. Dentro le Tue piaghe nascòndimi. Non permettere che io mi separi da Te. Dal Nemico Maligno difèndimi.

Mt 4, 1-11; Lc 4, 1-13; Mc 1, 12-13. Mt 16, 23. 105 Idem. 106 Mt 16, 13-27; Mc 13, 21-23. 107 Fedor Dostoevskij – “I fratelli Karamàzov” - “La leggenda del grande Inquisitore”. 108 Gc 1, 13-15. 103 104


LA PRIMA TENTAZIONE “Iesous non mangiò nulla in quei giorni ma quando furono terminati ebbe fame. Allora il tentatore gli si avvicinò e gli disse: - Se tu sei Figlio di Dio, di’ a queste pietre che diventino pane. Ma egli rispose: - Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio.”109 Il tentatore si avvale della Scrittura. Non sta forse scritto110: “L’occhio del Signore è su chi lo teme, su chi spera nel suo amore, per liberarlo dalla morte e nutrirlo in tempo di fame”? A lui, però, Iesous oppone un altro passo della Scrittura: Dt 8, 1-5. ******* Iesous non trasforma le pietre in pane, come gli aveva suggerito il Sàtana, e nemmeno fa piovere la manna dal cielo, come avvenne al tempo di Mosè111. Egli insegnerà, infatti, con due distinti miracoli112, a vincere la fame attraverso la condivisione del pane. Il problema è: dove troveremo tutto il pane per sfamare tanta gente? -

Prima ipotesi: dobbiamo congedarli, “in modo che, andando per le campagne e i villaggi dei dintorni, possano comprarsi da mangiare” ognuno per conto suo?113 “Fratelli a orazione ma non a colazione, arrangiàtevi”? “Ognuno per sé, e Dio per tutti”?

-

Seconda ipotesi: dobbiamo comprare noi il pane necessario per tutti114, magari con una ben organizzata e centralizzata pianificazione economica?

Né l’una né l’altra cosa. Iesous infatti, contro la prima ipotesi, dice: “Voi stessi date loro da mangiare.”115

Mt 4, 2-4; Lc 4, 3-4. Sal 33, 18-19. 111 Es 16. 112 Mc 6, 34-44; 8, 1-9. 113 Mc 6, 36. 114 Mc 6, 37. 115 Ibidem 109 110


E contro la seconda ipotesi, non dice agli apostoli (che avevano già subito fatto il preventivo di spesa: 200 denari!) di andare a comprare il pane, bensì di condividere il pane che c’è, anche se è poco ed evidentemente non sufficiente … Dopo di che, con il miracolo, in-segna (ed è questo il “segno dei pani”116) che il pane, se spezzato e con-diviso fra molti, non diminuisce ma anzi sovrabbonda. Il miracolo non consiste quindi soltanto nella “moltiplicazione” dei pani ma nella loro “condivisione”: il pane si moltiplica non ostante il fatto, anzi proprio grazie al fatto che esso viene condiviso (= spezzato e donato). Il duplice miracolo della condivisione dei pani ha perciò un valore profetico: di denuncia e di annuncio. Di denuncia, nei confronti di una “economia che uccide”117, dove poche persone si mangiano tutto e molti rimangono affamati. Di annuncio, di un mondo di fratelli che, senza più inequità né esclusioni, con-dividono familiarmente la terra e tutto ciò che è stato creato dall’unico Padre. ******* Ed anche per questo, perché impariamo a condividere, Iesous ci insegna a chiedere nella preghiera: Padre nostro … (non solo mio!) dà (il pane è anzitutto un dono di Dio) a noi (non solo a me! Se io ho due pani e tu nessuno, dobbiamo fare uno a testa) oggi (il necessario per vivere ogni giorno, non l’accumulo indefinito di ricchezza) il nostro (il pane è dono di Dio ma anche frutto del nostro lavoro) pane quotidiano (il pane necessario al corpo ma anche quello necessario all’anima: l’eucarestia) “Io Ti domando due cose, non negarmele prima che io muoia: tieni lontano da me falsità e menzogna, non darmi né povertà né ricchezza, ma fammi avere il cibo necessario. Perché, una volta sazio, io non Ti rinneghi e dica: - Chi è il Signore? Oppure, ridotto all’indigenza, non rubi e profani il Nome del mio Dio.”118 “Infatti, non abbiamo portato nulla in questo mondo e nulla possiamo portarne via. Quando, dunque, abbiamo di che mangiare e di che coprirci, contentiamoci di questo. Al contrario, coloro che vogliono arricchire, cadono nella tentazione, nel laccio e in molte bramosie insensate e funeste, che fanno affogare gli uomini in rovina e perdizione. L’attaccamento al denaro, infatti, è la radice di tutti i mali; per il suo sfrenato desiderio, alcuni hanno deviato dalla fede e si sono da sé stessi tormentati con molti dolori.”119

Mt 16, 1-12; Mc 8, 11-21. Papa Francesco. 118 Prv 30, 7-9. 119 1Tm 6, 7-10. 116 117


******* La con-divisione è il contrario della con-petizione. In un paese africano colonizzato dai “bianchi”, il “padrone” propone ad un gruppo di “neri” una gara di corsa: chi arriva per primo, riceverà in premio un bel cesto di frutta. Ma i “neri”, senza nemmeno bisogno di consultarsi fra di loro, subito gli rispondono: - Ma perché dobbiamo fare una gara e poi uno solo deve prendersi tutta la frutta? Tu dà a noi il cesto di frutta e noi la mangeremo tutti insieme, un po’ per uno. Questo aneddoto spiega molto bene la differenza fra una società basata sulla competizione individualistica (ognuno contro gli altri; il vincitore prende tutto; è prioritaria la autoaffermazione del singolo) e una società basata invece sulla condivisione comunitaria (ognuno con agli altri; non ci sono vincitori né perdenti; si lavora insieme e si con-divide insieme quello che c’è; è prioritario il bene comune). I cristiani sono chiamati a fare di tutta l’umanità il Corpo di Cristo animato dallo Spirito Santo e cioè una comunità di fratelli e sorelle che con-dividono i beni, spirituali e materiali, a loro donati dal Padre. La “civiltà del denaro” o civiltà del capitale, pone come motore della storia “l’accumulazione privata del maggior capitale possibile, il moto incessante del guadagnare”, e come principio di umanizzazione “la partecipazione al godimento della ricchezza”. Una “civiltà dell’amore”, invece, pone come motore della storia “il soddisfacimento universale delle necessità fondamentali”, e come principio di umanizzazione “la crescita della solidarietà condivisa”, la crescita della fraternità umana120. È quasi inutile aggiungere che attualmente tutto il mondo, in pratica, costituisce una società basata sulla competizione individualistica e quindi essere cristiani, oggi più che mai, significa andare contro la corrente dominante. Perciò, oggi più che mai, abbiamo bisogno di chiedere, nella preghiera, il vero “spirito di povertà” evangelico ovvero la prima beatitudine (Mt 5, 3) nel senso spiegato da Iesous stesso in Mt 6, 19-34. ******* Lo spirito di povertà evangelico ci permette di vincere la tentazione di pensare che la realizzazione della vita di una persona consista nello “stare bene”. Se invece pensassimo di più a “fare il bene”, finiremmo con lo stare anche tutti un po’ meglio. Gli altri animali, forse, raggiungono il loro shalòm quando hanno realizzato il loro naturale ciclo biologico: nascita, crescita, nutrizione, riproduzione e morte.

120

P. Ignacio Ellacuria s.j.


Ma l’essere umano è un animale dotato di ragione e di volontà libera, e perciò ha bisogno di qualcosa di più. Il segreto dell’esistenza umana non sta nel vivere solo per sopravvivere e far sopravvivere la specie, ma nell’avere un fine, uno scopo consapevole per cui vivere. E lo scopo della vita umana non può essere una cosa ma ha sempre un volto umano. “Si può anche vivere senza sapere perché, ma non si può vivere senza sapere per chi.” Lo scopo della vita non è “godersi la vita” il più possibile, in attesa della morte/annullamento totale, ma crescere nell’amore. Veramente “degno di onore e di gloria e di benedizione”121 non è chi si serve degli altri, li usa, e magari li sfrutta e li uccide, per aumentare il suo potere, la sua ricchezza ed i suoi piaceri egoistici122 ma chi offre sé stesso agli altri per amore. La persona “di successo” non è chi dedica la sua vita ad arricchirsi o a diventare “famoso”, ma chi più ama. La massima “realizzazione” della persona umana, non solo per l’al di là ma anche in questo mondo, è offrire liberamente sé stessa, “perdersi” per amore123 cioè vivere per edificare insieme agli altri la fraternità umana, in armonia con la bellezza dell’ordine divino presente nella natura, che è piena dello splendore del Dio tre volte Santo.124 In termini direttamente evangelici: la via dell’Agnello immolato125 che per amore “si fa carico, prende su di sé”126 il peccato per toglierlo dal mondo127, è per tutti la vera via che conduce alla vita128 e alla resurrezione, in questo tempo e per l’eternità.

Ap 5, 12. 1Gv 2, 15-17. 123 Mc 8, 35-37. 124 Is 6, 3; Ap 4, 8. 125 Gv 1, 29.36; Ap 5, 6. 126 Mt 8, 16-17. 127 Gv 1, 29. 128 Gv 14, 6. 121 122


LA TENTAZIONE DEL POTERE “Il diavolo lo condusse in alto, gli mostrò in un istante tutti i regni della terra e gli disse: - Ti darò tutto questo potere e la sua gloria, perché è stata data a me ed io la do a chi voglio. Perciò, se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me, tutto sarà tuo. Iesous gli rispose: - Sta scritto: il Signore Dio tuo adorerai, a lui solo renderai culto.”129 Attenzione! Il diavolo non propone a Iesous di diventare un uomo potente e celebre solo per godersi i piaceri ed i vantaggi materiali e psicologici di una condizione di privilegio: questo sarebbe abbastanza banale. La tentazione è più sottile: il diavolo propone a Iesous di usare il potere per fare il bene, cioè di essere bensì il Messia che salva l’umanità, ma … servendosi del potere mondano come mezzo: quanto bene potrà fare, se avrà tutto il potere per farlo! Ma proprio qui sta l’inganno. “Servirsi del potere? Che perniciosa illusione! È il Potere che si serve di noi.”130 L’esercizio del comando asservisce, cominciando da quelli che lo esercitano … Infatti, il potere e la gloria di tutti i regni della terra, appartengono a lui, che è appunto il “prìncipe di questo mondo.”131 E lui li dà (per breve tempo …) a chi vuole. “Tutto sarà tuo”. L’unica condizione è: “se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me”. Che significa questo? Significa, come tutta l’esperienza storica ci attesta e come Machiavelli ci ha ampiamente dimostrato, che per raggiungere il potere e poi mantenerlo ed eventualmente estenderlo, è purtroppo necessario adoperare o le armi della volpe (l’astuzia ingannatrice) o quelle del leone (la violenza) o entrambi. E fare questo vuol dire, appunto, … adorare il diavolo. Le uniche “armi” del Regno messianico di Iesous sono invece la forza della verità132 e l’umile dono di sé nell’amore133. “La verità non si impone che per la forza della verità stessa, la quale si diffonde nelle menti soavemente e insieme con vigore.”134 “La grazia dello Spirito Santo (“Ospite dolce dell’anima”) dona a tutti dolcezza nel con-sentire e nel credere alla verità.”135 *******

Lc 4, 5-8, Mt 4, 8-11; Dt 5, 6-10; 6, 4-5. 12-13. Ignazio Silone. 131 Gv 13, 31; 14, 30. 132 Gv 18, 36-38. 133 Mc 9, 33-37; 10, 41-45; Gv 13, 1-17. 134 Concilio Vaticano II, “Dignitatis humanae”, n°1. 135 S. Tommaso d’Aquino. 129 130


“Nel corso degli attacchi che dovette subire, e nel contesto di un popolo e di un’epoca ossessionati da un messianismo combattivo, Iesous fu sicuramente tentato, nella sua piena umanità, di prendere di persona il potere per le vie della violenza. Fu questa la seduzione che egli respinse nel deserto. In Galilea, era circondato da un potente movimento popolare che voleva … venire a prenderlo per farlo Re 136. Fu allora che decise di concentrarsi sul piccolo gregge dei suoi discepoli, e di andare a portare la lotta al cuore stesso del potere, a Gerusalemme, ovvero: -

nella sede del potere religioso (non solo ebraico), che si serve di Dio per asservire l’uomo; nella sede del potere politico (non solo romano), che asserve l’uomo per farsi Dio.

Allora ci furono la croce, la risurrezione, la pentecoste, l’effondersi della grazia come forza semplicemente buona, vivificante, al di là delle ambivalenze del mondo decaduto, in cui non c’è mai vita senza morte, amore senza odio, forza senza violenza ...”137 ******* Non è vero che “il fine giustifica i mezzi” cioè che pur di raggiungere un fine buono io posso adoperare tutti i mezzi possibili, anche quelli cattivi. È vero invece che “il mezzo può essere paragonato ad un seme, il fine ad un albero: tra il mezzo e il fine vi è la stessa inviolabile relazione che vi è tra il seme e l’albero”138. “Come diceva S. Caterina da Siena, la forza che conserva le città è la santa giustizia. Dopo Machiavelli, si crede che la forza che conserva, o piuttosto garantisce l’espansione, delle città, sia l’ingiustizia intelligente.”139 Invero però: “E’ un assioma universale ed inviolabile che i mezzi debbono essere proporzionati ed appropriati al fine, dal momento che sono una via al fine cioè il fine stesso in divenire. Così che, l’uso di mezzi intrinsecamente cattivi per ottenere un fine intrinsecamente buono è una cantonata e un non-senso.”140 La virtù di prudenza, oggi spesso ignorata o fraintesa, viene definita da S. Tommaso d’Aquino proprio come l’arte “di discernere e decidere come disporre bene dei mezzi buoni in ordine ad un fine buono”. Alla prudenza, cioè, non compete né di stabilire quale debba essere il fine buono da raggiungere (questo è compito della saggezza) né di fornire le motivazioni interiori dell’azione (questo è opera della carità). Gv 6,15. Olivier Clément - “Il potere crocifisso”, Ed. Qiqajon, 1999. 138 Gandhi (1869-1948). 139 Jacques Maritain, “Sulla giustizia politica”, 1940. 140 Jacques Maritain, “L’uomo e lo Stato” (1951), Ed. Vita e Pensiero, Milano 1963. 136 137


Dati, però, l’uno (il fine) e le altre (le motivazioni interiori), compete alla prudenza disporre le vie al fine, cioè disporre in modo giusto le cose attraverso le quali si possa pervenire al fine. Si definisce prudente “colui che vede da lontano”, come l’aquila. Ovvero, colui che è capace di “allargare” la propria visuale nello spazio e nel tempo, al fine di essere, ad immagine e somiglianza di Dio, “provvidenza per sé e per gli altri”. Il motto della prudenza è previdet ac providet (= pre-vedere al fine di pro-vedere). ******* Il metodo della verità, il suo veicolo adeguato di diffusione, è la mitezza: “Beati i miti, perché essi erediteranno la terra.”141 “Gli uomini feroci ed im-miti credono, attraverso i litigi e le guerre, di poter conseguire la propria sicurezza, distruggendo i loro nemici. Perciò il Signore promette (proprio) ai miti il sicuro e quieto possesso della terra dei viventi“ 142… parzialmente, in questa vita; e definitivamente, nella vita eterna del mondo che verrà. I violenti e i potenti di questo mondo pensano, illusoriamente, di essere i padroni della terra, ma essa in realtà appartiene a Dio, che ne fa dono a tutti i suoi figli. Chi è animato dal desiderio di successo, dalla bramosia di ricchezza e dalla volontà di potenza deve, di necessità, soggiogare gli altri, o con i metodi della volpe (l’astuzia) o con quelli del leone (la violenza) o con entrambi. Chi invece è animato dalla ricerca sincera della verità, della giustizia e della pace fra gli uomini, deve coerentemente seguire la via della mitezza. La mitezza non è semplicemente un dato occasionale del carattere di alcune persone; e non è nemmeno la rassegnata debolezza di chi è impotente a contrastare le ingiustizie di cui è vittima. Mite è colui che non usa violenza nei rapporti con gli altri e nei rapporti con la natura, e che non coltiva nel proprio cuore i semi della violenza. Non è mite chi non vede o evita i conflitti, ma chi è consapevole di dover “vincere il male con il bene” e di dover risolvere i conflitti attuali con modalità che non lascino i germi di conflitti futuri. In quanto virtù semplicemente umana, e parte della temperanza, la mitezza è una grande conquista interiore, che richiede l’intelligenza e la volontà necessarie per fare forza a sé stessi, per vincere i propri impulsi istintivi di aggressione, di paura e di ira. In quanto, poi, è uno dei “frutti” dello Spirito di Dio143, essa richiede la disponibilità a lasciarsi plasmare dal Signore nell’ascolto della Sua Parola e nella preghiera. Mt 5, 5. S.Th. I-II, q. 69, art.4 co. 143 Gal 5, 22. 141 142


“Il vostro ornamento non sia quello esteriore – pettinature raffinate, gioielli d’oro, vestiti eleganti – ma piuttosto, nel cuore del vostro uomo interiore, l’ornamento incorruttibile di un animo mite e pacificato (nella preghiera): ecco ciò che è prezioso davanti a Dio.”144 La mitezza è un velluto, su cui Dio giace e riposa: se sei mite, ti è grato di avere il suo guanciale.145 ******* Anche S. Pietro, come i suoi successori nel corso della storia, viene tentato di instaurare il Regno di Cristo servendosi del potere mondano146. Ed a questa tentazione tutti i cristiani sono esposti147, anche quelli più vicini a Lui148. Addirittura, i due figli di Zebedèo, Giovanni e Giacomo, “prudentemente”, avevano già cercato di prenotarsi, tramite raccomandazione materna, i posti in prima fila149 dopo la immancabile vittoria. Ma Iesous svela chiaramente l’origine satànica di simili idee150: “Chi di spada colpisce, di spada perisce”. “I governanti delle nazioni dòminano su di esse ed i loro capi le opprimono … ma il Figlio dell’Uomo non è venuto per farsi servire ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti”. In ogni tempo, l’antidoto alla tentazione del potere è lo “spirito di servizio” evangelico, ovvero camminare fianco a fianco, ognuno servendo il prossimo, con umile amore.

1Pt 3, 3-4. Angelo della Slesia – “Il pellegrino cherubico”, I, 214. 146 Mt 16, 22. 147 Mt 26, 51. 148 Lc 9, 54. 149 Mt 20, 20-21. 150 Mt 16, 23; 26, 52; Lc 9, 55; Mt 20, 22-28. 144 145


LA TENTAZIONE DI TENTARE DIO “Il diavolo lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul punto più alto del Tempio e gli disse: Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù di qui. Sta scritto infatti: Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo affinché essi ti custodiscano. Ed anche: Essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra.151 Iesous gli rispose: - È stato detto: Non metterai alla prova il Signore Dio tuo.152 Dopo aver esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui, fino al momento153 stabilito.”154 ******* L’episodio si svolge nel Tempio, centro visibile della religione ebraica, e riguarda appunto il modo di intendere e di vivere la fede religiosa. Nel luogo che fu chiamato Massa e Merìba (= “prova, tentazione” e “protesta, contestazione”) gli Israeliti contestarono e misero alla prova Dio, dicendo: “Il Signore è in mezzo a noi, sì o no?”155 Uno spettacolare miracolo, pubblico ed assolutamente inconfutabile, non sarebbe la cosa migliore per far sì che tutti crèdano in Dio? “Ma Tu non ti sei gettato giù, come non sei disceso dalla croce quando ti gridavano, prendendosi beffe di te: - Vuole salvare gli altri e non può salvare sé stesso! Il Messia, il Re di Israele, scenda ora dalla croce, perché vediamo e crediamo!156 Tu non sei disceso, perché ancora una volta non volesti asservire l’uomo col miracolo e desideravi una fede libera e non una fede vincolata al miracolo. Desideravi un libero amore e non già le servili effusioni dello schiavo al cospetto del potente che una volta per sempre lo ha terrorizzato …

Sal 91, 11-12. Dt 6, 16. 153 Lc 22, 3.53. 154 Lc 4, 9-13. Mt 4, 5-7.11 155 Es 17, 1-7; Sal 95, 8-9. 156 Mt 27, 39-44; Mc 15, 29-32; Lc 23, 35-39. 151 152


Al posto della solida e antica Legge, con libero cuore l’uomo doveva, d’ora innanzi, decidere lui stesso che cosa fosse bene e che cosa male, senza avere davanti a sé altra guida se non la Tua Immagine … Tu concepisti la speranza che, imitando Te, anche l’uomo sarebbe rimasto con Dio senza aver bisogno dei miracoli …”157 Giacché, che fede sarebbe quella che fosse acquisita col miracolo? Come l’amore, la fede non può che essere gratuita. Invece di chiedere miracoli, dobbiamo piuttosto pregare: “Signore, io credo. Aiuta tu la mia poca fede!”158 ******* “Mentre i Giudei chiedono i miracoli ed i Greci cercano la sapienza, noi annunciamo Cristo crocifisso, scàndalo per i Giudei e stoltezza per i Greci. Ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio. Perché ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini.”159 ******* “Alcuni farisèi e sadducèi si avvicinarono per metterlo alla prova e gli chiesero che mostrasse loro un segno dal cielo: - Maestro, noi vogliamo vedere da te un segno. Ma egli rispose loro: - Quando si fa sera, voi dite “Bel tempo, perché il cielo rosseggia” e al mattino “Oggi burrasca, perché il cielo è rosso cupo”. Sapete dunque interpretare l’aspetto del cielo, e non siete capaci di interpretare i segni dei tempi? Una generazione malvagia e adultera pretende un segno! Ma nessun segno le sarà dato, se non il segno di Giona profeta. Come infatti Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce 160, così il Figlio dell’Uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra.”161 “Se non ascoltano Mosè e i profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti.”162 Ma noi annunciamo la tua morte, Signore, e proclamiamo la tua resurrezione, nell’attesa della tua venuta.

Fedor Dostoevskij – “I fratelli Karamàzov” - “La leggenda del grande Inquisitore”. Mc 9, 24. 159 1 Cor 1, 22-25. 160 Gn 2, 1. 161 Mt 12, 38-40; 16, 1-4. 162 Lc 16, 27-31. 157 158


L'ANTI-CRISTO Insieme ai falsi-messia vi sono gli anti-messia. Al tempo di Iesous (come oggi), vi erano alcuni che, qualunque cosa dicessero a parole, non avevano di fatto alcuna attesa messianica, non avevano e non volevano avere alcuna utopia o speranza per il futuro, e questo per la semplice ed evidente ragione che essi stavano molto comodamente “seduti” nel presente. A quel tempo, in Israele, era soprattutto la casta alto-sacerdotale sadducèa e gli “anziani del popolo” (= i capi laici delle principali famiglie di proprietari dell’epoca) che dominavano sul popolo ebraico, in “alleanza” non con Dio ma con i Romani, insieme ai quali facevano peraltro ottimi affari. Costoro (per non dire di Erode e, ovviamente, dei Romani stessi) non volevano, in realtà, alcun Messia ed anzi lo temevano. Allora, come oggi, non possono e non vogliono avere alcun “tipo” di speranza utopica coloro che detengono il potere economico, politico e culturale, e sono preoccupati solo di mantenerlo e possibilmente di accrescerlo. È questo “anti-messianismo” (l’anti-cristo!) che tenta di uccidere il Messia Iesous: -

direttamente, ha ucciso Iesous di Nazareth sulla croce, ma è stato sconfitto dalla Sua resurrezione163;

-

storicamente, porta la morte, a volte morte precoce, a noi umanità; ma sarà sconfitto dalla nostra resurrezione finale in Cristo.

In particolare, l’anti-cristo continuamente cerca di “uccidere” cioè di sopraffare e/o “annacquare” la comunità messianica ovvero la Chiesa di Cristo164 e perciò semina la “zizzània” che cresce in mezzo, ed insieme, al “grano”, e costantemente minaccia di soffocarlo.165 Ma noi sappiamo: non praevalèbunt, “le forze degli ìnferi non prevarranno.”166 In ogni tempo, ci sono stati, ci sono e ci saranno “i poveri del Signore”, come Simeone e Anna.167 “I poveri del Signore” sono tutti coloro che portano sulla loro “carne”, crocifissa dai “signori” di questo mondo, il peso dello sfruttamento economico, dell'esclusione sociale e Ap 12, 1-6. Ap 12, 17. 165 Mt 13, 24-30.36-43. 166 Mt 16, 18. 167 Lc 2, 25-38. 163 164


del tentativo di soggiogamento culturale, ma non rinunciano, non si arrendono, non si adeguano, ed affidano a Dio la loro speranza in un mondo più equo e più fraterno, non solo nell’al di là, ma anche, in tutta la misura possibile, nell’al di qua, su questa terra. E così, in ogni tempo, invocare Iesous chiamandolo Cristo, cioè Messia, significa anzitutto chiedere a Lui la luce e la forza168 per riuscire ad essere, e ad agire, “in consonanza” con la sempre viva attesa messianica dei poveri. Fino “al ritorno del nostro Signore Iesous Messia ed al nostro incontro con Lui”, quando l’anti-Cristo ed il “mistero dell’iniquità” si manifesteranno con particolare potenza, ma saranno definitivamente sconfitti dallo splendore della parusìa del Figlio dell’Uomo.169 ******* Quanto alla venuta del Signore nostro Iesous e alla nostra riunione con Lui … non lasciatevi agitare né spaventare … quasi che il giorno del Signore sia imminente.170 Nessuno vi inganni in alcun modo. Prima, infatti, deve venire l’apostasìa171 ed essere rivelato l’Uomo del peccato (hamartìa) il Figlio della perdizione (apolèia) l’Avversario (anti-keimai) che esalta sé stesso al di sopra di tutto ciò che è chiamato e adorato come Dio, fino ad insediarsi nel tempio di Dio vantando di essere Dio. Non ricordate che, quando ero ancora in mezzo a voi, vi dicevo queste cose? E voi sapete che cosa lo trattiene (lo tiene a freno) perché non si riveli se non nel suo tempo. Il mistero dell’iniquità (anomìa) è già in atto ma è necessario che sia tolto di mezzo colui che lo trattiene. E allora sarà rivelato l’Iniquo (anomos) ed il Signore Iesous lo consumerà con il Soffio della Sua bocca e lo distruggerà con la manifestazione della Sua Venuta. 2Ts 2, 15-17. 2Ts 2, 1-12; Mt 25, 31-46. 170 2Ts 2, 1-2. 171 L’apostasia è l’allontanamento, consapevole e volontario, dalla propria fede. 168 169


La venuta dell’Iniquo avverrà nella potenza di Sàtana, con ogni specie di portenti, di segni e di falsi miracoli, e con tutti gli inganni dell’ingiustizia che fanno perire coloro che non accolgono l’amore della verità per essere salvati. Dio manderà ad essi una potenza di errore, perché credano nella menzogna e così siano condannati tutti quelli che, invece di credere alla verità, si sono compiaciuti dell’ingiustizia172. ******* Perché tanto stupore, o uomo? L’antiCristo e la Bestia, se tu non sei in Dio, sono tutt’e due in te.173

Cristo e l’anti-Cristo

172 173

2Ts 2, 3-12. Vedi anche Mt 7, 15-23. Angelo della Slesia – “Il pellegrino cherubico”, I, 225.


IL-SATANA: UNA PSEUDO-TRINITA’ ALLA ROVESCIA Tutti gli anti-cristi e soprattutto quello degli ultimi giorni, agiscono “nella potenza del Sàtana”174. Chi è dunque costui? Colui che è diventato “il prìncipe di questo mondo”175 e dei “signori” di questo mondo176 è certamente anch'egli una creatura di Dio, originariamente pensato e voluto da Lui come un angelo, cioè un essere puramente spirituale, risplendente di bellezza e di luce. Dotato di intelligenza e di volontà libera, reca perciò anch'egli l'immagine di Dio ed anch'egli è stato inizialmente chiamato a partecipare, insieme a tutte le altre creature spirituali e materiali, alla pienezza della vita divina.177 Avendo, però, con la massima consapevolezza e libera volontà possibili, rifiutato l'amore e l'umiltà di Dio, rinchiudendosi nella sua cupa philo-autìa (= amore disordinato di sé) alimentata da superbia ed invidia178, “il prìncipe di questo mondo” ha massimamente deformato in sé stesso l'immagine trinitaria e si presenta dunque come una sorta di pseudotrinità alla rovescia179: 1) “Quando dice il falso, dice ciò che è suo, perché è menzognero e padre della menzogna … in lui non c'è verità”180; e perciò si oppone al Cristo, che è la Verità, il Lògos, la seconda Persona della Trinità. 2) “Egli è omicìda fin dal princìpio”181, desidera e vuole la morte dell'essere umano e la distruzione di tutte le opere di Dio182; e perciò si oppone allo Spirito Santo, che è l'Amore, la Vita divina donata al mondo, la terza Persona della Trinità. 3) Non ha una consistenza ontologica indipendente183 cioè può vivere solo come un parassita nella creazione di Dio, “come un verme in una mela” (“il gran vermo che il mondo fòra”: Dante), come “un tarlo in un mobile” o “una tarma in un tessuto”; non può creare nulla, può solo tristemente, malignamente, disperatamente, cercare di distruggere l’essere (che è di per sé vero-buono-bello), di “fare strappi”, di “lacerare il tessuto” della creazione; e perciò si oppone al Padre “onnipotente creatore di tutte le cose visibili e invisibili”, che è il Princìpio e l’Origine assoluta di tutto ciò che esiste, la prima Persona della Trinità. ******* 2Ts 2, 9. Gv 12, 31. 176 Lc 4, 5-6. 177 S.Th. I, q.63, art. 4-5-7. 178 S.Th. q.63, art.1-2-3- 6 ad 4- 8-9; q.64 art.2. 179 Si vèdano i tre personaggi di Stavrogin, Kirillov e Verchovenskij ne “I demoni” di Dostoevskij; e la descrizione del diavolo come un mostro a tre teste nell'ultimo canto dell'Inferno di Dante. 180 Gv 8, 44; Gen 3, 1-5. 181 Gv 8, 44. 182 Sap 2, 23-24; 1, 11-16. 183 S.Th. I, qq.48-49. 174 175


Il libro dell’Apocalisse lo chiama per nome: è “il grande drago, il serpente antico, colui che è chiamato Diavolo e Il-Sàtana, e che seduce tutta la terra abitata.”184 Diavolo, dal greco, è “colui che divide, colui che separa” (tenta di separare): -

l’essere umano da Dio; gli esseri umani fra di loro; gli esseri umani dalla natura.

Il-Sàtana, dall’ebraico, è “il nemico, l'avversario”, non tanto di Dio (Dio è troppo grande per avere nemici) ma piuttosto il nemico dell’essere umano, e di tutto ciò che Dio sta creando. Il “Prìncipe di questo mondo” è bensì straordinariamente intelligente, è bensì molto affascinante. “Ma la sua è l'intelligenza male utilizzata: l'intelligenza maligna, che semina discordia e odia la vita. Ed il suo fascino è il più intollerabile: il fascino che asserve e spinge alla rovina.”185 Per parlare solo del XX secolo: due guerre mondiali; le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki; il tentato genocidio del primo popolo cristiano del mondo (gli Armeni) e del primo popolo monoteista del mondo (gli Ebrei) … sono soltanto alcuni degli effetti più evidenti della presenza, e dell’azione seduttrice e devastatrice, di colui che è “omicida fin dal principio … menzognero e padre della menzogna.” Se osserviamo la “colata di cemento” che ha sfigurato il volto di uno dei posti più belli del pianeta (intendo qui il golfo e la città di Napoli), se osserviamo le mostruose “periferie” e “baraccopoli” di tutte le principali metropoli del mondo, se osserviamo il degrado crescente della qualità dell’aria, l’inquinamento dei fiumi e dei mari, la massa impressionante di “rifiuti” di ogni genere, anche altamente tossici e nocivi, che vengono semplicemente “nascosti sotto il tappeto”, etc. etc. possiamo avere davvero una visione abbastanza chiara della “bruttezza del diavolo”. Porre al centro dell’economia, e di tutta la vita sociale, non le persone umane (tutte ed ognuna) ma l’idolo dell’accumulazione crescente di ricchezza, produce come inevitabili conseguenze miseria ed esclusione nella società e distruzione della natura, e ferisce il cuore stesso di Dio perché è il contrario del progetto di Dio, il contrario della “volontà di Dio.” ******* Dio è essenzialmente bello, è la Bellezza stessa. Il Diavolo è apparentemente bello ma in realtà è schifosamente brutto.

184 185

Ap 12, 9. Elena Ferrante, Storia di chi fugge e di chi resta, n° 94.


In effetti i Padri, sia greci sia latini, non hanno mai avuto dubbi sul fatto che “Dio è bello” anzi che Dio è la Bellezza in sé stessa: una Bellezza che, in quanto tale, “rapisce chi la percepisce”. “Il cielo e l'aria sono belli, la terra e il mare sono belli. L'universo deve alla grazia divina il nome di cosmo dàtogli dai Greci e che significa ornamento ... Il Signore della bellezza creata non deve forse essere la bellezza di ogni bellezza?”186 Tutte le creature sono belle, hanno bellezza, in quanto la ricevono da Dio che è la Bellezza, cioè in quanto partecipano per analogia, in gradi e forme diverse, alla Bellezza stessa. Il Creatore si disvela e si rivela, per analogia, nella bellezza delle sue creature.187 “Il bello non fa altro che coronare, come un’aureola di splendore inafferrabile, il duplice astro del vero e del bene, e il loro indissolubile rapporto.”188 All’opposto, il brutto non fa altro che manifestare (come nel ritratto di Dorian Gray), come deformazione del volto dell’essere, la duplice tenebra della menzogna e del male, nel loro anch’esso indissolubile rapporto. In sintesi: L’Infinito (invisibile e senza forma), che da nulla può essere circoscritto, si in-scrive, per la nostra gioia, nella forma (visibile) della bellezza di tutte le creature.189 All’opposto, il diavolo, ha-satàn, è una creatura limitata ma assai pericolosa, che si in-cista, per nostro danno, nella creazione, operando attivamente per deformarne la pura bellezza originaria e per corromperla quanto più gli riesce.

S. Ilario di Poitiers (315-367 dC) - “La Trinità”, I. Sap 13, 5. 188 Hans Urs von Balthasar. 189 S. Ilario di Poitiers (315-367 dC) - “La Trinità”. 186 187


FIGLIO DI DIO Nella Scrittura ebraica (= Antica Alleanza), il titolo “figlio di Dio” viene dato: 1) al popolo di Israele, nel contesto dell’èsodo190 e poi nei profeti;191 2) ai Re di Israele (dinastia di Davide), che vengono considerati come “generati da Dio” al momento della loro incoronazione;192 3) al Messia futuro, in quanto Re ideale dell’avvenire nonché capo e rappresentante di tutto il popolo.193 Dunque (punto 1), la rivelazione biblica, in materia, è anzitutto che “figlio primogenito di Dio” non è il Faraone, come allora comunemente si pensava, sacro non è il potere, ma lo è proprio il popolo che quel Faraone tiene schiavo e oppresso, e che Dio vuole invece libero, su una terra equamente condivisa. Peraltro, i profeti intuiranno successivamente che Dio vuole liberi tutti i popoli e non solo Israele.194 I re di Israele, a loro volta (punto 2), anche se l’istituzione della monarchia in Israele non è stata voluta da Dio195, vengono tuttavia “unti” nel nome del Signore proprio perché dovrebbero comunque provvedere a ciò che Dio vuole e cioè la giustizia e la pace per il popolo. Essi, però, quasi mai saranno all’altezza di questo còmpito … e proprio questa inadeguatezza, rapportata alla promessa di Dio a Davide, farà nascere in Israele, soprattutto a partire dagli strati più oppressi ed emarginati del popolo, l’attesa del futuro Re-Messia (punto 3). ******* Nel Vangelo più antico che possediamo (Marco), il titolo “Figlio di Dio”, riferito a Iesous, ricorre 7 volte, proprio come 7 volte ricorre anche il titolo di “Messia”. E 14 volte (= 7+7) ricorre il titolo di “Figlio dell’uomo” che era il modo abituale con cui Iesous si riferiva a sé stesso. Iesous non dà direttamente a sé stesso il titolo di “Figlio di Dio”, ma lo riconosce a Sé appropriato, nella risposta al Sommo sacerdote196, in cui Egli usa proprio l'espressione “Figlio dell'uomo” come equivalente di “Messia Figlio di Dio”.

Es 4, 22-23; Dt 1, 31; 7, 6-8; 8, 1-5; 32, 4-12. Is 63, 15-16; Ger 31, 9; Os 11, 1-4. 192 2Sam 7, 14; 1Cr 17, 11-14; 22, 7-13; Sal 2; 110. 193 Sal 72; Is 9, 1-6; 11, 1-10. 194 Am 9, 7; Is 19, 19-25. 195 1Sam 8, 1-22. 196 Mc 14, 61-62. 190 191


Iesous, dunque, intende certamente sé stesso come “Figlio di Dio” ma, conferendo a questa espressione tratti originali e specificamente Suoi, non abolisce bensì pre-suppone e porta a perfezione i significati antichi sopra enumerati. ******* Fin dall’inizio della Sua missione pubblica, in Galilea, appare chiaro che Iesous è Figlio di Dio non solo nel senso generico in cui può essere chiamato “figlio di Dio” ogni essere umano (in quanto creato e amato da Dio) o, più restrittivamente, ogni persona giusta (in quanto agisce come Dio vuole). Già nella prima controversia in Galilea197, infatti, Iesous si presenta come colui che “ha autorità sulla terra di perdonare i peccati”; e “chi può perdonare peccati, se non Dio solo?” Successivamente, nella terza controversia in Galilea 198, egli si identifica esplicitamente con lo Sposo, di cui la sua comunità (= la chiesa) è la sposa: biblicamente, solo Dio viene detto Sposo in tal senso; e, in Marco, il termine Sposo ricorre solo qui, e per 3 volte. ******* Marco, discepolo e interprete di Pietro, ha riportato inoltre con esattezza nel suo Vangelo il ricordo indelebile, che Pietro conservava nel suo cuore e nella sua mente, della preghiera di Iesous nell’orto degli ulivi, prima della sua cattura.199 In quel momento, Iesous si rivolge a Dio chiamandolo Abbà, e Pietro (prima di addormentarsi…) lo aveva certamente ascoltato, non senza stupore. Abbà è una parola che non troviamo negli altri 3 vangeli ma solo in quello di Marco; ed è una di quelle 8 espressioni che il testo di Marco, scritto in greco, riporta direttamente in lingua aramàica, cioè il dialetto galilèo parlato correntemente da Iesous. È un diminutivo della parola Ab (= padre), ed è l’espressione con cui un figlio, fin da piccolo, si rivolge al padre in àmbito familiare e in un contesto di affettuosa confidenza: “papà, babbo, paparino, babbuccio, babbo mio…” Questa parola, che nelle Scritture non risulta essere stata adoperata da alcun ebreo, fin a qual momento, per rivolgersi al Dio di Israele, né d’altronde veniva usata nella preghiera in quel tempo storico e luogo geografico, rappresenta quindi una specificità di Iesous. È il Suo modo, unico ed originale, di rivolgersi al Padre con un’intimità di confidenza. Probabilmente, è stato allora che Pietro, e Giacomo e Giovanni, hanno veramente capito che cosa significa che Iesous è “Figlio di Dio”.

Mc 2, 1-12. Mc 2, 18-22. 199 Mc 14, 32-42. 197 198


IL FIGLIO UNI-GENITO Successivamente, dopo la morte e resurrezione di Lui, gli apostoli hanno anche compreso sempre meglio che Iesous non intendeva preservare gelosamente “come una preda”200 questa sua particolare intimità col Padre ma, al contrario, intendeva renderne partécipi tutti i suoi discepoli. Hanno imparato anch’essi, divenuti figli accogliendo lo Spirito del Figlio201, a rivolgersi a Dio chiamandolo Abbà; ed hanno insegnato nelle loro comunità a fare altrettanto.202 Gli apostoli e le prime generazioni cristiane hanno gelosamente “custodito” ed attentamente “coltivato” questa preziosa e salvifica rivelazione, racchiudendola nell’inequivocabile appellativo di “uni-gènito” (= unico generato) riferito a Iesous.203 E proprio questo verrà successivamente riaffermato e proclamato, contro ogni tentazione di riduzionismo (Ario, Nestorio, mono-fisìti, mono-telìti, etc.), dai grandi Concili dogmatici del primo millennio cristiano: Iesous è il “Figlio uni-gènito di Dio, generato dal Padre prima di tutti i secoli, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato non creato, della stessa sostanza del Padre.”204 “Un solo e medesimo Cristo, Figlio uni-gènito di Dio, da riconoscersi in due nature (la natura umana e la natura divina) senza confusione né mutamento né separazione né divisione; senza che in nessun modo venga soppressa la differenza delle nature per l'unione, ma salvaguardando le proprietà dell'una e dell'altra, e concorrendo ciascuna a formare una sola persona e sussistenza; non diviso e scomposto in due persone, ma uno e medesimo Figlio unigenito, Verbo di Dio, Signore Iesous Cristo.”205 “Dio nessuno lo ha mai visto. Il Figlio unigènito, che è Dio e che è nel grembo del Padre, è lui che lo ha rivelato.”206 “Chi confessa che Gesù è il Figlio di Dio, Dio rimane in lui ed egli in Dio.”207

Fil 2, 6-7. Gv 1, 12-13. 202 Gal 4, 4-7; Rm 8, 14-17. 203 Gv 1, 14.18; 3, 16.18; 1Gv 4, 9. 204 Concili di Nicea e di Costantinopoli, 325-381 dC. 205 Concilio di Costantinopoli III - anno 681 dC. 206 Gv 1, 18. 207 1Gv 4, 15. 200 201


LE TRE NASCITE DEL FIGLIO DI DIO È sentenza comune nei Padri e nei mistici cristiani che si possono considerare “3 nascite” del Figlio di Dio. ******* La prima nascita è la nascita “dal Padre, prima di tutti i secoli, luce da luce, Dio vero da Dio vero, generato non creato, della stessa sostanza del Padre”. È la nascita, senza luogo e senza tempo, della Parola (= il Figlio) dall’ “infinito e sovrumano” Silenzio (= il Padre) nel respiro d’Amore dello Spirito Santo. Possiamo dire: “la voce (Qol) del Signore (YHWH) Dio nella brezza (Ruach) del giorno.”208 O anche: “Dal seno dell’aurora, come rugiada, Io ti ho generato.”209 Questa prima nascita del Figlio rende possibile la creazione del mondo. Tutte le cose, infatti210, sono state create: -

per mezzo di Lui (perché il Figlio è la Parola di Dio)211 in vista di Lui (in vista cioè della Sua Incarnazione)212 e in Lui (perché il Figlio è la Sapienza di Dio)213

“Lo Spirito di Dio aleggiava sulle acque; e Dio disse ...”214 “Dalla Parola del Signore furono fatti i cieli, dal Soffio della sua bocca tutte le loro schiere.”215 ******* La seconda nascita è quella dell'incarnazione del Figlio “dallo Spirito Santo e da Maria Vergine”. È la nascita del Dio/uomo in un luogo e in un tempo ben determinati della storia umana. Mosè ricevette la Parola di Dio (la Toràh) rimanendo nella nube che era scesa a coprire il monte Sinai.216 Maria di Nazareth, con intelligente e libera adesione di fede, accolse la Parola del Padre, inviatagli tramite l'angelo, rimanendo nella nube dello Spirito Santo discesa a coprirla con la Sua ombra.217 Gen 3, 8. Sal 110, 3. 210 Col 1, 15-17. 211 Gv 1, 1-3.14. 212 1Pt 1, 20. 213 Prv 8, 22-36. 214 Gen 1, 1-3. 215 Sal 33, 6. 216 Es 24, 15-18. 217 Lc 1, 26-38. 208 209


E questa “accoglienza di ascolto” fu così profonda che quella divina Parola si incarnò in Lei, divenne carne della sua carne e sangue del suo sangue, e si fece uomo.218 Questa seconda nascita del Figlio rende possibile la salvezza del mondo. Tutte le cose, infatti, sono state salvate: -

per mezzo di Lui (per mezzo, cioè, della Sua morte e resurrezione); in vista di Lui (in vista, cioè, della Sua Parusìa, della Sua seconda venuta sulla terra); e in Lui (in quanto, cioè, tutte le cose troveranno in Lui il loro pieno compimento, il loro shalòm). *******

La terza nascita, infine, è quella che avviene nel cuore di ogni persona che, crocifiggendo la propria philo-autìa (= amore disordinato di sé stesso) e nascendo a vita nuova dall’acqua e dallo Spirito219, può giungere a dire: “Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me.”220 Se io sono F(f)iglio di Dio, chi può vedere questo, contempla l’uomo in Dio e Dio nell’uomo.221 “Così dice il Signore, che ti ha creato e ti ha plasmato: - Non temere, perché Io ti ho riscattato, ti ho chiamato per nome e tu Mi appartieni … perché tu sei prezioso ai Miei occhi, perché sei degno di stima ed Io ti amo …”222 “Il mio cuore ripete il Tuo invito: - Cercate il Mio volto! Il Tuo volto, Signore, io cerco.”223 Come Maria di Nazareth così anche noi, con intelligente e libera adesione di fede, possiamo accogliere la Parola del Padre, trasmessa a noi dalla Chiesa, rimanendo nella nube dello Spirito Santo effuso in noi a Pentecoste. E possa veramente, questa “accoglienza di ascolto”, essere così profonda che quella divina Parola, che è Cristo, prenda anche la nostra carne e il nostro sangue, nasca e nuovamente “cresca in età, sapienza e grazia”224 anche in noi e con noi! Questa terza nascita, la nascita del Figlio di Dio in noi, rende possibile lo shalòm (= il compimento, la piena realizzazione) del mondo.

Gv 1, 1.14. Rm 6, 2-13; Gv 3, 4-8. 220 Gal 2, 19-20. 221 Angelo della Slesia, “Il pellegrino cherubico”, II, 3. 222 Is 43, 1-4. 223 Sal 27, 8. 224 Lc 2, 52; Lc 2, 40. 218 219


“Noi, infatti, secondo la Sua promessa, aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova, nei quali abiterà stabilmente la giustizia”225 e perciò, costituiti come Corpo di Cristo animato dallo Spirito226, perseguiamo il Regno del Padre, nel mondo e per la vita del mondo, fino alla “resurrezione della carne e alla vita eterna nel mondo che verrà”. La Trinità Santissima ha voluto che, nella pienezza dei tempi 227, l’Umanità, per mezzo di Cristo, Verbo fatto carne, nello Spirito Santo accedesse al Padre e fosse resa partécipe della natura divina. Con eventi e parole strettamente intrecciati fra loro … Dio invisibile, nel suo grande amore, parla all’Umanità come ad Amica, e si intrattiene con Lei, per invitarla ed ammetterla alla comunione con Sé.228 “Dio è amore. Chi vive nell’amore, dimora in Dio e Dio dimora in lui” 229 finché questa dimora diverrà la “tenda” in cui Dio abiterà con tutti i popoli della terra ed asciugherà ogni lacrima dai loro occhi.230 “Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, Dio le ha preparate per coloro che Lo amano.”231

2Pt 3, 13. 1Cor 12, 13.27. 227 Gal 4, 4. 228 “Dei Verbum”, n° 2. 229 1Gv 4, 16. 230 Ap 21, 3-4; 7, 15-17. 231 1Cor 2, 9. 225 226


MISERICORDIA (= Rakhamim = Eleos = Misericordia) Che Dio sia misericordioso è una delle più forti affermazioni comuni all’ebraismo, al cristianesimo e all’islam. La radice di questa affermazione va naturalmente cercata nella Scrittura ebraica (la Toràh): ciò che noi cristiani chiamiamo “Antica Alleanza”. “Misericordia”, in ebraico, si dice rakhamìm ed ha la stessa radice di rekhèm che significa “grembo femminile, ventre, utero, viscere materne”. Tutte le volte che ci riferiamo alla misericordia di Dio, non possiamo dimenticare questa sua “matrice” femminile e materna.232 Rakhamim è dunque, biblicamente, quel sentimento (potremmo dire “amore viscerale”) che prova la madre verso la creatura che ha in grembo e che sta crescendo dentro di lei: per analogia, questo è proprio il “sentimento” di Dio nei nostri confronti! Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se queste donne si dimenticassero, Io invece non ti dimenticherò mai.233 Ecco, ti ho disegnato sulle palme delle Mie mani …234 Questo “amore viscerale” è, per la madre, sia un accogliere in sé la sua creatura sia un donare sé stessa a lei. Analogamente, anche Dio accoglie in Sé tutta la creazione e dona Se Stesso ad essa. Questo “amore viscerale” si traduce inoltre, nella madre, in atti corrispondenti, ovvero in un comportamento fatto di responsabilità cioè di premura per la crescita del figlio e di rispetto della sua vita e della sua identità. Analogamente, anche Dio si prende cura di noi e di tutte le creature, con ogni premura e rispetto, e con amore particolare verso i sofferenti e verso tutti coloro che sono oppressi od esclusi. Potremmo dire, con una immagine di grande bellezza ed efficacia, che Dio è come una Madre che porta in grembo il mondo, e la creazione intera è come un bambino che nasce e si sviluppa in seno a Dio, fino al momento del parto, che coincide con la fine di questo mondo e l’inizio della vita definitiva nel mondo che verrà, nel quale potremo “vedere Dio faccia a faccia”235. “L’universo si sviluppa in Dio, che lo riempie tutto.”236

Sal 131; Is 49, 15-16; 66, 13; Os 11, 1.4.8; etc. Is 49, 15. 234 Is 49, 16. 235 1 Gv 3, 2. 236 Papa Francesco – Laudato sii, n°233. 232 233


“Tutte le cose sono in Lui ed Egli è in tutte le cose.”237 “Dio è il Luogo del mondo, ma il mondo non è il Suo luogo.”238 Ogni creatura, già per il semplice fatto di esistere, vive, si libra, agisce, in Dio come nella sua naturale atmosfera: “In Lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo.”239 Ma, proprio come avviene per l’aria che respiriamo, solo a volte ce ne accorgiamo e ne diventiamo consapevoli. “Dio è nostra Madre, che ci genera, che ci produce, che ci matura, che ci completa e che un giorno noi, scoccato il lampo dell’Apocalisse, finalmente guarderemo faccia a faccia. Oggi non lo possiamo vedere perché siamo nel suo seno e dobbiamo accettare i nostri limiti e dobbiamo accettare l’immaturità dei nostri occhi. Ma la preghiera e la contemplazione ci permettono di prendere coscienza di questa realtà, di qualcosa che già esiste … esse sono la scoperta progressiva dell’unione con Dio nella quale già esistiamo …”240 ******* Alla Madre Maria Celeste241 fu richiesta, da Don Giuseppe Tòrtora canonico della cattedrale di Foggia, la fondazione di un convento in quella città e così il 4 marzo 1738 partirono da Roccapiemonte per Foggia. “La mattina, a buon’ora, la religiosa e sua sorella si partirono, accompagnate dal canonico Tortora, da sua cognata e dal fratello delle religiose; era in loro compagnia una donzella di Nocera … in tutto, erano tre calessi. In quella prima giornata del loro viaggio, il tempo fu molto cattivo e piovoso, e perché era da molti giorni che durava il pessimo tempo, le strade erano rovinate. Ma subito che cominciarono a camminare, si compiacque il Signore di accomodare il tempo e far uscire il sole; ma le fiumare erano grandemente cresciute, e si patirono per strada molti timori e travagli. Ma in tutto aiutò il Signore con felice passaggio ... La consaputa religiosa poco o nulla sentì di questi travagli, perché il Signore la visitò per strada e le diede uno straordinario raccoglimento. Le si manifestò l’immensità di Dio e vide cose ammirabili che non si possono dichiarare con termini creati. Le parve vedere una via immensa, ove era tanto spazio che racchiudeva tutte le creature e tutte le cose create, via illuminata di fulgori, e per questa immensa spaziosità ella camminava a volo verso il cielo. Era però portata dallo Spirito e dalla forza divina … e vedeva tutte le creature che avevano S. Agostino. Massima ebraica. 239 At 17, 28. 240 Carlo Carretto, Meditazione in Assisi, 3-4 novembre 1966, tratta da: Gianni Di Santo, “Carlo Carretto - Il profeta di Spello”, Ed. Paoline, 2010. 241 Giulia Crostarosa (Napoli, 31 ottobre 1696 – Foggia, 14 settembre 1755), fondatrice delle Suore Redentoriste di S. Alfonso Maria de’ Liguori. 237 238


il volo dell’essere nella divina immensità e grandezza. Intanto ella non si accorse in quella giornata di essere nel viaggio, ma le pareva viaggiare al di sopra dei cieli. Questa cosa la religiosa mai poté dimenticare in tempo di sua vita. Questo fu nella seconda giornata del viaggio e le durarono gli effetti di questa grazia molti giorni”. ******* Già gli antichi profeti ebrei ben compresero che la Divina Misericordia: -

non si limita ad un solo popolo ma si estende a tutti i popoli; si manifesta in modo particolare nel perdonare i peccatori.

Così, il profeta Ionàh (= Giona = Colomba) viene inviato da Dio a predicare la conversione a Nìnive, la grande città sul fiume Tigri, città pagana ed idolatra, la “città del sangue”242, capitale dell’impero degli Assìri, che tanto male aveva fatto al popolo di Israele come a tanti altri popoli. E l’imprevedibile accade: gli abitanti di Nìnive, “dal più piccolo al più grande”, accolgono l’annuncio del profeta ebreo, si convertono… e Dio perdona il loro peccato. Se non che, questo è precisamente ciò che Giona non avrebbe voluto che accadesse. Egli, da parte sua, avrebbe di gran lunga preferito che Nìnive fosse “giustamente” punita e distrutta per tutto il male che aveva fatto al suo popolo… e non, invece, perdonata! Proprio per questo, infatti, aveva cercato inizialmente di sottrarsi alla missione che Dio gli aveva affidato, fuggendo verso la città di Tàrsis, in direzione diametralmente opposta: “Perciò mi affrettai a fuggire a Tàrsis: perché so che Tu sei un Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di grazia, e che ti lasci impietosire riguardo al male minacciato.”243 Il profeta rimane dunque contrariato, e anzi adirato contro Dio, perché ritiene che Egli sia troppo misericordioso, a scàpito della giustizia: “E Giona provò grande dispiacere e fu indispettito.”244 Allora il Signore Dio fece crescere un qiqaiòn (= pianta di rìcino) al di sopra di Giona, per fare ombra sulla sua testa e liberarlo dal suo male: e Giona provò una grande gioia per quel rìcino. Ma il giorno dopo, allo spuntar dell’alba, Dio mandò un verme a ròdere il rìcino e questo si seccò. E quando il sole si fu alzato, Dio fece soffiare un vento d’oriente, afoso. Il sole colpì la testa di Giona che si sentì venire meno e chiese di morire dicendo: - Meglio per me morire che vivere. Dio disse a Giona: - Ti sembra giusto essere così sdegnato per una pianta di rìcino? Na 3, 1. Gn 4, 2. 244 Gn 4, 1. 242 243


Egli rispose: - Si, è giusto; ne sono sdegnato al punto di invocare la morte! Ma il Signore gli rispose: - Tu ti dai pena per una pianta di rìcino, per la quale non hai fatto alcuna fatica e che tu non hai fatto spuntare, che in una notte è cresciuta e in una notte è perita. Ed Io, non dovrei aver pietà di Nìnive, città grande, nella quale vi sono più di 120.000 persone, che non sanno distinguere fra la mano destra e la sinistra, e una grande quantità di animali?245 Il Signore Dio, con un pizzico di soave e paziente ironia, spiega dunque a Giona che l’amore vero consiste nel prendersi cura, con ogni premura e rispetto, del bene e della crescita di tutte le creature, uomini piante ed animali. Ed insegna al suo profeta, ed a noi: -

-

a uscire dal limitato orizzonte etnico e nazionalistico, mostrando invece l’orizzonte sconfinato della Sua infinita misericordia verso tutti i popoli, tutti egualmente da Lui creati; come una madre non vuole la morte di un figlio ammalato ma che guarisca e viva, così Dio non vuole la morte del peccatore ma che si converta e viva.246

Suor Maria Celeste Giulia Crostarosa (1696-1755) Fondatrice delle Suore Redentoriste

245 246

Gn 4, 6-11. Ez 18, 23.30-32.


DI ME PECCATORE Dio è vicino al giusto come al peccatore: solo che il peccatore gli volge le spalle.247 Non è l'uomo che prega Dio e non è esaudito; è Dio che prega l'uomo e non è, quasi mai, esaudito.248 “Ecco, Io sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la Mia voce e Mi apre la porta, Io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con Me.”249 Aprimi, sorella mia, mia amica, mia colomba, perfetta mia, perché il Mio capo è bagnato di rugiada, i Miei riccioli di gocce notturne.250 “Se uno Mi ama, osserverà la Mia Parola ed il Padre Mio lo amerà e Noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui.”251 Cosa dobbiamo fare per aprire la porta e lasciar entrare il Signore? Cosa dobbiamo fare per volgere verso di Lui non più le nostre spalle ma il nostro volto? Soltanto riconoscere umilmente la verità: quanto ci siamo allontanati da Lui252 e quanto siamo stati ingrati per i tanti doni che Lui ci ha fatto!253 La porta d’ingresso alla preghiera, come a tutto l’edificio della vita spirituale, è l’umiltà. E l’umiltà è semplicemente la verità. “In uno che è troppo pieno di sé stesso, non c’è posto per Dio”. ******* Se ho ricevuto in regalo un’automobile, è ovvio che, per usarla bene, devo seguire le “istruzioni per l’uso” fornite dal costruttore. Se incomincio a dire che non ho bisogno delle “istruzioni per l’uso”, perché io sono un ottimo automobilista, che sa già perfettamente come è fatta e come si guida un’automobile… Se dico che, nel serbatoio, invece della benzina, io preferisco metterci dello champàgne perché lo champàgne è più frizzante, più divertente, più “trasgressivo” …

Angelo della Slesia Vedi Ger 7, 13; Is 65, 12; 50, 2 … 249 Ap 3, 20. 250 Ct 5, 2. 251 Gv 14, 23. 252 Lc 15, 11-13. 253 Mt 25, 14-30. 247 248


Se l’automobile è stata fatta per non superare i 120 Km/h ma io invece voglio forzarla per andare sempre più veloce perché io sono una persona moderna e dinamica che “ama il brivido della velocità” … Il risultato che otterrò, con la massima probabilità, è quello di scassare l’automobile e rompermi la testa! Ora, Dio è il costruttore, è Lui che ha fatto sia me sia tutto l’universo. I 10 comandamenti ed il Vangelo sono le “istruzioni per l’uso del mondo” date dal Costruttore stesso. Se mi rifiuto di seguire le istruzioni per l’uso perché io sono un uomo che “sa il fatto suo”, sono uno che “conosce il mondo” perché “ho fatto per tre anni il militare a Cuneo” … Sono una persona moderna, razionale, con una mentalità scientifica, libera dai pregiudizi e dai tabù … o sono soltanto un povero stolto, una persona sciocca che sta facendo del male a sé stesso, agli altri e alla natura circostante? Ah, quell’io, quell’io maledetto, che sempre si mette davanti! Ma non sono gli asini quelli che ràgliano sempre: “Iooo … Iooo … Iooo …”? ******* Oltre agli asini, quelli che dicono sempre “Io, Io, Io” sono … i demòni. S. Tommaso d’Aquino, in un mirabile testo254, così spiega l’origine degli angeli malvagi ovvero demòni: “Che fra due istanti debba intercorrere un certo tempo è vero, come Aristotele dimostra, se si tratta del tempo continuo. Ma se parliamo degli angeli, i quali non vanno soggetti al moto dei corpi celesti, che è il primo moto misurato dal tempo continuo, per tempo s'intende la semplice successione delle loro operazioni intellettuali o affettive. Perciò, per primo istante dell'angelo si deve intendere quell'operazione della mente angelica, in cui questa volse lo sguardo su sé medesima, mediante la conoscenza vespertina: difatti, nel primo giorno della creazione vi fu il vespro ma non il mattino255. Questa operazione (volgere lo sguardo su sé medesimi, cioè prendere coscienza di sé, accorgendosi di essere stati creati) fu rettamente compiuta da tutti gli angeli. Ma, dopo quell'atto:

254 255

-

alcuni, mediante la conoscenza mattutina si volsero ad làudem Verbi cioè lodarono e ringraziarono il Signore per averli creati, entrando così nella luce del mattino seguente;

-

altri, invece, arrestandosi a contemplare sé stessi e, come S. Agostino si esprime, “gonfiandosi di superbia” (cioè rifiutando di riconoscere e ringraziare il loro Creatore), rimasero nelle tenebre.

S. Th. I, q. 63, art. 6, ad 4. Gen 1, 3-5.


Quindi, la prima operazione fu uguale per tutti; si differenziarono invece nella seconda. Perciò, nel primo istante, furono tutti buoni; nel secondo, invece, si ebbe la distinzione tra buoni e cattivi”. Se il Diavolo potesse lasciare il legame al suo io, subito lo vedresti sul trono di Dio.256 ******* “Un fratello chiese all'abate Matoes di dirgli una parola, e questi rispose: Va’ e prega Dio per il dono della compùnctio (contrìtio, penthos) e dell’umiltà. Pensa ai tuoi peccati, senza voler giudicare gli altri, anzi mèttiti al di sotto di tutti … Quanto più un uomo si avvicina a Dio, tanto più si riconosce peccatore257, come il profeta Isaia che, vedendo Dio, si diceva misero e impuro.”258 “Questa parola è degna di fede e di essere accolta da tutti: Cristo Iesous è venuto nel mondo per salvare i peccatori, il primo dei quali sono io.”259 Chiediamo al Signore la beatitudine del pianto per amore, la grazia di saper piangere sul male che abbiamo fatto agli altri e alla natura circostante, sull’ingratitudine che abbiamo mostrato verso un Dio che tanto ci ha amati: beati quelli che piangono i propri peccati, perché essi saranno consolati da Dio.260 È questo il pianto di Pietro dopo che ha rinnegato per tre volte il suo Maestro 261, il pianto della donna peccatrice nella casa di Simone il farisèo262: sentirsi “trafiggere il cuore” per le colpe commesse263. O Dio, abbi pietà di me peccatore.264 Sì, le mie iniquità io le riconosco, il mio peccato mi sta sempre dinanzi. Contro di Te, contro Te solo, ho peccato, quello che è male ai Tuoi occhi, io l'ho fatto: così sei giusto nella Tua sentenza, sei retto nel Tuo giudizio. Tu non gradisci il sacrificio; Angelo della Slesia - “Il pellegrino cherubico”, I, 143. Is 6, 5; Lc 5, 8. 258 Matoes, Detti, 11, 2. 259 1Tm 1, 15. 260 Mt 5, 4. 261 Lc 22, 61-62. 262 Lc 7, 36-50. 263 At 2, 37. 264 Lc 18, 9-14. 256 257


se offro olocausti, Tu non li accetti. Ma uno spirito contrito è sacrificio a Dio; un cuore contrito e affranto tu, o Dio, non disprezzi. Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo. Non scacciarmi dalla Tua Presenza e non privarmi del Tuo Santo Spirito.265 Quanto è prezioso il Tuo amore, o Dio! Si rifugiano gli uomini all'ombra delle Tue ali, si saziano dell'abbondanza della Tua casa: Tu li disseti al torrente delle Tue delizie.266 ******* Ogni essere umano, come il profeta Giona, fa l'esperienza di “fuggire lontano dal Signore” per non voler ascoltare la Sua Parola267 e si ritrova “inghiottito” dal mondo, “gettato” nel cuore del mare (= del male), “avvolto” dall'abisso …268 Ma il Figlio dell'uomo, con la Sua morte e resurrezione269, è venuto a cercarci fin “nel profondo degli ìnferi (sheòl)”, per prenderci con Sé e ricondurci a vita nuova ed eterna. Noi dobbiamo solo avere l'umiltà di invocare il Suo aiuto: “Dal profondo a Te grido, Signore...” e attendere Lui come le sentinelle attendono l'aurora.270 ******* “In definitiva, sappiamo che Dio si compiace di utilizzare le scorie, gli scarti, i rifiuti.271 Dopotutto, anche se il pane dell’ostia fosse ammuffito, diventerebbe ugualmente il corpo di Cristo, dopo che il prete lo ha consacrato. Però esso non può rifiutarsi, mentre noi possiamo disobbedire. Talvolta mi sembra che, essendo io oggetto di tanta misericordia, ogni peccato che commetto sia un peccato mortale. E ne commetto di continuo.”272 “Per questo, sebbene non vi siano nella mia vita colpe particolarmente gravi, all’infuori di quelle che vi ho confessate, considerando le cose in modo ragionevole e freddo, penso di avere più ragione di temere la collera di Dio io, che non molti grandi criminali … Il sentimento di essere per Cristo come il fico sterile di cui parlano i Vangeli273 mi strazia il cuore.”274 Sal 51, 5-6. 18-19. 12-13. Sal 36, 8-9. 267 Gn 1, 1-3. 268 Gn 2, 1-7a. 269 Mt 12, 38-40; Gn 7b-11. 270 Sal 130. 271 1Cor 1, 26-31. 272 Simone Weil, “Lettere a P. Perrin”, “Autobiografia spirituale”, da Marsiglia, maggio 1942. 273 Mt 21, 18-19; Lc 13, 6-9. 274 Simone Weil - Ultimi pensieri, 26 maggio 1942, da Casablanca. 265 266


IL CONTESTO DELLA PREGHIERA Anzitutto, niente àlibi “intelligenti”, del tipo “Io posso pregare ovunque ed in qualsiasi momento” … “Si può pregare anche allo stadio” … “Io prego mentre lavoro” … etc. etc. È vero che si può pregare dappertutto ed in qualsiasi momento, e noi stessi l’abbiamo scritto fin dall’inizio, ma solo da parte di chi ha acquisito un habitus di preghiera, che si consegue appunto con la preghiera quotidiana e costante. Solo chi prega ogni giorno, in un tempo ed in luogo ben definiti, potrà poi anche pregare sull’autobus o per strada o dovunque. “Io prego mentre lavoro”. Fai male! Mentre lavori, devi lavorare, e farlo con la dovuta attenzione. La preghiera, a sua volta, è essa stessa un lavoro, un impegno preciso, che richiede tutta l’applicazione del tuo spirito. Non si debbono fare due cose contemporaneamente. Vivere in maniera cristiana il proprio lavoro significa semplicemente farlo bene e non mescolarlo in modo pasticciato alla preghiera. S. Benedetto diceva: - Ora et labòra. Ed assegnava ai monaci, nella sua Regola, un tempo ben preciso per il lavoro ed un tempo ben preciso per la preghiera, perché la preghiera è essa stessa un lavoro: opus Dei.275 Il suggerimento che ci dà Iesous è realistico e concreto: “Quando preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta, e prega il Padre tuo che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.”276 “La camera dell’anima è il corpo; le porte sono i cinque sensi. L’anima entra nella sua camera quando la mente cessa di vagare qua e là, vagabondando in mezzo alle cose e agli affari del mondo277, ma si stabilisce nell’interiorità, nel cuore.278 I sensi si chiudono, e rimangono chiusi, quando li teniamo immuni dalle realtà sensibili esterne.”279 Chi ha condotto i suoi sensi dall’esterno all’interno, sente anche il non detto, vede anche nella notte.280 In tal modo, i 5 sensi esterni (vista, udito, odorato, gusto e tatto) ed i 4 sensi interni (memoria, fantasia, estimativa e senso comune) dicono all'anima: “Dov'è andato il tuo Amato, o bellissima fra le donne? Dove ha diretto i Suoi passi il tuo Amato, perché Lo cerchiamo con te?”281 Angelo Renzi – “La scala di Giacobbe”, Ed. Cittadella, 1992. Mt 6, 6; Dn 6, 11. 277 Ct 1, 7. 278 Ct 8, 1-2. 279 S. Gregorio Palamas. 280 Angelo della Slesia – “Il pellegrino cherubico” V, 129. 281 Ct 6, 1. 275 276


“Dio, che conosce tutte le cose segrete, vede la preghiera mentale e la ricolma in maniera percepibile con i suoi magnifici doni. Vera e perfetta è quella preghiera che colma l’anima di grazia divina e di doni spirituali. Un bàlsamo colma col suo profumo il vaso che è accuratamente sigillato 282: altrettanto, la preghiera, quanto più è raccolta nel cuore, tanto più sovrabbonda di grazia divina.”283 Bevi alla tua sorgente. Stolto è l'uomo che beve dal pantàno ed ignora la sorgente che gli zampilla in casa.284

L’intelligenza della santità: Simone Weil (1909-1943) Filosofa, operaia, partigiana francese, un'esperienza personale e co-involgente dell'incontro d'amore con il Dio/Trinità, nel contesto di una vita di forte impegno civile per la giustizia e per la pace.

“Cristo è disceso e mi ha presa”

Ct 1, 3.13-14; 3, 6; 5, 13 e Ct 4, 12. S. Gregorio Palamas. 284 Angelo della Slesia – “Il pellegrino cherubico” I, 300. 282 283


CHE COS’E’ LA HESYKIA La tradizione patristica e monastica orientale usa il termine hesychìa per definire “il raccoglimento, il silenzio, la solitudine esteriore e interiore, in nome di Dio.”285 Esicàsta è quindi la persona che, sull'esempio supremo di Maria Madre di Dio286, vive in uno stato interiore abituale di “adorazione del Padre in Spirito e Verità”287, come è ben descritto nel Sal 131: Signore, non si esalta il mio cuore né i miei occhi guardano in alto; non vado cercando cose grandi né meraviglie più alte di me. Io invece resto quieto e sereno: come un bimbo svezzato in braccio a sua madre, come un bimbo svezzato è in me l'anima mia. Israele attenda il Signore, da ora e per sempre. Il corrispondente aggettivo hesychìos (= quieto, tranquillo, calmo, sereno, pacificato) si riferisce al contesto esteriore: “Raccomando dunque, prima di tutto, che si facciano domande, suppliche, preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che stanno al potere, perché possiamo condurre una vita calma (eremos) e tranquilla (hesychios), dignitosa e dedicata a Dio. Questa è cosa bella e gradita al cospetto di Dio, nostro salvatore, il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità.”288 Ma soprattutto si riferisce al contesto interiore: “Il vostro ornamento non sia quello esteriore – pettinature raffinate, gioielli d’oro, vestiti eleganti – ma piuttosto, nel profondo del vostro cuore, l’incorruttibilità di uno spirito mite (prays)289 e pacificato (hesychios), che è di grande valore davanti a Dio.”290 ******* “L’abate Arsenio (354 - 434 dC), quando viveva ancora alla corte dell’imperatore Teodosio (era precettore dei suoi due figli, Onorio e Arcadio), pregò Dio con queste parole: - Signore,

Filocalìa, Glossario 1, L. Lc 2, 19.51. 287 Gv 4, 23-26. 288 1Tm 2, 1-4. 289 Mt 5, 5; 21,5. 290 1 Pt 3, 3-4. 285 286


mòstrami la via per la quale essere salvato ... Ed arrivò a lui una Voce che diceva: - Arsenio, fuggi, taci, quiètati: sono queste le radici dell’innocenza.”291 “Fuggi, taci, quiètati” (nel testo latino: fuge, tace, quiesce) sono le radici della in-nocenza (impeccantiae) cioè del non-nuocere, non-far-male né a sé stessi né agli altri né alla natura; sono le tre radici del non-peccare e perciò non far soffrire altri e non violentare la natura. Nei capitoli seguenti, scriveremo qualcosa su ognuna di queste tre “radici”: fuge nel senso di “fuggire il mondo” e cioè la solitudine; tace e cioè il silenzio; quiesce e cioè la quiete, la serenità e la bellezza dell’armonia interiore.

S. Elisabetta della Trinità (1880-1906) Elisabeth Catez, da pianista a suora carmelitana

291

Arsenio, Detti, 1-2.


LA SOLITUDINE Trovare abitualmente luoghi e tempi di solitudine, nel corso della propria giornata, è semplicemente una delle condizioni fondamentali della salute mentale.292 In tal senso, è una pratica da consigliare a tutti, anche indipendentemente dalla religione. Finita è la notte, e la luna si scioglie lenta nel sereno, tramonta nei canali … Ho lasciato i compagni, ho nascosto il cuore dentro le vecchie mura per restare solo a ricordarti.293 ******* Per quelli, però, che credono in un Dio “uno” e “personale” (come ebrei, cristiani e islamici), la semplice “solitudine” diventa (può diventare!) “rimanere soli con Dio” nella stanza nuziale che è il proprio “cuore”. La solitudine diventa cioè lo spazio privilegiato per la Presenza di Dio. Ho un Amico che visito in solitudine. È presente anche se non lo coglie lo sguardo. È presente ed assente, vicino e lontano, non toccato dalle descrizioni e dalle qualità.294 Ho fatto di Te il Compagno del mio cuore. Ho dato il mio corpo a Colui che non mi abbandona. Colmo di amicizia è l’incontro con il Visitatore. L’Amico del mio cuore ne conosce i segreti.295 E così il nostro deserto “fiorisce”: la solitudine esteriore, e il distacco interiore dalle “presenze” umane, diventano la condizione necessaria per poter accedere alla “tenda dell’incontro” con Dio296 piantata nel centro del nostro cuore, e per poter varcare nuovamente la soglia, altrimenti preclusa297, del giardino dell’Eden.

Vedi, in proposito, l'ormai classico: Erich Fromm - “L’arte di amare”. Salvatore Quasimodo. 294 Al-Hallag, mistico islamico del sec. X. 295 Rabi’a, mistica islamica del sec. VIII. 296 Es 33, 7-11. 297 Gen 3, 24. 292 293


È ciò che descrive poeticamente, con accenti da sempre ineguagliabili, tutto il Cantico dei Cantici: Trascinami con Te, corriamo! M'introduca il Re nelle sue stanze.298 La Sua sinistra è sotto il mio capo e la Sua destra mi abbraccia …299 Potremo “rimanere soli con Dio”: - come Abramo, che intercede davanti a Dio a favore dei “giusti”, che sono presenti anche fra i pagàni;300 - come Giacobbe, che “lotta con Dio” al guado dello Iabbok, e ne esce “slogàto” ma rigenerato, nel nome e nell’essere;301 - come Mosè, che intercede davanti a Dio a favore non più solo dei “giusti”, ma di tutto il popolo dei “peccatori”, per i quali ha imparato addirittura a sacrificare sé stesso;302 - come lo stesso Mosè, che nella “tenda dell’incontro”, parla con Dio “faccia a faccia, come uno parla con il proprio amico”303 e ne esce ogni volta “raggiante” tanto da dover coprire il suo volto con un velo, finché non compare nuovamente alla Sua Presenza;304 ed anche il Signore, in questi incontri305, toglie (almeno in parte) il velo che copre il Suo Volto “che non si può vedere” e il Suo Nome che “non si può pronunciare”, e proclama le 13 caratteristiche (“i 13 attributi”) che Lo identificano306 e che si possono veramente comprendere, e sempre più approfondire, solo nel “cammino” insieme a Lui; - come Elìa, il grande profeta, che “fugge” presso “il torrente Kerìt, ad oriente del Giordano”307 e lì, come poi nel deserto, in tempo di siccità e in tempo di persecuzione e di scoramento, viene “nutrito nel segreto” da Dio.308 E tutto il “segreto”, inesauribile e semplice, di ogni mistica mono-teista, è proprio quello che sperimentarono anche i Padri cristiani nel deserto: “Se cercheremo Dio, Egli si mostrerà a noi. Se Lo custodiremo, Egli rimarrà con noi.”309 Ct 1, 4. Ct 2, 6; 8, 3. 300 Gen 18, 17-33. 301 Gen 32, 23-33. 302 Es 32, 7-14. 30-35. 303 Es 33, 7-11. 304 Es 34, 34-35. 305 Es 33, 12-17. 18-23; 34, 5-9. 306 Es 34, 6-7. 307 1Re 17, 1-6. 308 1Re 19, 1-8. 309 Arsenio, Detti, 10. 298 299


“Alcuni domandarono all'abate Macario: - Cosa dobbiamo dire nella preghiera? Egli rispose: - Non è necessario balbettare qualcosa, ma piuttosto tendere le mani e dire: - Signore, come vuoi e come sai, abbi pietà di me! E se interviene una tentazione, dire: - Signore, aiutami! Egli sa che cosa è bene ed ha misericordia di noi.”310 ******* Per i cristiani, infine, “rimanere soli con Dio” significa, più specificamente, rimanere “da soli con Iesous”, come i 3 apostoli Pietro, Giacomo e Giovanni, e fare come loro l’esperienza del monte Tàbor311 e del giardino del Getsèmani.312 Questa esperienza consiste essenzialmente nel condividere, grazie alla luce e alla forza dello Spirito Santo, la morte e la resurrezione di Iesous. Ovvero far morire, dentro di noi, l’uomo vecchio dell’egoismo e del peccato; e far risorgere, dentro di noi, l’uomo nuovo fatto a Sua immagine: “Che io possa conoscere Lui, la potenza della Sua resurrezione e la comunione alle Sue sofferenze, facendomi conforme alla Sua morte nella speranza di giungere alla resurrezione dei morti.”313 “E noi tutti, a viso scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima Immagine, da gloria a gloria, secondo l’azione dello Spirito del Signore.”314 “Non con-formatevi, perciò, alla mentalità di questo secolo, ma tras-formatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a Lui gradito e perfetto315 … secondo la verità che è in Iesous, per la quale dovete deporre l’uomo vecchio con la condotta di prima, l’uomo che si corrompe dietro le passioni ingannatrici, e dovete rinnovarvi nello spirito della vostra mente e rivestire l’uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella santità vera316 ... l’uomo che continuamente si rinnova, per una piena conoscenza, ad immagine del suo Creatore.”317 Ciò vuol dire apprendere da Lui ad abbandonarsi fiduciosamente nelle mani del Padre, morire a sé stessi rinunciando alla propria volontà: “Non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi Tu”.318 E sperimentare con Lui, fin da ora, un anticipo della resurrezione futura: “Rabbi, è bello per noi essere qui”.319 Macario, Detti, 19. Mc 9, 1-10. 312 Mc 14, 32-42. 313 Fil 3, 10-11. 314 2Cor 3, 18; 2Cor 4, 3-6. 315 Rm 12, 2. 316 Ef 4, 21-23. 317 Col 3, 9-10. 318 Mc 14, 36, Lc 23, 46; Sal 31, 6. 319 Mc 9, 5; Sal 73, 21-28. 310 311


******* È questo, in sintesi, ciò che dicono i Padri quando ci parlano dei “4 giardini” (i 4 “paradisi”) che troviamo nominati nella Sacra Scrittura: Il giardino perduto dell'Eden, passando attraverso l'esperienza drammatica della schiavitù in Egitto e dell'esilio a Babilonia, viene ritrovato nel giardino del Cantico dei Cantici320 ma ancor più in quel giardino fuori le mura di Gerusalemme321 dove, per prima, Maria di Màgdala incontra il Signore risorto.322 E l'ultimo giardino è il “paradiso” della pienezza trinitaria senza tempo, nel quale l'acqua viva dello Spirito, che scaturisce dal trono del Padre e dell'Agnello immolato323, forma il grande fiume sulle cui sponde fiorisce l’albero della vita “che dà frutti ogni mese, per 12 volte all'anno, e le sue foglie guariscono le nazioni.”324 ******* “Un po’ di tempo prima … avevo lavorato come operaia per circa un anno in alcune fabbriche meccaniche di Parigi. L’unione dell’esperienza personale e della simpatia per la miserevole massa umana che mi circondava e con cui ero, anche ai miei occhi, indistintamente confusa, ha fatto penetrare così profondamente nel mio cuore l’infelicità della degradazione sociale, che da allora mi sono sempre sentita una schiava, nel senso preciso che questa parola poteva avere ai tempi dei romani. Durante quel periodo, la parola Dio non aveva nessun posto nei miei pensieri. L’ha avuto soltanto dal giorno in cui, circa tre anni e mezzo fa, non ho più potuto rifiutarglielo. In un momento d’intenso dolore fisico, in cui mi sforzavo di amare, ma senza vantare il diritto di dare un nome a questo amore, ho sentito (senza esservi preparata per niente, dato che non avevo mai letto i mistici) una Presenza più personale, più certa, più reale di quella di un essere umano, inaccessibile ai sensi e all’immaginazione, analoga all’amore che traspariva dal più tenero sorriso di un essere amato. Da quel momento il nome di Dio e di Cristo si sono intessuti sempre più irresistibilmente ai miei pensieri.”325

Ct 3, 1-5. Gv 19, 41-42. 322 Gv 20, 11-18. 323 Gv 1, 29; Ap 5, 6; 13, 8. 324 Ap 22, 1-2. 325 Simone Weil - Lettera a Joe Bousquet, 12 maggio 1942. 320 321


IL SILENZIO Quanto abbiamo detto per la “solitudine” vale anche per il “silenzio”: trovare abitualmente luoghi e tempi di silenzio, nel corso della propria giornata, è semplicemente una pratica di salute mentale, consigliabile a tutti, credenti o meno. Il raccoglimento nella solitudine e nel silenzio è, da sempre, l’habitus dei saggi e, negli animi più sensibili, esso può anche condurre fino all’elevata esperienza dell’estasi panteistica (= uscire fuori-di-sé per “sciogliersi” nel tutto dell’universo). Ne troviamo l’esempio nella celebre poesia di Giacomo Leopardi: Sempre caro mi fu quest'ermo colle, e questa siepe, che da tanta parte dell'ultimo orizzonte il guardo esclude. Ma sedendo e mirando, interminati spazi di là da quella, e sovrumani silenzi, e profondissima quiete io nel pensier mi fingo, ove per poco il cor non si spaura. E come il vento odo stormir tra queste piante, io quello infinito silenzio a questa voce vo comparando: e mi sovvien l'eterno, e le morte stagioni, e la presente e viva, e il suon di lei. Così tra questa immensità s'annega il pensier mio: e il naufragar m'è dolce in questo mare. ******* Per quelli, però, che credono in un Dio “uno” e “personale” (come ebrei, cristiani e islamici), il silenzio è qualcosa di più: come la solitudine è lo spazio privilegiato per la Presenza, così il silenzio è lo spazio privilegiato per la Voce (in ebraico Qol), per ascoltare cioè la Parola di Dio. Se infatti siamo immersi nel chiasso e nel frastuono, non riusciamo più a sentire chiaramente nemmeno la voce della persona che ci sta più vicina. Perciò, il silenzio esteriore, ed il mettere a tacere le nostre “voci di dentro”, sono il contesto necessario per poter ascoltare, con attenzione, solo la Voce di Dio. È nel silenzio che si sente. La Parola risuona più in te che sulla bocca altrui; se per Lei sai tacere, la odi all'istante.326

326

Angelo della Slesia – “Il pellegrino cherubico” I, 299.


Tutte le cose sono state create per mezzo della Parola di Dio327 ed ebraismo, cristianesimo e islam nascono, e vivono, per l’ascolto di una Voce328: “Il Signore disse ad Abram … ed Abram partì.”329 “Mentre Mosè stava pascolando il gregge di Ietro, suo suocero, sacerdote di Madian, condusse il bestiame oltre il deserto e arrivò al monte di Dio, l'Oreb … Il Signore vide che si era avvicinato per guardare; Dio gridò a lui dal roveto: - Mosè, Mosè! Rispose: - Eccomi!”330 “Mosè salì verso Dio, e il Signore lo chiamò dal monte … Mosè parlava e Dio gli rispondeva con una Voce. Mosè avanzò verso la nube oscura dove era Dio. Mosè salì dunque sul monte e la nube coprì il monte … Al settimo giorno, il Signore chiamò Mosè dalla nube … Mosè entrò dunque in mezzo alla nube e salì sul monte. Mosè rimase sul monte 40 giorni e 40 notti. Quando Mosè scese dal monte Sinai - le due tavole della Testimonianza si trovavano nelle mani di Mosè mentre egli scendeva dal monte - non sapeva che la pelle del suo viso era diventata raggiante, poiché aveva conversato con Lui.”331 E sulle orme di Mosè si muovono tutti i profeti, soprattutto il primo e più grande, il profeta Elìa, che anche lui arriva, oltre il deserto, fino al monte di Dio, l’Oreb, dopo un cammino di 40 giorni e 40 notti. Per imparare, però, a riconoscere la Voce di Dio non più nel vento, nel terremoto e nel fuoco del roveto ardente o del monte Sinai in tempesta, bensì ne qol demamàh daqàh (in ebraico) sìbilus àurae tènuis (in latino) la voce di un tenue silenzio.332 Proprio come, all’origine, “la voce del Signore Dio che camminava nel giardino (di Eden) nella brezza (= ruach) del giorno.”333 Proprio come quella “voce del vento (che) odo stormir fra queste piante” che anche il Leopardi “va comparando” a “infinito silenzio” … “Così, quando rivediamo un essere caro dopo una lunga assenza, non importano le parole che scambiamo con lui ma soltanto il suono della sua voce, che ci assicura della sua presenza.”334

Gen 1, 3. Ct 5, 2; 2, 8; Ap 3, 20. 329 Gen 12, 1. 4. 330 Es 3, 1.4. 331 Es 19, 3.19; 20, 21; 24, 15-18; 34, 29. 332 1Re 19, 9-13. 333 Gen 3, 8. 334 Simone Weil - Ultimi pensieri, 26 maggio 1942, da Casablanca. 327 328


******* L’anima che nulla sa, nulla vuole e nulla ama, tranne Uno, già oggi è sposa dello Sposo eterno.335 Per i cristiani, però, più specificamente, “silenzio” significa “rimanere in ascolto” dell'unica Parola di Dio che è Iesous stesso: è Lui l’unum necessarium, che viene prima di tutte le altre cose, e dal quale tutte le altre cose dipendono e sono illuminate. “Tu ti affanni e ti àgiti per molte cose, ma di una sola cosa c’è veramente bisogno.”336 “Un orecchio attento è quanto desidera il saggio.”337 “Beati quelli che ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica.”338 Marta s'affanna e corre, per servire il Signore; Maria siede quieta, ed ha così scelto la parte migliore: l'una Lo nutre soltanto, l'altra si trova anche da Lui nutrita.339 Dio Padre è l’aratore, grano la Parola eterna, vòmere è il suo Spirito. E il mio cuore è il solco.340 Solo la Vergine Madre di Dio, nella sua concreta esperienza storica341, ci può essere guida ed esempio di questa accoglienza suprema: “Eccomi, sono la serva del Signore, si faccia di me secondo la Tua Parola.”342 E “beata è colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto.”343 Maria (in ebraico, Miriam), la giovane donna di Nazareth, è infatti l’esempio assoluto di questo “rimanere in ascolto” della Parola di Dio. Ogni giorno, con la preghiera detta dell’Angelus, nella Chiesa cattolica si fa memoria di questo: “L’angelo del Signore portò l’annuncio a Maria ed Ella concepì per opera dello Spirito Santo; allora Maria disse: - Eccomi, sono la serva del Signore, si faccia in me secondo la tua Parola; e la Parola di Dio si è fatta carne ed è venuta a dimorare in mezzo a noi”. La Parola di Dio annunciata a lei dall’angelo344, e lo Spirito di Dio che la ricopre con la sua ombra345, accolti entrambi nel suo cuore con piena adesione di fede 346, sono come “le due Angelo della Slesia – “Il pellegrino cherubico” II, 14. Lc 10, 38-42. 337 Sir 3, 29. 338 Lc 11, 28. 339 Angelo della Slesia – “Il pellegrino cherubico” IV, 67. 340 Angelo della Slesia – “Il pellegrino cherubico” I, 64. 341 Lc 1, 38. 45; 2, 19. 51; Gv 2, 1-5; 19, 25-27. 342 Lc 1, 38. 343 Lc 1, 45. 344 Lc 1, 28.30-33. 345 Lc 1, 35. 346 Lc 1, 38. 335 336


mani” del Padre, che plàsmano e formano in Maria il Figlio, Iesous di Nazareth, che è la stessa Parola di Dio incarnata347 ed è l’Immagine splendente dell’uomo nuovo, dell’adàmo secondo il desiderio di Dio, a Sua immagine.348 È decisivo però che, nel “silenzio di ascolto” della preghiera, ciò che è avvenuto storicamente in Maria, avvenga misticamente anche in noi, perché anche di tutti noi sta scritto: “Beati coloro che ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica.”349 Se la Parola di Dio, come il seme sparso dal seminatore, giace abbondante sopra la terra del nostro cuore, ed il cuore si apre come la terra, quando è bagnato dalla pioggia dello Spirito di Dio, allora la Parola di Dio diventerà carne anche in noi, carne e sangue nostro, fino a poter dire: “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me.”350 Lo Spirito di Dio e la Parola di Dio formeranno anche in noi l’uomo nuovo, ad Immagine di Dio: il Cristo in noi, Immagine del Padre: “Ad immagine del Santo, che vi ha chiamati, diventate santi anche voi in tutta la vostra condotta, poiché sta scritto351: - Voi sarete santi, perché Io sono Santo.”352 Proprio come è detto: “Porrò la Mia Parola nelle loro viscere, e sul loro cuore la scriverò.”353 “Darò loro un cuore echàd (= uno) e metterò dentro di loro uno spirito nuovo.”354 Ecco Miriam: interamente ricolma dello Spirito di santità che viene da Dio (“piena di grazia”), con il cuore interamente unificato nella libera e fedele adesione alla Parola di Dio, scritta sopra il suo cuore e penetrata fino alle sue viscere, nel suo “grembo”! Beati noi se sapremo, sia pure in minima parte, imitarLa! Infatti, “il seme caduto sulla terra buona sono coloro che, dopo aver ascoltato la Parola con cuore buono e perfetto, la custodiscono e producono frutto con la loro perseveranza.”355 Innestati come tralci sulla vite che è Cristo356, produrremo anche noi frutti in ogni “opera buona”357, in opere di pace e di giustizia.358 E beata l’umanità intera, se saprà, come Lei, “credere nell’adempimento delle parole del Signore”! L’adàmo, posto dal Signore “nel giardino di Eden affinché lo coltivasse e lo custodisse” 359, produrrà i fiori della bellezza ed i frutti della verità, in questo mondo e per la vita eterna. Gv 1, 14. Col 1, 15; 3, 9-10; Rm 8, 29; Gen 1, 26. 349 Lc 11, 27-28. 350 Gal 2, 20. 351 Lv 19, 2. 352 1Pt 1, 15-16. 353 Ger 31, 33. 354 Ez 11, 19. 355 Lc 8, 15; Lc 8, 8; Mt 13, 8.23; Mc 4, 8.20. 356 Gv 15, 1-8. 357 Col 1, 10. 358 Ef 5, 9; Gal 5, 22; Eb 12, 11; Gc 3, 18. 359 Gen 2, 15. 347 348


Perciò taci, carissimo, taci! Se saprai tacere del tutto, Dio ti offrirà più doni di quanto desideri. Bene cantano gli angeli: ma io so che il tuo canto, se fai perfetto silenzio, risuona meglio per l’Altissimo.360

“L’annunciazione” del Beato Angelico nel Convento di S. Marco a Firenze

360

Sal 65, 2; Angelo della Slesia – “Il pellegrino cherubico” II, 8. 32.


LA QUIETE Da te viene l’inquietudine. Nulla è ciò che ti muove: sei proprio tu la ruota che da sé stessa gira e non ha pace.361 Crei da te la tua inquietudine. Né creatura né Dio può portarti all’inquietudine: tu stesso t’inquieti (o stoltezza!) per le cose.362 Aristotele afferma, dei malvagi, che “la loro anima è in lite con sé stessa, e una cosa la trascina da una parte e una dall'altra”. E S. Agostino dice nelle “Confessioni”: “Hai stabilito, o Signore, e così è, che l'animo disordinato sia pena a sé stesso”. Perciò, la quiete interiore comincia necessariamente con l'ordinato governo delle proprie passioni. La tranquillitas ànimi (= serenità dell'anima) e la pulchritùdo (= bellezza interiore) scaturiscono anzitutto dal fatto che una persona non si lascia “trascinare” dalle proprie passioni istintuali (= desideri e ripugnanze; piaceri e sofferenze; speranze e disperazioni; paure e audacia; ira) bensì le guida e le governa con la sua volontà, indirizzandone liberamente la naturale energia verso il fine buono indicato dalla sua intelligenza. Che cosa sono le passioni; quante e quali sono; in che modo agiscono in noi; e come esse ricevono la loro specificazione morale in rapporto alla ragione e alla libera volontà dell'essere umano: tutto questo è magistralmente descritto da S. Tommaso d'Aquino nel trattato “de passionibus” in S.Th. I-II, qq. 22-48. Laddove è anche detto che le virtù indispensabili per poter “governare” le proprie passioni sono le 4 fondamentali virtù “umane” di: -

361 362

prudenza giustizia fortezza temperanza

Angelo della Slesia, “Il pellegrino cherubico”, I, 37. Angelo della Slesia, “Il pellegrino cherubico”, II, 25.


LA PRUDENZA La prudenza363 è previdet ac providet (= pre-vedere al fine di pro-vedere). È l’arte “di discernere e decidere come disporre bene dei mezzi buoni in ordine ad un fine buono”. Si definisce prudente “colui che vede da lontano”, come l’aquila. Ovvero, colui che è capace di “allargare” la propria visuale nello spazio e nel tempo, al fine di essere, ad immagine e somiglianza di Dio, “provvidenza per sé e per gli altri”. ******* Per S. Tommaso d’Aquino, la prudenza è la prima delle quattro virtù (prudenza, giustizia, fortezza e temperanza) dette “cardinali” in quanto costituiscono il “cardine” delle altre. Sono cioè come i “cardini della porta” attorno ai quali “ruotano” tutte le altre virtù umane. La prudenza è la prima di esse e dunque è come il “cardine dei cardini”. In un atto veramente prudente, si raggiunge la felicità della vita attiva. “La felicità contemplativa è la visione completa della più alta verità; la felicità attiva, invece, è l’atto della prudenza, attraverso il quale una persona governa sé stessa ed altri.”364 La prudenza, come tutte le virtù morali, è tutt’altro che “naturale” e “spontanea” nell’essere umano. Ha bisogno, invece, di essere “coltivata” e formata in noi ex doctrina et experimento cioè attraverso lo studio teorico e l’esperienza pratica delle cose umane. Essa non si perde certo per dimenticanza, ma può facilmente corrompersi a causa delle passioni, soprattutto le distrazioni dovute al vizio di lussuria ed i miraggi suscitati dalla bramosia di potere e dall’avidità di denaro. ******* La prudenza è una virtù sia intellettuale sia morale e fa quasi da cerniera (da “cardine”, appunto) fra la teoria e la pratica, ovvero fra la conoscenza teorica delle cose e l’azione pratica su di esse, fra il conoscere la realtà ed il trasformarla. Essa ha, quindi, per così dire, due aspetti: -

uno di tipo conoscitivo (= conoscere la realtà: vedere la realtà così com’è; e valutarla per quella che è); l’altro di tipo imperativo (= decidere l’agibile, ossia scegliere il da farsi per trasformare la realtà stessa).

La prudenza opera, perciò, attraverso tre atti collegati e complementari: 1) vedere 363 364

Vedi anche pag. Virt. comm. 8; Ver. 14, 2.


2) valutare 3) decidere Per agire, ed agire bene, è necessario cioè: 1) vedere il meglio possibile come stanno realmente le cose, “dipingere il quadro della situazione”, cioè analizzare nella maniera più accurata possibile la situazione di fatto esistente, cercare di conoscere la realtà così com’è, e non come a me piacerebbe che fosse; 2) valutare ovvero giudicare moralmente ciò che si è visto, sulla base dei princìpi di giustizia; il giudizio è appunto “la retta determinazione di ciò che è giusto” e giudicare, in questo senso, significa vedere il mondo non più così com’è, ma come dovrebbe essere; significa opporre alla realtà l’utopia, opporre alla “forza d’inerzia” della storia di peccato (passata e presente) degli uomini la “forza di speranza” nel loro futuro; 3) decidere il da farsi, a partire da me, qui ed ora, affinché la realtà, vista e valutata, si avvicini quanto più possibile all’ideale sperato. Solo l’insieme, articolato e dinamico, di questi tre atti, costituisce la executio prudentiae ovvero l’atto prudente nel senso vero e compiuto dell’espressione, attraverso il quale “l’uomo governa sé stesso e gli altri” e raggiunge “la felicità della vita attiva”.

Si definisce prudente “colui che vede da lontano”, come l’aquila.


LA GIUSTIZIA La giustizia è unicuique suum (= a ciascuno il suo). È la virtù “per la quale una persona, con costante e perpetua volontà, attribuisce a ciascuno ciò che gli è dovuto”. Io sono “giusto” non solo quando rivendico giustamente qualcosa che mi è dovuto, ma quando mi impegno perché ognuno abbia ciò che gli è dovuto, anche andando contro i miei interessi individuali immediati … dove sarebbe, altrimenti, la virtù? “Per edificare una società veramente giusta, più che la astratta, pomposa, e spesso insincera, dichiarazione dei diritti dell’uomo, è importante la concreta e personale dichiarazione dei (miei) doveri verso l’essere umano.”365 Invero, l’esatto contrario della giustizia, secondo S. Tommaso d’Aquino, è la avidità (aviditas) o cupidigia (cupiditas) che è “il desiderio di accumulare sempre di più” (= appetitus inordinatus divitiarum): “l’avidità di denaro è la radice di tutti i mali.”366 Solo chi sa tenere sotto controllo il suo desiderio, potrà essere giusto nei confronti degli altri e cioè dare “a ciascuno il suo”: “L’anima a Dio, e la roba a chi spetta”. ******* Ma quale è il “suo” che è dovuto ad ogni essere umano? Come Dio è uno solo ma in tre Persone uguali e distinte, così anche l’umanità, fatta ad immagine e somiglianza di Dio, è una sola ma in molte persone uguali (nel senso che ognuna ha la stessa dignità ed è ugualmente necessaria all’insieme) e distinte (nel senso che ognuna ha una sua unicità, una sua irrinunciabile ed insostituibile diversità). L’umanità è una, come se fosse un unico corpo di un unico uomo, le cui varie membra sono ben distinte l’una dall’altra, ma ognuna ha la stessa dignità ed è ugualmente necessaria all’armonia del corpo, che scaturisce proprio dal coordinamento reciproco delle membra. L’umanità è una, come un vasto giardino con tanti fiori: tutti sono ugualmente fiori, hanno la stessa dignità, ma ogni fiore ha la sua specificità, la sua singolare bellezza, e l’armonia del giardino è data dall’unità nella diversità. Così ognuno, in quanto persona, ha un suo contributo, proprio ed insostituibile, da apportare alla società umana, conforme alla sua diversità; e tutti hanno bisogno gli uni degli altri per poter essere pienamente se stessi e pienamente umani.

365 366

Simone Weil, 1943. 1Tm 6, 10.


Perciò, il “suo” che è dovuto ad ogni essere umano è questo: “A tutti gli esseri umani spetta: -

a livello economico, una parte di beni materiali sufficienti a sé e alla propria famiglia;

-

a tutti i livelli (psicologico, giuridico, politico, culturale, etc.), di conseguire quella uguaglianza nella diversità che corrisponde alla natura stessa dell’essere umano”. *******

Io pratico dunque la virtù di giustizia quando mi impegno: 1) In negativo, a combattere qualsiasi forma di: -

diseguaglianza organica, strutturale e permanente (= classismo, sessismo, razzismo, etc.), perché l’umanità è una, e tutti gli esseri umani sono uguali per dignità;

-

forzata uniformità (= totalitarismo politico, omologazione culturale, etc.) perché l’umanità è plurale, e tutti gli esseri umani sono distinti avendo ognuno la sua unicità, la sua irrinunciabile ed insostituibile diversità.

2) In positivo, a far sì che ogni persona umana abbia il “suo” che gli è dovuto. ******* “Se togliamo il fondamento della giustizia, che cosa diventano gli Stati se non delle grandi associazioni a delinquere?”367

367

S. Agostino, “De civitate Dei” 4, 4.


LA FORTEZZA La fortezza è sustìnere et aggrèdi (= sopportare ed attaccare), laddove “sopportare” non è passività o rassegnazione, e “attaccare” non è aggressività o violenza. Per la precisione, la fortezza è la virtù che regola secondo ragione e mantiene sotto il controllo della libera volontà le due opposte passioni istintive di audacia (il “coraggio”) e timore (la “paura”). E perciò, i due atti propri della virtù di fortezza sono, per così dire, “la difesa e l'attacco”, “la resistenza e l'assalto”, ovvero come detto: -

sustìnere (= sopportare il male, dominando il timore) aggrèdi (= attaccare il male, moderando l'audacia)

Il grande Giotto, nella Cappella degli Scrovegni a Padova, raffigura la Fortezza come una donna molto robusta, vestita con una pelle di leone, che tiene con la sinistra uno scudo (= il sustìnere) e con la destra una mazza di ferro (= l’aggrèdi). ******* Si comprende perciò facilmente che le “debolezze”, cioè i vizi contrari alla virtù di fortezza, sono: 1) la viltà (= eccesso di timore = difetto di audacia) 2) la spavalderia (= difetto di timore) 3) la temerarietà (= eccesso di audacia) ******* Sustìnere et aggrèdi camminano insieme. Fra i due, però, sustìnere è il principale: l'atto principale della fortezza non è aggredire, ma resistere cioè restare fermi nei pericoli. E questo perché è più difficile reprimere la paura che frenare l'audacia. Ne consegue che l'atto supremo, e per così dire emblematico, della virtù di fortezza è il martirio: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici.”368 ******* Dal punto di vista specificamente cristiano, i due atti propri della virtù di fortezza coincidono esattamente con le due beatitudini della giustizia369:

368 369

Gv 15, 13. Mt 5, 6.10.


1) “Beati i perseguitati a causa della giustizia, perché di essi è il Regno dei Cieli” (= l’atto di sustìnere il male, interiore ed esteriore). 2) “Beati gli affamati e assetati di giustizia, perché essi saranno saziati” (= l’atto di aggrèdi il male, in particolare l’ingiustizia, in sé stessi e nella società). La fortezza specificamente “cristiana” è dunque la “forza” dello Spirito Santo, che ci viene dal Padre, per mezzo del Figlio, per sostenere ed aggredire il male del mondo, mettendo in pratica le due beatitudini della giustizia. Ciò corrisponde anche alle ultime due invocazioni del Pater: Padre nostro, che sei nei cieli… 1) non abbandonarci alla tentazione (= dònaci la fortezza di sustìnere le persecuzioni e le seduzioni del Nemico, che è omicida e menzognero); 2) ma liberaci dal Male (= dònaci la fortezza per aggrèdi il Male del mondo, dentro e fuori di noi stessi). ******* S. Tommaso d’Aquino definisce con precisione anche tutte le “parti integranti” della fortezza ovvero tutte le diverse componenti della “forza interiore” di una persona. Fra queste, anche per i molti equivoci cui essa è sottoposta, ci limiteremo qui a dire della virtù di pazienza. La pazienza non ha a che fare con l'ira (che riguarda invece la virtù di mitezza) bensì con la passione istintiva di tristìtia (= tristezza, dolore, sofferenza) ovvero con il “dis-piacere” che è causato spontaneamente in noi dalle avversità e dalle delusioni della vita. La pazienza (hypo-moné) è propriamente la fortezza in quanto fa sop-portare (= portare sopra di sé = sustìnere con la volontà) le sofferenze e le sconfitte inevitabili nella vita, senza per questo rinunciare alla propria vocazione. Ne frangàtur ànimus per tristìtiam et dècidat a sua magnitùdine: perché l'animo non si spezzi a causa della tristezza, e così venga meno alla sua grandezza. “È meglio la pazienza che la forza di un eroe: chi domina sé stesso vale più di chi conquista una città.”370 “Si dicono pazienti coloro che preferiscono sopportare il male senza commetterlo, piuttosto che commetterlo per non volerlo sopportare.”371 *******

370 371

Prv 16, 32. S. Agostino.


Essere pazienti non vuol dire dunque “non arrabbiarsi” e nemmeno “sopportare passivamente qualsiasi cosa con fatalistica rassegnazione”. Vuol dire invece “non lasciarsi intristire ed abbattere” dalle avversità, non perdere la propria gioia e serenità interiore a causa delle ferite che inevitabilmente ci procurano “il mondo” e il suo “prìncipe” menzognero e omicida, quando noi vogliamo “cercare anzitutto il Regno di Dio e la sua giustizia” e contribuire alla costruzione dell'edificio dello shalòm. Il simbolo della pazienza è la colonna, che stat immòta: semplicemente, sta immobile, non viene meno, e continua a “sostenere”, per la sua parte, l'edificio, nonostante tutte le possibili circostanze.

Giotto - “La fortezza”, Cappella degli Scrovegni a Padova


LA TEMPERANZA La temperanza è regnare su di sé. “Fra colui che, in battaglia, ha vinto mille migliaia di guerrieri e colui che ha vinto sé stesso, è quest’ultimo il più gran vincitore” (Buddha). S. Tommaso d’Aquino dice che la in-temperanza è un vizio “puerile”: l’intemperante è come un pùer, un bambino, che sentendo il bisogno di fare la pipì e la cacca … se le fa addosso, e basta! La temperanza, al contrario, corrisponde a ciò che gli inglesi chiamano self-control (= autocontrollo) ovvero la capacità di gestire le proprie pulsioni istintive immediate, il dominio di sé. La temperanza è proprio questo: la saggezza ordinatrice di sé stessi; la forza razionale, applicata a sé stessi, che consente di costruire e mantenere, volontariamente, la bellezza del proprio equilibrio interiore. Essa è dunque una virtù di moderazione, di ordine. Non è “repressiva” perché non contrasta le inclinazioni della natura umana, bensì le asseconda, ma consente di “regolare” e quindi di “guidare” le passioni, in modo da utilizzare nel modo migliore la loro naturale energia istintiva. ******* Così, per fare gli esempi più semplici, è del tutto naturale che si senta l’esigenza di mangiare (e perciò è un “diritto” che tutti devono poter soddisfare). Però, una persona ragionevole eviterà possibilmente sia di “abboffarsi” (cioè mangiare in maniera quantitativamente eccessiva; o mangiare cibi di qualità scadente e dunque dannosi e poco nutrienti) sia di “astenersi” dal cibo fino al punto di danneggiare la propria salute. È del tutto naturale che si desideri bere. Ma ciò non vuol dire che si debba bere acqua sporca, o in quantità insufficiente/eccessiva per le esigenze del proprio organismo, oppure ubriacarsi ... È del tutto naturale che si provi attrazione fisica verso l’altro sesso. Ma ciò non vuol dire che si possa, o si debba, “saltare addosso” a tutti gli individui sessualmente attraenti che si incontrano per strada … In generale, una persona intelligente e libera cercherà di soddisfare nel modo migliore e più umano possibile, cioè in modo ragionevole e volontario, le esigenze della natura. Comportandosi così in maniera “temperata”, otterrà di mantenere il proprio corpo il più possibile integro ed in buona salute, e dunque anche di poter “fare bene” le opere “buone”.


S. Tommaso argomenta perciò372 che la temperanza riguarda soprattutto i desideri ed i piaceri sensibili e che i due vizi opposti alla temperanza sono: -

da una parte, la in-temperanza (cioè eccedere nei piaceri sensibili); d’altra parte, la in-sensibilità (cioè rifiutare il piacere in quanto tale). *******

Si comprende dunque che, benché sia solo l’ultima (in ordine di importanza assoluta) fra le quattro virtù, la temperanza è la virtù per così dire più “basilare”, più “elementare”, più universalmente umana, perché indispensabile per regolare, puramente e semplicemente, le necessità della presente vita fisica, anche a prescindere da qualsiasi fede religiosa. Tommaso dice infatti che la temperanza è, in un certo senso, la più “naturale” delle virtù, perché riguarda da vicino proprio le azioni più “naturali” dell’uomo (e degli altri animali), cioè quelle che la natura ha predisposto per la conservazione dell’individuo (attraverso il mangiare e il bere) e la conservazione della specie (attraverso la congiunzione tra maschio e femmina), ed alle quali pertanto ha associato il desiderio più veemente ed il piacere più immediatamente sensibile. ******* In generale, però, la temperanza è la virtù che ha il compito di regolare secondo ragione e mantenere sotto il controllo della libera volontà le varie passioni umane (ad eccezione di quelle di “timore e audacia”, che competono invece alla virtù di fortezza) e cioè: desideri e ripugnanze; piaceri e sofferenze; speranze e disperazioni; ira. “Un atleta è temperante in tutto.”373 Però, fra tutte le “parti della temperanza”, che S. Tommaso elenca374 ed analizza con la consueta accuratezza, ve ne sono due particolarmente importanti, delle quali abbiamo già scritto: 1) l’umiltà (humìlitas) 2) la mitezza (mansuetùdo) Il Vangelo di Matteo indica in Iesous stesso il modello della realizzazione personale, particolarmente, di queste due virtù congiunte: “Imparate da Me, che sono mite ed umile di cuore.”375 ******* S.Th. II-II, qq.141-142. 1 Cor 9, 25. 374 S.Th. II-II, q.143. 375 Mt 11, 29. 372 373


Una qualche forma di temperanza è stata sempre ritenuta necessaria, si può dire, in ogni epoca ed in ogni cultura umana. In definitiva, solo l’uomo contemporaneo, nel quale la costitutiva puerilità del vizio di intemperanza è eccitata dalla continua pubblicità di prodotti di rapido consumo, ha potuto pensare una cosa del genere: che la semplice esistenza di un desiderio, in un certo momento, costituisce di per sé una ragione sufficiente per esigerne la soddisfazione il più immediatamente possibile. Così, l’uomo della società “avanzata” (cioè del capitalismo consumistico) è spesso come il pùer che, sentendo il “bisogno” di fare la pipì … se la fa addosso, e basta! E non solo agisce in modo puerile, ma addirittura elabora “teorie” che pretendono di “giustificare” tale puerilità, sostenendo che la soddisfazione rapida di qualsiasi bisogno costituirebbe un “diritto” dell’uomo! In verità, si nota qui fino a che punto le esigenze economiche dell’industria capitalistica (= vendere per realizzare profitti), e la conseguente pressione pubblicitaria esercitata sulla massa dei potenziali consumatori, abbiano distorto e sfigurato la stessa “immagine dell’uomo”, mirabilmente elaborata dal nostro classico umanesimo. Non è più la produzione e la equa distribuzione dei beni economici che viene pensata al servizio della crescita umana (di tutto l’uomo e di tutti gli uomini), ma è l’essere umano che viene pensato e plasmato come un ingranaggio al servizio della crescita della produzione cioè del profitto di pochi. È ovvio, infatti, che la temperanza è virtù anti-consumistica per eccellenza. La pratica della temperanza da parte della maggioranza degli uomini è del tutto incompatibile con il capitalismo consumistico. È invece del tutto coerente, ed anzi assolutamente indispensabile, ad una società giusta cioè autenticamente umana. E così pure, la assurda esaltazione spettacolare della violenza, del cinismo, dell’ambizione, della crudeltà più abietta376, al solo chiarissimo scopo di incrementare i profitti delle multinazionali che producono simili spettacoli, spinge verso una evidente degradazione dell’immaginario collettivo ed è un’altra delle forme di barbarie generate dal culto del diodenaro. Sì che evitare di guardarli è una semplice norma di igiene della mente ed una forma di legittima difesa del cuore. Altrimenti … altro che bellezza ed armonia del proprio equilibrio interiore! *******

Vedi la vomitevole immondizia delle “serie infinite” di “Trono di spade”, “Gomorra”, e tant’altra schifosa robaccia. 376


In conclusione, dunque: esercitare la virtù di temperanza, ed in particolare le virtù congiunte di umiltà e di mitezza, è oggi più che mai necessario. È anzi indispensabile, non solo nel nostro rapporto con Dio e con noi stessi, ma anche per risanare i nostri rapporti con gli altri esseri umani e con la natura. La sfrenatezza nel perseguire solo il massimo profitto individuale in economia, gli idoli del successo, del potere e del piacere egoistico, non possono condurre se non alla guerra permanente di tutti contro tutti, e alla dilapidazione forsennata delle risorse naturali. “Solo un limite può salvarci” (Heidegger): solo porre un ragionevole e volontario limite, anzitutto a noi stessi, può salvarci.

Giotto - “La temperanza”, Cappella degli Scrovegni a Padova


LA QUIETE IN DIO L’ordinato governo delle passioni, per mezzo delle 4 virtù, è il primo gradino della quiete interiore, in quanto genera ciò che gli antichi chiamavano apathèia. Apathèia non significa “diventare apàtici” nel senso di “spegnere” le proprie passioni, “non sentire più nulla”, rimanere “indifferenti” a tutto ciò che accade, “passare con un fiore in mano in mezzo alle sofferenze (degli altri?)” … questa sarebbe piuttosto “durezza di cuore”! Apathèia significa, invece, “non lasciarsi dominare dalle passioni”, non essere schiavi bensì signori di esse. Il fuoco delle passioni deve rimanere sempre acceso, ma per riscaldare non per bruciare la casa! Il cavallo non deve rimanere nella stalla, deve essere ben nutrito e ben addestrato, ma è il cavaliere che deve tenere le briglie, non il cavallo! Chi guida l’automobile non deve lasciar spegnere il motore, ma deve impugnare il volante e regolare la velocità, altrimenti l’auto andrà a sfasciarsi da qualche parte! Ciò è del tutto necessario, oggi come sempre, a non credenti e credenti in qual si voglia religione; e provvidenzialmente, anche se in misura purtroppo assai variabile nel tempo, ciò di fatto è accaduto e accade sempre. Se infatti l'umanità si fosse lasciata, anche solo per un momento della propria storia, completamente dominare dalle proprie passioni, si sarebbe invero già auto-distrutta! ******* Non di meno, il mono-teismo ha segnato, anche da questo punto di vista, un innegabile e fondamentale “passo in avanti” nella crescita morale dell'umanità. Il desiderio dei saggi antichi di mantenere serenamente bello e ordinato il proprio edificio interiore, allo scopo di vivere il meglio possibile in questo mondo, ha trovato nel Dio Uno il suo vero compimento, al di sopra di ogni attesa. Voi, chi siete? Io sono Re. E dove sta il vostro Regno? Sta nella mia anima, dove io tengo tutto ordinato: le passioni ubbidiscono alla ragione e la ragione ubbidisce a Dio.377 L'elemento specificamente mono-teista (ebraico, cristiano e islamico) è, in questo caso, il fatto che la ragione umana, nell'ordinare l'equilibrio interiore, prende come sua regola la Volontà stessa del Dio creatore e come suo fine l'incontro personale con Lui e con i propri fratelli in umanità, e ciò non solo per questo mondo ma per la vita eterna.

377

Giovanni Taulero.


Più ancora, il mono-teismo rende possibile pensare l'incontro con Dio come un incontro d'amore, con tutto ciò che è proprio di un amore coniugale, e tutta la storia umana come una storia d'amore fra il Dio Unico e l'intera umanità. “L'opposizione fondamentale … tra il pensiero ebraico e il pensiero greco … è l'assenza, presso i greci, e la presenza, presso gli ebrei, del tema della coniugalità fra Dio e gli esseri umani: Dio è lo Sposo, di cui Israele, e in ultima analisi l'intera umanità, è la sposa. E tutta la storia umana è il risultato degli sforzi congiunti della sposa e dello Sposo … è un camminare con Dio, in un rapporto di amore, verso un fine comune, da costruire insieme.”378 Così, la storia umana può essere considerata, dal punto di vista biblico, come il tempo in cui lo Sposo (Dio) e la Sposa (l’umanità) costruiscono insieme, nel giardino del cosmo, la dimora in cui andranno ad abitare e a vivere per l’eternità.379 “Io camminerò con te e ti darò riposo.”380 Tutta la saggezza umana ordinatrice di sé stessi, e tutte le umane virtù intellettuali e morali, non sono certo contraddette ma anzi presupposte e perfezionate dal rapporto d'amore con Dio. E questa relazione con Dio, a sua volta, illumina e guida le altre tre “relazioni costitutive” dell’essere umano e cioè: la relazione con gli altri; la relazione con la natura; la relazione con sé stessi e la propria storia. Retto uso non porta danno. Se dici che qualcosa ti trattiene dall’amare Dio, del mondo non fai ancora l’uso che è conveniente.381 La Volontà di Dio. Nulla da te Dio vuole, se non che in Lui riposi; fa' questo, e Lui farà per te ogni altra cosa.382

André Neher, “L'essenza del profetismo”, Ed. Marietti, 1984. Is 62, 5; Os 2, 21-22; Ap 19, 7-8; 20, 1-8. 380 Es 33, 14. 381 Angelo della Slesia - “Il pellegrino cherubico”, II, 34. 382 Angelo della Slesia - “Il pellegrino cherubico”, IV, 197. 378 379


L’ABBRACCIO DELLA TRINITA’ Iesous di Nazareth, nella pienezza dei tempi, viene a portare a compimento l’antico monoteismo ebraico ed a rivelarci la più grande delle meraviglie: non più soltanto “camminare con Dio” ma “camminare in Dio” … perché Dio è Trinità, Dio è Amore. “Dio è Amore. Chi vive nell'amore, vive in Dio e Dio vive in lui.”383 Iesous è venuto sulla terra “perché l'Amore con il quale (Tu, Padre) Mi hai amato, sia in essi ed Io in loro.”384 “Perché tutti siano una sola cosa; come Tu, Padre, sei in Me ed Io in Te, siano anch'essi una sola cosa in Noi.”385 “L'Amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato.”386 “Ed in realtà noi tutti siamo stati immersi (= battezzati) in un solo Spirito, per formare un solo Corpo.”387 “Voi siete il Corpo di Cristo e sue membra, ognuno per la sua parte.”388 ******* Dio è una Koinonìa cioè una comunione di amore fra Persone, eterno scambio e dialogo di amore fra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. I Padri greci parlano della pericòresi ovvero “il movimento della vita divina che, partendo dal Padre, si comunica al Figlio, per mezzo dello Spirito Santo, e ritorna al Padre in una circolazione eterna di amore.”389 È questo il dinamismo dell’Amore Divino, per cui le tre co-eterne Persone, uguali e distinte, sono Ognuna nelle Altre ed Ognuna verso le Altre, continuamente donate e continuamente accolte, Ognuna dalle Altre e le Altre da Ognuna. Se l’intera creazione, e l'intera storia degli uomini, è paragonabile ad un bambino che cresce nel grembo di Dio, ciò vuol dire che tutto ciò che esiste partecipa già per natura, in vario grado di intensità, alla Comunione trinitaria, che invisibilmente accoglie in Sé ed abbraccia l'universo. *******

1Gv 4, 16. Gv 17, 26. 385 Gv 17, 21. 386 Rom 5, 5; Gal 4, 4-6; Rom 8, 14-17. 387 1Cor 12, 13. 388 1Cor 12, 27. 389 Pavel Evdokimov. 383 384


La vita specificamente cristiana è la partecipazione per grazia, intelligentemente consapevole ed amorosamente libera, a questa Comunione trinitaria, come spiega magistralmente S. Tommaso d’Aquino: “Vi è un modo comune con il quale Dio è in tutte le cose: per essenza, potenza e presenza, come Causa nei suoi effetti, che partecipano della Sua bontà. Al di sopra però di questo modo comune, ve n’è un altro, specifico delle creature razionali, nelle quali Dio è presente come il Conosciuto è in chi conosce e l’Amato nell’amante (= sìcut cògnitum in cognoscènte et amàtum in amànte). E poiché, conoscendo ed amando, la creatura razionale con la sua operazione raggiunge Dio medesimo (perché Dio è la Verità ed è l’Amore), allora, secondo questo modo specifico, Dio non soltanto si dice essere nella creatura razionale, ma anche abitare in lei come in Suo tempio.”390 È questa la cosiddetta “in-abitazione trinitaria”, coinvolgente ed affascinante “sintesi dogmatica” di tutto il Vangelo. Dio Padre ci ha donato il suo Figlio unigènito ed il suo Santo Spirito, affinché per loro mezzo diventiamo “partécipi della natura divina.”391 Incorporandoci a Sé, come figli nel Figlio, Dio ci rende partécipi della Sua stessa vita: “Affinchè, sfuggendo alla corruzione che è nel mondo a causa delle passioni ingannatrici, diventiate partécipi della natura divina”392 , che è incorruttibile ed eterna. “L’umanità, per mezzo di Cristo, Verbo fatto carne, nello Spirito Santo ha accesso al Padre ed è resa partécipe della natura divina.”393 Iesous ha detto: “In quel giorno, voi saprete che Io sono nel Padre mio, e voi in Me, ed Io in voi.”394 Dio tutto intero (Uni-Trino) è allora interamente presente in noi, e noi tutti interi (còrpore et anima unus) interamente presenti in Dio. Il santo è perciò la persona deificata, divinizzata, perché accoglie tutto Dio, donando tutto sé stesso. ******* Proprio questa partecipazione per grazia, in quanto si esprime in forma dialogale (silenzio e parola), è la preghiera.

S. Th. I, q.43, art.3, co. 2Pt 1, 3-4. 392 2Pt 1, 4. 393 Concilio Vaticano II, “Dei Verbum”, n°2. 394 Gv 14, 20. 390 391


Dio stesso è preghiera, proprio perché è Trinità, cioè eterno scambio e dialogo di amore. Se noi lo vogliamo, Egli ci rende partécipi di questa preghiera che è Lui stesso. Pregare non è dire preghiere. Pregare è rotolare nel buio della Tua luce e lasciarci parlare e lasciarci tacere da Te. Pregare sei Tu che preghi Tu che respiri Tu che mi ami ed io mi lascio amare da Te. Pregare è un prato d’erba e Tu ci passi sopra.395 La preghiera è stare nella Trinità, amando e lasciandosi amare; accogliere con Amore il Padre che si rivolge a noi, figli nel Figlio, e volgere con lo stesso Amore il nostro cuore verso di Lui. “Dio mandò nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio, il quale grida: -Abbà, Padre!”396 Vive nell’acqua il pesce, le piante sulla terra, nell’aria va l'uccello, nel firmamento il sole, io nella Trinità come nel mio elemento.397 Quanto tu in Dio, tanto Egli in te. Quanto l’anima riposa in Dio, tanto Dio riposa in essa ...398 Non darmi nulla, Signore, non mi serve. Non Ti domanderò del pane o delle vesti o una buona salute, e nemmeno la gioia di Te. Ma solo un tavolo perché Tu possa sederti nelle sere d’inverno. Ti chiederò soltanto mani vuote, mani cave, mani calde: come un nido di uccello dove Tu possa riposare.

Adriana Zarri – “Il Figlio perduto: la Parola che viene dal Silenzio”, La Piccola Editrice, Viterbo, 1991. Gal 4, 6; Mc 14, 36; Rom 8, 15-17. 397 Angelo della Slesia, “Il pellegrino cherubico”, IV, 32. 398 Angelo della Slesia, “Il pellegrino cherubico”, I, 167. 395 396


E Tu busserai alla porta, viandante, ospite senza fretta, che siedi a mensa e che conversi nelle sere, lente, e che rimani, nelle lunghissime notti. E ci attenderai sulla soglia dell’alba, per ridonarci il mondo, nuovo, come nel primo giorno.399 ******* Quanto più l’anima naviga nel mare dell’Eterno, tanto meno navigabile e più vasto lo trova.400 “Ho trovato il mio cielo sulla terra, perché il cielo è Dio, e Dio è nella mia anima … Io sono Elisabetta della Trinità, cioè Elisabetta che scompare, che si perde, che si lascia invadere dai Tre ... Sento tanto amore attorno alla mia anima! È come un Oceano in cui mi getto e mi perdo... Egli è in me ed io in Lui. Non ho che da amarLo e da lasciarmi amare, ad ogni istante, in ogni cosa: svegliarmi nell'amore; muovermi nell'amore; addormentarmi nell'amore; con l'anima nella Sua anima, il cuore nel Suo cuore, gli occhi nei Suoi occhi ... Se sapesse come sono piena di Lui!”401 “Mi sembra che anche dopo la mia morte, in cielo, la mia missione sarà quella di attrarre le anime, aiutandole a uscire da sé stesse per aderire a Dio, con un movimento del tutto semplice e pieno di amore, e di custodirle in quel grande silenzio interiore che permette a Dio di imprimerSi in loro e di trasformarle in Lui stesso!”402 “Quando Dio sorride all'anima e l'anima sorride a Dio, le Persone della Trinità si generano (in noi).”403 Chi chiama dolce e amabile qualcosa del mondo, non conosce ancora la bellezza di Dio.404 “Come splende la neve, quando i raggi del sole la colorano, sfiorandola con la luce del cielo! Splende così la tua anima, è bianca come neve, se dall'alto la illumina l'aurora nascente!”405

Adriana Zarri – “Il Figlio perduto: la Parola che viene dal Silenzio”, La Piccola Editrice, Viterbo, 1991. Angelo della Slesia, “Il pellegrino cherubico”, V, 338. 401 S. Elisabetta della Trinità - Lettera dell'agosto 1903, al canonico Angles. 402 S. Elisabetta della Trinità - Lettera del 28 ottobre 1906. 403 Meister Eckhart. 404 Angelo della Slesia, “Il pellegrino cherubico”, I, 117. 405 Angelo della Slesia, “Il pellegrino cherubico”, IV, 16. 399 400


LE TRE FORME DELLA PREGHIERA Gli Apostoli ed i Padri, alla scuola dei Salmi, del Cantico dei Cantici e di Iesous stesso406, nella lettura e nella “ruminazione” delle Sacre Pagine407, hanno compreso e sperimentato che esistono tre forme principali di preghiera, cioè tre “modi” di questo “stare” amoroso nella Trinità. La prima forma è la richiesta incessante di perdono, per i peccati propri e dell'intera umanità, ed il pianto per le sofferenze che continuamente questi peccati producono nel “corpo” del mondo. La seconda forma è la preghiera di domanda: -

per sé stessi408 e per gli altri409 (= inter-cessione, per i vivi e per i morti)

La preghiera di domanda non è altro che, senza schemi e senza auto-censure, “l'espressione dei pensieri, delle aspirazioni, dei desideri, dei timori, dell'uomo davanti a Dio”410 affinché il Padre li illumini con la Sua Luce411 e vi provveda con la forza del Suo Spirito.412 “Facciamo così: nessuna ricercatezza nelle nostre preghiere, semplicità assoluta: domandiamo ciò che il nostro cuore desidera, senza perdere il nostro tempo a domandarci se non faremmo meglio a chiedere qualche altra cosa. Senza ricercatezza, con tutta semplicità, domandiamo quello che desideriamo e poi aggiungiamo, come Iesous: - Tuttavia, non quello che voglio io, ma quello che vuoi Tu.”413 La terza forma è la preghiera di benedizione, cioè di ringraziamento e di lode a Dio per tutti i doni, naturali e sovra-naturali, che Egli continuamente ci largisce.414 Più ancora, bisogna ringraziare per il tutto, cioè l'intero cosmo/universo esistente, di cui anche noi siamo parte, e di cui Egli è l'autore primo ed il perfezionatore ultimo. Bisogna ringraziare per il tutto. Se ancora ringrazi Dio, uomo, solo per questo o per quello, ancora non sei libero dai vincoli della tua debolezza.415

Lc 11, 1-4; Mt 6, 9-13. Ez 3, 1-3. 408 Vedi Mc 1, 40; 3, 10; 5, 25-29; 10, 17.35.47; 12, 28; 13, 4; 14, 19; 16, 3; vedi anche: 14, 32-35; 15, 34. 409 Vedi Gen 18, 17-33; Es 32, 7-14.30-34; Mc 1, 30.32; 2, 3-5; 4, 38; 5, 22-23; 6, 53-56; 7, 24-26.32; 8, 22; 9, 22-24; 10, 13. 410 Elia Kopciowski - Ascolta, Israele - Ed. Paoline, 1983. 411 Vedi Mc 5, 30-34; 10, 18-22. 36-45. 51-52; Mc 2, 6-12; 4, 39-41; 7, 27-30; 8, 23-26; vedi anche: Mc 14, 36. 412 Vedi Mc 16, 4; 14, 37-38. 413 P. Charles de Foucauld. Vedi Mt 26, 39. 414 Mt 11, 25-26; 26, 26-27. 415 Angelo della Slesia - “Il pellegrino cherubico”, I, 91. 406 407


LE CAREZZE DI DIO Il Padre continuamente viene a cercarci416, con il Suo Santo Spirito (che è Amore) e la Sua Verità (che è Cristo) e, con queste “due mani”417, ci abbraccia e ci solleva verso di Sé, come una madre solleva il suo bambino verso la guancia.418 Chi, in sé, sopra di sé, sa camminare in Dio, prega davvero Dio in Spirito e Verità.419 Vi sono dei momenti particolarmente intensi420, e questo è il grado più alto della contemplazione, in cui la persona tutta intera (corpo, mente, affettività) prende coscienza ed avverte quasi sensibilmente di essere separata solo da un tenuissimo velo (e solo la morte del corpo toglierà anche quello!) da tale abbraccio trinitario dell'Amato. Sono venuto nel mio giardino, sorella mia sposa, e raccolgo la mia mirra e il mio bàlsamo, mangio il mio favo e il mio miele, bevo il mio vino e il mio latte.421 Si, le Tue tenerezze sono più dolci del vino ... ben a ragione Ti amano.422 In noi, allora, sia pure solo per un tempo limitato ed in modo parziale, ha termine l’esilio: nel giardino del Cantico dei Cantici ritroviamo il giardino dell’Eden: la sposa accorre al bacio dello Sposo.423 “Chi si unisce al Signore, forma con Lui un solo spirito.”424 ******* La resurrezione è avvenuta, nel tuo spirito, quando dai tuoi peccati ti sei liberato. Se sopra te ti innalzi, lasciando agire Dio, allora nel tuo spirito avviene l'ascensione.425 Os 6, 3; 10, 12. Gv 4, 23. 418 Sal 131; Os 11, 4; 14, 5-10. 419 Angelo della Slesia - “Il pellegrino cherubico”, II, 39. 420 Mc 9, 1; Mt 16, 28; Lc 9, 27. 421 Ct 5, 1. 422 Ct 1, 2.4. 423 Ct 2, 11-14. 424 1Cor 6, 17. 425 Angelo della Slesia - “Il pellegrino cherubico”, IV, 55-56. 416 417


“Ci sono persone che immaginano di elevare la loro anima come un uomo che salti continuamente a piedi uniti, nella speranza che, a forza di saltare sempre più in alto, un giorno, invece di ricadere, riuscirà a salire fino in cielo. Ma, mentre è tutto preso da questi tentativi, egli non può guardare il cielo. In realtà, noi non possiamo fare nemmeno un passo verso il cielo: la direzione verticale ci è preclusa. Ma se guardiamo a lungo il cielo, Dio discende e ci rapisce. E ci rapisce facilmente perché, come dice Eschilo, ciò che è divino è senza sforzo … Una delle verità capitali del cristianesimo, oggi misconosciuta da tutti, è che la salvezza sta nello sguardo. Il Figlio dell'uomo, come il serpente di bronzo426 nel deserto, è stato innalzato affinché gli uomini, che giàcciono mutilati al fondo della degradazione, Lo guàrdino e siano salvati.”427 Laddove “guardare” significa “attendere desiderando con amore”: è l'intènsum desidèrium consecutiòne Amàti (= l’intenso desiderio di unirsi all’Amato) di cui magistralmente ci parla S. Tommaso d’Aquino, sulla scia peraltro di S. Paolo stesso, che definisce cristiano chi “attende con amore la Sua manifestazione”428: alla fine del mondo, certo; ma anche, già ora e qui, in interiòre hòmini.

Aniello Falcone – “Mosè innalza il serpente di bronzo”, affresco in Villa Roomer alla Barra di Napoli

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Gv 3, 13-15; Nm 21, 4-9. Simone Weil – “Forme dell’amore implicito di Dio”. 428 2Tm 4, 8. 426 427


“Il profeta Ezechiele parla dei 4 esseri viventi, aggiogati al carro del Signore, e dice che avevano innumerevoli occhi.429 Allo stesso modo, l'anima che cerca Dio - ma che dico? - l'anima che è cercata da Dio, è ormai tutto occhio.”430 ******* Anche tu, dunque, mio caro Timòteo, rinvigorìto nel cammino verso le mistiche visioni,431 lascia da parte le sensazioni e le attività intellettuali, le cose sensibili e quelle intellegibili, tutto ciò che non è e che è.432 E, per quanto puoi, senza più nulla conoscere, abbandònati all'unione433 con Colui434 che è al di sopra di ogni essenza e di ogni conoscenza.435 Nel puro abbandono, assoluto e senza misura, della tua anima436 al raggio sovra-essenziale della divina tenebra,437 lascia tutto e, sciolto da tutto, làsciati portare verso l'alto.438 ******* Giunti in questo Luogo, non c’è più sentiero … rimane solo la cognitio Dei experimentalis, cioè la conoscenza di Dio per esperienza diretta di amore e di unione. Ci troviamo “all’orizzonte dell’eternità”, dove possiamo “gustare il sapore” di quel “pane” che Iesous di Nazareth, nel “Padre nostro”, chiama epi-ousion (= sopra-sostanziale): “Padre nostro, che sei nei cieli, … dacci oggi il nostro pane sovra-sostanziale”, che è poi puramente e semplicemente Dio stesso.439

Ez 1, 18; 10, 12-15; Ap 4, 6-8. Pseudo-Macario, Omelie (Coll. II) 33, 1-2. 431 1Re 19, 8; Mc 9, 2. 432 Mc 10, 28-30. 433 Mc 8, 34-37. 434 Dt 6, 4-5; 1Gv 4, 16. 435 1Tm 6, 15-16. 436 Lc 23, 46; Sal 31, 6; At 7, 59. 437 Es 20, 21; Mc 9, 7. 438 Pseudo Dionigi Areopagìta, secolo V dC – “Teologia mistica”, I,1. 439 Mc 14, 22; Gv 6, 30-35.48-58; 8, 58; Pr 9, 1-6. 429 430


Il Dio UniTrino, che Iesous di Nazareth ci ha rivelato440, nel momento in cui “è più intimo a me di me stesso” è anche “più grande di ciò che io posso pensare di più grande”. “Trascende la stessa opposizione fra il trascendente e l’immanente, essendo al di là di ogni affermazione e di ogni negazione … al di là stesso dell’in-conoscenza.”441 “Quanto più alziamo lo sguardo verso l'alto, tanto più i discorsi vengono contratti dalla contemplazione delle realtà intellegibili. Così pure, nel momento in cui penetriamo nella tenebra superiore all'intelligenza, noi troviamo non più discorsi seppur brevi, ma la totale assenza di parole e di pensieri ... Elevandosi dal basso verso la sfera superiore, il discorso si contrae in proporzione all'ascesa e, dopo averla compiuta, diventa completamente muto, per unirsi interamente all'inesprimibile.”442 “Preghiamo per trovarci anche noi in questa tenebra più-che-risplendente e, per mezzo della cecità e dell'ignoranza, vedere e conoscere Colui che è al di sopra di ogni visione e di ogni conoscenza ... in modo da conoscere senza veli quell'ignoranza, (ordinariamente) velata da tutte le cose conoscibili in tutti gli esseri, e da vedere quella tenebra sovra-essenziale, (ordinariamente) oscurata da tutte le luci presenti in tutti gli esseri. Proprio questo non-vedere e non-conoscere è la vera visione e la vera conoscenza: lodare Colui che è sovra-essenziale in modo sovra-essenziale, cioè togliendo (= portando via, sottraendo, ex-traendo) tutte le cose esistenti, come coloro che modellano (estraendola da un blocco di marmo) una bella statua, di per sé tòlgono da essa443 tutte le cose che vi si sovrappongono e che impediscono la pura visione di ciò che è nascosto, e solo grazie a questo processo di sottrazione possono manifestarne la occulta bellezza.”444 ******* O Trinità sovra-sostanziale e più-che-Divina e più-che-Buona, custode della conoscenza di Dio propria dei cristiani, guìdaci verso l’altissima Vetta, più-che-nascosta e più-che-splendente, di cui parlano le Scritture445, là dove i semplici, assoluti ed immutabili misteri della conoscenza di Dio Gv 1, 18. Vladimir Lossky – “A immagine e somiglianza di Dio”, EDB, Bologna, 1999. 442 Pseudo Dionigi Areopagìta – “Teologia mistica”, III. 443 Gv 1, 29. 444 Pseudo Dionigi Areopagìta – “Teologia mistica”, II. 445 Mc 9, 1-8; Es 24, 15-18; 1Re 19, 8-14. 440 441


si nascondono nella più-che-splendente tenebra446 del silenzio che istruisce in segreto,447 in Ciò che è oscurissimo e più-che-manifesto e più-che-splendente, e in Cui ogni cosa prende luce, e che fa traboccare di invisibili beni di supremo splendore le intelligenze prive di vista.448

Lo Pseudo-Dionigi Areopagìta Teologo e mistico anonimo del VI secolo dC che firma i sui scritti col nome di Dionigi (At 17, 32-34)

1Tm 6, 16. 1Re 19, 12-13. 448 Pseudo Dionigi Areopagìta – “Teologia mistica”, I,1. 446 447


SPERARE DIO PER AMORE Le “carezze” di Dio ci sono date quando e come Lui vuole, a volte anche una sola volta nella vita449, ma sono sufficienti a farci impazzire di amore nella Trinità ed a farci conoscere, cioè farci comprendere per esperienza affettiva ed operativa di unione (cognitio Dei experimentalis), che non c'è nulla di paragonabile a Lei. Noi non dobbiamo pretendere da Dio questi momenti, né dobbiamo presumere che ci vengano dati perché Egli si è lasciato “catturare” nel laccio abile delle nostre più o meno perfezionate tecniche di orazione. Egli rimane “il Signore” anche rispetto alla nostra preghiera, e dunque sovranamente libero, per quanto perdutamente innamorato di noi.450 La sposa del Cantico, varie volte e in diversi modi, si sente “abbandonata” dall'Amato e si mette alla “ricerca” di Lui, per “trovarlo” di nuovo.451 “Riguardo all'amore che Iesous ha per noi, Egli ce lo ha provato abbastanza perché noi ci crediamo anche senza sentirlo. Sentire che Lo amiamo e che Egli ci ama, sarebbe il Cielo: ed il Cielo non è, salvo rari momenti e rare eccezioni, per quaggiù.”452 Noi dobbiamo solo (ed è, già questo, un dono grande dello Spirito!) tenere aperte le nostre porte, rimanere costantemente vigili ed amorosamente attenti, attraverso la lettura la meditazione e la preghiera, al Suo passo che viene.453 Questo atteggiamento di amorosa attenzione non è altro, in definitiva, che la pratica quotidiana della virtù teologale di Speranza e … “Ha nulla a che fare con l’attività. La parola greca che meglio lo esprime è hypo-moné … È la costante attesa, l’immobilità vigile e fedele, che dura all’infinito e nessun evento può scuotere. Il servo che sta in ascolto vicino alla porta, per aprire non appena il padrone bussa, ne è l’immagine migliore.454 Egli deve essere pronto a morire di fame e di sfinimento anziché mutare atteggiamento. Bisogna che i suoi compagni possano chiamarlo, parlargli, picchiarlo, senza che egli nemmeno volga la testa. Anche se gli dicono che il padrone è morto, e anche se egli ci crederà, rimarrà immobile. Se gli dicono che il padrone è irritato contro di lui, e che al suo ritorno lo picchierà, anche se lo crede, rimarrà immobile.”455 Il resto lo farà Colui che viene. Alla fine, “solo Dio resta e solo Dio basta.”456 2Pt 1, 16-18; 2Cor 12, 1-5. Ct 4, 9. 451 Ct 3, 1-5; 5, 6-8; 6, 1; 7, 12-14; 8, 1-4. 452 P. Charles de Foucauld. 453 Ct 2, 8-14; 5, 2; Ap 3, 20; 22, 17.20. 454 Mc 13, 33-37; Lc 12, 35-38; Pr 8, 34. 455 Simone Weil – “Forme dell’amore implicito di Dio”. 456 Ct 2, 16; 6, 3; 7, 11; Mc 9, 8. 449 450


L'anima sta in piedi con la ragione, avanza col desiderio, parla con la preghiera, va in porto con la costanza.457 Spesso Ti prego, Dio, chiedendo i Tuoi doni, ma sappi che, assai più, vorrei Te proprio avere. Dammi quel che vuoi, sia pur la vita eterna, ma nulla mi avrai dato, se non sarà Te stesso.458 ******* I nomi dei due amanti che ricorrono nel Cantico dei Cantici (e che rappresentano Dio e Israele, Cristo e la Chiesa, Dio e l’anima) fanno entrambi riferimento alla parola ebraica shalòm (= pace, compimento, piena realizzazione): -

Shlòmo (= Salomòne, Solimàno)459 significa “pacifico, che procura pace”;

-

Sulammìta 460 significa “pacificata, che ha trovato pace”.

E non è proprio questo donare/ricevere shalòm il senso stesso della nostra vita? “Con l’aiuto dello Spirito Santo che abita in noi, custodisci con cura ciò che ti è stato affidato. Evita le chiacchiere contrarie alla fede e le obiezioni che vengono da una falsa conoscenza … fino alla manifestazione del Signore nostro Iesous Cristo.”461

Angelo della Slesia-Il pellegrino cherubico, III, 211. Angelo della Slesia, “Il pellegrino cherubico”, IV, 30. 459 Ct 1, 1; 3,7.9.11. 460 Ct 7,1; 8, 10. 461 1Tm 6, 20. 14; 2 Tm 1, 14. 457 458


MISTICI COI PIEDI PER TERRA “Quanto più l’esperienza mistica ci eleva verso Dio, tanto più veniamo da Lui ricondotti all'amore concreto verso tutti i poveri.”462 Esiste sempre il rischio di cadere in uno pseudo-misticismo astratto, individualistico ed aristocratico, in uno “spiritualismo senza incarnazione” … che non è cristiano! Maria di Nazareth ricevette dall’angelo l’annuncio che sarebbe diventata la Madre di Dio stesso.463 E subito dopo … ancorché fosse incinta e dovesse percorrere un lungo cammino a piedi, si recò a fare i servizi di casa alla sua parente Elisabetta464, anche lei incinta e più anziana. Gli apostoli Pietro, Giacomo e Giovanni furono condotti da Iesous sul monte Tabor laddove ebbero la straordinaria esperienza mistica di vedere il Signore trasfigurato.465 Ma subito dopo … furono ricondotti da Iesous stesso in mezzo alla folla ed ai suoi problemi466, molti dei quali, peraltro, non si possono risolvere “in alcun modo, se non con la preghiera.”467 S. Paolo venne rapito in èstasi fino al terzo cielo.468 E subito dopo … organizzò una colletta presso le comunità della Macedonia e dell'Acàia a favore dei poveri della comunità di Gerusalemme469, e quella colletta era per lui un “servizio liturgico”470 affinché vi fosse isotes (= eguaglianza, equità). ******* “I figli di Dio non devono avere quaggiù altra patria se non l’universo stesso, con la totalità delle creature che esso ha compreso, comprende e comprenderà: questa è la città natale che ha diritto al nostro amore … Il nostro amore deve avere la stessa estensione attraverso tutto lo spazio, e deve essere uguale in tutte le porzioni dello spazio, come la luce del sole. Iesous ci ha prescritto di raggiungere la perfezione del nostro Padre celeste, imitando questa distribuzione indiscriminata della luce471. E allo stesso modo, anche la nostra intelligenza deve possedere questa completa imparzialità.

Papa Francesco – Laudato sii, n°49. Lc 1, 26-38. 464 Lc 1, 39-56. 465 Mc 9, 1-13. 466 Mc 9, 14-29. 467 Mc 9, 29. 468 2Cor 12, 1-5. 469 2Cor 8-9. 470 2 Cor 9, 12. 471 Mt 5, 43-48. 462 463


Tutto ciò che esiste è sorretto in ugual misura dall’amore creatore di Dio. Gli amici di Dio devono amarLo al punto da confondere il loro amore con il Suo verso le cose di quaggiù. Quando un’anima è pervenuta a un amore che pervade con la stessa intensità tutto l’universo, questo amore diventa il pulcino dalle ali d’oro che spezza il guscio del mondo. Da questo istante, essa ama l’universo non dall’interno ma dall’esterno, dal luogo in cui risiede la Sapienza di Dio, che è il nostro fratello primogenito (= Cristo, che siede alla destra del Padre) ... Stando accanto al Padre, in Cristo e nello Spirito, l’anima china il suo sguardo, confuso con lo sguardo di Dio, su tutti gli esseri e su tutte le cose.”472 ******* “Uniti a Dio, ascoltiamo un grido. Ogni cristiano e ogni comunità sono chiamati ad essere strumenti di Dio per la liberazione e la promozione dei poveri, in modo che essi possano integrarsi pienamente nella società; questo suppone che siamo docili e attenti ad ascoltare il grido del povero473 e soccorrerlo.”474 Inoltre, nel nostro tempo, “i gèmiti di sorella Terra si uniscono ai gèmiti degli abbandonati del mondo, con un lamento che reclama da noi un’altra rotta (= una con-versione). Mai abbiamo maltrattato e offeso la nostra casa comune come negli ultimi due secoli. Siamo invece chiamati a diventare gli strumenti di Dio Padre perché il nostro pianeta sia quello che Egli ha sognato nel crearlo e risponda al suo progetto di pace, bellezza e pienezza.”475 ******* Nessuno più di un mistico, uomo o donna di vera preghiera, ha anche una lucida capacità di analisi della realtà. Chi ha purificato il suo sguardo e il suo cuore guardando con amore il crocifisso saprà ben vedere tutti coloro che sono crocifissi sulla terra. Chi è in vigile e amorosa attesa del Cristo che viene nella sua anima e del Suo definitivo ritorno alla fine dei secoli, saprà ben cogliere le attese e le speranze degli ultimi e degli esclusi.

Simone Weil - Ultimi pensieri, 26 maggio 1942, da Casablanca. Es 3, 7-10; Gdc 3, 15; Dt 15, 9; Sir 4, 6; 1Gv 3, 17; Gc 5, 4. 474 Papa Francesco – Evangelii gaudium, n°201. 475 Papa Francesco – Laudato sii, n°53. 472 473


LO STERCO DEL DIAVOLO Nella storia umana, i “costruttori di questo mondo” si contendono senza sosta il potere, utilizzando i mille metodi della forza e dell’astuzia, ed ogni epoca è caratterizzata dall’incoronazione del “signore” provvisoriamente “vincente”. Oggi (inizio secolo XXI), assistiamo alla “globalizzazione” mondiale dell’economia sotto l’impero del capitale finanziario, la cui cifra umanamente più significativa è che 26 persone (26!), da sole, possiedono una ricchezza pari a quella di 3 miliardi e mezzo di persone (3.500.000.000!), cioè la metà più povera della popolazione della terra. Nel 1989 cade il Muro di Berlino, ma contestualmente si allarga sempre di più il muro con fossato, il “grande abisso”476, fra i ricchi e i poveri, in tutto il mondo … “Abbiamo creato nuovi idoli. L’adorazione dell’antico vitello d’oro477 ha trovato una nuova e spietata versione nel feticismo del denaro e nella dittatura di una economia senza volto e senza uno scopo veramente umano … Così come il comandamento non uccidere pone un limite chiaro per assicurare il valore della vita umana, oggi dobbiamo dire no a un’economia dell’esclusione e della inequità. Questa economia uccide. Non è possibile che non faccia notizia il fatto che muoia assiderato un anziano ridotto a vivere per strada, mentre lo sia il ribasso di due punti in borsa. Questo è esclusione. Non si può più tollerare il fatto che si getti il cibo, quando c’è gente che soffre la fame. Questo è inequità. Oggi tutto entra nel gioco della competitività e della legge del più forte, dove il potente mangia il più debole. Come conseguenza di questa situazione, grandi masse di popolazione si vedono escluse ed emarginate: senza lavoro, senza prospettive, senza vie di uscita. Si considera l’essere umano in sé stesso come un bene di consumo, che si può usare e poi gettare. Abbiamo dato inizio alla cultura dello scarto che, addirittura, viene promossa. Non si tratta più semplicemente del fenomeno dello sfruttamento e dell’oppressione, ma di qualcosa di nuovo: con l’esclusione resta colpita, nella sua stessa radice, l’appartenenza alla società in cui si vive, dal momento che in essa non si sta nei bassifondi, nella periferia, o senza potere, bensì si sta fuori. Gli esclusi non sono sfruttati ma rifiuti, avanzi.”478 “E non è bastato combattere tra di noi, ma siamo arrivati ad accanirci contro la nostra casa. Oggi la comunità scientifica accetta quello che già da molto tempo denunciano gli umili: si stanno producendo danni forse irreversibili all’eco-sistema. Si stanno punendo la terra, le comunità e le persone in modo quasi selvaggio.

Lc 16, 26. Es 32,1-35. 478 Papa Francesco nella “Evangelii gaudium” del 24 novembre 2013, nn° 52-60. 476 477


E dopo tanto dolore, tanta morte e distruzione, si sente il tanfo di ciò che Basilio di Cesarea – uno dei primi teologi della Chiesa – chiamava lo sterco del diavolo. L’ambizione sfrenata di denaro che domina: questo è lo sterco del diavolo. E il servizio al bene comune passa in secondo piano. Quando il capitale diventa un idolo e dirige le scelte degli esseri umani, quando l’avidità di denaro controlla l’intero sistema socio-economico, rovina la società, condanna l’uomo, lo fa diventare uno schiavo, distrugge la fraternità inter-umana, spinge popolo contro popolo e, come si vede, minaccia anche questa nostra casa comune, la sorella madre terra.”479 “Dio ha voluto che al centro del mondo non sia un idolo, sia l’uomo, l’uomo e la donna, che portino avanti, col proprio lavoro, il mondo. Ma adesso, in questo sistema senza etica, al centro c’è un idolo e il mondo è diventato idolatra di questo “dio-denaro”. Comandano i soldi! Comanda il denaro! Comandano tutte queste cose che servono a lui, a questo idolo. E noi dobbiamo dire “no” a questa “cultura dello scarto”. Noi dobbiamo dire: “Vogliamo un sistema giusto! un sistema che ci faccia andare avanti tutti”. Dobbiamo dire: “Noi non vogliamo questo sistema economico globalizzato, che ci fa tanto male!”. Al centro ci deve essere l’uomo e la donna, come Dio vuole, e non il denaro! … dimentichiamo un po’ l’egoismo e sentiamo nel cuore il “noi”, noi popolo che vuole andare avanti.”480 ******* Contestualmente, si fa sempre più acuta e “globale” la competizione fra i grandi gruppi economici mondiali (= capitalisti nord-americani ed europei, “felicemente” raggiunti da quelli russi e cinesi …) da una parte per l’accaparramento delle materie prime e dall’altra parte per la conquista di quote sempre crescenti di mercato. Questa competizione, dal 1989 ad oggi, si è mantenuta a livelli “relativamente pacifici” ed ha espresso solo guerre (come dicono …) “di bassa intensità”, ma nulla vieta che possa sfociare in nuovi conflitti armati le cui dimensioni mondiali sarebbero oggi addirittura più probabili che nel Novecento. “Anche oggi, dopo il secondo fallimento di un’altra guerra mondiale, forse si può parlare di una terza guerra combattuta “a pezzi”, con crimini, massacri, distruzioni … Anche oggi, le vittime sono tante … Come è possibile questo? È possibile perché, anche oggi, dietro le quinte ci sono interessi, piani geo-politici, avidità di denaro e di potere, c’è l’industria delle armi, che sembra essere tanto importante! E questi pianificatori del terrore, questi organizzatori dello scontro, come pure gli imprenditori delle armi, hanno scritto nel cuore: - A me che importa?

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Papa Francesco al II Incontro mondiale dei Movimenti popolari, Santa Cruz de la Sierra, 9 luglio 2015. Papa Francesco, Largo “Carlo Felice” di Cagliari, Domenica 22 settembre 2013.


L’ombra di Caino ci ricopre oggi qui, in questo cimitero. Si vede qui. Si vede nella storia che va dal 1914 fino ai nostri giorni. E si vede anche nei nostri giorni.”481 Nonostante vi siano già da tempo armi sufficienti a distruggere più volte l’intero pianeta, la continua ricerca ed installazione di nuove armi non è cessata con la fine della “guerra fredda” tra USA e URSS. “Poco fa ho detto, e lo ripeto, che stiamo vivendo la terza guerra mondiale, ma a pezzi. Ci sono sistemi economici che per sopravvivere devono fare la guerra. Allora si fabbricano e si vendono armi e così i bilanci delle economie, che sacrificano l’uomo ai piedi dell’idolo del denaro, ovviamente vengono sanati. E non si pensa ai bambini affamati nei campi profughi, non si pensa ai dislocamenti forzati, non si pensa alle case distrutte, non si pensa neppure a tante vite spezzate. Quanta sofferenza, quanta distruzione, quanto dolore! Oggi, care sorelle e cari fratelli, si levi in ogni parte della terra, in ogni popolo, in ogni cuore e nei movimenti popolari, il grido della pace: Mai più la guerra!”482 “Mai più la guerra! Mai più la guerra! La pace è un dono troppo prezioso, che deve essere promosso e tutelato … C’è un giudizio di Dio, ed anche un giudizio della storia, sulle nostre azioni, a cui non si può sfuggire! Non è mai l’uso della violenza che porta alla pace. Guerra chiama guerra, violenza chiama violenza! Con tutta la mia forza, chiedo alle parti in conflitto di ascoltare la voce della propria coscienza, di non chiudersi nei propri interessi, ma di guardare all’altro come ad un fratello e di intraprendere con coraggio e con decisione la via dell’incontro e del negoziato, superando la cieca contrapposizione ... Una catena di impegno per la pace unisca tutti gli uomini e le donne di buona volontà!”483

Papa Francesco – Omelia della Messa al Sacrario di Redipuglia, nel centenario dell’inizio della Prima guerra mondiale - Sabato 13 settembre 2014. 482 Papa Francesco, Discorso ai partecipanti all’incontro mondiale dei movimenti popolari, 28 ottobre 2014. 483 Papa Francesco – Angelus di Domenica 1° settembre 2013. 481


VERSO LO SHALOM PLANETARIO Per contro, allo “sterco del diavolo” si contrappone oggi, in un numero crescente di persone, la maturazione di una coscienza planetaria (= formare in sé stessi “l'uomo planetario”, di cui parlava il P. Ernesto Balducci). 484 Si contrappone, cioè, la consapevolezza di essere anzitutto “cittadini del pianeta Terra”, e quindi che esistono problemi dell’umanità che vanno risolti dall’umanità tutta insieme; senza per questo ripudiare, anzi valorizzando, la ricchezza del patrimonio storico-culturale delle rispettive tradizioni locali. Di fatto, solo una coscienza planetaria popolare può imporre ai politici un “cambio di agenda”, portando in primo piano l’agenda dei popoli e non più quella delle grandi lobbies economiche e finanziarie. Questa “agenda dei popoli” (= l’impegnativo cómpito da svolgere in ogni prevedibile futuro = il manifesto programmatico per l'umanità del terzo millennio cristiano), si può esprimere come “Pace, equità e cura del creato” e sintetizzare nel termine emblematico “SHALOM”. Non più la gestione e la conservazione di una “civiltà del denaro” ma la costruzione dell'edificio della pace, della “civiltà dell'amore”! ******* In questo scenario, il ruolo dei cristiani è chiaramente definito. Nel disegno provvidenziale di Dio, gli eventi del 1989: -

sono stati preceduti dalla prima “Assemblea ecumenica europea” dei cristiani, riunitasi a Basilèa (Svizzera) dal 15 al 21 maggio 1989 sul tema “Pace nella giustizia: Una sfida per i cristiani d’Europa”;

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e sono stati seguìti dalla “Assemblea ecumenica mondiale” di Seul (Corea) dal 5 al 12 marzo 1990 sul tema “Pace, giustizia e salvaguardia del creato”.

Prima, quindi, della caduta del Muro di Berlino, a Basilèa si leva il grido profetico della “casa comune europea”, in un continente che, a più di 40 anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, “non ne può più” di essere artificiosamente spaccato in due metà dalla barriera della “guerra fredda” USA-URSS. Contestualmente, però, si indicano anche le basi spirituali e morali sulle quali la “casa comune europea” può essere stabilmente edificata, per non fondarsi solo (come poi venne teorizzato) su una illusoria ed arrogante “fine della storia” con l’instaurazione vittoriosa del “Regno millenario” del capitalismo liberista ormai “globalizzato” …

484

P. Ernesto Balducci (1922-1992) – “L’uomo planetario”, Ed. Giunti, 1985.


E dopo la caduta del Muro, l’Assemblea di Seul conferma in “pace-giustizia-salvaguardia del creato” il vero “manifesto programmatico”, ancora tutto da realizzare, per l’umanità del terzo millennio cristiano. ******* “Noi proclamiamo il vangelo della pace:485 – Vi lascio la pace, vi dò la Mia pace; non come la dà il mondo, Io la dono a voi.486 Il concetto biblico di pace (= shalòm) ha un significato molto più ricco di quello che noi normalmente associamo al termine pace. Significa armonia e pienezza, ed include benessere e raggiungimento di una identità personale. Esso interessa tutte le dimensioni della vita, abbracciando la vita personale e quella familiare, così come l’ambito della società sia nazionale che internazionale. È più della limitata sicurezza politica che oggi è chiamata pace. Shalòm indica piuttosto quella realtà divina che comprende i doni di giustizia-pacesalvaguardia del creato, nelle loro relazioni reciproche.487 Non c’è quindi da sorprendersi che shalòm sia il termine per eccellenza usato per descrivere le promesse messianiche. Il compimento di queste promesse messianiche è avvenuto nel nostro salvatore e redentore Iesous Cristo (=Messia), che ha stabilito la nuova ed eterna alleanza con l’umanità: Egli è il nostro shalòm. L’alleanza è iniziativa di Dio ma presuppone due contraenti: Dio invita gli uomini a vivere in comunione con Lui e tra di loro. Nella Sua misericordia, Dio ci permette di essere Suoi alleati e collaboratori …”488 In ogni tempo, la comunità cristiana, il popolo messianico, è il Corpo stesso di Iesous Messia, animato e plasmato dal suo stesso Spirito Santo, che continua, nel mondo e nella storia, la Sua stessa opera, ovvero il Regno del Padre “come in cielo così in terra”, fino alla “resurrezione della carne e alla vita eterna nel mondo che verrà”. Nel nostro tempo, questo còmpito si sacramentalizza (= diventa segno visibile e strumento efficace) nel testimoniare, con opere e parole, il vangelo dello shalòm. Maria di Nazareth, Regina pàcis, prega per noi! Maria di Nazareth, Madre dello Shalòm, prega per noi! Maria di Nazareth, Regina pàcis, Madre dello Shalòm, prega per noi!

Ef 6, 15. Gv 14, 27. 487 Is 9, 5-6; 32, 17 e Is 35, 1-10; 55, 12-13. 488 Basilea, nn° 28-29-30. 485 486


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