IERI OGGI DOMANI - I MILLE VOLTI DELL'UNIVERSO FEMMINILE

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IERI OGGI

DOMANI I mille volti dell’universo femminile Realizzato dalle corsiste in “Marketing e Comunicazione Sociale” dell’ En.A.I.P di Taranto


ARGOMENTI  Donna e famiglia  Donna e maternità  Donna e maltrattamenti  Donne extra-comunitarie: il diritto alla salute  Donna e counseling  Disturbi del comportamento alimentare  Donna e moda  Donna e mass media  Donna e povertà  Donna e occupazione  Emancipazione femminile


Donna e famiglia Nella società feudale la struttura familiare è in genere quella parentale estesa, con proprietà collettiva dei beni e autorità patriarcale, la donna è sottoposta ad un rapporto di subordinazione piena. Nella società premoderna, alla donna vengono assegnati importanti compiti nella produzione domestica che le consentono di gestire una certa quota di potere. La famiglia premoderna è strettamente legata al tessuto sociale della parentela, del villaggio, della comunità locale, e i ruoli del marito-padre e della moglie-madre sono al contempo vincoli limitativi per l'individualità, ma anche garanzie di solidarietà sociale. Nei confronti delle donne l'ideologia fascista sostiene una visione improntata alla subordinazione. Alle donne viene riservato il ruolo di riproduttrici, vieta contraccettivi, pratiche abortive ed educazione sessuale. Il fascismo afferma una visione della donna come individuo subordinato all'uomo e destinato a servirlo, in qualità di moglie e di madre, ma anche sul posto di lavoro e in ogni ambito della società. Il regime sostiene una legislazione che asserve le donne allo stato e che ne limita l'ingresso nel mondo del lavoro. Nella società contemporanea, alla domanda "quale ruolo dovrebbe avere la donna nella società" il 31% ha risposto che la donna dovrebbe essere promotrice di un nuovo modello di società basato su valori femminili, il 19,6% afferma che il ruolo della donna dovrebbe essere, al pari di quello dell'uomo, di lavoratrice per il 19,2 invece il ruolo della donna nella società italiana, dovrebbe essere quello super tradizionale di madre. Rincara la dose il 7,9%, risponde, infatti, che la donna, deve essere totalmente rivolta al privato e alla famiglia, mentre un esiguo, fortunatamente, 4,9% vede la donna solo come compagna di un uomo.


Per le donne di oggi la famiglia rappresenta ancora una fonte di realizzazione, come avveniva nei tempi passati o rappresenta una scelta ragionata, dettata da una precisa volontà personale?

Dal sondaggio emerge che per il 52,6% delle intervistate la famiglia è una convivenza basata sull'amore reciproco, per il 32,1% è la base della società, per il 10,8% è un vincolo affettivo di mutua assistenza, mentre per il 2,5% è solo un vincolo giuridico.


Per quanto riguarda le famiglie di fatto, le donne italiane sono in linea di massima al passo con i tempi, il 67,9% infatti sostiene che le famiglie di fatto debbano avere gli stessi diritti di quelle tradizionali sancite con il vincolo matrimoniale civile o religioso. Il 21,6% invece è in disaccordo, ritenendo sbagliato riconoscere alle famiglie di fatto gli stessi diritti di quelle tradizionali, mentre il 5,1% è totalmente indifferente al problema.

Stando ai risultati, le donne italiane sono ben calate nella realtĂ sociale, sono proiettate nel futuro, hanno idee precise sul ruolo che dovrebbero occupare. Una donna determinata sostiene le sue convinzioni e le sue scelte, non dimenticando il retaggio culturale e i valori tradizionali che danno una impronta personale alla societĂ in cui vive.


Donna e Maternità Atteggiamenti e valori della donna italiana nei confronti della maternità

La personalità dell'italiano, è storicamente legata al "mammismo", ad una relazione di dipendenza privilegiata con la figura materna, simbolo di protezione e sicurezza, gelosa custode di valori educativi importanti. Nella cultura” tradizionalista” la maternità è vissuta dalla donna come un'affermazione di tutta la propria femminilità, il momento a partire dal quale ella può acquistare in famiglia un ruolo non secondario riconosciuto dal maschio.


Nell’ambito lavorativo, la donna per soddisfare questo bisogno biologicamente innato, a volte incontra degli ostacoli. Nonostante ci sia una legge infatti che tutela la donna in maternitĂ , ci sono, ancora oggi, dei casi di sfruttamento; spesso le aziende evitano di assumere donne, che, andando in maternitĂ , potrebbero arrecare un "danno" economico all'azienda, che è costretta per quel periodo a sostituire la dipendente in questione.


La violenza e i maltrattamenti contro le donne dentro e fuori la famiglia

I dati dell'Istat denunciano: sono circa 7 milioni le donne italiane che hanno subito violenza.


Ma cosa si intende per "violenza"?  

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comportamenti persecutori, o "stalking" strattoni, schiaffi, calci, pugni e morsi violenza fisica accompagnata da minacce lancio di un oggetto addosso; ustioni; o intimidazioni di usare una pistola o un coltello; tentativo di strangolamento o soffocamento la violenza sessuale: stupro e tentato stupro; l'obbligo di avere rapporti sessuali con terze persone; subire rapporti degradanti e umilianti rapporti indesiderati vissuti come violenza


Maltrattamenti contro le donne dentro

la famiglia … 

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uno stupro su tre è compiuto dal partner, nel 93% dei casi gli abusi ad opera del compagno non vengono denunciati : spesso si considerano semplicemente come "qualcosa che è accaduto" le violenze dei partner sono reiterate: si decide di non parlarne con nessuno, neanche con un confidente, se compiuto tra le mura di casa tra i parenti: padre, fratello/fratellastro, nonno, patrigno, zio

… al di là delle mura    

autore della violenza un conoscente (anche di vista) un parente un amico di famiglia vicini, compagni di scuola, insegnanti o bidelli e religiosi.


Donne extra-comunitarie: diritto alla salute La popolazione di origine straniera rappresenta ormai una componente rilevante e sempre più radicata nella società italiana: secondo le ultime stime si tratta di due milioni e mezzo di unità, pari al 4,5% della popolazione complessiva (di cui circa il 49% è costituito da donne), con valori in aumento dei ricongiungimenti familiari, dei minori e dei soggiornanti di lungo periodo. Le diffuse condizioni di lavoro irregolare e disagiato, le persistenti difficoltà di accesso all’alloggio, oltre ai numerosi episodi di razzismo in seno alla popolazione italiana, testimoniano le condizioni di fragilità sociale, che si estendono anche al di la’ dello status di illegalità del soggiorno.


Per paura di essere scoperto, denunciato ed espulso è portato ad un isolamento. Solo quando si sente assolutamente costretto, quando il dolore è insopportabile, quando la malattia non è qualcosa di passeggero, solo allora, dopo vari tentativi di autocura, lo straniero accetta di rivolgersi ad un servizio di cura, pretendendo una guarigione immediata al fine di poter rientrare subito al lavoro. Per la donna straniera oltre a tutte queste considerazioni, vanno aggiunti altri aspetti che riguardano la condizione femminile. Per le donne vi è una doppia condizione di subalternità: quella relativa allo stato di emigrata e quella relativa al sesso. Al peso del lavoro extradomestico, spesso pesante e sottopagato, si aggiunge quello relativo al lavoro casalingo. Per queste donne la solitudine è totale: stanno in casa aspettando il ritorno del marito alla sera e non escono perché non conoscono la lingua e non hanno il permesso del marito.


Fortunatamente esiste la cerchia delle altre donne della comunità, uniche compagne con cui confrontarsi. Per queste donne il corpo non esiste: è nascosto agli sguardi degli altri dietro chador e abiti lunghi ed informi, ma soprattutto è nascosto a se stesse. Come è possibile "ascoltare" il proprio corpo nella malattia, nei segni e nei sintomi, se non si è imparato a valutare le modificazioni fisiologiche, a sentire le sensazioni corporee? Molte di queste donne, durante la prima infanzia, hanno subito mutilazioni, come la circoncisione e l’infibulazione: basta questo per annullare per sempre il "sentire". A questo si aggiunge la nostalgia, quella dura, dolorosa che dà sofferenza e disagio. Un modo per superare tutto questo è quello di ricostruire nel nuovo paese, una famiglia che costituirà i nuovi/vecchi punti di riferimento. Di fronte a queste realtà ci si rende conto che le norme da sole non bastano. E’ necessario un complesso intervento medico-sociale volto a prevenire il disagio e promuovere l’integrazione culturale; che renda accessibili i servizi e soprattutto diffonda le informazioni, ancora complessivamente carenti in ambito sanitario, introduca misure necessarie per far fronte alle peculiari patologie (pensiamo ai fattori di rischio genetici e alle malattie d’importazione), che per quanto abbiano incidenza limitata, richiedono interventi specifici, a tutela della salute individuale e dei gruppi di popolazione interessati.


Donna e counseling La società odierna ha accolto l'ingresso, a partire dagli ultimi anni del secolo scorso, di un'altra modalità di comunicazione di massa che trova, nel computer il suo referente tecnologico. Il computer, al pari della televisione, si è imposto nella vita degli uomini diventando uno strumento di consultazione quotidiana. Il proliferare di siti di carattere socio-sanitario consente di leggere la domanda dell'utenza che ha individuato il grande pregio del Web nella possibilità di contattare, in tempi brevissimi e senza spostamenti, specialisti nei vari settori del benessere. La consapevolezza di una condizione di disagio, che si esprime a più livelli e in vari contesti, ci orienta verso la valorizzazione di momenti di incontro con adulti e minori che possano trovare professionisti competenti all'ascolto e capaci di indirizzare lo scambio comunicativo nell'ambito della ricercaattivazione di soluzioni senza, però, ignorare l'importanza di richieste di supporto che esulano da campi specifici di devianza o disagio, ma riguardano le normali difficoltà del quotidiano. Il benessere psicofisico della donna, in particolare, viene trascurato da parte della donna stessa, che antepone i bisogni e le esigenze dei familiari e delle persone care, ai propri. La moglie, la madre, la figlia, dimenticano di essere principalmente donne e anche se sono riuscite a mostrare la loro forza e a conquistare degli spazi che fino a poco tempo fa erano prerogativa degli uomini.


La vita della donna è segnata da continui cambiamenti: l'adolescenza, la giovinezza, l'andar via dal nucleo familiare d'origine, il costituirsi di un nuovo nucleo, il matrimonio, la maternità, i sensi di colpa che una madre sente quando è al lavoro lasciando i figli ad altre cure, le crisi matrimoniali, gli abbandoni, le separazioni, i divorzi, i figli che crescono, ed infine la menopausa che spesso porta contemporaneamente la fase del pensionamento.Tutte queste fasi, se non affrontate con la giusta consapevolezza possono essere causa di tutta una serie di malesseri; in queste situazioni può essere utile l’intervento del counseling. Il counseling è un approccio relazionale, relativamente nuovo e poco conosciuto, che coinvolge un operatore e una persona che sente il bisogno di essere aiutata a risolvere un problema o a prendere una decisione. L’intervento si fonda sull’ascolto, il supporto alla persona e,in taluni casi, anche su tecniche finalizzate alla “riattivazione” e riorganizzazione delle risorse personali dell’individuo in modo tale da rendere possibili scelte e cambiamenti in situazioni che, la persona stessa, percepisce difficoltose nel totale rispetto dei suoi valori e delle sue capacità di autodeterminazione. Per la donna il counseling, la relazione d'aiuto in generale, in tutte le fasi della vita, sono necessari per affrontare i momenti di crisi come i momenti quotidiani con la giusta consapevolezza, con l'informazione, con il supporto psicopedagogico e con il dialogo; elementi fondamentali a renderle consapevoli dei cambiamenti e del ruolo da loro conquistato nella società e nella famiglia moderna.


DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE


ANORESSIA I disturbi alimentari come l’anoressia e la bulimia colpiscono, nel nostro Paese, circa tre milioni di persone. Si tratta di individui che soffrono di un grave disturbo della psiche, di un male subdolo che ha cause oscure da rintracciarsi negli snodi difficili della vita di ciascuno. Molte delle donne colpite dai disturbi dell’alimentazione sono giovani che hanno iniziato una dieta anche per raggiungere l’ideale fornito dalle modelle delle sfilate e delle copertine. Dalle ricerche scientifiche e dei dati statistici in materia di anoressia risulta che:  di anoressia e bulimia si può morire  l’anoressia è la prima causa di morte da malattia psichiatrica  il 95% sono donne.


La lotta all’anoressia dichiarata sulle passerelle dell’alta moda ha il merito di richiamare l’attenzione su questo gravissimo problema ed è in aumento in tutti i paesi occidentali. E’ sotto gli occhi di tutti che la moda esalta la magrezza, ma sarebbe riduttivo pensare che questo sia il solo movente di patologie così gravi e complesse, che trovano invece il loro fulcro nelle dinamiche familiari e relazionali. Pertanto il fatto che molte adolescenti vivano con disagio il senso di esclusione che proviene da questo mercato della magrezza estrema non è ascrivibile al mercato stesso, quanto alla mancanza di strumenti sociali e culturali che filtrino queste informazioni.


BULIMIA Clinicamente la bulimia è denotata da episodi in cui il soggetto sente un bisogno impulsivo di assumere spropositate quantità di cibo, correlati da una spiacevole sensazione di non essere capace di controllare il proprio comportamento. E’ frequente negli adolescenti e nei giovani adulti. Colpisce prevalentemente soggetti di sesso femminile. Generalmente compare attorno ai 12 – 14 anni (tarda preadolescenza) o nella prima età adulta (18 – 19 anni). Gli episodi bulimici possono essere scatenati da alterazioni dell’umore, stati d’ansia o stress. In alcuni casi questi episodi possono essere anche programmati anticipatamente. Principalmente ne trova le caratteristiche in ricorrenti abbuffate, atti compensatori ricorrenti ed inappropriati e valutazione dell’autostima decisamente influenzata dalla forma e dal peso.


La bulimia nervosa, che letteralmente significa “fame da bue”, è caratterizzata da momenti di preoccupazione per il peso e le forme del corpo seguiti da dieta ferrea, abbuffate e vomito auto-indotto. Il tentativo di perdere peso è quindi interrotto da frequenti episodi di abbuffate, questo spiega perché il peso rimanga generalmente nella norma o lievemente al di sopra o al di sotto della norma. Nei casi tipici sono spesso presenti sintomi di depressione ed ansia, la persona che soffre di bulimia ha una bassissima stima di sé che deriva da un profondo vuoto interiore. Nel disperato tentativo di riempire questo vuoto ingerisce enormi quantità di cibo. Nella bulimia, che è una vera e propria malattia, quella che si instaura con il cibo, è una vera e propria dipendenza.


OBESITA’ L’ obesità è una malattia complessa dovuta a fattori genetici, ambientali ed individuali con conseguente alterazione del bilancio energetico ed accumulo eccessivo di tessuto adiposo nell’organismo. Esistono fattori individuali che possono contribuire all’eccessiva introduzione di cibo: si tratta solitamente di comportamenti impulsivi o compulsivi secondari a depressione e/o ansia. In molti paesi industrializzati colpisce fino ad un terzo della popolazione adulta, con un’incidenza in aumento in età pediatrica.


L’obesità è legata alle condizioni genetiche, a disfunzionamenti ormonali e alla psiche del paziente dove spesso risiede la causa di questi disordini alimentari. La causa di questi malattia è duplice: da una parte c’è una sempre maggiore disponibilità di alimenti, dall’altra uno stile di vita sempre più sedentario. La battaglia per controllare il soprappeso e l’obesità può essere vinta “monitorizzando” l’apporto alimentare e introducendo l’attività fisica nello stile di vita, mentre i disturbi emotivi, presenti nelle persone obese, devono essere considerati più come una conseguenza del pregiudizio e della discriminazione a cui queste persone sono soggette che non la causa scatenate. Qualunque sia la ragione che conduce all’obesità una cosa è certa: liberarsene è difficile e richiede grande forza di volontà e grande capacità di sacrificio. Non esistono scorciatoie, diete miracolose, alimenti speciali, ma solo diete e programmi motori in grado di fornire minori quantità di energia e maggiori consumi calorici.


LA DONNA E LA MODA NEL 1700… Verso la metà del XVIII secolo, l'abbigliamento femminile subì alcuni importanti cambiamenti. Le intelaiature, attaccate al bustino, tornarono di moda, strutturate a forma di campana e l'ampiezza delle gonne aumentò sempre più. L'ampiezza delle gonne siffatte causava molti problemi alle donne di tutta Europa, che avevano grandi difficoltà nei movimenti, in particolare, nelle carrozze, nelle strade e nel passare attraverso le porte. Verso la fine del secolo, però, i vestiti mutarono nuovamente, vedendo la progressiva riduzione delle intelaiature laterali, e la semplificazione generale delle guarnizioni.


… NEL 1800… A partire dalla fine del XVIII secolo, una nuova tendenza prese corpo in seno alla moda europea, emerse il cosiddetto stile Impero, ispirato all'abbigliamento degli antichi Romani. I colori scomparvero dagli abiti femminili, quasi a dare alle donne l'aspetto marmoreo delle antiche statue. L'indumento principale, un vestito lungo fino alle caviglie, era segnato da una cintura, o una sciarpa, posta sotto il seno, e doveva fluttuare ad ogni passo della dama. Le braccia erano solitamente nude, la sola parte coperta era la spalla, chiusa in una corta manica a palloncino; le scollature, quadrate, erano molto ampie. Con il passare degli anni, lo stile Impero si modificò lentamente, progredendo verso lo stile romantico. Le scollature ben presto scomparirono, coperte dalle chemisettes e camicette a collo alto Dal 1815 in poi, spalle, collo e petto dovevano essere rigorosamente coperti, in contrasto con le nudità del decennio precedente. Le scollature vennero accettate solo negli abiti da sera. La moda dell'800 fu un alternarsi di flussi. Questo continuo cambiamento dipese dal fatto che l'800 fu un secolo marcato da grandi sconvolgimenti politici, in Italia, come nel resto del mondo, ed ogni mutamento sociale, come è facile intuire, influenzò e portò trasformazioni nell'abbigliamento.


… E NEL 1900 L’inizio del XX secolo porta con sé ostentazione e prodigalità. Siamo nel bel mezzo della Belle Epoque, magico periodo in cui balli, pranzi di gala e soggiorni in residenze aristocratiche caratterizzavano la vita delle classi più abbienti. La donna appare padrona di sé. Indossa abiti che rendono omaggio alla sua femminilità; il busto è fiorente, messo in risalto da corsetti, (detti “della salute”), che fanno sporgere il seno in avanti e spingono in fuori il bacino: nasce la tipica postura dell’epoca a forma di “S”. La gonna, scivolando in avanti, prende una forma a campana e si arricchisce di un piccolo strascico. Dalla scollatura vertiginosa ricadono cascate di merletti e pizzi. I capelli sono raccolti sul capo. Spesso si indossano lunghi guanti. I colori sono tenui: sfumature pastello sul rosa e sul celeste. Da sera rigorosamente nero con paillettes.


Donne e mass media Nella moderna società dell’informazione i media si configurano quali strumenti di conoscenza, formazione e crescita culturale, contribuendo ad influenzare i processi di definizione e di percezione dei ruoli dei soggetti che in essa agiscono e interagiscono. Partendo proprio dalla considerazione del ruolo cruciale dei media nel rappresentare una società a sè stessa, è evidente come, giorno dopo giorno, i mezzi di comunicazione costruiscano una rappresentazione del maschile e del femminile ancora vincolata a stereotipi di genere che favoriscono il perdurare di forme più o meno sottili di discriminazione. Questi modelli, infatti, rispecchiano soltanto alcuni dei ruoli presenti all’interno delle diverse classi sociali, e proprio quelli più tradizionali e convenzionali: la logica sulla quale opera la pubblicità risulta così essere quella dei modelli consolidati. Dunque, la pubblicità non può essere considerata fonte di trasformazione sociale in quanto tende a frenare, piuttosto che a stimolare, le innovazioni, rinnovandosi solo quando ciò è efficace per un suo effettivo funzionamento.


L’immagine della donna che ci giunge attraverso la pubblicità, al pari di ogni altra immagine diffusa dai mass media, non è il ritratto di una condizione reale, ma è solo la rappresentazione simbolica di un modello consonante con gli ideali e le aspirazioni collettive, di cui gli addetti alla produzione sono mediatori e interpreti. Per quanto oggi ci si sforzi di presentare una donna in carriera, capace ed autodeterminata, la pubblicità infatti non rinuncia ai vecchi stereotipi femminili di massaia e seduttrice, mostrando da un lato gli aspetti femminili di dolcezza e affettività, e dall'altro quelli tratti dall'universo maschile di emancipazione e capacità professionali. Un'armonizzazione di tali aspetti rimane, comunque, ancora lontana benché alcuni dei modelli socio-culturali femminili individuati in precedenza non siano più utilizzati dalla pubblicità, oppure sono presenti solo in certe loro declinazioni; si sono diffuse nuove tipologie di donna. Per questo motivo, sono stati rinominati alcuni modelli e altri sono stati aggiunti. Bisogna specificare, comunque, che in tutti questi modelli è sottintesa un’idea di gradualità, cioè ciascun caso particolare, pur appartenendo ad una categoria piuttosto che ad un’altra, potrà corrispondere in maniera più o meno puntuale ad essa. Si tratta di modelli puri, ma nella realtà empirica il più delle volte essi si combinano tra di loro, e quindi le sfumature possibili sono potenzialmente infinite.


Tredici stereotipi di donna 1) La ‘mangiatrice d’uomini’: è una donna molto affascinante e provocante, ma anche indipendente e sicura di sé, e quindi unisce a caratteristiche femminili (incentrate sulla sessualità) tratti psicologici decisamente maschili. Ama sedurre e dominare gli uomini, ma non desidera alcun coinvolgimento affettivo. 2) L’erotica: in questo caso, la donna è vista esclusivamente in relazione al suo aspetto fisico e al suo sex-appeal. Non è propriamente una donna-oggetto (in quanto si offre volontariamente e attivamente), tuttavia essa lancia all’uomo espliciti richiami sessuali perché ha bisogno che lui la desideri, dandole così conferme del suo valore. 3) La sensuale: l’erotismo di questa donna è meno esplicito rispetto a quello dei due modelli precedenti. La sua sensualità è spontanea, ma non inconsapevole: essa infatti ama piacere, ma non è questa la sua principale preoccupazione. 4) L’ambigua: il fascino di questa donna è dato dall’alone di mistero che la circonda, dovuto al suo atteggiamento ambiguo.Una declinazione particolare di questo modello riguarda il fenomeno del travestitismo.


5) La bad girl: questa donna si oppone alle regole sociali che la vogliono sempre sorridente, composta e arrendevole. Eccola dunque compiere azioni molto poco politically correct.

6) La partner:… e non più “la moglie”, in quanto la pubblicità tende oggi a rappresentare giovani coppie colte in contesti non domestici. Il più delle volte emerge un atteggiamento affettuoso (di amore tenero ma anche di passione) e complice tra i due partner. 7) La mamma: è una figura che emerge implicitamente dalle pubblicità di prodotti per l’infanzia. In ogni caso, la figura materna è sempre dolce, affettuosa e attenta ai bisogni dei propri figli. 8) La casalinga moderna:…o modernizzata, nel senso che a questa tipologia di donna molto spesso si rivolgono le pubblicità di elettrodomestici innovativi. E’ una donna che, pur essendo fortemente legata al contesto domestico, unisce alle qualità di brava massaia un certo fascino “ruspante”, forse anche perché la sua casa è dotata di strumenti tali che le lasciano il tempo di prendersi cura del proprio corpo. 9) La sportiva: non è una donna che sta compiendo un’attività sportiva, ma piuttosto che mette in luce l’aspetto fisico che essa ha conquistato grazie alla palestra. Si tratta, in generale, di una donna giovane e attiva; a volte ne viene sottolineata la tenacia, altre volte la vivacità.


10) La ragazza acqua e sapone: si tratta di una donna molto giovane, allegra e spensierata. Le sue caratteristiche principali sono la spontaneità e la naturalezza. Solitamente questa figura pubblicizza linee d’abbigliamento casual per giovani. 11) La narcisista: la vanità è una caratteristica attribuita da sempre al sesso femminile; e questa donna, infatti, è vanitosa: essa è tutta presa da sé stessa e dalla cura del suo corpo. Questo tipo di donna è un’evoluzione della donna oggetto, depurata della sua forte carica erotica. Trae il suo valore esclusivamente dall’aspetto fisico ma la sua è una bellezza non finalizzata alla conquista dell’uomo (seduttività auto-riferita). 12) La raffinata: la caratteristica principale di questa donna è l’eleganza, un’eleganza sobria ma curata nei minimi particolari. Si identifica molto spesso con una donna “dei quartieri alti”, talvolta un po’ snob, anche perché solitamente appare nelle pubblicità di gioielli e di abbigliamento haute couture.

13) La serena: esprime una profonda pace interiore ed una perfetta armonia con l’ambiente (in particolare, con la natura) e con se stessa. Può essere una donna romantica e sognatrice oppure più spiccatamente spirituale e meditativa.


Donna e povertà Nei Paesi Industrializzati il fenomeno della povertà e più nello specifico della povertà femminile sta emergendo con una proporzione preoccupante. In Italia il 10-13% della popolazione femminile vive in una condizione di povertà estrema, di cui il 40% è compresa in una fascia d'età tra i 19 ed i 24 anni. Un segmento debole per il quale l'accesso al mondo del lavoro è difficile, provocando una serie di privazioni materiali che conducono ad un processo di marginalità ed esclusione irreversibili. Alcune delle cause che incidono in modo decisivo sulla femminilizzazione della povertà sono: il lavoro di cura non retribuito e la crisi del welfare. Negli ultimi vent'anni, secondo tempi e modalità differenti, si è verificata in Europa occidentale una vera e propria crisi dello Stato Sociale (detto Welfare). L'indebitamento più o meno grave delle amministrazioni centrali e le necessità di un rapido risanamento che la nascita dell'Euro ha comportato, hanno indotto a drastiche riduzioni della spesa sociale, principale responsabile del debito pubblico. I servizi alla persona sono stati notevolmente diminuiti, lasciando i soggetti deboli in una condizione di totale isolamento e abbandono. Una situazione che in Italia ha assunto proporzioni notevoli, con particolare riferimento agli invalidi, ai malati cronici e agli anziani che necessitano di assistenza domiciliare quotidiana, alle strutture per l'infanzia. Il costo sociale di questi tagli alla spesa ha penalizzato, in Italia, la donna.


La difficoltà nel conciliare il lavoro e gli affetti famigliari porta ancora oggi la donna italiana a dover rinunciare ad un impiego e a dedicarsi a tempo pieno alla famiglia, prestando per esempio assistenza ad un genitore paralizzato, ad un malato, preoccupandosi di accudire i propri figli. L’impegno della casalinga produce un reddito e fornisce servizi reali, che però nell'attuale ripartizione della spesa statale non possono trovare spazio, poiché secondari rispetto ad altre priorità. Ancora oggi si deve fare i conti con una disoccupazione femminile troppo alta e che comprende anche un numero elevato di donne fuori dal mercato da oltre 5 anni: sono il 5,3% contro il 2,8% degli uomini. Il dato si radicalizza al Sud con il 12,2% contro il 6% maschile mettendo in evidenza che al Sud più della metà delle donne disoccupate sono quelle di lunga durata. Sono percentuali che sottolineano la situazione di affanno che sta vivendo la donna nel mercato del lavoro italiano e che, sicuramente, incide in modo esponenziale sui redditi e sul potere di acquisto delle famiglie determinando un impoverimento generalizzato del Paese.


Le difficoltà evidenti sono: Una politica dell’occupazione che punta ad una flessibilità talmente sistemica che se non opportunamente governata si trasformerà in precarietà generalizzata

una politica famigliare assolutamente inefficiente e inefficace per le giovani coppie e/o anche per i singles

uno stato sociale assolutamente carente che fa ancora (e soprattutto) affidamento sul sostegno delle famiglie senza prevedere una politica nuova dei servizi, compatibile con le reali necessità del Paese.

Ecco, questa - a brevi linee – è la cornice del complesso quadro di interventi che occorre mettere in piedi se vogliamo che il nostro Paese esca dalla sua posizione di stallo e rientri nella competitività più generale stabilita dai parametri di Lisbona. Affrontare il problema dell’occupazione femminile, significa mettere le mani su quello che ormai è considerato il problema prioritario per il Paese: il risanamento economico. Va abbattuto il trend negativo per le donne legato all’equazione + lavoro – maternità, attivando politiche vere di conciliazione che consentano a lavoratori e lavoratrici di coniugare in modo equilibrato aspettative di vita, necessità familiari, condizioni di lavoro, vita sociale.


La valorizzazione del ruolo femminile nella società passi per il superamento delle difficoltà legate alla conciliazione, e questo può verificarsi solo attraverso: attuazione in maniera nuova e competitiva, di quanto è previsto all’interno della legge 53 sui periodi di formazione, quali strumenti di crescita professionale e personale, utilizzando lo strumento della negoziazione;

costruzione di reti di conciliazione (Coalizioni Territoriali) che vedano coinvolti tutti gli attori interessati in una azione di sistema;

riconoscimento delle competenze femminili perché necessarie all’economia generale delle aziende;

apertura dei tavoli di concertazione comunali per l’attuazione delle politiche dei tempi e degli orari delle città;

previsione – laddove possibile - di Piani Aziendali di Equality e di Conciliazione;

promozione di azioni positive atte al cambiamento dell’organizzazione del lavoro in un’ottica di gender mainstreaming.

Sono brevi punti indicativi per contribuire al processo di cambiamento che sta investendo la nostra società e del quale la donna è uno degli attori protagonisti.


E

Donna occupazione

Il problema dell’occupazione femminile in Italia è ancora tutto da affrontare. A livello qualitativo, a livello retributivo, organizzativo, ma prima ancora a livello elementare. La percentuale di donne occupate supera di poco il 20%. La differenza tra tasso di occupazione maschile e femminile, nello stesso territorio, è di 20 punti nelle situazioni meno drammatiche e arriva addirittura a 40 punti percentuale nelle regioni dove il problema della mancanza di lavoro si vive con maggiore intensità. Secondo Italia Lavoro mancano ancora le politiche non solo del lavoro, ma sociali e della famiglia che creino le condizioni necessarie a cambiare la situazione. L’Italia è il paese dove avverranno nei prossimi anni le trasformazioni più rilevanti nel mercato del lavoro e che saranno caratterizzate soprattutto dalla componente femminile. La Puglia è ultima in Italia per tasso di occupazione femminile, con il 26,8% di occupate contro una media nazionale del 45,3%. Qui il tasso di disoccupazione si attesta al secondo posto in Italia, dietro la Sicilia, con il 20,9% contro la media del 10,1%. "A fronte di tutto ciò, il tasso di natalità e il livello della qualità della vita vedono la Puglia agli ultimi posti in Europa.


Il nostro tasso di occupazione femminile è il più basso in Europa, ancora oggi ben lontano dagli obiettivi di Lisbona; viceversa, per quanto riguarda il tasso di occupazione maschile, siamo sostanzialmente in linea con la media dei nostri partner europei (70% circa).Va un po’ meglio sul piano della parità retributiva, ma solo perché è il resto dell’Europa a praticare discriminazioni salariali inaccettabili, con una differenza a danno delle lavoratrici che supera il 15% e con un picco del 25% nel settore privato. Da noi le donne guadagnano circa il 13% in meno degli uomini, differenza che sale fino al 39% per i profili dirigenziali due i dati fondamentali: sempre più donne hanno un'occupazione, cioè quasi 9 milioni in Italia, ma sono anche sempre più spesso “vittime” del proprio impiego, dovendo lavorare il doppio rispetto ai colleghi “uomini” per raccogliere gli stessi consensi.


Il “conquistato� inserimento lavorativo della donna la porta oggi a dover conciliare, tra immani fatiche, lavoro e famiglia con conseguenti carichi che gravano sulle sue spalle.


STORIA DELL’EMANCIPAZIONE FEMMINILE Il concetto di “donna”, pur partendo da un’indiscutibile definizione biologica, è stato tra quelli storicamente meno legati alla realtà e maggiormente alla rappresentazione. Quando si dice “donna” si intende parlare di un individuo naturalmente portato a realizzarsi solo nel ruolo privato di moglie e madre, oppure di una cittadina a pieno titolo, capace di dare un contributo fondamentale anche nel pubblico, all’economia, alle scienze, alle arti? Nelle società industriali le donne si trovavano in una situazione di sostanziale sfruttamento, in molti casi svolgevano un doppio lavoro, in fabbrica e a casa. Il sistema sociale vigente era quello della famiglia patriarcale, sorretto anche dalle norme del codice civile. Al capofamiglia si doveva obbedire e sottostare senza nessuna opposizione dal momento che era lui a disporre del reddito familiare. Lentamente e non senza duri scontri si giunse al cosiddetto “femminismo domestico” : le donne riuscirono a ritagliarsi nell’ambito familiare una certa autonomia di scelta, per esempio circa il numero di gravidanze da sostenere. Molte donne poterono volontariamente ridurre il numero dei figli e, di conseguenza, il lavoro domestico. Fu possibile così per loro avere più tempo a disposizione da investire nell’istruzione. Non a caso in questo periodo nacquero i primi collegi femminili il cui fine ultimo era quello appunto di formare e preparare le giovani donne al mondo del lavoro. Questo nuovo modo di pensare alla propria vita da parte delle donne fu duramente osteggiato dagli uomini convinti che la struttura fisica e psichica delle donne non fosse in grado di sostenere lo sforzo dell’insegnamento e dell’attività intellettiva. L’istruzione, in quest’ottica, oltre che inutile era considerata dannosa per le donne.


Un ulteriore passo in avanti verso l’emancipazione si ebbe quando le donne, presa coscienza delle loro capacità, iniziarono a rivendicare la possibilità di svolgere le stesse professioni degli uomini, le stesse attività intellettuali.anche di fronte a tale richiesta le opposizioni maschili furono forti e spesso supportate da discutibili teorie di scienziati e medici. Un caso esemplare a tal proposito fu quello dello psicologo S.Hall che riteneva le donne incapaci di svolgere attività intellettuali pari a quelle degli uomini perché affette da deficienze psichiche che ne limitavano le capacità cognitive.Tutto questo avvenne principalmente negli Stati Uniti e non in Europa dove il percorso fu molto più lento e pieno di difficoltà. Soprattutto in Italia il pur iniziato ed affermato movimento di emancipazione femminile fu soffocato dall’avvento del fascismo che, regime autoritario e maschilista, tratto le donne come l’anello debole della società. Le due guerre mondiali però furono una grande occasione per le donne che, chiamate a sostituire gli uomini impegnati in guerra, ebbero libero accesso alle professioni operaie ed entrarono in massa in quelle intellettuali. I venti mesi di guerra partigiana furono caratterizzati da eroiche staffette partigiane che svolsero un indispensabile ruolo di collegamento tra i vari comandi militari della Resistenza. Una volta tornata la pace fu praticamente impossibile da parte degli uomini non riconoscere il ruolo svolto dalle donne e le loro capacità. Ciò che rimaneva da sancire definitivamente era una reale uguaglianza confermata e riconosciuta tanto in ambito legislativo quanto nella mentalità comune.


Il voto alle donne Nel 1946 un decreto del Presidente del consiglio dei ministri Bonomi concesse anche alle donne il diritto di voto. Esso fu esercitato per la prima volta nel referendum istituzionale , nelle elezioni amministrative e politiche per l’Assemblea costituente avvenuto il 2 Giugno 1946. Una delle battaglie più estenuanti e che in Italia raggiunse un esito positivo solo negli anni ’60 è stata quella contro la prostituzione organizzata e legalizzata. Alla base di questa lotta , ancora una volta la necessità di ribadire l’uguaglianza sociale e i diritti delle donne : anche loro avevano una dignità che lo Stato doveva tutelare e non contribuire a calpestarla. Fu quindi approvata la legge Merlin, dal nome della sua proponente, la senatrice socialista Lina Merlin, che sancì la chiusura delle “case chiuse” e considerò reato lo sfruttamento della prostituzione. Nuovi riconoscimenti ebbero ancora dopo la ventata del 1968, quando le donne di tutti i paesi occidentali reclamarono a gran voce tutti quei diritti che ancora non avevano visti riconosciuti. Fu conseguentemente alle proteste femministe di quegli anni che furono approvate in Italia le leggi sul divorzio e sull’aborto. Molti certo i traguardi raggiunti nel corso degli anni tanto che oggi si è soliti pensare ad una perfetta equità tra sessi.


In realtà la strada da percorrere è ancora lunga anche se forse meno tortuosa che in passato e i dati che seguono ne sono una prova:  Il Parlamento italiano è sempre stato composto da meno del 4% da donne  Solo due presidenti di assemblea sono state donne ( Iotti 1979-92, Pivetti 1994-96 )  Il primo ministro donna lo si ebbe nel 1946 ( 20 giorni dopo la proclamazione della repubblica), la democristiana Tina Anselmi. I ministeri assegnati alle donne ( mai più di una fino al 1991 ) furono sempre di carattere sociale, mai politico o economico  Solo a partire dal VII governo Andreotti si ebbero due donne, Rosa R. Jervolino agli Affari sociali e Margherita Boniver all’immigrazione. Nel 1993, governo Ciampi, le donne salirono a tre : Rosa R. Jervolino alla Pubblica Istruzione, Fernanda Contri agli Affari sociali e Maria Pia Garavaglia alla Sanità  Solo nel 2000 una donna è stata eletta alla guida di una regione italiana, Rita Lorenzetti , Presidente della giunta regionale dell’Umbria  Solo alla fine degli anni ’90 una donna è entrata a far parte della Corte Costituzionale. Si tratta di Fernanda Contri, nominata dal Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro  Nel 1995 , durante il governo di Lamberto Dini, Susanna Agnelli ebbe un ministero di grande peso, quello degli Esteri. Nel 1998 Rosa R. Jervolino , nel I governo D’ Alema , ricoprì l’incarico di Ministro dell’Interno. In tale gabinetto comparivano ben sei donne , un vero record. Si può, allora, considerare conclusa la lotta per l’emancipazione femminile?


“Offro fiori di mimosa per l’eleganza della semplicità e la grazia della flessibilità. Offro fiori delicati ed effimeri, simbolo di forza e femminilità. A voi, DONNE DI IERI, che con coraggio e caparbietà conquiste economiche, politiche e sociali avete donato alla nostra età. A voi, DONNE DI OGGI, alla ricerca di un’identità. A voi, DONNE DI DOMANI, cui spetta la salvezza di questa povera umanità.” Caterina Siclari


Si ringraziano per la collaborazione le allieve del corso di

“ESPERTO MARKETING E COMUNICAZIONE SOCIALE”        

ALBANO Cristiana ANTONUCCI Sonia BIAGINI Valentina DE DOMENICO Giuliana INTERMITE Annamaria LEUCI Mimma MONTELLA Anna ORLANDO Elisabetta

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PALANTONE Anna Cinzia PARABITA Arianna PARABITA Maria QUERO Cinzia RUSSO Stefania SUMA Alessandra TAROLLO Fatima TAURINO Maria


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