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{Romanzo}
Gianmarco Dosselli
Amore e sangue nelle X Giornate di Brescia
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Copyright Š 2019 - Tutti i diritti sono riservati per tutti i Paesi Casa Editrice Antipodes Via Toscana, 2 90144 Palermo www.antipodes.it info@antipodes.it ISBN: 978-88-99751-48-7
Gianmarco Dosselli. Amore e sangue nelle X Giornate di Brescia, Antipodes, Palermo 2019
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Da un male non può mai derivare qualcosa di buono (Seneca)
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I personaggi di prim’ordine di questa storia sono immaginari. L’ambientazione è reale e sono grato al libro di Cesare Correnti (“I dieci giorni della insurrezione di Brescia nel 1849”) che mi ha fornito documentazioni, avvenimenti tragici e Atti ufficiali per completare la storia di questo romanzo. In tanti casi, dove mi è sembrato necessario, ho drammatizzato liberamente la vicenda. (L’Autore)
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N
Introduzione
el 1849 si consumava a Brescia la drammatica vicenda passata alla storia sotto il nome di “Dieci Giornate”. Raccolte le memorie dei protagonisti e testimoni come Tito Speri, Luigi Lechi; e di Giuseppe Nicolini del quale si era persa memoria. Di don Boifava (smarrita la relazione sulle “Giornate”), viene offerta quella sui fatti del precedente anno, efficace saggio sulla tempra e sullo stile del curato guerrigliero. Cesare Correnti non fu presente alle vicende che racconta (ma che fonda sulle relazioni di ben 14 testimoni e attori diretti, tra cui probabilmente una prima stesura inedita del testimone Nicolini). Ma il suo libro fu il primo a vedere la luce (a tre mesi dai fatti), e influenzò in modo determinante l’opinione pubblica del tempo, favorito dallo stile enfatico e “giornalistico” che lo differenzia dagli altri testi. Tanto che la “sollevazione di Brescia” della fine di marzo 1849 (come la chiama il Nicolini) passò alla storia sotto il titolo usato dal Correnti; anche se più concretamente il patriota Luigi Lechi, che ne fu partecipe, parla di “otto giorni”. (o.v. Giornale di Brescia)
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“Nelle settimane che precedettero la ripresa della guerra tra Piemonte e Austria un comitato clandestino operante in Brescia, diretto da Bortolo Guala e composto da elementi filo-piemontesi, lavorò attivamente per preparare un’insurrezione che avrebbe dovuto scoppiare in coincidenza con l’inizio delle ostilità. Il 16 marzo 1849 la guarnigione austriaca evacuò la città, lasciando soltanto cinquecento soldati nel Castello, denominato ‘Il Falco d’Italia’, al comando del capitano Lehske. Il 23 l’insistenza del comando austriaco nel pretendere il pagamento di 260.000 lire (rata residua di una multa di 520.000 lire imposta alla città per “cattiva disposizione degli abitanti” di atti anti-austriaci relativi al 1848), insieme con le speranze suscitate dalla guerra, fece scoppiare la rivolta: gli insorti si resero in breve padroni della città, nonostante il bombardamento iniziato la sera stessa del 23 dagli Austriaci ‘rinchiusi’ nel Castello.”
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I Giornata - 23 marzo Data della sconfitta piemontese a Novara; Brescia non viene informata. Inizio alla ribellione: la rivendicazione di una multa stratosferica, imposta anzitempo dal maresciallo austriaco Haynau, per via dell’avversione del popolo lombardo al regime austriaco. La città si prepara allo scontro.
F
ranca stava nel tinello. Il cugino, proprietario di un piccolo conservificio, avvicinandole improvvisamente, percorreva manualmente le curve del suo corpo soffermandosi sulla tenera pienezza del seno. Lei si sentiva talmente agitata sotto il lento assalto di lui; le gambe le si irrigidivano in una tensione misteriosa. Quello che stavano compiendo era sbagliato. Dovevano cessare immediatamente. La ragazza indietreggiava, ma il suo corpo emetteva segni di protesta. La bocca dell’uomo pareva bruciarla dovunque la toccava. «Cugino Lorenzo, basta! Non dovresti. Seppur alle tue dipendenze da due ore soltanto, questa relazione non è permessa. Non voglio farmi tentare da qualcosa di cui poi dovermi pentire.» «Lasciati andare, bella cugina. Io non ho nessuna donna, e tu mi piaci infinitamente. Fai tutto quello che ti senti di fare. So perfettamente che hai stima per me.» Il respiro dell’uomo si dissolveva sulla pelle di lei. 9
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«Oh, Dio!» sussurrò Franca, ansimando sotto il tocco sapiente dell’uomo. Lui non poteva non essere stupefatto del fascino innocente della bella cugina. «Non sei paragonata alle molte donne trovate sulla mia strada o di passaggio. C’erano state tante ragazze di contrade, tutte appassionate, tutte esperte nell’arte del piacere carnale, ma non una speciale come te... così divinamente armoniosa. Non ero mai così stato ansioso di possedere una donna del tuo carattere. Ti ho assunta perché ti volevo, e volevo commettere anche questo gesto focoso in casa mia. Sai, l’amante presta il suo omaggio alla donna e resta in umile adorazione di fronte a lei.» «Non sei il mio amante. Sappilo, fetente.» ridacchiò. «Ti comprenderei se tu capace ripudiarmi.» «E perché dovrei volere che tu te ne vada?» Di colpo egli cambiò tono e si accigliò perché non riusciva a capire cosa le passasse per la testa. «Perché il fango schizza tutto intorno e la storia del nostro peccato potrebbe saltare fuori. Non voglio darti grane.» «Non parlare inserendo fesserie. Che dice il tuo cuore?» Lei si sentiva agitata sotto il ripetuto e lento assalto dell’uomo e gli circondava il collo con le braccia, baciando leggermente la sua spalla muscolosa, mentre la mano di lui scendeva lungo i fianchi e si bloccava sulle sue gambe, carezzandole. Le sue dita poggiavano il punto sensibile del corpo femminile. «Ah, vedi com’è gentile il tuo cuore?» replicò. «Bene. Vedo che stai cercando di accettare il lato positivo delle cose e questo è un passo nella direzione sacra e perfetta, cara cugina. Ora ti lavoro, bella valchiria.» «Non farlo, Lorenzo. Deflori i miei diciannove anni.» «L’età del tuo risveglio. Mi rincresce che tu non abbia avuto un genio che ti desse ciò di cui avevi bisogno. Io potrei... Io sono il genio... Non c’è altra ragazza al mondo che preferirei sostituire a te.» 10
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Franca s’accorse che lui era eccitato da non capire più niente, e iniziò a provare terrore. «Quante volte mi dicesti: “Ti amo, mi piaci”. Quante volte così, mia bella lupa. Non mi lascio ripudiare da te. Accettami in silenzio e in incognito.» concluse l’uomo. E, realmente, non poteva più contenere il desiderio di possederla. La immobilizzò con forza sotto di sé avvertendola che non voleva creare putiferio né violenza. Lottando per districarsi dalla stretta, Franca tirò su un ginocchio e lo colpì all’inguine con tutte le sue forze. L’istante dopo lei crollò a terra, colpita da un ceffone che la lasciò tramortita. Lui fermò le sue gambe con le ginocchia, conquistandosi di lei, come se per entrambi fosse la prima volta. Perso nella esagitazione, l’uomo raggiunse l’orgasmo quasi immediatamente, urlando soavi parole. Lei si dibatté con discrete forze e non gli diede piacere far sentire il suo urlo; eppure era riuscita a sconvolgerlo a un punto che non aveva mai creduto. Per Lorenzo, lo stato verginale della cugina era il motivo di questa inconsueta passione, aiutato anche dal clima teso della rivoluzione cittadina che portava tutti al caos mentale e alla mancanza d’intelletto. ***
Franca accese una lampada ad olio e si accomodò nell’atrio di casa. La sua testa, confusa, stretta tra le mani. Non provò nessun impulso di confidarsi con la sorella maggiore; sapeva che sarebbe stato inutile creare lo sbigottimento in famiglia. E, forse, dopo gli avvenimenti terribili della giornata si sarebbe vergognata troppo per confidarsi persino con la sorella dotata di una mentalità così aperta e brava, in certi casi, a non esprimere pregiudizi. Sì, Franca si sarebbe vergognata. Non s’era però affatto vergognata, due mesi 11
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fa, nel confidarle che stimava un giovane curato di Santa Maria in Silva. Franca era tenuta a lavorare come cameriera da cugino Lorenzo. Da ore, però, la sorella maggiore Monica constatava in lei una educazione molto misera. Le chiedeva spiegazioni che mai riceveva. Quella sera, difatti, accostandosi alla preoccupata Franca, osservando il suo profilo, le chiedeva di spifferare le sue preoccupazioni assai visibili. «Franca, esigo da te certe spiegazioni. Ti fa paura lavorare da Lorenzo?» Franca sollevò la testa fissando i begli occhi verdi della sorella. Cercò di recuperare il suo controllo sperando che Monica non s’accorgesse della sua ansietà. «Lorenzo non è alla pari di un umano tranquillo. Lui è troppo focoso.» sillabò angosciata, Franca. Monica spalancò gli occhi su di lei, dicendole: «Sgradita novità, certo. E proveresti dispiacere che si tratti di un uomo attivo? O, meglio meditare quel tuo bel curato di cui perdesti la testa?» «Non potremmo discutere i miei peccati del passato in un’altra occasione?» «Allora, parla.» «Lorenzo mi ha usata. Mi ha sverginata.» digrignò stringendo i pugni. «È entrato in me e gli è venuto.» Allibita, Monica si inginocchiò al suo cospetto. «Sei sicura quello che dici? O farnetichi?» «Se non lo fosse non te l’avrei detto.» fece duramente; poi si chetò. I suoi occhi la frugarono lascivi. «Spreca senza ritegno le sue ricchezze, giostrando, armeggiando, facendo feste e donando, e lo fa per conquistare me, sua serva amata, secondo il principio cortese del “servizio d’amore”, pur sapendo bene di non poter ot12