Ninnj Di Stefano Busà - alcune interviste

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NINNJ DI STEFANO BUSA’

ALCUNE INTERVISTE DAL 2008 AL 2014


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NINNJ DI STEFANO BUSA’

poetessa, scrittrice, saggista, giornalista e operatrice culturale, vive a Segrate. Nata a Partanna, laureata in Lettere, è tra le figure più note e rappresentative della pagina culturale dei nostri giorni, tra le più conosciute e qualificate scrittrici a livello internazionale al femminile. Poetessa, critico, saggista e giornalista. Inizia a scrivere poesia a 12 anni. Si occupa di Estetica e di Letteratura, di Storia delle Poetiche, oltre che di Critica e di Scienza dell'Alimentazione. La sua vasta opera è raccolta in saggi, studi critici e articoli di varia natura.

ALCUNE INTERVISTE DAL 2008 AL 2014

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Ottobre 2014 Impaginazione: Anna Montella www.annamontella.weebly.com

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INDICE INTERVISTE febbraio 2008 a cura di Florinda Cordella ..........................5 aprile 2011 a cura di Anna Montella ................................... 8 dicembre 2011 a cura di Andrea Ballerini .......................... 13 dicembre 2011 a cura di Fulvio Castellani .......................... 19 dicembre 2011 a cura di Don Santino SpartĂ .................... 30 dicembre 2011 a cura di Daniela Quieti............................. 33 dicembre 2011 a cura di Tiziana Faoro ...............................37 dicembre 2011 a cura di Thema ......................................... 40 febbraio 2012 a cura di Carmen Moscariello .................... 44 marzo 2012 a cura di Alessia Mocci ....................................47 giugno 2012 a cura di Nazario Pardini .............................. 52 giugno 2012 a cura di Elena Rossi ..................................... 59 dicembre 2012 a cura di Franco Campegiani.................... 63 gennaio 2013 a cura di Viola Bosio .................................... 68 aprile 2013 a cura di Matteo Montieri ................................75 giugno 2013 a cura di Lorenzo Spurio ................................81 novembre 2013 a cura di Miriam Binda ............................ 96 febbraio 2014 a cura di Sandra Evangelisti ..................... 100 settembre 2014 a cura di Nicola Franco ...........................105

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Ninnj Di Stefano Busà da "Diva e Donna", febbraio 2008 a cura di Florinda Cordella Il mare, gli ulivi, la nipotina Lucrezia nell'ultima raccolta di versi: "La gente sente la necessità della Poesia come dell'Amore" afferma la scrittrice. Ninnj di Stefano Busà da quarant'anni fa poesia. Una vita intensamente vissuta per la cultura, l'arte, la letteratura. Il suo ultimo libro, il diciassettesimo è uscito nel 2007, e s'intitola: Tra l'onda e la risacca (edito da Bastogi editrice italiana). Ma lei è già nuovamente all'opera, sull'onda di nuove ispirazioni, nuovi stati d'animo. "quasi ogni anno scrivo un libro di poesia", confessa. "Non c'è giornata in cui io non vada a rivedere sul mio computer qualcosa che ho scritto e ritorni su un verso, su una parola o su un concetto. Lavoro e limo. Lo sfondo filosofico e riflessivo del lirismo della scrittrice ritorna nella sua ultima raccolta, mescolandosi armoniosamente con gli elementi della natura, il mare il vento, una zolla di terra tra gli ulivi, i fichi d'india, la nascita dell'ultima nipotina sono solo alcuni dei temi affrontati. Nella sua poetica c'è molto di più: lo sfondo cosmico-filosofico si evince nell'espressione minima della scrittura.

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Come fa a conciliare la famiglia con l'attività di scrittrice? Con molto spirito di volontà e di sacrificio. La mia giornata inizia alle 8 e finisce a mezzanotte: cerco di equilibrare tutte le forze e le energie messe in campo per portare a termine le mie diverse attività. Per fortuna le figlie si sono sempre meritate la mia massima fiducia e devo ammettere che ricevo molta collaborazione anche da mio marito, con cui ci prendiamo volentieri cura dei nostri quattro nipotini, (a turno, ovviamente). Lei ha un curriculum di rilievo: Presidente per la Lombardia dell'Associazione Nazionale Scrittori, Presidente del Centro "Iniziative Letterarie" di Milano, come fa a coordinare le varie anime della sua attività, a far coincidere i suoi innumerevoli impegni? E' vero, l'attività letteraria mi carica di un lavoro intenso: programmo incontri, presentazioni di libri, convegni, presiedo o faccio parte di molte giurie, curo collane di poesia, ma distribuisco le iniziative come più mi è consono, senza strafare né accavallare le numerose azioni messe in campo, ponendo fra l'uno e l'altro impegno un lasso di tempo ragionevole: In tal modo evito lo stress. Quando ha scoperto la sua vena poetica? A 12 anni, a quell'età già scribacchiavo versi, anche se non avevo idea di cosa fosse la vera poesia, la Letteratura. 6


Allora, Si nasce poeti? In un certo senso sì. La poesia in sé non si può insegnare: è un dono che si ha dentro, ma può venir fuori in varie occasioni e a volte in ritardo, rispetto ai tempi, attraverso buone letture. Consiglio di partire da tre grandi poeti contemporanei: Montale, Ungaretti, Quasimodo sono i più vicini, ma non trascurerei i grandi Francesi, i poeti inglesi, la letteratura del '700 e via via quella dei nostri giorni. Ha ancora senso la Poesia nel mondo di oggi? Il nostro è certamente un brutto periodo per la Poesia, soppiantata dall'informatica e da un gran numero di preoccupanti assilli prioritari. Eppure la gente ne sente la necessità, come di un bel romanzo d'amore. L'anima, lo spirito non hanno età. La poesia è tutto questo e non andrà mai fuori moda.

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Intervista tratta dalla rivista "La Luna e il Drago" numero di aprile 2011 4 chiacchiere con... Ninnj Di Stefano Busà giornalista-saggista-poeta a cura di Anna Montella D. Molto determinata, colta, sicura, Lei denota molta simpatia e incute rispetto, cordialità e ammirazione per quello che fa: la sua immagine di donna in carriera letteraria è di grande rilevanza. Sposata da quarant'anni, ha due figlie Clara e Roberta, ha avuto da qualche anno il suo quarto nipotino, come fa a conciliare tutte queste situazioni al suo progetto culturale che esige notevole concentrazione e molto impegno? * R. con molta volontà e spirito di sacrificio. Tutte le condizioni della mia giornata richiedono la mia massima attenzione e cerco di utilizzare al meglio energie e spazi, dando le priorità a quelli che richiedono il massimo obbligo di ascolto nell'istante in cui si presentano. Inizio alle 8,00 termino alla mezzanotte. Devo ammettere che ricevo molta collaborazione da mio marito, a lui ciò che demanda all'amministrazione della famiglia, gli impegni familiari, gli appuntamenti medici, l’ordinaria conduzione della famiglia, a me tutto il resto, come l'andamento di ogni meccanismo familiare atto a risolvere le varie situazioni immediate o non. D. Lei è permissiva o severa come carattere? * R. credo di esserlo nella giusta misura, quando le 8


situazioni lo esigono. Per le figlie e i nipoti dovrebbero essere loro a dirlo. Il fatto che mi siano legatissimi lascia intendere un buon rapporto, o quanto meno che sono mamma e nonna fortunata. Combatto ogni giorno la mia battaglia personale, senza stancarmi di sostenere la famiglia, la ragione culturale, le esigenze di tutti (nipoti compresi), tentando di far coincidere le varie circostanze e le decisioni che occorre prendere per andare avanti e dare risposte giuste al momento giusto. D. ha dato alle figlie una educazione aperta e libera? o le ha tenute a freno? Chi delle due le ha dato più da fare? * R. Per fortuna le mie figlie hanno avuto il dono del discernimento, tanto da meritarsi la mia stima incondizionata, hanno scelto i loro studi, a seconda delle loro inclinazioni, in tal senso, ho lasciato ad ognuno la massima libertà e non sono stata delusa. D. Lei ha un curriculum di grande rispetto: è Presidente per la Lombardia dell'Associazione Nazionale Scrittori, oltre che del Centro "Iniziative Letterarie” di Milano da Lei fondato nel '90. Come concilia i suoi diversi ruoli? * R. Ognuna delle mie cariche è indipendente, ad entrambe dedico il mio tempo autonomamente, programmo iniziative, incontri, presentazioni di autori, convegni, giurie, presiedo premi letterari etc: ammetto che le mie giornate sono piuttosto intense, anche perché porto avanti ogni giorno il mio personale programma sulla Letteratura e la Poesia di mia produzione che non 9


voglio trascurare o abbandonare. D. come vede la politica di oggi? * R: è un tasto dolente, sono consapevole che per l'Italia è un momento fra i più difficili dal dopoguerra. Una condizione di tale dimensione epocale esige unità, cooperazione, condivisione non i contrasti, le contraddizioni, l’inconciliabilità e la deriva della politica che fa “teatrino” ogni giorno. Troppi problemi annosi che non vedono decisioni, saldature, soluzioni, alternative valide. Tutto sta nell'intelligenza del cuore, le capacità di soluzioni sono possibili solo con la mente sgombra da egoismi. La validità o meno di uno stabile governo è sempre commisurata alla responsabilità, ma soprattutto alla grandezza/elevatezza degli individui che la regolano e la conducono. D. Talmente vasta la sua produzione letteraria che si ha solo l’imbarazzo della scelta. Tra la prima e l’ultima opera quale è il parere critico di Ninnj Di Stefano Busà? * R La crescita per gli umani è in continua evoluzione. Tra il mio primo libro e l’ultimo, c’è solo un diverso grado d’impegno e, se posso ammetterlo, una condizione di privilegio perché la poesia esige tempi lunghi e assorbe pienamente il suo compito storico se fatta con la prospettiva di un continuo, incessante dispendio di energie, concentrazione e desiderio del “dono”. La poesia è un dono, c’è insita la volontà di “donarsi” di farsi storia di ognuno e di tutti. 10


D. Nata in Sicilia a Partanna, una città di 18mila abitanti. Da molti anni a Milano. In quale equilibrio convivono le due realtà così distanti e differenti? * R. Opposte solo come ubicazione, geograficamente, ma non intellettualmente. La cultura è una caratteristica fondamentale, direi essenziale, nella cultura dei siciliani. Molte grandi personalità e figure di intellettuali hanno avuto origini meridionali. La diversità unisce non divide, perché arricchisce, se usata ai fini di una caratterizzazione non strumentale che porta al bene comune e a regole condivisibili. D. Se avesse la lampada di Aladino, quale desiderio prioritario esprimerebbe? * R. non vuole essere retorica, ma chiederei soprattutto Pace e Bene per il mondo intero dilaniato da crudeltà e disumanizzato, ferito, martoriato. Ovunque:fame, privazione dei diritti umani, malattie, povertà, guerre. La crisi economica è soprattutto il segno del disagio , come dire, l’esito finale di una grande tragedia., Il declino dell’umanità dal senso culturale e umano della società civile è sempre l’assenza o la latitanza di valori morali, culturali, religiosi. D. Il mondo ha ancora bisogno di Dei? R. - di Dio, sì, molto, di idoli di cartapesta, di modelli profanatori - no - . La rinascita della Storia e di ogni Civiltà passa sempre da una religione laica, non bigotta né ottusa che detiene l’intelligenza e la filosofia primaria di un Credo Giusto. Ci congediamo dalla nostra ospite ringraziandola per 11


la disponibilità e con il nostro personale ad maiora per sempre maggiori soddisfazioni e successi. “Finché esiste un uomo sulla terra, esisterà la poesia”

********* Video intervista del 13 aprile 2012 a Taranto. Anna Montella intervista la scrittrice Ninnj Di Stefano Busà

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Intervista a Ninnj Di Stefano Busà A cura di Andrea ballerini dicembre 2011 in: Expolatinos.com Il Ceac, Centro Ecuadoriano di Arte e Cultura, molto attivo nella programmazione di eventi culturali, ha organizzato la presentazione di due libri di poesie, tra i quali Quella luce che tocca il mondo, l'ultima opera di Ninnj Di Stefano Busà, una delle figure più rappresentative nel panorama letterario femminile di oggi. Expolatinos ha incontrato la poetessa con la quale è nata una piacevole chiacchierata sulla poesia, sulla cultura e sull'essere poeti oggi. L'incontro con Ninnj Di Stefano Busà è stato affascinante e l'intervista si è trasformata in una bella riflessione sull'essere poeti oggi e sulla difficoltà del fare cultura oggi, ma allo stesso tempo la forza, la passione, il credere, che questa donna, che ha pubblicato diciotto libri di poesie, più altri di critica letteraria e saggistica, lascia trasparire dalle sue parole e dal trasporto emotivo nel parlare di ciò che rappresenta da oltre 40 anni la sua vita. Le sue raccolte sono state tradotte in diverse lingue e le sono state dedicate tre monografie. Nella sede del Consolato dell'Ecuador a Milano, grazie all'amicizia che ci lega a Guaman Allende, scrittore, poeta, responsabile della sezione letteratura e vice presidente del Ceac, abbiamo potuto incontrare la poetessa prima della serata di presentazione della sua ultima opera, fare qualche domanda, ma soprattutto ascoltare.

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Scrittrice, giornalista, saggista, critica, promotrice di premi letterari, un'attività intensa è dir poco. Dove trova l'energia per dedicarsi a tutto questo? Sono 45 anni che mi dedico alla letteratura e di conseguenza ho molta esperienza nel campo. E' una cosa che mi appassiona e mi prende e quindi lo faccio volentieri e non vedo come possa cambiare modello di vita ed escludere la Letteratura. Per me è diventata una questione vitale la cultura anche perché non è un optional come si pensa attualmente, ma è qualcosa che ci investe all'interno e, secondo me, la cultura è quello che può salvare la situazione in questo momento. Una cultura scomparire'...

che

qualcuno

vorrebbe

'far

Si', come qualcuno vorrebbe, perché stiamo decadendo giorno dopo giorno fino ad arrivare allo sfacelo, per cui la cultura e, secondo me, anche un briciolo di saggezza, potrebbero salvare qualcosa di salvabile, almeno lo spero... Esiste ancora il giusto spazio per la poesia nel mondo della comunicazione multimediale di oggi? Finché esiste un uomo sulla terra, esisterà la poesia. Non è solo quella che vediamo come scrittura e quindi 'subiamo', ma secondo me qualcosa che internamente ci coinvolge e in fondo in fondo, se vogliamo esaminare bene, è la nostra anima. Quando noi diciamo poesia, oggi come oggi, ne parliamo quasi in modo astratto perché non ci coinvolge più, perché abbiamo dato 14


grande spazio all'informatica, a internet, insomma a tutte le cose che danno l'immagine immediata senza la riflessione. Invece la poesia, la vera poesia ti inchioda ad una riflessione, perché ogni persona che legge ha bisogno di capire quello che sta dicendo l'altro ovvero di interloquire con l'autore. Quindi questo spazio c'è ancora? La tecnologia, l'informatica ha e dà dei messaggi completamente opposti alla poesia perché la poesia esige una ponderatezza, una riflessione, una comprensione e il mondo informatico questo non lo dà, ragion per cui noi abbiamo sempre bisogno di poesia che è una sorta di conforto in questi tempi così difficili, così angoscianti, così affrettati, così alieni da qualsiasi spiritualità. Ci dà il senso di essere con noi stessi, il senso del dialogo con gli altri e ci arricchisce, anche senza volere. Poesia come investimento su se stessi. Io, vede, ho insegnato tanti anni all'Università della Terza Età e ai miei corsi venivano inizialmente scettici oppure speravano, anche in massa, di fare subito poesia, poi si accorgevano che la poesia non è uno scherzo. Ti investe molto, devi dare molto di te, devi avere una certa capacità espressiva, di linguaggio. Devi avere in mano il lessico. Il concetto che vuoi esprimere lo devi fare in una maniera ben precisa, non puoi derogare. Esistono precise regole? 15


Certo, esistono delle regole e bisogna seguirle, perché altrimenti non è poesia, sono parole in libertà che non hanno senso. Questo messaggio che vuoi lanciare lo devi incanalare in modo che venga compreso e arrivi al lettore. Quindi c'è ancora margine per poter fare e rappresentare poesia questa umanità che sta per...estinguersi. A proposito della sua ultima opera, la si deve considerare una sorta di viaggio continuo rispetto al suo lavoro precedente? Si', la mia è una poesia che continua nel tempo e non è un percorso accidentato che nasce e si interrompe, come ho visto accadere a molti. Io sono stata fortunata perché l'ispirazione non mi è mai mancata; posso stare dei mesi senza concepire un testo, poi inevitabilmente c'è il fiume in piena e non le nascondo che nel giro di due o tre settimane riesco a fare un libro, a volte anche con due, tre, quattro, sei testi al giorno, intendo poesie. Non mi manca l'ispirazione, non sono mai ripetitiva e in ogni raccolta sono sempre un po' diversa dalla precedente. Il poeta deve avere comunque un'allenamento continuo.

un

metodo,

E' chiaro che c'è uno sforzo come il ginnasta o il calciatore o il ciclista che deve allenarsi. La poesia è una palestra, è un modo di vivere. Non è una cosa astratta che tu la fai, non la fai, è una cosa in cui credi e nella quale investi tutta te stessa. E' la vita. Invece di parlare in modo, diciamo comune, a volte scialbo, parli in modo 16


elegante e in questo caso intendo il linguaggio della poesia. La scrittura deve essere come la vuole sentire il lettore, perché se è una vera poesia il lettore dice 'come vorrei averla scritta io'. Come nasce una poesia di Ninnj Di Stefano Busà? Il mio modo di fare poesia non è 'da tavolino', la mia poesia viene da un'ispirazione interna che è come se mi dettasse qualcosa, non so come spiegarlo, mentre la scrivo, il giorno dopo l'ho già dimenticata e se dovessi dire di ripeterla, è come se non l'avessi scritta io. Certe volte rileggendo alcune poesie delle mie raccolte, mi sorge il dubbio di averla scritta io. Mi estraneo a tal punto che non la riconosco quasi più, ma allo stesso tempo sono uniche e non copiabili e qui sta la bravura di un poeta, nel non ripetersi ed io cerco nei limiti del possibile di non ripetermi, usando sempre termini diversi e di dare maggiore rappresentatività ad un linguaggio che non è comune con ricercatezza nei termini, perché è molto importante. E anche i miei critici, che sono autorevoli, dicono che io, da una raccolta all'altra, riesco a rinnovarmi e trovo che le ultime sono sempre migliori delle prime. Non mando in stampa una raccolta se non l'ho tritata in un modo osceno.... Sono molto esigente, lo ero con i miei studenti, ma sono soprattutto esigente con me stessa. Non voglio che la parola sia asfittica o sovrabbondante di aggettivi, voglio che sia il tanto che basta, come una ricetta con gli ingredienti giusti. Ci troviamo 'in casa' di un paese latinoamericano, c'è qualcosa che la lega a questo mondo culturale?

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Noi abbiamo molto in comune con il mondo latinoamericano. La nostra matrice è di per sé una matrice comune. Ci somigliamo moltissimo, anche nelle tradizioni, nel modo di vedere e concepire la vita, poi bisogna capire quali affinità trovano le varie persone e in ogni caso il linguaggio della poesia è davvero universale.

Ninnj Di Stefano Busà premiata a Tulliola

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La poesia: la seconda pelle di Ninnj Di Stefano Busà Intervista a cura di Fulvio Castellani – 9 dicembre 2011 La poesia muove il vivere stesso di Ninnj Di Stefano Busà, fa parte del suo io più recondito e solare, vive in lei come un elemento inscindibile, naturale. Questo emerge, del resto, dal complesso della sua ormai notevole e prestigiosa biblioteca di momenti lirici, di ritorni all'ieri, di tuffi nel presente, di letture che si proiettano dentro e oltre, il finito e l'infinito. E' stato evidenziato, a più riprese, come nelle sue opere (non soltanto di poesia) sia sempre presente un risoluto recupero memoriale, e questo come fonte di emozioni che si rinnovano e che diventano, o ridiventano, illuminanti scoperte. Per rendersi conto di un tanto, è sufficiente entrare nei perché che fuoriescono dalla silloge Adiacenze e lontananze, che, pubblicata nel giugno 2002, contiene un prezioso e simultaneo altalenarsi di situazioni, di atmosfere, di negazioni e di attese, di visualizzazioni, di assoli, di scavi psicologici e di spazi ampi che, forti di un'armonia creativa ormai consolidata, determinano l'essere e il divenire in un gioco quasi misterioso di suggestioni e di richiami. Da ciò si ha modo di capire il perché Ninnj Di Stefano Busà (che ha visto tradotta la sua opera letteraria in diverse lingue e che già nel 1990 è stata insignita di un diploma di benemerenza per meriti letterari da parte della Società Argentina degli Scrittori) venga considerata una voce di primo piano nel contesto del diorama culturale dei nostri giorni. A lei, inoltre, sono stati dedicati saggi e studi monografici da parte di critici di indiscutibile 19


serietà e autorevolezza, come Carlo Bo, Antonio Piromalli, Giuliano Manacorda, Aldo Capasso, Geno Pampaloni, Mario Sansone, Elio Filippo Accrocca... "Dai capricci e dal sogno dei poeti – ha scritto Antonio Coppola nella monografia dedicata di recente a Ninnj Di Stefano Busà – noi possiamo aspettarci di tutto, ma mai che questo sogno rimanga solo in funzione teoretica o leziosa: sovrastruttura a sovranità territoriale". E proprio per entrare nel "cuore" del suo essere donna e poetessa non ho rinunciato all'idea di rivolgerle alcune domande, di obbligarla, come si suol dire, a mostrarsi con il volto suadente che fa parte della sua solida, e sempre effervescente carta d'identità. Cosa significa per lei scrivere, e in modo particolare scrivere poesia? Spero non me ne voglia chi non è d'accordo con me, e non appaia retorico che allo scrivere io voglia dare lo stesso significato che respirare. Del resto, quando una cosa ci è congeniale non facciamo nessuna fatica a realizzarla. Per me, ma, suppongo anche per tutti quelli che nella scrittura credono come ad un atto incontrovertibile della loro identità, scrivere può significare amare, donarsi in quell'atto di solidale accezione quale è quello della poesia, identificandola come la più dolce delle passioni umane, perché è estremamente verosimile che chi tenta la scrittura poetica voglia identificarsi al sogno, alla vita come Ente di appartenenza, come episodio imprescindibile di una facoltà che ci pone al livello più alto del pensiero e, dunque, della storia, se per storia è intesa quella pagina 20


culturale viva e indiscutibile che ci coniuga all'essere e al divenire,in progress, esulando assolutamente da noi e che però da noi prende l'avvio per divenire meno episodico il cammino dell'uomo, meno relativista e precario il destino del linguaggio e della propria coscienza di umani. Identificarsi con la storia, capire il significato ultimo della vicenda umana, l'imponderabile mistero che l'avvolge, diventa allora una personale sintesi, un percorso che vuole realizzare se stesso dentro il fatto testamentario del proprio bisogno, non solo fisico, ma soprattutto spirituale. Questa, in breve, la mia opinione per chi, come me, crede e ha fede nel principio della vita e della facoltà del proprio pensiero illuminante. Il suo dire, come ha felicemente scritto Fulvio Tomizza, sfocia. sempre "in visioni di spazi dilatati, amplificati fino allo stremo". C'è un modello che lei va seguendo o al quale si ispira per raggiungere un tale risultato? Il caro Fulvio Tomizza che ebbe a cuore la mia poesia, mi diceva sempre che la mia scrittura poetica possiede gli spazi dilatati del tempo e della storia, perché non segue le mode, ma gli impulsi autentici della propria condizione ispirativa. Vi è, a suo dire, nei miei versi la condizione primaria della realtà e dell'esistente dentro un ampio respiro immaginifico che permea la materia vitalistica dei miei versi. Quanto egli ebbe a precisare per quanto attiene alla mia poetica è vero, suffragato poi da altri innumerevoli e autorevoli critici che ne hanno espresso giudizi similari. Quello che influenza la mia poetica non è mai un episodico atto di scrittura a sé stante, un fatto isolato dal contesto, ma una presa di 21


coscienza, la consapevolezza che noi viviamo al cospetto dell'Eterno, al quale dobbiamo gli atti più precipui della nostra identità che determina e attua i referenti. Perché ha scritto che "il mio peccato è quello di voler trovare il sole | dopo fitta pioggia o l'uragano"? Cosa sottintende tale immagine? Trovo che il mondo è privilegiato, malgrado tutto, e per luce in tendo la Felicità di un'apertura nell'aldilà, che non abbia trucchi o furberie, astuzie né malizie a deturpare l'ardore spirituale. Seppure talvolta siamo oscurati dagli uragani e travolti dalle nefandezze del quotidiano, vi è un punto che esalta la nostra crescita, ci fa probabili fruitori di un mondo migliore. Tutte le ipotesi si ricollegano al vertice di una ragione possente e onnipresente quale la Fede. Per tutti può sorgere un altro giorno. La mia è un'apertura alla speranza, vuole essere un'esortazione allo stupore nuovo di un'alba prima, cioé alla luce primordiale di un fantastico itinerario nella consapevolezza dell'esistente e di quanto tale luce interiore sia l'inesauribile fiamma che ci illumina. Se si vuole percorrere fino in fondo il sentiero lungo e tortuoso di un destino difficile come quello umano, si deve intervenire sulle risorse dello spirito o di quella facoltà superiore di cui siamo dotati. Se parlo di "peccato", mi riferisco al modo piuttosto insano, troppe volte molesto e irriverente con il quale ci si rapporta al senso del divino. Ricercare la salvezza e ogni resurrezione possibile nell'immediatezza di un esistente martoriato e sconfitto è facile, ma non individuarla dentro il caos e non subordinare le nostre azioni al compimento del bene è 22


quel "peccato" cui accenno, è quel corrotto modus vivendi che mi lascia perplessa. L'avventura umana si compie nei fondali melmosi, dentro un buio fitto e impenetrabile; lì il cammino si fa difficile, occorre la lanterna della sapienza e della saggezza per poter navi gare a vista, senza bussola né periscopio. Dove le acque sono intorbidite da nefandezze, il peccato resta infisso al peccatore, ovvero a chi non sa più risalire dal male verso quella Luce cui si accenna; ecco perché "peccato", in senso biblico. Questa è la mia visione del processo di realizzazione dell'io nei confronti di un atto apparentemente irrazionale che è la scrittura. Se dal nulla cui siamo destinati riusciamo a carpire anche pochi attimi di luce da quell'avventura indicibile che è la vita, credo sia valsa la pena di viverla e di soffrire. Anche il dolore ha il suo atto catartico. Lei ha una cura del tutto particolare nella scelta della parola al fine di creare un linguaggio fluido, coinvolgente, ricco di immagini, di suoni, di voci. E' una sua scelta oppure ciò le nasce in maniera spontanea? La mia è stata sempre una poesia-ricerca, una poesia che ha saputo cogliere qualche consenso proprio in virtù di questo tentativo di scendere negli abissi più fondi per risalire mondati (idealmente, si fa per dire) alla luce di una purezza anch'essa rivisitata in chiave storica, ontologicamente storica, cioè libera dal peccato originale. Noi, per nostra stessa natura, non possiamo escluderci da esso, come non è possibile raggiungere la perfezione cui tendiamo. E' un fatto prevalentemente di origine: la nascita prevede e precede la morte, la vita 23


innesca e partorisca il dolore, il lutto, l'assenza... tutti episodi su cui riflettere, scrivere, dissertare. La mia poesia risente molto di una condizione filosofico-storica che la racchiude. Non mi relaziono a nessuno in particolare, anche se Montale è il poeta a me più congeniale per quel suo memorabile "mal di vivere", che orienta e convive con la sua storia personale, che in definitiva. è quella stessa di tutti noi mortali. Ammetto che uno dei miei difetti è proprio la ricerca infinita della parola più vibratile, più incisiva e idonea a dare il massimo della potenza al verso, però non me la sono mai imposta, non la perseguo con accanimento, a tavolino, a freddo, perciocché la mia scrittura risulta impegnata nei due versanti: la versatilità e l'ispirazione. Predomina, qua si sempre, poi, un terzo elemento che va a intrufolarsi fra i due e ne determina il risultato; l'azione è volta a dare alla poesia la fluidità, da cui si determina la ricchezza formale, da cui scaturisce tutto il resto, che a suo dire istruisce e amplifica i significati, fino a dilatarli, come già osservava Tomizza. Voci, suoni e parole vanno poi a coincidere in un mosaico di rilevante coinvolgenza che io non preparo mai in anticipo, né tantomeno prevedo che accada. In ciò forse sta la mia spontaneità. Faccio poesia da quando avevo dodici anni, oggi le mie primavere sono tante ma mi approccio alla poesia con lo stesso stupore aurorale del primo giorno. E' questa la mia attitudine, non potrei fare diversamente: ne sono convinta. Fra i tanti ed importanti critici che si sono occupati della sua poesia, chi è riuscito maggiormente ad entrare nel cuore del suo essere donna e poeta?

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Fra i numerosissimi critici (nella maggior parte anche autorevolissimi) che sono stati miei lettori di poesia, non posso dire quale abbia penetrato più profondamente la mia anima. Ognuno di loro ha apportato nel mio palmarès il giudizio esegetico più avvertito. Ringrazio tutti, perché sempre la critica ha voluto privilegiarmi del criterio discernitivo più valido e preparato. Tutti mi hanno donato qualcosa, incoraggiata a tirare fuori il meglio di me. A ciascuno di essi vada il mio riconoscente pensiero. Lei si dedica, a sua volta, anche, alla critica letteraria scrivendo saggi, prefazioni, recensioni. E' più facile essere poeti oppure leggere criticamente quanto scrivono gli altri? Ho prefato innumerevoli libri (un centinaio, e forse più), mi sono interessata di recensioni,di saggistica, di critica letteraria con "pezzi" su Croce, Pavese, Michelstaedter, Pirandello, D'Annunzio, Raboni, Flaiano... per giungere anche ad autori esordienti, autentici nessuno che, se sanno scrivere poesia, per me contano moltissimo: ad essi rivolgo spesso la mia personale cura e attenzione, perché faccio questo lavoro con autentica preparazione, senza infingimenti o speculazioni di sorta. A tutti ho cercato di dare risposte e, ove possibile, incoraggiamento, senza svilire mai il prodotto poetico che deve restare lontano dal 'populismo da strapazzo', o dal 'pressapochismo'. A me scoprire un vero poeta dà una gioia immensa. Posso dire di aver scoperto numerosi poeti, di averli esortati a credere in se stessi. Per molti di loro ho intuito un futuro che si è puntualmente realizzato. In ogni caso per me il poeta è 25


sacro e va rispettato nelle sue intenzioni senza stroncarlo sul nascere. Per quanto attiene al fatto di emettere giudizio su una buona poesia, mi riesce meglio che scrivere su poesia mediocre o scarsa. Credo sia che merito chiami merito, e la valorizzazione dell'oggetto poetico riesce a coinvolgere di più se la poesia è di alto livello. Ritengo sia dovuto al fatto che un poeta-critico possa penetrare meglio il territorio in cui si muove la poesia, e diffido un po' dai critici che non hanno mai scritto versi. Personalmente sono interessata ai diversi campi dell'attività letteraria. La mia è una ricerca di studio, un esercizio interdisciplinare senza sosta. Mi occupo anche di Estetica. Ho pronto un lavoro di grande impegno sull"'Interpretazione antica e moderna del Bello", che abbraccia l'intera concezione teoreticofilosofica della Bellezza, dall'antichità fino ai nostri giorni. Credo fermamente nelle capacità di intendere il concetto degli altri attraversando le innumerevoli ipotesi del mio percorso culturale. Non saprei escludere dalla mia vita la poesia. Così come la critica, la saggistica, tutte le discipline concorrono a dare completezza al quadro intellettuale della mia crescita, fanno parte del patrimonio linguistico e della mia preparazione. In altro modo non saprei come spiegarlo. In quanto Presidente del Centro Iniziative Letterarie e componente o organizzatrice di varie giurie di premi in tutta Italia, ha avuto modo di conoscere diversi poeti contemporanei. Tra gli emergenti c'è qualcuno che ha veramente le carte in regola per guarda re lontano? Devo ammettere che vengo a contatto con tanti poeti, 26


leggo un variegato prodotto lirico e anzi, a tal proposito, vorrei dire la mia opinione sui meriti di tanti poeti emergenti. Vi è una tale affluenza nella poesia odierna da far intendere che la poesia non verrà mai soppiantata dall'informatica, come da più parti si ventila. Invece, a mio avviso, è la critica ad essere latitante; non si vuole fare a nessun costo un bilancio, una scelta dei nuovi nomi emergenti, che, per il processo storico cui accennavo all'inizio, devono di necessità andare a sostituire i tre nomi storicizzati : Montale, Ungaretti, Quasimodo. Sarebbe auspicabile il ricambio generazionale, ma questa pagina di letteratura deve essere ancora scritta, non se ne avvertono esigenze o tentativi d'attuazione a breve scadenza, non vi è nessuno che prenda in esame, in maniera congrua e corretta, l'imprescindibile e non più rinviabile riammodernamento epocale con uno studio dei fenomeni linguistici secondo la loro evoluzione temporale. Antologie e Storie delle Letterature non ne prendono in considerazione l'aspetto diacronico e dunque slittano sui fondamenti dell'equità del giudizio storico, senza valorizzare in nessun caso esordienti di spicco. Fuori dalle regole resta Luzi, che è l'unico a essere riconosciuto fra i poeti più rilevanti, non certo fra gli emergenti. Gli altri, tutti gli altri, restano "lettera morta" che un futuro estremamente lontano valuterà. Che importanza ha un editore nella diffusione del prodotto-libro e nella valorizzazione di un autore? Si, tanta importanza soprattutto se trattasi di editore autorevole, i mostri sacri : Mondadori, Garzanti, Rizzoli certamente hanno importanza nella diffusione del 27


prodotto-libro, specialmente riguardo alla poesia e alla narrativa. Ma quanti hanno facoltà di giungere a questi ? La verità è che si pubblica più poesia di quanta siamo disposti a leggerne. Il mercato è saturo; volendo fare una speculazione in termini pratici agli editori di spicco converrebbe fare una carrellata di nomi apprezzabili, perché ve ne sono a centinaia (anche di buon livello), ma la realtà è che l'editoria non vende il libro poetico, o così crede, o vuole, per sua scelta restare elitaria, non vuole mettersi in gioco con pletore di poeti della domenica che pure sarebbero disposti a levarsi il pane di bocca per giungere alle redazioni di tali case editrici. Eppure, molti emergenti avrebbero le carte in regola per onorare la pagina letteraria che conta, per traguardare la Storia. Però finiscono per entrare nella tana del lupo, sobbarcandosi le spese di pubblicazione; così fioriscono e prolificano sottoboschi editoriali, a tiratura ristretta, che tentano di colmare la grande disattenzione dell'editoria di prestigio. Servono a qualcosa le antologie? Anche le antologie sono specchietti per allodole, non hanno nessuna rilevanza culturale, perché spesso dentro vi è di tutto e di più, senza la logica dell'apparato di selezione che decide il referente; ogni autore presente o assente torna a essere la nullità del fatto poetico, non vi può essere misura di contenuti, né rigore né equità nel fare di tutte le erbe un fascio. Da qui la frustrazione che ha del paradosso, a volte chi vale non rientra nell'elenco e chi non vale è portato all'apogeo da fattori contingenti, che nulla hanno a che vedere con la validità dei meriti effettivi. 28


Se "la vita è oltre il suo epilogo", come lei vorrebbe essere ricordata? Sì, è vero, credo di intravedere "la vita oltre il suo epilogo", questa conduce ad un tal sentiero che non vede soluzione di continuità, interruzione, o defezioni. La vita è quello che è, inesauribile nella sua scontentezza, nella sua relatività e precarietà, ma se si riesce a individuare uno spiraglio dì luce oltre quel tunnel, l'estremo limite si dilata, va a congiungersi in un'ideale "escalation" a quelle misure, a quelle superiori entità che si relazionano all'eterno, e nel gioco delle parti nulla si esaurisce se non la fisicità/materica. Permanendo nell'orbita di un dettato spirituale che va ben oltre il nulla, i poeti tentano di entrare nella Storia, superando la parabolica curva della nascita per la morte. Intendo che vi siano una resurrezione e tante epifanie che presuppongono un cammino di speranza. Per quanto mi riguarda e attiene alla mia persona, non credo di rientrare nel novero dei poeti storicizzati, non sono autolesionista fino a illudermi di essere ricordata. E se mai lo facessero, vorrei essere ricordata come qualcuna che amava la poesia al di sopra di tutto, tanto da ritenerla la sua seconda pelle.

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Intervista a Ninnj Di Stefano Busà rivista "Dossier" – dicembre 2011 A cura di Don Santino Spartà Lei è poetessa, critico, saggista, giornalista, quale di questi ruoli ritiene più cònsono alle sue capacità interpretative nel versante di oggi? E' difficile immaginarmi in un ruolo ben conchiuso e definito o definibile, io sono come il Condor, amo le aree libere del cielo. Tutti i ruoli assolvono per me carattere di comunicazione col mondo. Mi ritrovo in essi con la finalità di dare un contributo umano e culturale alle varie discipline, senza prevaricazione né prioritarie scelte di campo. Ogni aspetto d validità o meno dei ruoli prescelti credo vada a raggiungere fatalmente il fine ultimo che è quello di dare secondo le indicazioni di Dio o secondo le proprie predisposizioni da Lui infuse, ciò che si possiede, a seconda delle capacità del proprio sentire, della propria intelligenza e del proprio destino, nel saper trasmettere valori e significati alla vita. Sicché, sono vari ruoli quel che Dio mi ha destinato, forse anche un "tramite", null'altro che un mezzo di creatività e un tentativo di conoscenza possibili. Quali tematiche si stagliano nella sua Poesia? Risposta: In quanto alle tematiche, credo e mi auguro di non essere monocorde, la mia visionarietà spazia tra filosofia, cosmogonia, metafisica con un senso di religio che vibra sempre attraverso le infinite verità possibili che perseguo e che, (a quanto affermano i miei critici), danno alla mia Poesia il fascino di una scrittura insolita, riconoscibile per il timbro personale e, (bontà loro) molto 30


apprezzata e seguita: "rendendo come veramente è giusto, la consacrazione delle mie tante "anime" come afferma Giorgio Bárberi Squarotti, mio amico da lunghisso tempo. Fino a che punto vibra nella sua poetica l'afflato religioso? E' quello che si dice l'origine-causa del mio linguaggio. Dio è imprendibile e io cerco di sfiorarlo come posso, inducendomi a pensare che Egli sia più vicino a me attraverso la Poesia. Perciò, è una ricerca incessante, continua, a volte visibile, altre solo intuibile, ma sempre dietro l'urto dirompente della scrittura, io urlo il Suo nome, verifico la Sua possibilità di essere ascoltata, la capacità escatologica della ricerca, mi porto più vicino al Grande Mistero del Trascendente, come tentativo di avvicinamento e di suggello della Sua PresenzaIntuizione Come considera le monografie che le hanno fin qui dedicate? mi pare tre, nelle quali lei viene esaminata da diverse angolature e fotografata a 360°. I miei critici danno giudizi molto belli nei miei riguardi. Spero che siano dettati da competenze autorevoli di grande levatura e non piuttosto da affinità elettiva che può accomunare intelletti di pari dignità. L'impressione che ho ricavato dal loro racconto esegetico sulla mia persona è lusinghiero. Dire se tutto quanto affermano sia vero e non piuttosto il frutto di convinzioni personali non sta a me dirlo. Il tempo farà giustizia da sé, sempre che il mio modo di rapportarmi alla Poesia sia verificato anche da altri illustri che man mano seguiranno, consentendomi di passare "la 31


frontiera" e chiedere quel diritto d'asilo di cui pochi responsabili unici detengono il potere per la Storia della Letteratura Italiana.

Ninnj Di Stefano BusĂ , seconda da dx

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INTERVISTA di Daniela Quieti a Ninnj Di Stefano Busà – dicembre 2011 D: la Poesia ama tempi lunghi, Lei ritiene che oggi, in tempi reali, in cui la cultura e la poesia (più in particolare) restano ostiche e invise ai più, possa ancora avere indici di ascolto? R: oggi più che mai, proprio perché viviamo un mondo tragicamente difficile, carico d'incognite, privato di felicità e serenità, la Poesia è rifugio da antichi dolori, nicchia refrigerante di temporanea pacificazione col nostro "io" tormentato. In effetti, si avverte un avvicinamento a questa grande arte, un po' bistrattata, perché spesso incompresa o ritenuta "inutile". Riguardo alla sua inutilità, vi sarebbe poi, molto da dire. Niente è inutile in questo mondo, se non il "male": Mi pare che la Poesia non appartenga a questa categoria, anzi, sia lenimento al male, fatto salvo il timore di esserne intimiditi o temerla, perché parla un linguaggio interiore, fatto di suoni modulati al mistero, alla trascendenza, La poesia non è stata mai una materia bene accetta dal "vulgus" troppe implicanze v'intravede al suo interno, troppe interferenze di carattere psico-analitiche, troppa cultura, troppo tempo da perderci per capirla...Ma gli altri, tutti gli altri possono trovare nella Poesia quel "quid" mancante che lega il soggetto al suo infinito, alla memoria fruibile del suo io più interiore che parla la lingua dell'intelligenza del cuore.

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D: E' preferibile che la poesia sia vissuta dall'uomo di oggi come protagonista? oppure come comparsa nel ruolo secondario di un mondo fatto di fattori dissacratori, di devianze, o assenze? R: la poesia è altro da sé, altro anche del nostro immaginario comune, dalle regole del gioco, dal suo verosimile. Non si può immaginare la poesia, senza quel minimo di mistero, di divinità, di trascendente, d'infinito, di "oltre" che porta in sé sin dalla sua genesi. Vi è un fattore che la determina, ed è l'esigenza di rapportarsi con una Entità perfettibile che vive dentro di noi, ma non fa appello al fragore per farsi sentire, non grida, non si agita. E' solitaria compagna, e accondiscendente segno e sogno infinito della nostra esistenza. Chi la scrive per il futuro ne traccia i segnali, ne istruisce la voce dell'oltre, fa sue le corde infinite di un suono quasi celestiale che origina dal di dentro. Non è diversamente spiegabile, la sua vocazione a restare nelle retrovie del mondo, a proteggere l'uomo dalle sue stesse temperie. La vita non è solo sogno e la poesia lenisce in parte questo attrito, questo stridore, le incoerenze, gli affanni, le assenze di un mondo carico di -non senseD. La scienza cosa pensa della poesia? dove la colloca? le dà una definizione?, la giustifica? R: la scienza ha i sui alti meriti, la poesia ne ha altri, Le due cose non sono necessariamente interscambiabili, né cumulabili. Non sono per schematizzare tutti i processi indistintamente. Trovo giusto che ogni Ente nel suo campo trovi la sua ragion d'essere e vi si distenda, vi si avvicini come può, meglio che può per creare armonia, 34


per sintonizzarsi con gli altri Enti, che sono diversificati e hanno dalla loro, la certezza di portare avanti una causa giusta, di sponsorizzare un bene comune, di valutare in orbite e ambiti diversi le condizioni reali di un mondo multiforme, variegato e (per certi versi) sconosciuto come è il nostro. D.. Quale è stato il suo primo approccio con la Poesia? R: avevo tredici anni quando misi in essere il mio istinto poetico. Scrissi i miei primi versi su un quadernetto a copertina nera (come si usava un tempo). Li tenevo in cassetto come un tesoro da nascondere, erano le prime emozioni, le prime suggestioni della vita che mi si schiudeva innanzi e di cui capivo appena il profilo. I contorni netti mi apparvero più tardi, quando capii che ero fortemente votata alla poesia, quasi come un destino. A quindici anni, mio padre che era amico di Salvatore Quasimodo, glii mostrò alcuni testi e il grande poeta, ne fu entusiasta, tanto che espresse il desiderio di farmeli pubblicare con una sua prefazione. Dopo alcuni mesi morì. Tutto rimase lettera morta anche per me. Successivamente ripresi il mio iter da sola. Fui letta da grandi critici come: C. Bo, M. Sansone, V. Vettori, A. Capasso, Barberi Squarotti, fino ai più recenti: Giovanni Raboni, M. Forti E. Giachery, A. Merini, Walter Mauro, Davide Rondoni che ne hanno manifestato entusiasmo e ammirazione. Il resto è storia personale. Non sono stata consacrata mai dai Grandi Editoriali, ma come abbiamo detto da principio la poesia ama tempi lunghi, saprò aspettare, poiché è determinante per la mia storia personale continuare a scrivere, solo quello... 35


D: la letteratura è una delle sue più importanti forme di vita, Lei vi dedica gran parte del suo tempo. R: si, è vero, fa parte del mio essere in quanto tale, non saprei disgiungerla dalla mia vita, ma altre sono state le priorità e le occasioni, diverse le esperienze, le necessità...a cominciare dalla famiglia, le figlie Clara e Roberta, i quattro nipotini, e molto altro. Mio marito mi ha sempre sostenuto, ma sovente ho dovuto prendere decisioni importanti, occuparmi della conduzione familiare, seguire gli studi delle figlie, le loro vite, consigliarle, sorreggerle nelle difficoltà, etc. La mia vita è sempre stata carica di una grande quantità di cose. In tutta questa fucina non è mai venuto meno l'amore per la poesia. Le sono stata fedele, l'ho coltivata in silenzio, nei ritagli di tempo, la notte nel silenzio della mia casa. Oggi la poesia e la fede si combaciano, per me poesia è divenuta anche la mia fede. Ci credo come ad una religione, cerco di inculcarla nei giovani, nelle scuole in cui spesso vengo ospitata per discettare di poesia e tentare di farla amare ai giovani, che rispondono positivamente (devo dire) e per fortuna, perché la poesia è quel filo sospeso tra noi e il cielo, tra il bene e il male, tra la vita e la morte, e non si deve spezzare, perchè equivarrebbe a rovinare qualcosa di bello, di buono che ancora resta.

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INTERVISTA di Tiziana Faoro a Ninnj Di Stefano Busà – Dicembre 2011 D: quale collocazione intellettuale dà alla Poesia la società di oggi? R. la rappresentazione che in ogni epoca storica credo abbia dato, ovvero, indica uno spartiacque, tra l'affanno e la tregua, tra l'essere e il divenire, tra il bene e il male, tra il reale e il sogno. Certo nella società del postmoderno la Poesia si sente un po' fuori luogo, è una campana stonata, perché altre sono oggi le priorità: oggettive prioritarie: lo stravolgimento dell'economia mondiale con la conseguenza dell'impoverimento per metà del pianeta, la lotta per la sopravvivenza, per la vita in un mondo ormai sovraccarico di scorie venefiche, di individualismo, di libertarismo esasperato, sentinelle di sventura, una società sull'orlo di una recessione mondiale, con interi Paesi allo sfascio, le rivoluzioni del nord Africa per la libertà dei popoli dalle dittature etc, parlare di Poesia può apparire blasfemìa. Eppure, è quasi certo che proprio quando le risorse umane vengono meno, ci si attacchi alle ragioni del cuore per resistere, e la poesia è la ragione prima, la sola in grado di garantirci un po' di tregua, in un panorama arroventato dal malessere. Antropologia docet. Ogni epoca martoriata ha avuto i suoi poeti, e proprio in funzione di essi si è ricreata quella continuità di legame tra il passato e il futuro, in un contesto che supera ogni diatriba, ogni sventura umana.

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D: Lei, oggi, è tra le più interessanti e rappresentative figure del diorama lirico contemporaneo. La sua vocazione al magistero della poesia è datata. Bisogna andare molto indietro nel tempo per ricercare la sua vena artistica, supportata da decenni si esperienza, di laboratorio scrittorio, di tirocinio e di messa in opera? o è frutto di una innata e particolarissima predisposizione all'arte del linguaggio? R. credo di averne avuto capacità d'intuizione in età scolare. Poi i fatti della vita, le situazioni possono ritardare l'aspirazione a scrivere. Io ho iniziato piuttosto presto (13 anni) ma non c'è un'età precisa per scrivere poesia, essa si manifesta quando vuole, s'instaura nel nostro essere, malgrado noi, è una cellula del nostro genoma, che può comparire in qualsiasi momento, in ogni luogo e parla, e ci narra la sua necessità di culto, la sua verità letteraria, in un dialogico sistema di piani alterni. intendo dire che si può anche arrestare per un certo tempo, ma inevitabilmente, chi nasce poeta vedrà risorgere, (pure dopo un lungo silenzio o arresto) la sua vena in modo inaspettato. La poesia è inspiegabile, ha dalla sua la carica del suo mistero imponderabile, la bellezza e la grazia di una tendenzialità a mettersi in gioco, perchè parla al cuore del mondo, ed è il pregio essenziale, il valore assoluto della poesia. Parafrasando Dostoevskij si può dire che: "la poesia non salverà il mondo", ma: "il mondo dovrà salvare la Poesia" se vorrà sopravviverle e salvarsi dai falsi miti, dalle temperie mistificatorie del suo delirio.

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D: a quale tipologia di simboli corrisponde la Sua poesia? D: Non c'è alcun dubbio e di tipo antropologico filosofico, magari un po' a sfondo orfico, perché vede nel ripetersi dell'avventura umana l'esigenza di legarsi al passato e al futuro, di essere il traino per le generazioni del domani di una sua storia personale che guarda oltre lo steccato del "piccolo orticello", per agganciare l'immenso che è in noi. D: pensa che i giovani di oggi siano interessati alla Poesia? R: come addetta ai lavori da vari decenni, (giurie, convegni, recitals, fiere letterarie) vi è un numero sorprendente di autori giovanili, (s'intenda trentenni o suppergiù) che introducono un genere poetico minimalista, portato a una revisione totalizzante della pagina letteraria che istruisce un filone scarno, dissanguato. La new age è fatta di giovani con tendenze scrittorie scarnificate, senza orpelli. Ma è pur sempre una scrittura che viviseziona l'intelletto, lo interroga, lo stimola a dare di sé un quid che lo collochi nella Letteratura, alla Storia di un popolo. Non dobbiamo sorvegliare il metodo, né pretendere che il modello culturale sia eguale a quello classico dei nostri padri. Ogni epoca ha i suoi cultori, bisogna sorvegliare le finalità, i suoi contenuti logici, il suo linguismo, le caratteristiche che ne originano e ne dominano il suo iter. Il suo valore intrinseco, il confronto tra le epoche, i modelli, i significati lasciamoli al giudizio della Storia.

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Intervista di Thema – 27.12.2011 Siamo orgogliosi di essere italiani? Questa domanda sorge in continuità con le difficoltà e i successi presenti nella storia del nostro Paese emersi dalle riflessioni fatte in questo anno del 150° dell’Unità d’Italia. La valenza storica di quest’anno e gli eventi promossi per evidenziarla hanno infatti invitato al richiamo delle radici comuni sia dal punto di vista istituzionale che da quello culturale, cercando di spingere ogni cittadino verso una maggiore profondità e consapevolezza di cosa significhi essere italiani. La voce dell'artista: la poetessa Ninnj Di Stefano Busà, scrittrice, giornalista, critica, poetessa Pensa ogni tanto a cosa vuol dire essere italiano e/o appartenere ad un Paese come l’Italia? Essere italiano in questo periodo storico vuol dire “arretratezza strutturale, formale, e di pensiero”: lo schema è piuttosto piatto, non si notano scatti d’ala, dovremo aspettare i risultati di quest’ultima pletora di burocrati e tecnocrati per visualizzare un qualche movimento che regoli il meccanismo inceppato. Troppo e per troppo tempo, abbiamo sottovalutato le inadempienze, le incongruenze, la burocrazia, l’inefficienza del sistema - Italia. Abbiamo perso il treno. Per il momento siamo fermi sul binario in attesa che ne passi un altro. E questa volta, badare bene di non 40


perderlo, perché sarebbe la fine. La verità è che non si affrontano i problemi dal lato strutturale, non si aggiustano le situazioni, non si effettuano tagli equi, si fanno arrangiamenti che toccano solo le tasche dei poveri cristi, sempre gli stessi, in barba ai miliardari che hanno patrimoni ingenti e godono anche dello “scudo fiscale”. Che cosa ritiene identifichi l’essere l’appartenere ad un Paese come l’Italia?

italiano,

Il nostro è un Paese meraviglioso invidiato da tutti, (disprezzato, magari, dai più che non hanno le nostre stesse qualità, fantasie, bellezze...): siamo un popolo grandemente solidale, tollerante e generoso e su queste formule dobbiamo riappropriarci della nostra vera identità, rifarci il buon nome sbiadito e tirare innanzi, ancora una volta, come se fossimo usciti da un’altra grande guerra, questa volta quella economico-finanziaria fatta di Btp di Bond, di Spread, una finanza in mano ai magnati, alle banche, ai grandi speculatori, ai poteri occulti. Ci sono aspetti del nostro Paese che La rendono orgogliosa di appartenervi? Per me, l’orgoglio di essere cittadina italiana si è andato stemperando, ormai siamo incorniciati come un popolo di mentecatti, di buonisti ad oltranza, di succubi. La parte migliore di noi ci dice di non arrenderci, ma sarà sufficiente dire no e basta, ma poi a chi lo gridi? Nessuno ci crede più, a chi rivolgere quindi il proprio NO? 41


Fin’ora ogni governo ha fatto la sua strage, il suo danno irrimediabile. Saprà questo Governo provvisorio, fatto ad hoc per la circostanza, venuto dal nulla (alieno alla politica ufficiosa e spocchiosa, alla casta disonorata e corrotta (molti deputati inquisiti o finiti nelle maglie della giustizia) a programmare un capovolgimento di situazioni ataviche, di immobilismi secolari, di veti incrociati, di congreghe cronicizzate, di malavita, di corruzione, di malagiustizia? Quali aspetti dell’Italia La deludono o La fanno arrabbiare? Molte, troppe cose deludono di questa Italia indolente, pasticciona, inerte, arretrata, fatalista, che sembra aver sempre creduto che i problemi li risolvano gli altri o, peggio, si risolvano da soli. Ha qualche pronostico in mente sul futuro dell’Italia? Essere Italiani oggi non è un vanto. Ma dobbiamo sperare! sperare! La speranza non muore, si piega, ma non si spezza. Traduciamo dunque il pessimismo in moderato ottimismo, guardiamo al bicchiere mezzo pieno, anziché a quello mezzo vuoto. E che Dio ci aiuti, ce la mandi buona. L’uomo poco prima di sprofondare ha sempre fatto un passo indietro per non inabissarsi. Staremo a vedere. Ha qualche consiglio da dare al nostro Paese e/o alle persone che lo compongono?

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Una delle ricette possibili è quella di rimboccarsi le maniche, non essere schizzinosi coi lavori più umili e comuni, amare la terra e i suoi derivati (quindi un ritorno magari parziale a coltivare la terra degli antenati), per non farci sovraffollare il territorio da una pletora sempre più enorme di immigrati, che aggiungono la loro miseria alla nostra, portando i loro guadagni fuori dall’Italia, alle famiglie lontane. I tempi sono finiti: le vacche sono state munte a tal punto da non avere più le mammelle. A buon intenditore!...

Ninnj Di Stefano Busà con Maria L. Spaziani

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INTERVISTA di Carmen Moscariello a Ninnj Di Stefano Busà – febbraio 2012 D. cosa trovano secondo Lei nella Poesia i giovani di oggi? in un'epoca così martoriata e incurante della poesia, come e perché, si avvicinano al mondo un po' astratto come quello dei versi.? R. proprio nella tipologia del dire, del dialogo o del suo allontanamento in termini concreti dalla cultura sta la sua risposta. La gioventù di oggi, è vero, non è affatto aliena alla Poesia, come si potrebbe supporre. Proprio in una situazione che incombe drammaticamente sulle spalle della loro generazione: il fattore poesia ne rappresenta antropologicamente il transito difficile e spesso ingrato. I giovani forse, più degli adulti, sanno bene che vi è un divario tra il passato e il presente, e vi sarà un ulteriore scollamento anche nel futuro, perciò si avvicinano alla Poesia come a qualcosa che intimamente assolve e momentaneamente lenisce senza ulteriori afflizioni. La parola scritta è <Verbo>, ma è un linguaggio che sta nella prontezza della sua vocazione, della sua emotività, ne rappresenta i nuovi momenti, la nuova ironia, i simboli, le passioni, la fede nel futuro. Forse perciò la Poesia non li coglie impreparati, non ha bisogno di interloquire con altri, solo con se stessa. La poesia è il valore stesso del loro linguaggio che non si rivolge a nessun'altro, se non al rischio dell'emozione, dell'ispirazione. Perciò al momento attuale è un valore aggiunto: un simbolo che vuole transitare alla Storia.

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D: cosa ritiene che il poeta di oggi debba fare per introdursi in un mondo astratto e tendenzioso e conflittuale e incoerente come quello dell'oggi. R: il poeta è una via di mezzo tra il suo ego più permissivo e il suo riscatto dalla solitudine e dal dubbio. All'uno si rivolge perché è tendenzialmente portato a intravedere i contorni dell'io narcisistico e più egoista, all'altro proprio nella funzione di un riscatto liberatorio e lenitorio. In entrambi i casi il poeta è condannato alla solitudine e alla full immersion nel mondo, proprio perché avvertito e reso - testimonial - di un diverso modo di interpretare la vita, il poeta ne assorbe le asperità e attraverso la poesia induce le sue potenzialità espressive a rigenerasi e ad ossigenarsi. D: In che modo il poeta si colloca nel mondo di oggi? R: è una domanda difficile. Credo che, come la musica ha bisogno di armonia, il poeta ha bisogno di versi per sintonizzarsi col mondo. La sua matrice è sempre spiccatamente subliminale, quando scrive o si fa interprete di un'aspettativa molto precoce quale è l'occasione di esser(ci), qui e dove lo stabilisce l'avventura del poiein, spesso il luogo o il modo non sono necessariamente avvertiti. Quello che il poeta avverte nel profondo è il suo <io>, il suo fine soggettivo, ineludibile e sorprendentemente misterioso, un richiamo quasi all'altrove, infatti per il poeta la poesia non ha mai

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nei paraggi è sempre oltre il recinto, oltre l'ostacolo, lontano da se stesso. D. Lei è scrittrice bene affermata, conosciuta. In quale ruolo si ritrova a collegarsi, sono state le occasioni a renderla interessante? oppure, la sua pagina letteraria è stata determinata da una sorta di significazione interiore che l'ha spinta alla ricerca di sé? R: Come soggetto del mondo che mi circonda, la Poesia ha manifestato, fin da subito, la rappresentazione di un ordine dentro la realtà del caos. In giovane età, mi sono prefigurato un mondo forse migliore, vi ho creduto, ho cercato di rifletterlo nella bellezza e ricchezza di una prospettiva che mi dava lenimento: immaginarsi il bello, a volte, è come possederlo, trascriverne vuol dire, assaporarlo, raggiungerlo anche attraverso la sofferenza e il distacco. Oggi, sono in uno stato di atarassia, ovvero la funzione della Bellezza in sè è andata scemando e nella poesia ritrovo i presupposti di una dimensione oggettiva che progetta la forma espressiva, senza più appropriarsene, come se la Poesia fosse compagna di vita, nicchia refrigerante di un piacere sempre nuovo, il ritrovamento di una misura d'ispirazione autoreferenziale, di coscienza e di vita.

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INTERVISTA a Ninnj Di Stefano Busà a cura di Alessia Mocci blogger di Oubliette.it 16 marzo 2012 D. Lei ritiene che il mondo di oggi dia spazio alla Poesia? o piuttosto la rileghi in un mondo caratterizzato da asfissia, da depauperamento, da preoccupazioni di ordine pratico più grandi e incombenti? R. Il mondo che viviamo, proprio per questo suo essere defraudato di valori e significati interiori, ammettiamolo pure, ha un bisogno estremo, esasperato di Poesia, poesia che viene dall’essere “spirito” più ancora che materia. La Poesia, pertanto, è l’unico momento in cui ci è permesso di estraniarci da questo clima mefitico di morte, di profondi metamorfosi, rinunce, assenze che paradossalmente immobilizzano chi non si avvicini al – mantra- . La Poesia è un grande mantra che ispeziona e sostiene le vie interiori del ns. viaggio esistenziale. Non ci rende ricchi economicamente, ma scava nei cunicoli fondi della nostra coscienza di esseri umani e ci fa sentire meno <imperfetti>, ci fa avvertire meno dolorosi i morsi delle assenza, delle contraddizioni, delle miscredenze e banalità di un mondo fatto a immagine di miseria “indistinta”. D. Chi secondo Lei è più adatto o versato alla Poesia il giovane o la persona matura. R. Possono esserlo entrambi, è solo indispensabile che la Poesia “ditta dentro” e ne mostri lo strumento e la predisposizione letterari, vi sia poi disponibile 47


un’intelligenza che ne avverta lo stimolo, il richiamo del dono, perché la poesia è un dono <aggiuntivo>, qualcosa che esula dal suo stesso farsi: una espressione di libero arbitrio in un mondo ormai sclerotizzato a tal punto da essere cieco, dinanzi al messaggio del cuore. Per poterla ignorare si deve essere proprio incapaci di amare se stessi, a tal punto da non amare nessuna bellezza autentica ed eterna, quale quella che si sprigiona <in interiore>. La poesia è uno di quegli elementi di natura di cui è dotato ogni essere umano, solo che in molti non è manifesta, non sanno neppure di possedere quella virtù del cuore e dell’intelletto che sa trascrivere e collegare, decriptando immagini scollegate tra loro, e ricomponendole come se giungessero dall’infinito, al quale tende e dal quale dopotutto è originato. La poesia tende a congiungere i due estremi: vita e morte in un connubio indissolubile che è la ragione ultima dell’esistente. Quel che avviene tra queste due tratte o segmenti della vita è percorso accidentato di un mistero che si realizza in noi, fotogramma dopo fotogramma. Perciò non c’è un’età che la destini e la riscatti, solo il nostro profondo respiro di chi la ama la sa creare in una dimensione adeguata, ricollegabile al mistero che la sovrasta. D. Ha senso ai nostri giorni la Poesia d’amore? R. Sì, se chi la scrive e la legge avvertono entrambi di essere dello stesso microcosmo che rincorre il riscatto possibile dalla miseria. La Poesia è anche elevazione, affrancamento dalle temperie miserevoli di un mondo fatto a immagine di solitudine, di conflittualità. L’amore completa il ciclo di due contrapposizioni, unisce il filo 48


delle contraddizioni possibili, in un solo armonioso cerchio, placa le contrapposizioni di un vivere incoerente che si proietta a viva forza nel quotidiano e ci svilisce. Ogni sentimento d’amore è degno di essere decriptato, perché colma le distanze tra noi e il nulla, può essere la finestra schermata che ci ripara dal mondo, l’ultimo pensiero prima del sonno, il primo del mattino, una ràpida d’acque che tumultua dentro di noi ci confessa che la passione è all’interno, ci esalta e ci commuove. Quando si ama, sono tutte le nostre emozioni a rivelarsi e le suggestioni possono essere diversificate, ma unite in un solo nodo d’indissolubile connubio: l’essere e l’atra metà di cielo (“l’altro”) combaciano. Il soggetto tende a congiungerlo perché mira ad una felicità possibile, ad un congiungersi con l’altro da sé che lo attrae e lo disorienta. Ogni amore è sempre un giorno nuovo, uno spiraglio nel buio, un “miracolo” che preferisce il tepore della nostra anima e si compiace di stringerla a sé, di coccolarla con quel fuoco spirituale che gli arde dentro. E’ una questione di biochimica, qualcosa che esula dal banale e forse un po’ ci nobilita.. D. Il suo linguaggio poetico è stato sempre di tono alto. Lei ritiene che la parola convenzionale non riesca a dare il segnale della vera bellezza? R. Ogni poeta è un mondo a sé. Chi scrive Poesia deve saper leggere nel fondo dell’anima al meglio delle sue capacità. Non deve imporsi nessuna casualità né precostituirla, non deve avere convenzionalità di sorta, e tanto meno esprimersi con linguaggi non appropriati, non suoi, non in linea con la presenza del suo io personale, che deve imporre al concetto e al progetto lirico tutto se 49


stesso. Chi scrive, scrive come può, senza prefiggersi altro che il suo tragitto di grazia, di ricerca dell’impercettibile, della verità che sfugge. Ogni episodio poetico è il frutto di tante concomitanze fruibili, che diventano misura del perfettibile nell’atto stesso della sua intuizione, della sua estensione, il resto è modus, flusso formale di pensiero che tenta la luce facendosi strada dagli abissi fondi e possibilmente se ne innamora, tanto, da ripetere l’operazione, da cui risulti un instancabile tentativo di reinvenzione, di rinnovamento della parola e del segno. Il poeta attraversa sempre l’aurora del giorno dopo, sa guardare l’universo delle stelle con occhi nuovi, sa intuire la giovinezza anche dalla notte. Il poeta è colui che si acquatta nel passato per balzare nel futuro di dimensioni altre, di verità altre. D. Questo nostro tempo dà ancora spazio al linguaggio poetico? oppure è distratto da altre forme di linguaggio più tecnologiche? L’informatica e internet hanno preso secondo Lei il sopravvento, hanno scalzato il fattore intimo della riflessione, della scrittura tradizionali. R. Viviamo in un momento storico difficile che privilegia il <tempus fugit> e dà molto spazio all’apparire più che all’essere. Nonostante ciò, la Poesia tiene, milioni di persone scrivono poesia, pubblicano e diffondono libri di poesia. In contrapposizione al sistema telematico e informatico è una contraddizione in termini, ma anche una legittimazione del pensiero “poetante” che non viene escluso dall’istanza intellettuale, ma se ne aggiudica semmai in piena libertà e coscienza la sua ragion d’essere. A me pare che la Poesia non declinerà, perché 50


la poesia è il centro focale di un discorso interiore avulso da qualsiasi condizionamento del mondo esterno. è il ventre dell’universo, l’anima che nel suo porsi sa dosare le sue significazioni e misurare la temperatura dei sentimenti. Le due anime possono coesistere e non solo, possono interagire e dialogare, attraverso un processo interiore che riduce le distanze tra noi e <l’altrui>

Ninnj Di Stefano Busa con l'amico Corrado Calabrò, Garante delle Telecomunicazioni, Roma

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INTERVISTA A NINNJ DI STEFANO BUSÀ A CURA DI NAZARIO PARDINI – 5 GIUGNO 2012

N. P.: Quali sono le occasioni della vita che più hanno inciso sulla sua produzione letteraria? quanto di autobiografico c’è nelle sue opere? lei pensa che ci sia sempre differenza fra poesia lirica e poesia di impegno; o pensa che la poesia, essendo un’espressione diretta dell’anima, sia sempre lirica qualsiasi argomento tratti? Risposta: le occasioni della vita sono davvero innumerevoli, e ad ognuna va data la giusta dimensione, il giusto valore per connettersi direttamente con l’anima, e dunque con la Poesia. Vi sono state occasioni in cui il cuore gioiva o s’incupiva, nelle quali vi sono state le nascite delle mie figlie, dei miei nipotini, rare e delicatissime le sensazioni, le suggestioni, anche l’ispirazione seguiva il corso delle vicende, com’è ovvio. Ma la mia produzione origina in profondità, tra le dita del caos, ha vissuto momenti e sedimentato molto in anni di attività letteraria, in cui sono stata esclusivamente lettrice e non autrice. Quasimodo che fu amico di mio padre, ne aveva intuito le capacità linguistiche, fin dal principio, incoraggiandomi a proseguire. L’ho fatto con la più ampia fede nel messaggio medianico della Poesia, perché la Poesia è un messaggio che ci viene dall’oltre, naviga negli spazi iperurani di altre realtà invisibili per offrirsi a noi che l’amiamo con tutta l’anima, ma non necessariamente e per tutti deve essere lirica né elegiaca, a volte può essere di “rottura”, sul tema sociale, morale, etc. Nei miei versi vi sono io, il mio 52


pensiero e le mie riflessioni, senza essere solamente autobiografica, perché nella mia produzione c’è molta filosofia, a volte metafisica del pensiero, molta “estetica” come studio della parola in sé: vi sono io sullo sfondo, ma il mondo, l’universo visibile e invisibile tutt’intorno, vi è soprattutto l’esigenza di capire l’universalità dell’anima, attraverso la spinta interiore della coscienza e di intuirne i meccanismi, le regole, le condizioni dell’essere e del divenire. N. P.: Essendo uno degli interpreti principali della poesia e della cultura contemporanea, la sua poetica è in gran parte nota attraverso le innumerevoli recensioni, prefazioni, e note critiche che la riguardano. Ce la vuole illustrare lei direttamente? Risposta: credo sia tutta racchiusa nelle mie opere, 20 pubblicazioni sono un cospicuo numero, ma non credo di fermarmi qui. Ho in cassetto varie altre opere inedite. La mia vena è sincera e fertile, mi rinnovo facilmente dalle nuove esperienze di vita, dalla crescita intellettiva e umana che profila il mio operare in Letteratura, non credo di essere ripetitiva, perché credo nella forza della parola e nella sua luce che promana una speranza fideistica sul mondo. La poesia è maieutica, è la zattera per non annegare in un mare di banalità e di assenteismo quale il nostro periodo storico vive convulsamente. Si nutre di dolcezze, anticipa quelle linee di demarcazione che dovrebbero renderci partecipi dell’universalità, per regalarci quell’attimo di eternità cui aspiriamo.

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N. P.: Quali sono le letture a cui di solito si dedica e quale il libro che più le ha suscitato interesse? e quindi predilige? perché? Risposta: ho sempre letto molto. Ai tempi di scuola: Dante, Petrarca, Tasso, Leopardi, poi da Keat a Verlane, Rimbaud, Holderlig, dai poeti russi: Tolstoj, Dostoevskij a Machado, Neruda, ai nostri contemporanei Montale, Ungaretti, mi sono nutrita del corregionale Quasimodo in anni di formazione culturale. Sono stata un’appassionata lettrice, forse più di quanto sia autrice. Ho sempre avuto come “seconda pelle” la cultura poetica. Ho iniziato a 13 anni e porto avanti la Poesia come fosse la Bibbia, le Sacre Scritture, con lo stesso slancio, la stessa inesplicabile passione del primo giorno. Il mio è impegno continuo incessante, la promuovo nelle Scuole, nei Licei, sono stata docente di Letteratura e di Storia delle Poetiche per lunghissimi anni all’Università Terza di Milano. Se mi chiedi quale poesia suscita il mio interesse, ti rispondo quella che non ho ancora composta, l’ultima, quella che passi alla Storia e che faccia dire alla Letteratura, (se mai vi sarà una Storia): questa è magica, questo testo è degno di essere letto...Ma è solo un sogno, la realtà è altra: sono un piccolo segno nell’immenso, una piccolissima virgola nell’eternità...che altro? N. P.: Fino a che punto le letture di altri autori possono contaminare uno stile di uno scrittore? e se sì, in che modo?

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Non credo proprio che una scrittura o una lettura possa contaminare a tal punto un autore da farlo divenire clone. In Letteratura non si può. Occorre l’autonomia di giudizio, ognuno deve possedere un suo profilo semantico, una sua libertà espressiva, un suo linguismo individuale, per un’ identificazione netta e chiara, per avere una sua sigla e un suo filone. Vi possono essere affinità elettive con altri scrittori, ma ciò può dipendere dalle ascendenze strutturali gnoseologiche, dagli studi, dalle tendenze, dai gusti, dalla formazione estetico culturale, ambientale etc Per il resto ognuno sia se stesso fino in fondo, sempre. N. P.: Che cosa pensa della poesia innovatrice, quella che tenta sperimentalismi linguistici? quella che si contrappone e rifiuta ogni ritorno al passato? o, per meglio intenderci, quella che si contrappone ad un uso costante dell’endecasillabo, o a misure dettate da una rigida metrica? Risposta: ogni epoca ha avuto i suoi poeti, sotto il profilo sincronico e diacronico, ogni tempo è diverso dall’altro, ma da qui a voler fare uno sperimentalismo forzato, solo per essere anarcoidi e ribelli al classicismo, ne corre tanta di strada. Certo tutto cambia, anche i gusti in Letteratura, nella musica, nella pittura... Il minimalismo di oggi, però, sotto il profilo armonico, lascia molto a desiderare, si contrappone e rifiuta ogni ritorno al passato, per pura contraddizione al passato, per ostentare una leicità sua propria, che mal si addice alla Storia delle Lettere. Vi possono essere varianti, modifiche nel ceppo linguistico e multimediale delle nuove generazioni, ma respingere 55


tout court ogni metrica, ogni endacasillabo mi pare una forzatura, a freddo, una scomposizione degli elementi armonici di una scrittura, che non porta a nessuna novità e, semmai, segnala un nuovo disagio motivazionale e generazionale, che va indagato entro l’ambito di un rifiuto innovatore che in tal senso è solo di tendenza, o patologico. N. P.: Cosa pensa dell’editoria italiana? di questa tendenza a partorire antologie frutto di selezioni di Case Editrici? di questi innumerevoli Premi Letterari disseminati per tutto il territorio nazionale? Risposta: Poesia” non dant panem”, allora, i grandi editoriali non ne ravvedono gli utili economici e un ritorno d’immagine, perciò, sono riluttanti e negano in primis la<Poesia> rilegandola al ruolo di merce inutile. Vi è una tendenza a tirar fuori dal cappello del prestigiatore un’antologia ogni decennio, frutto di una sollecitazione all’interno di poeti veterani, che vogliono passare alla Storia. Perciò qualche esperto si paluda da critico ufficiale e ne decreta i promossi e i bocciati . Ma non avviene nulla, non cambia nulla, non si muove una brezza: tutto resta come prima, perché non c’è la volontà di assumersi da parte della critica la responsabilità dei criteri storici, di cui tanto necessità avrebbe il profilo letterario di oggi. L’immobilismo e la scarsa intenzione di formalizzare criteri logici di marcatura storica fa pensare a critici inadempienti, artefici di una stagnazione che non avrà alcuna giustificazione nel Futuro. In quanto ai Premi davvero innumerevoli che persistono in Italia, bisogna considerare il fatto che vi sia un’altra fascia di mezzo tra 56


gli “indignados” e gli spacconi (ovvero, quei” non poeti” che si spacciano per grandi autori). Ebbene, a costoro bastano le vetrine che li espongono, le passerelle e” le coppette del nonno” per autodefinirsi poeti. Ma poesia è altro persino da se stessa. Poesia è la voce del mondo che parlerà per noi, Poeti, semmai ve ne fosse bisogno, saranno tre o quattro, e nessuno di noi potrà ben fregiarsi di esserlo. N. P.: Certamente sarà legata ad una sua opera in particolare. Ne parli, riferendosi più ai momenti d’ispirazione, ai tempi di scrittura, alla scelta lessicale, alla revisione, più che ai contenuti. Che pensa della funzione del memoriale in un’opera di un poeta? e alla funzione della realtà nei confronti di un’analisi interiore? Risposta. No, a nessuna in particolare e a tutte, ognuna delle mie opere è per me una creatura, nata dalle mie viscere e dal mio sangue, un anelito alto di vita interiore, un’ansia sempre rinnovata di significati e di tappe della mia storia letteraria. N. P.: Cosa pensa della nostra Letteratura Contemporanea? raffrontata magari con quelle straniere? e dei grandi Premi Letterari tipo il Campiello, il Rèpaci …? e del rapporto fra poesia e società? fino a che punto l’interesse per la poesia può incidere su questo disorientamento morale (ammesso che lei veda questo disorientamento)? o pensa che ci voglia ben altro di fronte ad una carente cultura politica per questi problemi? 57


Risposta: anche la letteratura contemporanea risente del disagio attuale dell’essere, non è altro che una logica conseguenza della politica, della società, dell’economia, tutti fattori carenti o ingessati, motivi di disorientamento e di declino di un’epoca storica tra le più travagliate e infelici. La situazione della Letteratura è quella di una società in piena crisi: anche lo Strega, il Campiello, il Rèpaci riflettono questo dato storico di alta ingegneria all’immobilismo. Sono premi quasi sempre pilotati dalle Grandi Case Editrici che fanno rientrare nel novero dei privilegiati taluni nomi escludendone altri. Il disorientamento è totale, nessuno crede più nel merito e nel criterio di valutazione di equità e giustizia. Il resto è fumosa politica intrigante e pervasiva, barbarismo paludato da democrazia delle Lettere. Nient’altro che un campo di spighe devastato dalla grandine, ovunque la desolazione...il declino N. P.: Se potesse cambiare qualcosa della poesia o dell’arte in generale, farebbe? se avesse questi poteri lascerebbe invariato e che, invece, sostanzialmente?

nel mondo che cosa che cosa muterebbe

Risposta: non c’è più nulla a fare, tutto è stato fatto, in peggio, certo, calpestato, vilipeso, distrutto da una società che si autodefinisce “moderna” ma che mantiene i tratti dei cavernicoli all’interno di una civiltà, che ogni giorno di più si fiacca, declina, muore La ringrazio per la sua cortese disponibilità. Nazario Pardini 58


(Eliana Rossi) Rivista Controluce, giugno 2012) E' fresco di stampa l'ultimo libro della grande scrittrice dal titolo: IL SOGNO E LA SUA INFINITEZZA , Ed. Tracce con la prefazione di Walter Mauro. Poetessa, critico, saggista e giornalista, l'autrice è tra le più rappresentative della cultura dei ns. giorni e apprezzata scrittrice a livello internazionale (ha ricevuto l'onorificenza di <Dignitario di Letteratura>, equivalente al ns. cavalierato dal Consolato Gen. dell'Ecuador. Ha conseguito il Premio alla Letteratura dal SADE Societad Argentina de Escritores di Buenos Aires e innumerevoli altri riconoscimenti. Domanda: il suo ultimo libro evoca un'immagine suggestiva, inafferrabile, quasi effimera. Che cos’è il sogno nella sua poesia? Risposta: il sogno, come simbolo di un' (ir)realtà in cui viviamo è una sorta di vita parallela, e quindi quell'irrealtà prossima alla vita vera, che noi teniamo dentro e che ci attrae più della stessa vita reale, perché veniamo coinvolti dalle varie forme d'arti che ci migliorano e ci arricchiscono, ci rendono esseri umani con tutte le caratteristiche della creatività, dell'intellettualità. Domanda: in una sua intervista parafrasando Dostoewskij ha detto: " La poesia non salverà il mondo" ma "il mondo salverà la poesia". Di che cosa ha bisogno oggi la poesia per sopravvivere?

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Risposta: la Poesia non ha bisogno di nulla, Essa è, questo basta. Sopravvive a se stessa in quanto è l'anima che parla, semmai è il pensiero che la segue passo passo, Però in questo mondo così improbabile, tormentato e complesso, noi abbiamo bisogno di un ideale, e nella Poesia questo viene rintracciato, portato alla luce. Come dicevo prima è una vita parallela che viviamo all'interno del ns. essere, che ci dà una sorta di conforto, di speranza che la vita non è tuta invasiva, distruttiva. Noi abbiamo bisogno di sognare, così come di respirare. Nel sogno, nella sua infinitezza, io rispecchio il mito della vita che si rinnova, che cerca un suo sbocco per sopravvivere a questa lordura, a questa combinazione di problematiche, di dissidi, di frantumazione... Domanda: alcuni giovani oggi scrivono poesia soprattutto come cantautori nei testi. Qual è il consiglio che può dare a coloro che non leggono poesia perché non sono stati educati alla lettura dei versi? Risposta: smontiamo subito l'idea che i giovani oggi non sono coinvolti. Quest'anno sono stata incaricata da diversi Direttori didattici a portare la Poesia tra le medie e le primarie. E' stato un progetto grandioso, di cui vado fiera, perché i giovani hanno necessità di respirare aria pulita, avere ideali, modelli che non trovano nella società di oggi, ragione per cui, viene a cadere ogni risorsa morale e intellettuale e rimane solo la contraddizione del vivere. Questa condizione li porta a non avere futuro, a non sperare ed essere fortemente delusi. Dobbiamo 60


avvicinare i ragazzi, a prediligere la poesia, ad amarla, perché amandola trovano la via del bene, della bellezza verso se stessi e il mondo. Potrebbe apparire retorica, ma i ragazzi mi aspettano con ansia, sono fiduciosi in questo modello di scrittura che anima la loro fantasia, mi attendono entusiasti di poter scrivere qualche verso ed è un piacere sentirli appassionare alla Poesia. Ascoltano attentamente la lettura di altri poeti, fanno confronti, si arricchiscono intellettualmente. Per moltissimi anni ho tenuto Corsi di Poetica e di Letteratura Italiana all'Università Terza, non avevo mai portato in classi secondarie la scrittura poetica, sono orgogliosa di saper trasferire la poesia in condizioni di apprendistato nelle classi inferiori e medie, ne sono stata molto soddisfatta. Domanda: lei si interessa anche di Scienza dell'Alimentazione, quando l'arte della cucina si combina con quella letteraria, vi sono affinità tra loro? Risposta: vi trovo compatibilità e armonia. Non è solo il corpo che deve nutrirsi ma anche l'anima, il pensiero, l'intelletto, le due discipline sono complementari, parallele se sta bene il corpo sta bene anche la mente e viceversa. Tutto nella vita è armonia, i latini dicevano: "mens sana in corpore sano" . Non occorre solo mangiare allo stato brado per sopravvivere, ma mangiare per il piacere di mangiare, alimentarsi bene, con cibi sani e con gusto, ecco perché la Scienza alimentare è una disciplina che va di pari passo con la Letteratura, la Filosofia e molte altre discipline in 61


generale, possono armonizzarsi tra loro e far vivere meglio l'individuo nel mondo.

Ninnj Di Stefano Busa nella Sala della Provincia di Milano col Console Generale dell'Ecuador.

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Intervista alla scrittrice-poetessa Ninnj Di Stefano Busà a cura di Franco Campegiani – dicembre 2012 Lei è una scrittrice affermata e notevolmente conosciuta, come interpreta il bisogno di poesia in un mondo che è divenuto alieno da ogni forma sentimentale, lontano anni-luce dalle suggestioni interiori che disegnano la mappa dell’emozione e del privilegio di scrittura. Come spiega che la poesia resiste in un mondo così telematico, carico di messaggi multimediali, di comunicazioni via etere, in tempi reali, crede che la Poesia possa avere ancora ascolto? oppure viene messa da parte come obsoleta? La poesia non sarà mai obsoleta, possiede quel fascino strano, tra il magico e l'esoterico che fa la differenza, la distanzia dalle altre espressioni umane. Comunicare con la poesia è un evento irripetibile, quasi soprannaturale, l’incipit oa suggerisce un Ente superiore sconosciuto, il resto lo scrive il poeta con la sua umanità, la sua sensibilità, analizzando e scrutando quel suo mondo interiore fatto di deterrente stratiforme, che accompagna questa sorta di messaggio sulle ali del vento, lo fa vibrare, lo trasferisce agli altri come "dono" intermediario tra sé e l'ignoto, tra il sé egoistico e insincero e la voce dell'umanità che ascolta, che interloquisce attraverso la lingua del poeta ad un incanto primordiale di cui nessuno sa dare spiegazione. Sarebbe come dire che il messaggio della Poesia proviene dal profondo, dall'incognita genetica di un destino umano che non è stato creato per deludere la forma, ma per creare armonia e bellezza - tra le forme stesse -. Perciò non resterà mai ai margini di un processo culturale in evoluzione se si vuole continuare a istruire il concetto di progresso intellettuale, umano e storico dell'umanità. 63


Dico sempre che : finché c'è un poeta sulla terra, la poesia vivrà e verrà diffusa nel cuore e nella mente come suprema bellezza del creato, supremo elogio dello spirito contro la materia. Ogni tanto si vede realizzare dalla TV, in modo del tutto occasionale qualche programma di poesia, qualche lettura. Lei ritiene che introdurre nel linguaggio mediatico la Poesia sia un modo per coinvolgere più lettori? cosa ne pensa? Se è vero che in Italia esistono secondo sondaggi DataMedia dai 13 milioni ai 15 milioni di scrittori di poesia, o pseudo tali) è anche vero che come minimo si prevedano 60.000 lettori, (per pareggiare quei famosi 4 lettori di manzoniana memoria). Ma nessuno di noi poeti immagina di avere quattro lettori, a dire il vero, è già tanto, se ci legge anche uno solo. Riguardo l'introduzione di programmi poetici così estemporanei e rarefatti nei format televisivi è un pessimo esempio di cultura, questo sta a significare che l'ascolto dei programmi culturali è sottovalutato e disatteso. In Italia non c'è la cultura lirica, (che è l'entroterra della cultura stessa, il suo antefatto, l'humus), non c'è preparazione a capire la Poesia e a renderne partecipe il pubblico, si ritiene (a priori, e a torto) che la cosa non interessi nessuno. Perciò la espongono in ore inconsuete, a notte fonda, o quando non hanno di meglio da proporre. Se qualche dirigente RAI la propone è perché ne è sensibilizzato individualmente, non perchè ritiene abbia "audience". La cosa sorprende, perché a interessarsi di poesia sono parecchie migliaia di autori, e con un apparato editorialistico, da indotto, che lascia intravvedere un mercato gonfio di lauti guadagni da parte di Editori, ma si ritiene (e ripeto a torto) che la Poesia interessi solo un pubblico d'elite, lasciando intendere che c'è una grande massa di utenza che non gradisce e non capisce. Non è affatto così, ma 64


l'emarginazione coatta dei canali mediatici monopolizzati da soubrettine, veline, passaparoline,e dirigenti-mercanti senza eccessiva cultura ci hanno ormai abituati a livelli di arretratezza tali da essere considerati cavernicoli. Come viene recepito il messaggio poetico dal pubblico medio per intendersi, quello che non fa poesia? La poesia tra il pubblico medio è bene accolta, perché non vi può essere nel genere umano chi non la sappia apprezzare. La poesia è parte dell'esistente di ognuno, la parte più nobile e subliminale della storia spirituale, la più vicina a Dio, la più dotata di bellezza e di fascino, perché sa parlare al cuore e alle menti, sa dare un'accelerazione al vuoto che incombe, alla solitudine che attanaglia, al male che pervasivamente affrontiamo nel quotidiano. La poesia lenisce, rende il progetto d vita più denso, più ricco, più accettabile dal lato intellettive umano.. Quale ruolo ha la poesia nel nostro tempo? I tempi che viviamo non sono i più favorevoli alla poesia, non ci orientano verso episodi di luce e di conciliazione interiori. Sono portatori d'inquietudine, di malcontento, di disagio sociale e morale. Il tessuto umano è lacerato da troppe incongruenze, inadeguatezze, assenze, distrazioni, corruzioni. Ognuno vive il suo malessere come qualcosa di ineluttabile, quasi con rassegnazione e passività. Bisognerebbe amarsi di più, invece. Amare ciò che di bello ci circonda, anche la Poesia ad es. perché ci porta un minimo di conforto e di compensazione che gratifica il nostro stato d'animo così martoriato e in perenne afflizione. La poesia equivale alle note alte di un violino, come la musica non può essere ignorata, perché tocca le corde sensibili dell'io, allo stesso modo la Poesia ci rende partecipi della 65


cosmogonia, della vastità del nostro essere "cellula" dell'infinito, esuli temporanei in una terra che non ci appartiene. Il ruolo della Poesia dunque è di primaria importanza perché interagisce con un extraterreno, con un ultramaterico che è la condizione -sine qua non- della nostra essenza, della nostra esistenza. Il sentimento coinvolge la Poesia, questo è risaputo, ma il mondo dei giovani, soprattutto oggi, è disposto a seguire un “astratto”, subliminale, che non dà quasi nulla in termini di gratificazione immediata, di successo, e di guadagno facili? Tocca un ganglo scoperto della società di oggi. Una società fatta a immagine di celluloide, di interessi, di immagine, di guadagni facili. Per fortuna, i giovani non sono tutti così. Mi capita spesso, durante i vari incontri nelle Scuole di ogni ordine e grado, alle quali vengo chiamata per introdurre il tema poetico, di trovare giovani molto interessati alla Poesia, qualcuno di essi addirittura dotato di talento e pronto per dare il meglio di sé, certo con un po' di tirocinio e di buone letture. Il bisogno di Poesia è inversamente proporzionale alla necessità del guadagno. Vi sarà sempre chi preferirà il vile denaro ad una bella poesia, ma in ogni modo il mondo delle scuole è salvo, i nostri ragazzi sono migliori di quanto loro stessi sanno. Non sono marci dentro, vi è in loro la coscienza di un futuro migliore, l'alba di un giorno che verrà e non sarà di spregevole pecunia, ma di meravigliose armonie sulla terra dei padri. Non è perduta in loro la speranza. Non spegniamo la luce nei loro occhi, sottovalutando i loro immensi patrimoni intellettivi. È lo spessore intellettuale a creare la Poesia? o si nasce Poeti? La poesia è altro persino da se stessa. La poesia non la crea l'intelletto a tavolino, a freddo, attraverso il 66


cerebralismo tout court, non la crea l'intellettualità astratta e aliena dal sentimento, è parte integrante di un patrimonio, intellettivo, sì, che definirei <percettivo> perché accoglie su di sé le maggiori, le più intense e ricche suggestioni, le più alte e meno abiette virtù dello spirito. Vi è una parte dell'intelletto, detta: "Area di Broca" (dal suo scopritore) che è deputata al linguaggio. Ragione questa che la mette al riparo da scempi di natura estranea alla poesia stessa, che è armonia, sinergia con i fattori interni all'essere, che sono la fonte dell'ispirazione perfettibile. In poche parole, lo spessore intellettuale vi è coinvolto, ma in minima parte, per il resto è un occhio vigile sul mondo, una finestra aperta nel nostro immaginario, nel panorama delle nostre indagini interiori che qualifica e rende unica e irripetibile la buona Poesia. Si può nascere poeti, ma si può scoprire di esserlo in più tarda età, bisogna solo essere dotati e sensibilizzati al poiein, cioè al fare, al creare in poesia. Bisogna riscoprire il valore dell’anima, l’eccellenza di una virtù al di fuori dalla mediocrità del quotidiano, per allargare gli orizzonti visibili della celebrazione dell’essere e del ruolo della Poesia.

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Chi è Ninnj, a cura di Viola Bosio Intervista a Ninnj Di Stefano Busà - Gennaio 2013

Ninnj Di Stefano Busà, nata a Partanna, (Tp), laureata in Lettere, le è stata conferita anche una laurea ad honorem dall’Università Pontificia Salesiana, è tra le figure più rappresentative della pagina culturale di oggi. Poetessa, critico, saggista e giornalista. Scrive poesia dall’età di 13 anni. Si occupa di Estetica e di Letteratura italiana, di Storia delle Poetiche, oltre che di Critica e di Scienza dell’Alimentazione.

Si sono occupate di lei molte tra le più qualificate personalità della critica contemporanea: C. Bo, M. Sansone, F. Fortini, G. Bàrberi Squarotti, W. Mauro, A. Frattini, A. Piromalli, D. Rondoni, G. Benelli, F. Tomizza, A. Bertolucci, R. Carifi, A. Schwarz, D. Maffìa, 68


F. Ulivi, M. Forti, Geno Pampaloni, M. Luisa Spaziani, G. Raboni, S. Demarchi, V. Esposito, E. Giachery, P. Ruffilli, S. Gros-Pietro, G. Zavanone, A. Coppola, E. Sanguineti, F. D’Episcopo, A. Merini, P. Perilli, N. Pardini, S. Angelucci, A. Spagnuolo e molti altri. Ha presieduto le XX edizioni del Premio “Iniziative Letterarie-Unione Nazionale Scrittori” e ne presiede inoltre dal 1991 il Centro internazionale delle poetiche. E’ presidente di un progetto culturale con il Consolato Generale dell’Ecuador in Italia. Fa parte di numerose e qualificate Giurie. Dirige la nuova collana “Magister” dell’Editrice Tracce di Pescara. In Poesia ha pubblicato 22 raccolte, quasi tutte premiate, ecco alcuni degli ultimi titoli : L’assoluto perfetto, (2010, Kairos, pref. Antonio Spagnuolo, vincitore dei Premi “Franco Delpino”S. Margherita Ligure e “Histonium” Vasto) Quella luce che tocca il mondo, (2010, Ed. Bastogi, pref. Emerico Giachery, pluripremiato) Il sogno e la sua infinitezza, (2012, ed Tracce Pescara, pref. di Walter Mauro La traiettoria del vento, (2013, Ed Kairos Napoli, pref. di Davide Rondoni L’Eros e la nudità, Ed. Tracce Pescara, (interventi critici di Walter Mauro, Plinio Perilli, Arturo Schwarz) In saggistica:Il valore di un rito onirico, (1989, Ed. Il 69


Ponte New York)L’estetica crociana e i problemi dell’arte. (Lineacultura, Mi, 1986) vince i premi: La Magra (Sp), il Premio G. Parise di Bolzano e il Premio “Nuove Lettere”Istituto Italiano di Cultura di Napoli, tutti nel 1997 La scrittrice è Presidente della Lombardia dell’Unione Nazionale Scrittori. È collocata nella Storia della Letteratura Italiana. Premiata all’“Alfonso Gatto”; “Mario Luzi” e LericiPea, segnalazione d’onore al “Lorenzo Montano-Anterem”, al Pascoli” e al Città di Penne del 2012, vincitrice del Vivarium, Catanzaro nel 2012. Ha curato insieme ad Antonio Spagnuolo l’opera omnia: L’Evoluzione delle forme poetiche, Archivio Storico, Kairos Editore 2013. Lasciamo ora la parola a Ninnj che gentilmente ha accettato di rispondere per i nostri lettori ad alcune domande che le ha rivolto Viola Bosio: D.Avendo letto il suo notevole curriculum e le tante attestazioni di stima che ha ricevuto nella sua lunghissima carriera, vorrei tornare con lei al nocciolo della questione, all’inizio di tutto. Quale è stato il motivo che l’ha spinta a scrivere quando aveva tredici anni? R. Nessuno può spingerci tanto, da farci decidere alla scrittura, in così tenera età. Credo che chi scriva debba avere già in sé predisposizione e determinazione che originano dall’interno. La Poesia e il poeta non sono legati a nessun ambito 70


particolare. Vi è sempre una spinta interiore che necessita l’attività di scrittura. Quando poi ciò avviene in giovane età, è ancora più evidente che non avvenga dall’esterno, vi è insita e quasi impellente la determinazione alla narrazione, un desiderio di comunicare agli altri il rovello che nasce dal proprio intimo o ti sollecita a trascrivere sulla carta quel che “ti detta… dentro”. Poi, più avanti negli anni, avviene la consapevolezza, subentra la riflessione, il distacco tra sé e il mondo, oppure, (subentra quel che si può definire: momento creativo, isolamento dell’artista) ma il più delle volte avviene che chi scrive lo fa in fondo per se stesso, come esigenza più propriamente individuale. Per quanto mi riguarda io mi sento l’esecutrice testamentaria di un progetto che mi trascende, del tutto indipendente dalla mia volontà. Quando avverto l’ispirazione sono come in trance, perchè ho la consapevolezza di non essere io a scrivere, ma un folletto o un genietto estraneo che m’impone la scrittura. Perciò che a volte mi capita di stare per alcuni mesi ferma, mentre in altri periodi sono fertilissima. In quanto al ruolo del poeta oggi… dirò che né oggi né mai il poeta ha avuto un ruolo, chi scrive versi lo fa quasi involontariamente, lo esegue come un privilegio, non come un diritto che può reclamare un riconoscimento. Io ad es. non ricordo mai una mia poesia, un verso, una strofa, sono del tutto estranea a me stessa: scrivo e dimentico, scrivo sotto la spinta ispirativa, ma poi si spegne la luce e si ripiomba nella banalità, senza più sogni. La Poesia è il sogno dell’uomo, la Poesia esige il rispetto per ciò che di trascendente essa origina e trasferisce – null’altro-

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D.Essendo lei grande conoscitrice delle opere di molti autori, critico ed esperta di Poesia, vorrei farle una domanda importante, di difficile risposta, che quasi tutti gli esperti del ramo si fanno: cos’è un Poeta? Lei, se dovesse definire la sua inclinazione, come definirebbe se stessa Poeta? Sempre nello stesso ambito: secondo lei qual è il ruolo del Poeta oggi? Se lei dovesse proporre un autore per indurre un allievo, un auditorio, un pubblico generico ad interessarsi della poesia come arte, passione e vocazione, quale nome proporrebbe? Quale è stato per lei il più influente fra gli autori letti? R. In verità, ho svolto questo lavoro, ho tenuto per lunghissimi anni Corsi di Letteratura e di Storia delle Poetiche all’Università Terza di Milano. Ho realizzato diversi interventi e incontri, ho redatto panoramiche di Poeti illustri, di grande rilievo che hanno influenzato la Storia delle Lettere o sono stati precursori di movimenti letterari, (vedi, ad es. Leopardi, D’Annunzio, Montale, Ungaretti, solo per citare poeti più contemporanei a noi, o tra gli stranieri: Mallarmè, Boudelaire, Lawrence, Blake, Valery, Apollinaire, E. Poe, Yoyce etc. Da tutti ho appreso, e quindi tentato di proporre ai miei allievi. Mi piace affermare che non è un respiro soltanto, immergersi nella storia, ma anche arricchimento, comparazione, preparazione. La poesia per me è la seconda pelle e non ho remore a dichiararlo. Poeti si nasce e non si diventa. Pur se non si passa alla Storia, o non si verrà riconosciuti per strada, la Poesia la si tiene dentro: è il respiro profondo dell’anima, il senso d’infinito, la certezza che all’interno di noi stessi avviene il 72


miracolo della scrittura. Ti senti creatura del mondo, t’identifichi con la vita che è in te e negli altri, come parte di un ciclo vitale che passerà il “testimonial” a chi verrà dopo. Non importa se la tua condizione di poeta non è riconosciuta ai livelli alti, o se resterà “lettera morta” per la storia della Letteratura. Anche con un solo libro si è poeti. Io ne ho pubblicati 23 e mi sembra che ho iniziato solo ieri. Ne ho ancora tanta di strada da fare, se Dio vorrà. D.Nel leggere alcune delle sue opere poetiche, ho notato che talune affermazioni del suo stile sembrano essere delle bolle o (sigilli) di significato, dei sintagmi giustapposti che creano dei nodi nel fil rouge delle sue esposizioni, ad esempio silenzi di campane, incognita di terra, pietà dall’empietà, promessa piovuta dal cielo (tratte da Ti ascolto). Da lettrice, mi hanno colpito perchè paiono essere dei nuclei fondanti su cui si sviluppano i versi e di conseguenza la sua poetica, una cifra stilistica tutta sua. La mia domanda è: questi sintagmi di significato (o metafore se preferisce, ma ritengo siano molto più pregni di senso di una semplice metafora) scaturiscono in modo istintivo? oppure sono frutto di lenta distillazione; fanno parte della sua scrittura da sempre? oppure c’è arrivata con il tempo a questo stile? Come avviene per lei la scrittura di una poesia? R. Non c’è niente in me di preconfezionato, di scritto a tavolino a freddo, di strumentale. Io scrivo nel modo più spontaneo e aderente alla mia vocazione, poi rileggo 73


con un certo distacco e, in questa fase, (ma solo in questa) modifico, correggo eventuali errori, distonie, guai se non lo facessi … è indispensabile una pulizia, una revisione appropriata, perché nello spasmo di scrivere, si corre il rischio di essere affrettati e negligenti. Se non si scrive nell’immediatezza, sotto la spinta dell’ispirazione, può sfuggire il momento clou. Lo sanno bene i veri poeti, che se solo vi è una distrazione, si perde il filo e il senso. Come il musicista con le note, il poeta trova nutrimento dalle parole, dai sintagmi, dalle visioni surreali, ma devono essere posti in giusta collocazione per essere opera d’arte, non risultare “raffazzonati” o inconcludenti. I miei sintagmi, i miei versi che possono apparire frutto e risultato di speculare addestramento, sono invece istintivi, naturali, non li ho mai studiati a tavolino, e le metafore sono sempre la logica conseguenza di immagini particolari, di significati pregni di senso, non a caso il nucleo fondante è quasi sempre testo inclusivo di un “fil rouge”, come lei lo definisce, che fa parte integrante del tema. Certo nella scrittura l’esperienza e l’addestramento contano, e in ogni periodo di vita le emozioni, le condizioni del sentire sono diversificate, ma sempre bisogna cogliere l’attimo fuggente per dare il meglio di sé, (e questo meglio si ottiene con gli anni, con il perseverante coinvolgimento di sé, con la volontà di dare tutta se stessa alla parola, al linguaggio che ti forgia e ti distingue…) Grazie del tempo concessoci.

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Intervista di Matteo Montieri a Ninnj Di Stefano Busà Vetrinadelleemozioni.com – aprile 2013 SU SUGGERIMENTO DI GIOIA LOMASTI SIAMO LIETI DI INTERVISTARE LA SCRITTRICE Ninnj Di Stefano Busà poetessa, critico, saggista e giornalista. Ha iniziato a scrivere poesia in giovanissima età. Aveva 13 anni quando propose una raccolta di poesie a Salvatore Quasimodo suo corregionale e amico di famiglia, che si entusiasmò al punto di volerla premiare con una sua prefazione, se da lì a poco non fosse deceduto. La sua poesia seguì un diverso corso di eventi. Negli anni successivi fu poi apprezzata da altre personalità della Letteratura, seguirono gli autorevoli Carlo Bo, Mario Sansoni, G. Bàrberi Squarotti, Attilio Bertolucci, Antonio Piromalli, G. Manacorda, E. Sanguineti. Con il loro favorevole parere critico, l’autrice pubblicava le prime timide opere e risultava vincitrice di alcuni premi prestigiosi. Iniziava la sua vera attività con raccolte significative vinte in premi letterari rilevanti che ne mostrarono il talento. Incassava recensioni, prefazioni e scritti di Alberto Frattini, Giuseppe Benelli, Fulvio Tomizza, Geno Pampaloni, Walter Mauro, Emerico Giachery, Marco Forti, Francesco D’Episcopo, Plinio Perilli, Giovanni Raboni, Roberto Carifi e di altre qualificate personalità del mondo letterario che a vario titolo le hanno dedicato prefazioni, saggi critici, monografie. Molti l’hanno paragonata ad Alda Merini, taluni critici vi hanno riscontrato affinità con Montale. Arrivano premi come il “Libero De Libero”, (Fondi) con Le lune oltre il cancello prefazione di Bàrberi Squarotti, o come il premio editoriale “Agemina” con 75


l’opera: Abitare la polvere prefata da A. G. Brunelli, e poi ancora L’attimo che contaprefata da Vittorio Vettori, Quella dolcezza inquieta prefata da Vittoriano Esposito che vince il Premio Atheste della Regione Veneta nel ’98. Poi anni di fervido silenzio ai quali seguono in accelerazione libri come L’Arto-fantasma, prefata da Giovanni Raboni (Premio Maestrale, Sestri, (2005); Tra l’onda e la risacca, prefata da Marco Forti (2007) pluripremiata; Quella luce che tocca il mondo (2010) con prefazione di Emerico Giachery, (Premio Tulliola 2011); Il sogno e la sua infinitezzaprefata da Walter Mauro (2012) e ancora: Eros e la nudità con saggi introduttivi di Walter Mauro, Plinio Perilli, Arturo Scwarz. Ha pubblicato ventidue raccolte di poesia. Ha collaborato a varie testate giornalistiche qualificate con studi critici, articoli di attualità, di politica e letteratura. La scrittrice si occupa anche di Estetica, Critica letteraria e Storia delle Poetiche, oltre che di Letteratura e di Scienza dell’Alimentazione. La sua vasta opera è raccolta in saggi, studi critici e articoli di varia natura. In saggistica ha pubblicato:L’Estetica crociana e i problemi dell’Arte (1986) che ha vinto rispettivamente i Premi: La Magra (Sp); il Premio G. Parise di Bolzano e il Premio Nuove Lettere dell’istituto italiano di Cultura di Napoli. In esclusiva per vetrinadelleemozioni.com. Ninnj Di Stefano Busà concede questa intervista: Molte opere dell’antichità iniziavano con un invocazione ad una Musa, lei ha curato cinque antologie della collana “Poeti e Muse”, cosa può ispirare un poeta, o un artista in generale, e più in 76


particolare è esistito nel corso della sua carriera qualcosa o qualcuno che l’ha ispirata profondamente? L’ispirazione viene dal di dentro, leggere, confrontarsi coi grandi scrittori, assimilare le loro opere con vivo e tenace interesse può essere di sostegno e di grande preparazione per il genere letterario. È necessario un entroterra culturale che nutra alle basi il sostrato emergente, una forma di vita entro la stessa vita, si presenta come il filo di Arianna per dipanare l’ispirazione, far proprio un certo sistema autonomo che io definisco come “vasi comunicanti” per entrare in contatto con la propria ispirazione, uscire dal labirinto delle forme che si accavallano per delineare immagini e contenuti ben definiti dalla caotica espressionesperimentazione della propria interiorità, che non deve essere compromessa da nessuna configurazione preminente, ma solo dal “segno” poetico, ammesso che vi sia e sia forte. Ho curato diverse antologie poetiche di vari autori per la collana “Poeti e Muse”. In ogni poeta ho riscontrato autonomie di linguaggio e stili che li contraddistinguono, credo che la vera Poesia ha bisogno di spazi esclusivamente privati, nessuno può influenzare un poeta in modo tale da sostituirsi alla sua anima o alla sua ispirazione. Molti autori letti e studiati mi sono piaciuti, alcuni li ho amati e ne sono stata fervida ammiratrice, ho letto tanta poesia francese, inglese e americana, ma sono rimasta sempre me stessa, pur cercando differenziazioni, variazioni comprensibili nella ricerca di novità del linguaggio. Ogni tempo della propria sperimentazione si annuncia diverso per ciascun 77


autore, in progress e sempre diversificati sono stati tutti i libri che ho scritto. Sempre parlando delle sue opere c’è un intenzione di trasmettere qualcosa al lettore o sono state delle opere che rispecchiavano un determinato momento del suo animo? Ogni scritto lascia sempre dietro di sé un messaggio, magari inconscio, e in esso va colta la sostanza esistenziale che lo rappresenti. Tra le tante attribuzioni che si fanno al poeta c’è appunto quella di trasmettere emozioni, ma è sempre sincero e coerente il poeta o si può parlare di bifrontismo, secondo cui a volte la poesia diventa un sogno e vive una realtà ben diversa da quella cantata nei suoi versi? Il poeta non si pone mai, quando scrive, un procedimento -in interiore- su cui inserire le proprie emozioni, lo fa a caso, o perlomeno, ricerca le prospettive che più gli si addicono. Non è bifrontismo, ma voglia di aprirsi alla conoscenza, uscendo dall’isolamento e dal labirintismo dell’io per congiungersi all’etos, al nostos, alimentando forme di linguaggio che, di volta in volta, appaiono diverse e variegate, per finire alla più completa libertà di espressione che lo rappresenti. Il sogno c’è, ma vive una realtà “altra”, da quella cantata nei propri versi, oserei dire che <sogno e mito> vi fanno da sfondo, ma ogni poeta attraverso il suo percorso individuale ne propone una configurazione di tracciati differenti. 78


Un argomento di attualità della politica nazione è quello dei “saggi”, uomini che hanno specifiche capacità, e colui che parla di emozioni che ruolo può avere nella società? La letteratura isola dai loschi intrichi della politica, per fortuna, la saggezza della poesia è racchiusa nelle emozioni, suggestioni, o nelle variabili segrete dell’io più interiorizzato, non nella mercificazione e nello scambio “utile” di ogni politicizzazione Occupandosi di storia della poetica è arrivata ad avere una immagine unitaria di essa? pensa di essere arrivata ad una conclusione, quando ripensa al corso storico di quest’arte c’è qualcosa che la fa ragionare? Mi sono occupata, come docente, per moltissimi anni di Storia delle Poetiche in corsi universitari. L’arte non ripete se stessa, né istruisce il karma che viene visitato di volta in volta da un tempo e da un luogo a se stanti. Ogni Poetica vive il suo momento storico, cerca prospettive di linguaggio mai esaustive, mai concluse, ma sempre alimentatate da stilemi in evoluzione, da linguaggi in formazione: le forme poetiche sono l’espressione di talenti sempre diversi nei confronti delle epoche storiche. Ogni individuo è testimonianza della sua storia individuale, ma anche della parola scritta che ne attraversa tutto il confronto storico e umano. Nella sua vita ha incontrato molte personalità, ma in particolare fu Salvatore Quasimodo ad incoraggiarla all’attività poetica, come avvenne l’incontro? 79


Era amico di mio padre, le famiglie si frequentavano e in uno degli incontri mio padre estrasse un piccolo foglietto che teneva sempre in tasca, e glielo lesse. Restò favorevolmente colpito e gli chiese lui stesso di dargliene in lettura altri testi. Da lì, partì il suo incoraggiamento che purtroppo non ebbe sviluppi, in quanto lo stesso anno morì. Tra le sue ultime composizioni poetiche si evincono titoli come: “La traiettoria del vento” “ Il sogno e la sua infinitezza” “Eros e la nudità” a cosa si riferiscono i titoli delle sue opere? come nascono? Essi sono il concentrato, l’essenza di ciò che nel libro voglio rappresentare, in genere trascrivo diversi titoli che meglio stiano ad indicare l’embrione o la forma desiderata da indicare nel testo. E un po’ come il nome da dare al nascituro, Il titolo è importante, rappresenta il biglietto da visita per il lettore. Io elaboro molto ogni testo, perché vedo nel titolo l’immagine iniziatoria della sua genesi. Ci parli dei suoi progetti futuri Ho da poco portato alla luce con la collaborazione di Antonio Spagnuolo L’Evoluzione delle forme poetiche (Kairos Edizioni) un grosso tomo di circa 800 pp della migliore produzione poetica di fine millennio. Si tratta di un archivio storico di grande impegno e ricchezza di contenuti che immagino passerà alla Storia della Letteratura. Sta per uscire un altro libro per i tipi dell’Editore Ursini: La distanza è sempre la stessa. La ringraziamo molto per il tempo dedicatoci. 80


INTERVISTA A Ninnj Di Stefano Busà a cura di Lorenzo Spurio Blogger master di Letteratura e Cultura - 3 giugno 2013

LS: Secondo molti il poeta non può essere anche un critico, perché ogni ambito presuppone una diversa prospettiva nei confronti dell’atto di scrittura e, nel caso della critica letteraria, una approfondita e propedeutica conoscenza della storia della letteratura o del testo/autore che si sta analizzando. In altri termini la poesia è istintuale, intimista, diretta, spontanea, irrazionale, mentre l’attività di critico (saggista, recensionista) presuppone una profonda conoscenza di quello che si sta trattando, spirito critico, profondità del ragionamento, circostanzialità, categoricità e organicità nel reperimento dei materiali cognitivi, capacità ermeneutiche e tanto altro. Questa polarità, però, finisce per risultare un’asserzione di poco conto, dato che la storia ci ha consegnato eccelsi poeti che furono al contempo anche dei critici letterari: si pensi, ad esempio a Eugenio Montale, Elio Vittorini e anche Leonardo Sciascia che ci ha lasciato una intensa attività saggistica sulla Sicilia e i suoi problemi sociali. Qual è il procedimento che adotta quando si “sveste” del suo ruolo di poeta per indossare, invece, gli abiti di critico letterario, dato che il suo curriculum è amplissimo di testi critici, recensioni, saggi e studi monografici? NDSB: Sono punti di vista contrapposti. Secondo la mia personale opinione, il poeta soprattutto può essere un ottimo critico, perché porta in sé le capacità 81


ermeneutiche, le sigle, le caratteristiche proprie della Poesia, sicché, ne sa eviscerare i contenuti, interpretare le connessioni, le concomitanze scrittorie, le sinestesie, le prospettive circostanziali di un linguismo particolareggiato e insondabile, sapendo attraversare l’esegesi critica con una variegata visione d’insieme e, infine, visitarne e penetrarne i meandri più insondabili di una lingua particolarmente disorganica e misteriosa, quale quella poetica, per penetrarvi in misura circostanziata e istintuale, quasi per induzione come nei “vasi comunicanti” o per simbiosi oserei dire, in quanto i contenuti e i modelli non gli sono estranei e ogni sentimento/suggestione riesce a integrarsi consolidando la categoria fondante della sua ragione critica, in un confronto che risulti al contempo esegesi/poetica, ma che si potrebbe definire in modo più esatto: combinazione attitudinale tra le due categorie, poiché le due posizioni determinano “affinità” nei confronti della scrittura e delle sue articolate manifestazioni intellettuali.

LS: Lei ha all’attivo ventitre sillogi poetiche, un romanzo, oltre che libri di saggistica, di esegesi letteraria che sono state ampiamente apprezzate dalla critica, tanto che sulla sua produzione hanno scritto i nomi più altisonanti del panorama letterario degli ultimi trenta anni. Scorrendo i titoli delle sue opere: (Lo spazio di un pensiero, La parola essenziale; L’attimo che conta (pref. Vittorio Vettori); ma poi ancora: Tra l’onda e la risacca, (pref. Marco Forti); L’arto-fantasma, (pref. Giovanni Raboni), solo per citarne alcuni) si respira il senso del “non definitivo”, dell’incompiuto, una sorta di evocazione ad indagare, ad andare oltre quelle realtà sconosciute, 82


misteriose e impossibili da scrutare con l’utilizzo della ragione. In che cosa si concretizza quella “parola essenziale” della sua silloge del 1990 e quell’“attimo che conta” dell’omonima opera pubblicata nel 1994 con prefazione di Vittorio Vettori? NDSB: la prima (mi riferisco all’essenzialità del verbo) si riferisce alla necessità di non debordare mai dall’alveo in cui si colloca l’eccellenza della combinazione lirica, perché l’evento scrittorio deve necessariamente essere raggiunto, attraverso una singolare cernita dei termini e non solo. In seconda istanza, inoltre, va eseguita una marcata esclusione del “superfluo” che se insistesse ad usurpare spazi non richiesti, guasterebbe il senso estetico del verso e tracimando in eccesso, potrebbe devastare e offendere il valore intrinseco della Poesia che, deve essere raggiunta da un’anoressica ed esclusiva opera di essenzialità: “non una parola di più”, come afferma, da sempre, Giorgio Bàrberi Squarotti riguardo alla mia poesia. “L’attimo che conta” poi, in Poesia, è -quello e, nessun’altro- la parodia della perfezione (che non esiste sulla terra) è tutta concentrata in quell’attimo eccezionale, ma se proprio non è dato raggiungerlo, si può cercare il perfettibile, volendo assegnare all’accezione quel meraviglioso tempo <dell’infinità> che ogni poeta tenta, per dare alla sua scrittura il miracolo della Storia, la memoria inconfutabile dell’essere che si trasforma in divenire, diventando fattore cognitivo di una palingenesi eternante.

LS: Il poeta romagnolo Tonino Guerra (1920-2012), 83


celebre anche per la collaborazione di scenografia con il grande Fellini, ha dedicato un’ampia produzione alla poesia nel dialetto romagnolo. Le propongo qui una sua lirica in dialetto, con relativa traduzione in italiano, per chiederLe un suo commento. Nel caso abbia avuto l’occasione di conoscerlo personalmente, può descriverci come fu il vostro incontro? I sacriféizi 1

I sacrifici

Se mè ò studié l'è stè par la mi ma, ch'la fa una cròusa invéci de su nóm.

Se ho potuto studiare lo devo a mia madre che firma con una croce.

S'a cnòss tótt al zità ch'u i è in chèva e' mònd, l'è stè par la mi ma, ch'la n'à viazè. E ir a l'ò purtèda t'un cafè a fè du pas, ch'la n' vàid bèla piò lómm. - Mitéiv disdài. Csa vléiv! Vléiv un bignè?

Se conosco tutte le città che stanno in capo al mondo è stato per mia madre, che non ha mai viaggiato. leri l'ho portata in un caffè a far due passi perché quasi non ci vede più niente - Sedetevi, qua. Cosa volete? Un bignè?

NDSB: Mi dispiace, non ho avuto la fortuna di conoscerlo e me ne rammarico moltissimo, deve essere 1

Tonino Guerra, I bu. Poesie romagnole, Milano, Rizzoli, 1972. 84


stato un poeta umanamente e profondamente capace d’instaurare con la poesia un dialogo e saper parlare a tutti in modo istintivo e universale...La Poesia deve essere colta da tutti.

LS: L’idea di questa intervista è quella di poter diffondere le varie interpretazioni sulla Poesia e in questo percorso ho ritenuto interessante proporre a ciascun poeta il commento di due liriche di cui la prima è di un poeta contemporaneo vivente e ampiamente riconosciuto dalla comunità letteraria per il suo operato e un'altra di un poeta contemporaneo, esordiente o con vari lavori già pubblicati, per consentire l’articolazione anche di una sorta di dibattito tra poeti diversi, per esperienza, età, provenienza geografica, etc e di creare una polifonia di voci e di interpretazioni su alcune poesie appositamente scelte. La prima che Le propongo per un’analisi è “Perdonateci”2 tratta dalla silloge Gocce nell’acqua del poeta napoletano Luciano Somma 3: Perdonateci questa dannata voglia di vivere in un mondo a forma di colomba e non tra fiori finti perdonateci se rifiutiamo limiti e frontiere e trasformiamo 2

Luciano Somma, Gocce nell’acqua, Fabula Edizioni, p. 10. Per maggiori informazioni sul poeta si legga la sua biografia nel capitolo-intervista a lui dedicato. 3

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fili spinati in palpiti d’amore non ci è concesso forse d’impazzire? Che razza strana siamo noi poeti specie che spesso va controcorrente volando verso cieli tersi liberi perdonateci per questo nostro osare. NDSB: Entrambi propongono una bella poesia, pur se diversificata nei modelli e nei moduli scrittori. L’uno è il poeta consolidato, conosciuto, l’altro il poeta che spunta fuori dalla quotidiana ricerca della Poesia e si fa apprezzare per i contenuti. Hanno in comune la lingua poetica che sgorga spontanea da un’ispirazione che in un periodo di ristagno culturale, ridà vita a quell’idea di letteratura che caratterizza il lavoro del critico, soprattutto basato su uno sperimentalismo che è ricerca del linguaggio in ogni suo itinere.

LS: Di seguito, invece, Le propongo la poesia “Date a me” 4 del poeta fiorentino Lenio Vallati 5, risultata 4

Lenio Vallati, La vita nell'osmosi del tempo, Firenze, Edizioni Agemina, 2013, p. 17. 5 Lenio Vallati è nato a Gavorrano (Gr) nel 1954 e risiede a Sesto Fiorentino. Svolge il lavoro di Capostazione presso l’impianto di Firenze - Castello. E’ poeta e scrittore. Di poesia ha pubblicato: Alba e tramonto (Bastogi, 2007) e La vita nell'osmosi del tempo (Edizioni Agemina, 2013). Di narrativa 86


vincitrice in numerosi e prestigiosi premi letterari: Date a me le sofferenze del mondo. Le porterò lontano, le disperderò come pulviscolo tra strade affollate di gente. Date a me l’odio, lo avvamperò alla fiamma del puro amore che non resti altro che memoria. Date a me la guerra. Caricherò i fucili di fiori e gli spari diventeranno abbracci nella stagione nuova del cuore. Date a me la paura. La fonderò con l’alba dissolvendo le tenebre oscure della notte. Date a me la morte. Le racconterò una storia che parla di noi due, e alla luce del nostro amore.

NDSB: Anche in questo testo si evince la ricerca di universalità della poesia che affianca ai vari livelli la più ampia fenomenologia linguistica sollecitando la voglia di ha pubblicato: Soggiorno a Bip Bop (L’Autore Libri Firenze, 2003), Un criceto al computer (Ibiskos, 2004), Desiderio di volare (Bastogi, 2006), e Gaffio d'Alba (Bastogi, 2011). Ha vinto molti primi premi sia per i racconti che per la poesia ed è presente in numerose antologie. 87


aprirsi al “sogno” alimentando le varie espressioni sperimentali dell’oggetto poetico.

LS: Recentemente Lei ha curato assieme al poeta napoletano Antonio Spagnuolo un Archivio Storico dal titolo L’evoluzione delle forme poetiche 6 circa 800 pp. che contiene parte della immensa produzione poetica degli ultimi due decenni 1910-2012. Quando si cura un’opera antologica di questo tipo si rischia sempre di incorrere in “fastidiose dimenticanze” nel senso che è opinabile la scelta degli autori e dei testi fatta dai curatori e si potrebbe criticare la mancanza nel testo di poeti ritenuti “grandi” e che, dunque, appaiono scartati (nel caso non siano stati scelti) o assenti (nel caso non abbiano saputo dell’iniziativa o non abbiano voluto prenderne parte). Può raccontarci come è nata l’idea di questa antologia poetica, quanto lavoro c’è stato dietro e attraverso quali canali verrà diffusa? NDSB: Archivio Storico, così l’ho definito è un lavoro di ristrutturazione e coordinamento della poesia di oggi “inteso nel complessivo articolato di un ventennio”. Da tempo lo avevo in mente e lo programmavo, ma ben consapevole che l’operazione fosse di quelle molto impegnative, vi ho voluto dedicare tutta la mia attenzione e il mio interesse. Ci sono voluti ben due anni di cura e, nonostante ciò, il lavoro non è completo. L’opera ha voluto essere un consuntivo, una mappatura, un 6

L’evoluzione delle forme poetiche. La migliore produzione poetica dell’ultimo ventennio 1990-2012, curatori Ninnj Di Stefano Busà e Antonio Spagnuolo, Napoli, Kairòs, 2012.

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censimento, una vetrina variegata di poeti che, a diversi titoli e con la massima preparazione in campo poetico, possono essere traguardati al futuro per essere storicizzati. Raccoglie una vasta configurazione critica, ma non è un traguardo concluso, perché nelle mie intenzioni c’è e resterà un tracciato differenziato delle varie forme scrittorie, che non possono essere inglobate né circoscritte ad un solo tomo. La ricerca in campo poetico è un percorso significativo sempre in progress che varia a seconda l’evoluzione del linguaggio e delle sue varie forme o connotati linguistici: i diversi contesti caratteriali che ne coinvolgono i tempi e le strutture ne sono la prova evidente, un riscontro e uno strumento adeguati alle mode e agli stilemi propri di un’evoluzione che, avendo attraversato i vari ismi delle avanguardie, ritorna e si annuncia diversificata nelle forme strutturali di linguismo. Era necessario uno spartiacque, un rendiconto, una configurazione che ne rappresentasse la situazione di oggi. Malgrado taluni inevitabili difetti o defezioni, spero di aver fatto un buon lavoro, il discorso degli esclusi non è esatto. Sono stati contattati quasi la totalità di quegli autori che hanno avuto un peso, una rappresentazione, un curriculum tali da essere inseriti dignitosamente dentro una produzione che abbracci l’attività poetica a cavallo di due secoli (un ventennale appunto di Poesia)...ebbene, non tutti sono stati disponibili all’operazione, taluni con miserrime e puerili giustificazioni si sono defilati, altri hanno sottovalutato appieno l’operazione storica. Dovrebbe essere chiaro a chiunque un principio: da qualunque fonte editoriale di alto o medio livello provenga un tale progetto debba essere bene accetto. Purtroppo, anche chi ha intelletto di 89


ampia levatura culturale, miseramente fallisce nei giudizi fondanti o nei criteri di valutazione della realtà...Se fosse stata iniziativa programmata da alte sfere editoriali (per non fare nomi) tanti, forse tutti si sarebbero strappate le vesti pur di rientrarci. Così non è stato, e la Storia ne dovrà prendere atto. La responsabilità dell’esclusione né dell’incompiutezza marginale dell’opera non è da addebitare ai curatori, i quali hanno tentato di raggiungere tutti i poeti validi, ma la loro insipienza è stata superiore ad ogni logica testimoniale, ad ogni più allettante tentativo di passare alla storia. LS: Lei oltre a dedicarsi alla poesia si è interessata molto di scienza dell’alimentazione. Poesia e nutrizionismo, versi e cucina possono avere una combinazione pratica oppure restano due mondi distanti tra di loro? Quanto è importante all’interno del suo fare poesia l’elemento nutrizionale, le suggestioni che possono derivare da una prelibatezza vista, agognata o pensata? NDSB: Le due parti della medaglia non sono in competizione, vanno in abbinamento e l’una non esclude l’altra: mens sana in corpore sano. Ebbene, la verità è presto detta, la soddisfazione del palato dinanzi al buon cibo è la stessa che un grande poeta mette in poesia, stessa “apoteosi”, stessa sublimazione che, combinando espressioni superlative di carattere intellettivo l’uno e olfattivo l’altro, riescono a combinare la simbiosi dei sensi: armonizzarli si può, anche con un eccellente cibo. LS: Nella sua recente silloge L’eros e la nudità (Tracce,

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2013) a proposito dell’amore scrive7 L’amore non è né comodo né facile, ci arde solamente dentro come scintilla vitale, ci scorre tra le pieghe come istante perfetto nell’arroganza di solitudini abissali. Non è questa una visione troppo “cupa” dell’amore che sembrerebbe essere vissuto in maniera poco entusiasta («non è comodo») e che si delinea per le sue difficoltà («né facile») perché alla minaccia delle «solitudini abissali»? Qual è la sua idea sull’amore? NDSB: In altri testi della stessa opera affermo: “dalla nostra carne sboccerà l’aurora.” oppure: “siamo uccelli che sforano il cielo/ e si accendono di vivido sole”; “Come uccelli di fuoco sorvoliamo il caos.” Non è nel significato che le attribuisce Lei che ho inteso porre l’attenzione! Troppe volte si abusa dell’amore, si eseguono acrobazie, equilibrismi, di cui l’amore non ha necessità. Il vero grande amore ha funzione in sé, vive di luce propria, emette segnali di armonia che nessun’altro sentimento può eguagliare. Il pericolo, il rischio è solo di stravolgerlo, di mistificarlo, di confonderlo. I versi di tutta l’opera si susseguono con ritmo suggestivo-emozionale, cogliendo la voce dell’Eros come la sola in grado di dar vita al soggetto amoroso. Trovo che l’opera vada oltre il quotidiano, non bisogna imprigionarla nei soli due versi che definiscono l’amore: non comodo né facile. In realtà non lo è. Eppure ardito si leva il sogno, ardito il concetto di volerlo determinare in spore di felicità, oltre il dubbio e le limitazioni dell’umano

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sentire, oltre la ferita e l’offesa delle miserie umane. 1

Ninnj di Stefano Busà, L’eros e la nudità, Pescara, Edizioni Tracce, 2013, p. 27. LS: Tutti giorni alla tv sentiamo parlare di Europa o, meglio, di Unione Europea, quale organismo politicoeconomico che è frutto di decenni di incontri, convegni, trattati tra i padri politici che intravvidero in un sistema federativo e comunitario di stati una via da perseguire perché sinonimo di forza, prestigio e solidità economica. Ora, a più di dieci anni dall’introduzione della nuova moneta, in molti –da più parti politiche e, soprattutto la gente comune- stanno chiedendosi se non sia auspicabile un ritorno alla Lira. L’insoddisfazione nei confronti del sistema economico europeo è palpabile un po’ in tutto il Vecchio Continente, per motivi di diversa natura. Che cosa pensa Lei dell’Europa? Qual è l’idea che le sale alla mente quando sente nominare la parola “Europa”? Esiste, secondo Lei, un retroterra culturale condiviso tra i vari popoli che “abitano” questa Europa? NDSB: una grande tragedia per gli stati più deboli della U.E. questa e’ la mia personale impressione, ma e’ avvalorata dai giudizi di grandi economisti e geni della finanza globale che intercettano il rischio di una defaillance del mercato delle nazioni facenti capo alla U.E Nessuno si sforza di capire la situazione che si verificherà nell’eurozona manipolata dalla politica speculistica e truffaldina della UE che ci sta portando allo sbaraglio. Le nazioni più forti economicamente vogliono soppiantare quelle più deboli, in modo da avere meno bocche da sfamare nel 2015/2020. 92


E succederà un cataclisma. Non vuole essere allarmismo ma semplice considerazione dei fatti. La prima ad uscire sarà la Grecia, seguita dalla Spagna e da altre, per non fare il nome dell’Italia che è all’osso, ridotta ai minimi termini da una politica troppo rigorista, sotto l’egida merkeliana, fatta di tasse e balzelli alla maniera di Monti. È la teoria dell’economista Charles Robertson di Reinaissance, dove c’è il massimo rigore, si comprime lo sviluppo, l’incremento del peso fiscale riduce sul lastrico un popolo e ne sentenzia il fallimento economico - default - Ma c’è anche chi si spinge oltre, come il gestore di fondi speculativi Kyle Bass, secondo cui il destino dell’Europa è già segnato. Ma a dare dichiarazioni shock è Reuters. La recessione non avrà breve durata, la crisi andrà molto oltre le previsioni e non avrà lieto fine, sfocerà in una guerra mondiale ha concluso Bass, Fondatore di Hayman Management Capital (Dallas). Bass è convinto che assisteremo a guerre sanguinose e rivoluzioni, un vero dramma per le popolazioni e gli stati che non potranno stare al pari con le speculazioni di un sistema capitalistico da guerra “stellare”. Lo stallo sarà un’immensa perdita di capitali che sotto forma ingannevole e fatti passare per diminuzione del debito pubblico lasceranno sul campo morti e feriti. Il fenomeno potrà nel tempo allargarsi fino a provocare una riduzione drammatica sugli stati sovrani che dovranno uscire dall’euro. Ma non è molto lontano questo pericolo, anche se nessuno ne parla, e proprio per questo, avverto il rischio incombente e prossimo a succedere. A dare il primo segnale è stata l’Inghilterra, cui potranno seguire altri stati in grave affanno economico. Mi lasci aggiungere che la politica e la poesia sono due poli 93


opposti, si trovano agli antipodi del genere umano, non vi è capacità di armonizzarli, perché inevitabilmente l’una esclude l’altra: il poeta vive nel suo limbo perfettibile, il politico esclude tout court la ragione dell’omologazione, perché lontano anni luce dalla verità e dal bene comune. Vi è una profonda ragione speculativa nella spartizione politica, che esula dai principi e dalle essenzialità della palingenesi evolutiva. Il politico è (e resterà) uno strumento per “configurarsi” un potere sugli altri simili, il poeta no, vive di idealismi, forse di utopie. Le due posizioni sono fondamentalmente diverse e non associabili tra loro. LS: Oggigiorno le collaborazioni tra più autori e le scritture congiunte o “a quattro mani” sono molto diffuse, sia nella narrativa che nella poesia. Sinceramente troppo difficile, se non addirittura inconcepibile, che una poesia possa essere scritta insieme da due persone, nonostante la loro vicinanza, amicizia e parità di visioni perché la poesia, per come la concepisco io, è un atto estremamente personale che non può realizzarsi nella spartizione della creazione tra un attacco scritto da una persona e una seconda parte scritta dall’altra. Credo che in questo modo l’atto stesso di far poesia possa essere considerato morto e la lirica finisca per essere un misero collage di frasi di persone, incollate a puntino, con esiti che non possono che risultare desolanti. Che cosa ne pensa Lei a riguardo? NDSB: L’incompatibilità tra i vari “individui” esclude “ a priori” una realizzazione a quattro mani che possa armonizzarsi in perfetta sintesi. Saranno sempre due o più modi di sentire, di avvertire la visione dell’esistente, 94


diversificate le aspirazioni, le idealità, le emozioni. È come voler accoppiare un cane e un gatto, snaturandoli entrambi, i due mondi confliggono e non vi può essere sintesi tra le due realtà. Il risultato non può che essere desolante, una sorta di puzzle, o un collage eseguito a freddo, a tavolino, le percezioni sono altre in ognuno, molto distanti dall’armonia che può realizzare una sola voce. L’esito a mio parere non può che essere inferiore.

Ninnj Di Stefano Busà con Silvana Giacobini

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INTERVISTA RILASCIATA da Ninnj Di Stefano Busà a Miriam Binda blogger di Amina mundi, nov.2013 Domanda: L'evoluzione delle forme poetiche è un Almanacco edito dall'Edizioni Kairos di Napoli. Raccoglie le poesie di molti autori-poeti italiani. Lei, in qualità di Curatrice, insieme al Prof. Antonio Spagnuolo, perché nella prefazione sostiene che la poesia, nell'età post-moderna sta attraversando sentieri nebulosi e asfittici? Questi sentieri , come lei sostiene riguardano soprattutto il mondo della scuola, oppure, lei individua altri ambiti in cui l'indifferenza o meglio il menefreghismo toglie vigore al pregio artistico abbinato allo studio e approfondimento dell'arte epica e/o poetica? Risposta: la responsabilità di questa grave crisi che io denuncio nell’introduzione dell’Almanacco Storico da me curato è da addebitare soprattutto alla latitanza ed emarginazione del mondo editoriale. Lì, si crea la frattura tra la Poesia e la Storia, tra la cultura e la non cultura della parola poetica, che sta per estinguere il suo ruolo di apertura e di rivelazione di un sistema linguistico, che rendeva viva e mirabilmente intensa la pagina letteraria dei secoli passati: Lì, bisognerà insistere e tracciare segni di persuasione, perché non respingano tout court la poesia adducendo il motivo che non rende commercialmente sul mercato. E’ vero, la poesia non rende, (perché non è tangibile, non è prodotto combustibile), ma è molto più grave non offrire la possibilità di cimentarsi, piuttosto che avere un secolo senza poesia. In ogni modo sono convinta che se le case editrici offrissero la possibilità di istruire collane di 96


medio/grande spessore, si stupirebbero di quanto sarebbero affollate le redazioni, e quanto denaro potrebbero incassare (in termini di mercato!!!). Invece i loro organi direttivi restano sordi, incapaci di captare l’esigenza della poesia, come la Russia ad es. che promuove e apprezza il messaggio poetico al di là della sua reale capitalizzazione in termini economici. Il che, in tempi di crisi, sarebbe auspicabile. Il poeta è l’unico a voler pagare di tasca sua il libretto di poesia e anche considerando il rigore economico fa un certo effetto...ma dall’altra parte trova un muro, una negazione netta e precisa, fatta esclusione per piccoli editori che ci speculano alla grande. La poesia non serve per gli addetti ai lavori del ns. secolo e non se ne parla di pubblicarla. In effetti sono gli addetti, i famosi direttori editoriali a decretarne la fine, lenta e inesorabile. La nuova figura del Web entro l’ambito della poesia ha decretato quasi del tutto l’esclusione del “cartaceo”. Oggi l’edito poetico si rivolge all’editing online, all’e-book soprattutto. La nuova generazione dei giovani poeti, vista la riluttanza e latitanza dell’Editore elitario, fa leva sulle tecnologie e strumentazioni del web, che sul piano tecnologico risulta valido a dare pubblicazione e divulgazione maggiori e di buon rendimento d’immagine. Domanda: Le nuove tecnologie e strumentazioni elettroniche "web" possano favorire la divulgazione di nuove forme poetiche anche attraverso la pubblicazione di testi e riferimenti bibliografici degli autori. Un tale servizio tecnologico era impensabile, nelle epoche passate, perché l'opera letteraria riceveva il consenso, per l'eventuale pubblicazione, dagli editing e dai critici letterari al servizio delle case editrici. Molti autori, 97


soprattutto critici letterari squalificano l'uso delle nuove tecnologie perché sulla rete o nella rete di internet, manca la "garanzia di qualità" garantita invece dalle case editrici che pubblicano i libri di noti autori selezionati. Eppure se andiamo a vedere gli sviluppi delle arti figurative, anche musicali l'uso di impianti tecnologici e strumentazioni d'avanguardia sono utilizzati per creare opere d'arte che ricevono consensi internazionali. E questo aspetto tecnologico abbinato all'arte non offusca minimante l'avanguardia artistica anche del passato. Esempio: Benedict Radcliffe ha presentato una creazione o installazione reticolare con schemi web-elettronici, in collaborazione con una nota casa automobilistica ha poi presentato, questa sua opera d'arte, a Milano in occasione del Design Week. Lei pensa che per l'arte - poetica - non ci sia la possibilità di creare forme di comunicazione artistica o nuove installazioni in grado di unire l'arte della parola epica alla tecnologia informatica ? Risposta: certo, il “nuovo” che avanza a grandi passi, soppiantando l’antica supremazia e offuscando la priorità e il potere editorialistico del passato, viene respinto a priori e declassato, additandolo come squalificato o solo avanguardistico. Ma sono stati loro per primi a trattare la poesia così marginalmente, e, al contempo, così elitariamente da escluderla dai canali di rappresentazione e includerla tutta entro gli ambiti della conoscenza e delle congreghe strumentalistiche amicali, tali da ridurre le pubblicazioni a mere rarità, rarefatte a tal punto da contarle annualmente sulle dita di una mano. Non possono davvero lamentarsi ora che la poesia sfugge loro dalle mani, per avviarsi su sentieri 98


tecnologici di sviluppi ulteriori e di diversificati canali di distribuzione e di ricchezza culturali. Riguardo poi l’ultima parte della sua domanda, perché no? Internet ha aperto orizzonti di vastissima connotazione moderna. Le nuove installazioni tecnologiche sono in grado di unificare il concetto d’arte, rendendolo accessibile a tutti. In tal senso può sopperire alla mancanza dell’editoria che “non ha capito” la fonte virtuale di mercato, in quanto bacino sotterraneo di grandi risorse e di alfabetizzazioni linguistiche proprie dell’evoluzione delle forme poetiche. Scopo della mia opera è di stimolare ai vari livelli la più ampia diffusione del fattore “poetico”, sollecitando la voglia di aprirsi ad una palingenesi di forme di scritture e di linguismi più evoluti.

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INTERVISTA rilasciata da Ninnj Di Stefano Busà a Sandra Evangelisti blogger di Distensione del verso – febbraio 2014 D: Lei ha seguito la parola alta dei grandi maestri della poesia, il linguaggio novecentesco della grande produzione lirica. Cosa trova in essi che sia appartenuto alla tradizione attraverso le varie stratificazioni linguistiche? e se poesia di identificazione vi ha trovato, chi è stata più affine alla sua sigla personale? R: Ho sempre considerato il poeta come soggetto del mondo, in quanto microcosmo di un “unicuum” con ascendenze mito-storiche. In quanto microcosmo, tende ad unirsi al macrocosmo, cioé, all’unità di misura universale che abbracci la gamma completa dei singoli, le loro emozioni, le occasioni, le significazioni precursori di una valenza del pensiero tout-court. Il sentiero percorso non ha la minima importanza, l’essenziale è percorrerlo, andare oltre, fissare le parole come una narrazione che nel suo “iter” sublimi la coscienza, istruisca un dialogo tra sè e gli altri, si rapporti alle pulsioni profonde della vita come ad un “mantra”; se poi sia espressione di un classicismo, di un neorealismo, di un orfismo o quant’altro non importa. Mi trovo più affine a Montale, a cui spesso sono stata associata, senza averne merito. Montale è un mito, un nome prestigioso dell’Olimpo della Letteratura, il suo è uno stile che ha avuto diversi seguaci: moderno, asciutto, simbolicamente riconoscibile dall’indagine storica, direi inequivocabile; egli è unico nel suo genere. Essere paragonata a lui può essere svantaggioso per me e imbarazzante, data la mia pochezza; è una grossa sfida, qualcosa di davvero incommensurabile, poiché vi è una faglia tra me e lui.

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D: Lei è considerata il poeta-donna che meglio ha saputo porre l’accento su un linguaggio moderno, senza il presidio classicheggiante o non, delle varie tendenze un po’ obsolete. Il che sta come dire: Lei è a se stante, non mostra le caratteristiche dell’omologazione. La sua è una formula scrittoria versata al simbolismo? Ritiene che essa sia la caratteristica peculiare e ineludibile dell’assetto poetico che persegue? R. Se il far poesia deve necessariamente porsi in un contesto comparativo la distensione del verso (come lei ha titolato il suo blog in maniera azzeccata) tra il vecchio e il nuovo modello, opterei per il moderno, ma l’ispirazione detta le regole, non è mai il poeta a decidere “a priori” su cosa voler rappresentare, o sul dover essere. Vi è una ragione al di là. L’ispirazione istruisce un modulo lessicale che di volta in volta decide la poesia da seguire, riguardo al modello a cui tendere, semmai, è la pulsione profonda di un <io> individuale a colpire l’esatto obiettivo (oppure a mancarlo, a seconda dei casi). L’ orientamento in cui muoversi è la perfetta conseguenza del proprio destino di poeta, che può percepire la poesia come un organigramma, di cui l’immersion lirica è la funzione vitale del suo stesso sentire . Mai, però, in tono precostituito o prefigurato, né tanto meno, alieno o estraneo alle tendenze individuali di un soggetto poetico che ne verifichi ogni intendimento. Mi spiego meglio: la poesia è mistero, sempre. È altro persino da se stessa, finanche nella complessa vicenda del suo porsi in essere. Non si può fare poesia, senza l’individualità “assoluta” della propria pulsione profonda, a muoverla è il segnale che, dall’occasionalità, transiti poi e l’avvicini a quella “perfettibilità”, di cui ogni poeta ha bisogno e a cui tende per sua stessa natura.

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D: Come si colloca il poeta nel mondo moderno? R: E’ uno come tanti, un individuo normale travestito da <poeta> con quel quid in più nel poter dire o nel “saper” dire la parola più alta e diversa dal linguaggio comune, abituale, frusto. Il poeta usa le parole come lame, o se si preferisce, bulini per il cesello: quel termine e non altro, quell’aggettivo e non un altro. Ogni poeta rappresenta la vita che pulsa, che si commuove, che lotta, che patisce. Quindi: il sarcasmo, la pietà, l’incanto, la suggestione, l’emozione, la rabbia, lo smarrimento, l’amore, la magìa, la solitudine, il dolore e, tutta la vasta gamma di ogni processo umano è alla sua portata: può colpire i tasti giusti e realizzare una melodia sublime (il testo); può non toccare mai la misura d’immenso, le infinite corde della Bellezza. Il transfert è anch’esso un mistero, una sorta di ecosistema di linguaggio criptato, dal quale il poeta deve saper decifrare i caratteri, formulando un processo linguistico. Qualsiasi “parola” convenzionale o non, perfetta o perfettibile è lì, a portata di mano, può essere usata da tutti. Solo il poeta però sa trasfigurarla, fin quasi a reinventarla col suo stile, col suo linguismo; può modularla o espanderla col suo imprinting, darle nuova vita o esauturarla con una sclerotizzazione che non ha ragion d’essere: in quel caso è meglio rivolga la sua attenzione ad altro, non alla poesia. D: Per tornare alla critica, perché diversi suoi critici estimatori l’hanno avvicinata a Montale? Lei ritiene davvero di avere qualche affinità col grande poeta o è solo un modus critico di assembrare poeti della stessa matrice o filone biografici. R: Non saprei dare una risposta al riguardo. La cosa mi ha sempre messo un certo imbarazzo. Non saprei individuare tra le nostre due realtà la “comunanza”. In ogni modo, ora è certo, qualcosa di similare i miei 102


critici devono avvertirla, se continuano ad associarmi al grande Maestro. Bontà loro, non posso che ringraziali. La critica è stata per me l’espressione più sollecitante del mio iter letterario, il termometro col quale mi sono sempre confrontata, per misurare la temperatura lirica, una temperatura supportata da grandissimi critici quali quelli che io ho avuti merita il più grande rispetto. Mi sento onorata di avere avuto l’attenzione di critici come Carlo Bo, Giovanni Raboni, Marco Forti, Attilio Bertolucci, Walter Mauro, Plinio Perilli, Arnoldo Foà, Davide Rondoni, Alda Merini, Dante Maffìa, Giorgio Bàrberi Squarotti, Emerico Giachery, Francesco d’Episcopo, Antonio Spagnuolo, Giuliano Manacorda, Arnoldo M. Mondadori, Nazario Pardini e altri. D: In tempi di crudo disincanto, di incertezze, di violenze, di caos, come vede la Poesia? R: La Poesia denota il suo referente nella ipotesi del suo immaginifico status “orfico” Qualcosa che potremmo chiamare “introspezione” si trasfonde all’anima che emette i dati architettonici del pensiero. Ogni poeta ne interpreta il ruolo, la fantasia, la riflessione. L’opera d’arte riflette non solo l’idea dell’artista, ma il suo spasimo aurorale, la sua armonia di fondo, tra stile e creatività, tra presente e passato. In questo intervallo, in questa frazione di celebrazione un po’ astratta si colloca la Poesia, quella che deve essere una rievocazione tra l’io privato e il mondo, tra la Bellezza e il valore dell’arte, detta le regole. C’è poi il responso critico della Storia, il futuro della pagina scritta, il suo cercare oltre le tenebre più fitte, la via della salvezza. la capacità di armonizzare tutte le avventure possibili nel far Poesia. D: Per Ninnj Di Stefano Busà la Poesia è nel mondo? Essa è lo sguardo che l’attraversa e la nutre di 103


dolore? Oppure, è l’accadimento momentaneo che determina la condizione di poeta? R: L’una e l’altra ipotesi possono coesistere. È il luogo, il viaggio e la vita stessa con le esperienze di stupore, di meraviglie, di emozioni in un empito di trasformazione, di trasfert nell’<altrove>, di un concetto “altro” che tutto descrive e rinnova con la fantasia. Per il poeta, la Poesia è l’alimento. Il distacco dalla realtà in un luogo a procedere della fantasia, in cui l’ultimo fiore a dischiudersi è il caos. E dunque, la connotazione più vicina al suo vissuto, all’esperienza del suo dolore, al fatto quotidiano che a volte ne banalizza il reale apprendistato. Tutto è poesia. Da qui, ha inizio la sua avventura: dall’incontro con lo strazio del mondo, con l’occasione e il desiderio di superamento: la vita è la distanza tra il grido e la ferita, nel mezzo c’è la Poesia.

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INTERVISTA RILASCIATA da Ninnj Di Stefano Busà a Nicola Franco, blogger di Ciao/Italian Montreal (Canadà) – settembre 2014 D. A che età ha cominciato a scrivere poesia? La Poesia si raggiunge per gradi in un procedimento lungo nel tempo, oppure è folgorazione immediata? Ho iniziato a scrivere a tredici anni, ma ho pubblicato le prime poesie quando mi sono sentita più matura per farlo. Da allora, è stato un susseguirsi di libri, di pubblicazioni varie su riviste, di concorsi. Avevo spalancato la porta alla poesia e lei mi veniva incontro, si concedeva a me come un derma profondo, che da quel momento ho considerato la mia seconda pelle. Ho cominciato a leggere poesie di poeti spagnoli, inglesi, francesi, italiani; mi sono interessata ai classici, ai poeti russi. Ogni modello, ogni stile andavano bene per me. Ovviamente ogni età ha avuto il suo “itinere”, mi ha dato qualcosa: suggestione, emozione, incanto, ne ho amati tanti di poeti e, ognuno mi ha insegnato qualcosa di nuovo, di particolare, d’interessante. Quelli che hanno formato la mia giovinezza sono molti e negli anni li ho riletti per assaporare altre sfumature della loro arte. Oltre a quelli dei tempi scolastici, Dante, Petrarca, Foscolo, Manzoni, Pascoli, Carducci anche i più contemporanei: D’Annunzio, Montale, Ungaretti, Zanzotto, Luzi, Quasimodo, Gatto. Taluni di questi autori ci segnano la vita, tracciano un percorso, danno il senso vero di una condizione linguistica che si fa portavoce per il tuo futuro, altri fanno da guida, inducono ad un pensiero alto della storia letteraria, ti indicano una strada da percorrere, in 105


solitudine (si capisce), perché il poeta, ogni poeta deve scrivere solo con se stesso, formulare un modello autobiografico, sapersi trovare, riconoscere nella lingua che lo rappresenti e gli è più congeniale. D. secondo lei il poeta può modificare il suo percorso, il suo itinerario, inaugurare un linguaggio nuovo che lo differenzi? Può inventare una linea che costituisca la sua vera forza, il suo punto di riferimento per sempre? R. La forza del poeta sta proprio nel rinnovarsi, nel ripresentarsi sempre nuovo, l’eclettismo necessario è una energia che lo solleciterà a sempre nuovi approdi, modificherà molti dei suoi progetti iniziali, attraverso una catarsi letteraria che solo lui saprà introdurre potrà (se lo vuole) cambiare i suoi molti destini: attraversare il dolore, la solitudine, e rifondersi in un suo viaggio personale nel tentativo di possedere definitivamente la forma, la categoria della sua “parola”: L’importante è uscire dalla banalità, non essere fermi al suono, al balbettamento che ti prende e ti modella. Attraversare i propri limiti, imporsi un’adeguata preparazione leggendo molti testi, superare il proprio status di esordiente, crescere. Non penso però che il poeta debba o possa rifondare un nuovo rapporto tra sé e la poesia in continuazione. Vi sarà un momento che deve fermare la sua attenzione su uno stile e personalizzarlo, caratterizzandone la categoria che più si è imposta. L’importante è provare a non essere amorfi, insabbiarsi in sistemi logori, raffermi, in posizioni di caduta libera. C’è la tentazione a volte di lasciar perdere, di non inventarsi niente di nuovo, di 106


abbandonarsi a stilemi desueti o eccentrici della propria poesia. Qui sta lo sforzo immane di non rinunciare, fare dell’esordio una premessa, un preliminare di continuità, non diventare un fuori ruolo, non fare della poesia un atto transitorio, revocabile, oscillante. D. Lei ha scritto molti libri di poesia per l’esattezza 23, sono un numero elevato di opere, senza aggiungere la saggistica, la critica, la narrativa...nota che c’è differenza tra il suo tempo precedente e quello attuale, la passione le si è stemperata, o prova lo stesso sentimento intrinseco, intimo e appassionato delle sue prime opere? R. Si cambia, perché l’individuo cambia, il poeta cresce ogni giorno, diventa autoreferenziale se trova la via giusta, si definisce in una realtà, in una esperienza che sono nuove e diverse nel tempo, ma se devo essere sincera, conservo dopo quarant’anni lo stesso interesse, la stessa passione che intriga ogni mia nuova opera e mi fa desiderare di concluderla. Se questo non è amore per la poesia, cos’altro è? Mi accorgo che resta incompiuta sempre una poesia, quella che non si è ancora scritta e chissà se mai si scriverà. D. Ogni poeta ha un concetto di poesia suo “personale”, vi sono miriadi di processi linguistici e tante diverse definizioni di poetica. Per Lei, che cos’è la poesia? R. Un lungo camminare a zig zag, un procedere a volte ad ostacoli, un passaggio influenzato da una facoltà del dire “inequivocabile”, a volte anche un tornare indietro 107


per ritrovarsi, rinnovarsi; è un po’ come la vita, non ti appartiene del tutto, (perché c’è la fine sempre in agguato), ma la vivi ogni giorno, te ne innamori, la contieni all’interno, l’alimenti, perché non ne puoi fare a meno, se la possiedi dentro è per sempre, come un figlio, un differimento procrastinato dell’anima. D. Lei ha scritto finora veramente tantissimo...scrive per diletto, per passione, con metodo? O perché folgorata da un momento ispirativo che Le dà la potenzialità, la tensione...emotiva R. La poesia è il lampo di un solo momento, se si spegne quell’istante“perfettibile” in cui da banalità la poesia si può trasformare in un episodio immortale, se non assecondi quell’illuminazione che ti prende improvvisa e ti scuote tutto l’essere dall’interno, non puoi più sperare di riafferrarlo. Lo si perde per sempre. Devi abbracciare l’ispirazione nell’istante in cui giunge a te, devi darti interamente ad essa, senza vizi di forma. Come vede la poesia italiana di oggi? R. Il Novecento italiano è un territorio vastissimo, un coacervo di molti miti, di molti stili. Vi sono anche tra i giovani dei buoni talenti. Auspico che la poesia non decada con l’avvento dell’informatica, che potrebbe rappresentare un ostacolo alla continuità del messaggio, trattandosi quest’ultima di una forma molto speciale di linguaggio che non può adattarsi a sintomatologie che siano diverse dall’anima.

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