10 minute read
Piero Ostilio Rossi
Piero Ostilio Rossi Membro esperto collegio Dottorato in Architettura. Teorie e Progetto Andrea Ariano
Andrea Ariano: Considerare un progetto un prodotto di ricerca spesso risulta difcile a causa del carattere soggettivo di alcune scelte che sono insite nella progettazione. In quali termini si può parlare di scientifcità in architettura? Piero Ostilio Rossi: Penso che il problema sia di carattere epistemologico, che riguardi cioè sia le condizioni in base alle quali si può avere una conoscenza di carattere scientifco, sia i metodi per raggiungere questo tipo di conoscenza. Quando dobbiamo spiegare in che cosa consista la ricerca del nostro campo disciplinare - di cui il progetto è uno dei possibili prodotti - e quali siano i metodi per svilupparla, credo che la chiave migliore sia quella di inquadrarla nell’ambito del problem solving, cioé nella dimensione creativa che si manifesta nell’attitudine a risolvere con grande capacità di sintesi dei problemi complessi che sono generati dall'interazione di sistemi a loro volta complessi.
Advertisement
Oggi il metodo del problem solving si sta afermando in molti settori e per questo credo che possa avvicinare discipline e saperi fra loro diversi, da quelli tecnici e scientifci a quelli di carattere storico, flosofco e letterario, ovvero tanto le discipline non bibliometriche (che sono fondamentalmente quelle umanistiche) che quelle bibliometriche (che sono invece quelle a carattere scientifco).
Per essere più precisi, nel nostro ambito disciplinare, l'aggettivo scientifco è utilizzato in un signifcato non del tutto coincidente con quello che si usa nelle discipline cosiddette dure, nelle quali le procedure tipiche sono quelle del metodo sperimentale che ha come principio
il motto provando e riprovando poiché nasce dall’osservazione ripetuta, dall’iterazione dell’esperienza, dalla verifca dell’errore e dalla sua correzione. Bisogna cogliere bene le diferenze: nell’ambito della progettazione architettonica, noi tendiamo a designare con questo termine quanto c'è di trasmissibile, concettualizzabile ed oggettivamente trasferibile ad altre esperienze all’interno di un processo complesso che si chiama progetto. Sono convinto infatti che ogni progetto abbia una componente oggettivabile - in assonanza con il metodo scientifco - e un'altra componente che si basa su elementi di carattere decisionale, cioè su una serie di scelte che riguardano una sequenza di azioni soggettive che hanno, per loro natura, un carattere diverso.
AA: Quindi la diferenza è sostanzialmente di metodo? POR: Sì, anche se c'è un'altra cosa che bisogna tener presente quando si cerca di individuare gli elementi di contatto e quelli di diferenza con le discipline scientifche. Queste, essendo basate sul metodo sperimentale, procedono per cancellazione, cioè ogni nuova scoperta, ogni nuova soluzione ad un problema fa perdere importanza e signifcato a quelle precedenti. La teoria eliocentrica di Copernico ha annullato la teoria geocentrica di Tolomeo e nel momento in cui la verifca sperimentale ha dato totale credito alla teoria eliocentrica, quella geocentrica è stata messa da parte: oggi appartiene alla storia della scienza ma non è più un riferimento per i ricercatori.
Nelle discipline scientifche questo avviene continuamente, dico che esse procedono per cancellazione, per semplifcare. In un certo senso, la scienza tende a distruggere il suo passato perché una nuova verità provvisoria prende il posto di una verità provvisoria precedente. Le discipline a carattere creativo - e noi con esse, poiché non c'è dubbio che la creatività faccia parte del nostro statuto disciplinare - procedono invece per accumulazione, sono perciò inclusive rispetto al passato, non lo cancellano afatto, anzi, il passato svolge un ruolo formativo vitale. Le architetture di Borromini non hanno cancellato le opere di Brunelleschi: esse si collocano semplicemente in successione.
Il pensiero progettuale di Frank Lloyd Wright non ha cancellato l'architettura americana dell'Ottocento, anche se per molti versi l'ha superata. Insomma, ciò che ci diferenzia dalle discipline scientifche è il fatto che il nostro magazzino della memoria, quello dal quale il progettista attinge le proprie idee e le proprie soluzioni progettuali, accumula esperienza ed è sempre disponibile e non cancella nulla.
Il passato è sempre presente e fa parte dei nostri riferimenti. Anche per questo sono convinto che l’aggettivo scientifco sia una componente del nostro bagaglio disciplinare, ma con una accezione diversa e per evitare di essere male interpretati è bene che lo si usi con parsimonia.
AA: Una volta afrontato l’utilizzo dell’aggettivo scientifco nel nostro ambito disciplinare, vorrei provare a chiarire con il suo aiuto in che modo un prodotto di ricerca diferisce da un prodotto scientifco vero e proprio. POR: Credo che sia opportuno fare una premessa di cornice: quando la Vqr (il processo di valutazione della ricerca in ambito universitario) è partita, ormai dieci anni fa (la prima Vqr ha riguardato il periodo 2004- 2010), Ingegneria civile e Architettura facevano parte di un’unica Area disciplinare (l’Area Cun 08). Non c'erano grandi distinzioni di principio nei metodi di valutazione nonostante ci fosse la consapevolezza che si trattasse di stili di ricerca molto diversi tra loro.
Era però necessario capire in che modo quello che si chiama prodotto scientifco potesse essere interpretato nell’ambito di discipline tra loro diferenti: da una parte nelle discipline dure, nelle quali le procedure di defnizione sono da tempo consolidate e dall’altra in discipline come la nostra che hanno una componente creativa e decisionale e uno statuto più debole. Per quanto riguarda gli sviluppi di questa distinzione, molta strada è stata fatta sino a giungere alla suddivisione dell’Area 08 in due settori sostanzialmente autonomi: 08a - Architettura e 08b – Ingegneria civile.
Per i motivi di cui ho parlato prima, io preferisco che i nostri prodotti - nello specifco il progetto di architettura - siano qualifcati come prodotti di ricerca piuttosto che come prodotti scientifci. Questo perché rispetto allo statuto delle discipline dure è evidente che ci sia una differenza: da una parte bisogna riconoscere alla nostra disciplina una sua specifcità, ma dall'altra bisogna capire in che maniera questa specifcità possa essere coniugata e confrontata con il metodo scientifco, soprattutto per trovare un modo per essere inseriti in maniera adeguata all’interno di un processo di valutazione comune.
Cercare di far passare il nostro lavoro come un prodotto di natura scientifca, urta contro gli statuti delle discipline a carattere logico-deduttivo. Da una parte bisogna rivendicare il fatto che il progetto è una cosa diversa, ma allo stesso tempo non dobbiamo sottrarci al confronto che, secondo me, può avvenire nei termini che ho provato a descrivere prima e cioè intorno alla componente oggettivabile che la
nostra disciplina contiene. Per questo, ritengo che la defnizione prodotto di ricerca sia più chiara perché in qualche modo ne individua e ne distingue i prodotti: non esclude la presenza di una componente scientifca ma cerca di spiegare entro quali limiti questo termine possa essere usato per evitare confusione e fraintendimenti e senza invadere forme di indagine e di conoscenza che sinceramente non sono le nostre.
AA: Il progetto si può sempre considerare un prodotto di ricerca? Se no, quali condizioni deve soddisfare perché possa esserlo considerato? POR: Considerare ogni progetto un prodotto di ricerca è sbagliato; bisogna individuare alcune caratteristiche che permettano di riconoscere ad un progetto alcune capacità, alcune specifcità che gli consentano di essere considerato esito di un lavoro di ricerca. Secondo me, sono necessarie alcune condizioni preliminari.
Un elemento molto importante è la sua fortuna critica, perché uno dei fattori chiave della possibilità di considerare un progetto un prodotto di ricerca - così come per altro accade per i prodotti delle discipline dure - è la sua condivisione all’interno della comunità scientifca di riferimento. È molto importante quindi che il progetto in questione sia stato accolto, sia stato segnalato attraverso pubblicazioni, mostre, articoli
Gilbert Garcin, Diogène ou la lucidité, 2005
o premi in concorsi di architettura. Questo riconoscimento è una specie di pre-condizione che estrae il progetto da un ambito individuale, in qualche modo dall’anonimato, e lo colloca in un'altra categoria, tra gli esempi a cui si guarda come un possibile riferimento.
Questo signifca, per essere molto concreti, che il progetto deve essere stato premiato e quindi individuato come un prodotto qualifcato oppure deve essere stato pubblicato su riviste di architettura - ovviamente più le riviste sono accreditate dal punto di vista della qualità (riviste scientifche o di classe A, secondo le defnizioni Anvur) e più il riconoscimento ha ragione di essere - o ancora deve essere stato pubblicato su libri che, nell'afrontare l'argomento dal punto di vista teorico, lo indicano come esempio, lo analizzano e lo studiano.
AA: In efetti la fortuna critica di un progetto e la sua difusione nella comunità scientifca erano proprio una delle linee sulle quali si è mosso il GEV per valutare il progetto in quanto prodotto di ricerca. POR: Si, come dicevo, questa è una specie di pre-condizione, necessaria ma forse non sufciente. A mio avviso ci sono altri elementi che il progetto deve possedere, e qui si apre una questione delicata che non è stata troppo approfondita sino ad ora. Se un docente universitario intende presentare in un processo di valutazione un progetto come prodotto di ricerca, deve fare un ulteriore sforzo che riguarda almeno due questioni.
La prima è che, se è vero quello che abbiamo detto sino ad ora - e cioè che un progetto per essere un prodotto di ricerca deve contenere degli elementi oggettivabili e trasmissibili - è necessario collocare il progetto all’interno di una specifca rifessione al fne di concettualizzarne gli aspetti signifcativi e renderli, appunto, trasmissibili.
Per un docente-progettista questo è un aspetto importante: concettualizzare il metodo, le procedure e la sequenza delle decisioni; il progetto deve essere quindi accompagnato da una nota critica che vada oltre i caratteri di sintesi che un progetto di architettura possiede, tanto da rendere le sue componenti inestricabili e che aiuti, al contrario, a disarticolare e a decrittare l'unità di un progetto per svelarne i meccanismi che l'hanno prodotto.
La nostra disciplina si basa su una forte interazione tra teoria e progetto, perciò, soprattutto in ambito accademico, credo che uno degli sforzi di questa concettualizzazione debba riguardare la valutazione critica delle relazioni che il progetto instaura con le rifessioni teoriche che sono richieste ad un docente-progettista.
La seconda questione riguarda l’opportunità di inserire il progetto in una linea di ricerca - personale o collettiva - che lo renda un prodotto ancor più radicato nella comunità scientifca. Credo cioè che sia importante collocare il progetto all’interno di un sistema di riferimenti che può essere sia personale, sia riconducibile ad una scuola o ad un movimento di pensiero; in questo modo si rende ancor più comprensibile e trasmissibile il processo che si sta descrivendo. Disarticolando il progetto, lo si rende trasmissibile. E questo è un nodo che un docente di discipline progettuali è chiamato continuamente a sciogliere, perché deve essere in grado di passare dal saper fare al saper far fare, cioè ad insegnare ad altri come si fa.
Credo quindi che nella Vqr, che è continuamente oggetto di afnamenti, si debbano richiedere, oltre agli elementi che permettono di individuare la fortuna critica del progetto, anche indicazioni in merito al rapporto che esso instaura con le rifessioni teoriche del docente-progettista e con le principali linee d’indirizzo della ricerca architettonica contemporanea.
AA: Nella scorsa VQR era richiesto un Dossier per la presentazione del progetto, molto concretamente cosa dovrebbe contenere secondo lei? POR: Credo che nel Dossier sia necessario illustrare sinteticamente il progetto con disegni e fotografe e con una relazione critica [in questo testo defnita Relazione grafca e testuale] che contenga tutti i dati necessari: dove è stato realizzato, quali sono i caratteri distintivi del sito, quali le strategie insediative, i materiali utilizzati, ecc. Oltre a questo, è necessaria una documentazione della sua fortuna critica [in questo testo defnita Appendice bibliografca]; sarebbe poi opportuno allegare un breve saggio critico - o meglio, autocritico - [in questo testo defnito Testo critico] in cui il progetto sia analizzato in base a quei criteri che prima ricordavo: da una parte la concettualizzazione dei metodi, delle procedure, della sequenza delle decisioni, con particolare riguardo per i rapporti con le rifessioni teoriche dell’autore e dall'altra un’analisi dei modi in cui il progetto stesso si inserisce nella sua produzione progettuale o, più in generale, all’interno di un flone di ricerca di cui egli ritiene di far parte.