Vita da O.S.S.
Le nostre giornate
Racconto di Gianluigi Rossetti Se c’è una suoneria che non vorresti mai e poi mai dover sentire, è quella della sveglia alle cinque del mattino! D’altra parte, qualche ora prima le hai dato la carica, hai regolato le lancette e lei, sempre ligia al dovere che le compete, ti avverte che l’ora è giunta! Qualche volta decidiamo di stare ancora cinque minuti e quando succede che si prende la sciagurata decisione, il risultato è che alle sei e un quarto il silenzio della tua casa viene scosso da un altro suono:quello del telefono, seguito dalla voce della tua collega che ti ricorda che forse hai qualcosa da fare dalle parti della struttura! Come sempre in questi casi, ti ribalti giù dal letto e pensi: ”Porca miseria, lo sapevo, lo sapevo!”. Mai fidarsi dei cinque minuti! La mia suona esattamente alle 4.30, (ma devo precisare che il mio caso non fa testo), ormai da ventitre anni! Tutto è regolato al minuto: alle 4,50 in cucina per la colazione, e alle 5,10 bicicletta alla mano, con qualunque tempo, eccetto se piove, pedalo lentamente nel buio e nel silenzio di quel che resta della notte, con l’odore del pane che esce dal camino del fornaio qui vicino (e peccato che non apra alle cinque!) e mi avvio verso una nuova giornata di lavoro. Si arriva alla spicciolata, molti con le auto, altri in motorino, e qualcun altro in bici: tutti con la stessa espressione di chi è lì, ma la testa è ancora sul cuscino! Raggiunto il piano con l’ascensore, spalanchi la porta di entrata al reparto e vieni puntualmente raggiunto dagli aromi tipici del mattino (il fornaio è lontano!), combinati con i lamenti di chi, alle cinque e trenta, era nella lista dei clisma! Questo è sempre il nostro buongiorno, e loro sono pronti per essere aiutati a vivere una nuova giornata insieme a noi. In fondo, per il tempo che restano qui, per loro diventiamo l’altra famiglia, proprio perché ci vedono quotidianamente, imparano a conoscere non solo le nostre facce, ma anche le voci; si crea quel tipo di rapporto che in un ospedale, per esempio, non è possibile, sia perché i tempi di degenza sono molto brevi, ma anche diversamente, lì è tutto un altro mondo. La differenza la sentono e la dimostrano proprio loro, quando ritornano dopo un ricovero di urgenza o per altre situazioni che comunque necessitano di un ospedale. Quando vengono dimessi, è come tornare a casa, proprio come tornare in famiglia e ritrovare il proprio letto, il posto a tavola, la vicina di stanza pettegola, insomma, tutto torna alla normalità! Quantomeno, quella che qui dentro è considerata la normalità! Certo, non è una professione semplice e loro ogni giorno mettono alla prova la nostra integrità psicologica e fisica! Ci sono giorni, poi, dove davvero saresti tentato di scappare, giorni durante i quali, per varie ragioni sono particolarmente agitati: ne basta uno che alzi il tono della voce appena poco più del normale, per tirarseli dietro tutti, e per chi fa il nostro mestiere, c’è ben poco spazio per la fantasia! “Ogni testa è un piccolo mondo!” si usa dire, e vale anche qui, per i nostri ospiti, anzi, forse vale in questi posti più che in qualunque altro, perché qui, vuoi per la patologia di cui sono affetti, vuoi che, come si dice, più si invecchia e più non si migliora, hai il tuo bel daffare a stare dietro a tutti, cercare di capire di ognuno la sua psicologia, a conoscere cosa gli piace o cosa lo rende nervoso, a dividerlo da quelli che cercano la discussione, magari solo perché sono un po’ sordi e capiscono una cosa per un’altra, facendone subito una questione personale! Non ci vuole niente perché gli animi si scaldino e volino parole, spesso grosse!