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I protagonisti: Vincenzo Grosso

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Grosso, imprenditore di successo

A tu per tu con Vincenzo Grosso, il fondatore di Grosso Vacanze, uno dei più importanti concessionari di camper e caravan a livello nazionale, con quasi 50 anni di storia

Testo di Antonio Mazzucchelli foto Enrico Bona

Abbiamo incontrato Vincenzo Grosso, 86 anni, di cui 49 passati come imprenditore nel mondo del caravanning. Lo abbiamo raggiunto nella sede di Genola per un’intervista dedicata al passato, presente e futuro del nostro settore. Da una parte la passione per il turismo in movimento, dall’altra il legame sempre vivo con il suo territorio: quello di Vincenzo Grosso è il tipico profilo del self-made-man, partito da zero e diventato dopo anni di duro impegno un imprenditore di successo. Il suo impero, che comprende Grosso Vacanze, il marchio di autocaravan Blucamp e quello di noleggio Blurent, è frutto di un percorso che parte da lontano. Rimasto orfano di padre all’età di 12 anni, ha lavorato come cameriere e barista, poi come dipendente nel caseificio di famiglia, fino a emanciparsi e iniziare un’avventura imprenditoriale autonoma, allevando suini. Poi negli anni Settanta il fascino per il mondo open air, prima la tenda, poi la caravan, l’incontro con Luano Niccolai di Rimor. Un gruppo che è arrivato a fatturare circa 50milioni di euro, che ha attraversato una crisi, ma che si è risollevato ed è di nuovo in crescita. Vincenzo Grosso è stato insignito dei titoli di Cavaliere, Ufficiale e Commendatore al merito della Repubblica rispettivamente nel 1996, 1997 e 1999. Fondatore e presidente fino al 2014 del Consorzio per la tutela e la valorizzazione del Cappone di Morozzo, ha collaborato con Carlo Petrini alla realizzazione del primo presidio Slow Food. Parlare con Vincenzo Grosso è come ripercorrere tutte le trasformazioni che in questi 50 anni hanno investito nei suoi vari aspetti l’industria dei camper, italiana e non solo.

Partiamo dal 1973, quando dopo altre numerose esperienze lavorative, avvia la vendita di attrezzature da campeggio e di caravan.

Vincenzo Grosso: Erano tempi diversi da oggi. La cosa che ricordo più chiaramente è che senza elettricità, senza telefono, con solo un piccolo piazzale, ho venduto 23 roulotte in un mese. Ora, con tutta la struttura, forse le vendiamo in un anno! Erano roulotte Digue, di origine francese: i piemontesi amano i prodotti francesi. Ancora oggi a me piacciono le roulotte francesi, come le Caravelair. Quello è stato l’inizio. Poi ho conosciuto il signor Ameri che era il manager della Caravans International inglese, con fabbrica in Toscana e anche Luano Niccolai, che lavorava per Roller e Caravans International e che poi ha fondato la Rimor. Un giorno, alla fiera di Torino Esposizioni al Valentino, lo incontrai sulla scala e mi chiese di prendere un suo camper da vendere. Eravamo nel 1975 e all’epoca vendevo solo Caravans International. Riuscii a venderne quattro o cinque, così l’anno dopo li inserii stabilmente nell’offerta vendendone 14. La storia con Rimor è stata molto proficua e devo dire che Luano Niccolai è stata una persona molto per bene, un galantuomo. L’abbiamo aiutato a partire e lui ci ha ripagato aiutandoci a crescere. Per esempio, affidandoci la concessione Rimor per tutta la Francia. Siamo stati tra i primi italiani e siamo riusciti a vendere tantissimi veicoli in Francia, costituendo Rimor France, di proprietà di tutta la mia famiglia. Niccolai, era un uomo generoso, anche con i nostri collaboratori: ci sapeva fare. Sono stato molto contento quando è riuscito a diventare presidente di APC, se lo meritava.

Oltre a Niccolai, quali altri personaggi del settore meritano un suo ricordo?

Vincenzo Grosso: Pierluigi Alinari sicuramente. Lui, Luano Niccolai, Francois Feuillet e il dottor Raffaele Jannucci sono quattro personaggi che nella mia vita hanno avuto un peso. Anche se poi con Alinari abbiamo “divorziato”, ci siamo molto stimati e ha sempre avuto il mio grande rispetto. Tanto che non sono mai corso a cercare altri marchi. Sono sempre dell’idea che l’avere anche qualcosa in meno, ma con continuità, alla fine paghi. Anche verso i nostri clienti, non puoi cambiare cavallo in continuazione e dirgli che è sempre il migliore. Siamo sempre stati molto fedeli.

Cosa è cambiato oggi rispetto a 25/30 anni fa quando i marchi erano ancora di proprietà di imprenditori del settore?

Vincenzo Grosso: Non ci sono più gli imprenditori di una volta. Della vecchia guardia ci

sono ancora Francois Feuillet e Simone Niccolai. Gli altri sono manager che chiaramente fanno l’interesse della loro azienda. Forse, non essendo proprietari che vedono a lunga scadenza, cercano di raccogliere il massimo velocemente, che poi non sempre è il massimo che avrebbero potuto avere nel tempo. Non gira tutto intorno ai soldi, bisogna invece lavorare per il bene del settore.

Lei è stato presidente di Assocamp dal 1997 al 2001. Cosa ricorda di quell’esperienza e quali erano allora i temi principali che vi trovavate a fronteggiare?

Vincenzo Grosso: Assocamp veniva dalla gestione di Silvio Ghedin, un vecchio amico. I primi corsi di formazione per i servizi ai camperisti li abbiamo fatti noi, coinvolgendo produttori di componentistica e distributori. Li organizzavamo in alberghi e le aziende sostenevano i costi, dando anche qualche contributo ad Assocamp. Quando ero presidente abbiamo siglato il primo accordo con Deutsche Bank per offrire finanziamenti a tasso agevolato in tutta Italia. Tra i successi che ricordo, eravamo riusciti a far eliminare il superbollo dai camper. Ora c’è in corso la battaglia per far ottenere ai disabili il diritto all’Iva al 4%. Noi in passato avevamo chiesto l’abolizione del bollo per i camper destinati alle persone con disabilità, ma la proposta non è passata perché il camper veniva visto come un oggetto di lusso.

Lei è stato forse il primo a lanciare una rete di noleggio camper strutturata: qual è la situazione oggi? Le cose sono andate come sperava?

Vincenzo Grosso: Purtroppo no, un po’ per colpa nostra e poi per colpa della pandemia. Ero e sono convinto, nonostante fosse tanto tempo fa, che il computer, il cellulare e Internet avrebbero cambiato le relazioni, le prenotazioni. Infatti, in tutti i settori turistici si prenota con questo strumento. Avevamo anche realizzato un’app, investito soldi e cervello. Io credo che i centri di noleggio strutturati e con una rete professionale siano destinati a un futuro radioso. Anche se c’è la concorrenza sleale del noleggio tra privati. La domanda è: perché io devo sottostare a una gran quantità di regole, mentre queste piattaforme possono gestire il noleggio di veicoli che non sono conformi in Italia? Con il noleggio siamo arrivati a realizzare fatturati importanti, che poi per errori nostri sono calati. Ora, nonostante tutto, siamo in netta ripresa. Poco dopo esser partito con Blurent è entrata nel settore noleggio anche la Elnagh. Poi però ne è uscita. Un professionista di una società finanziaria mi chiese come avevamo fatto noi ad avere successo, visto che Elnagh aveva chiuso. La mia risposta fu: “E io dovrei darle la password? Me lo tengo il mio successo!”. Con la ESA, gestita da mia nuora Elisa, inizialmente avevamo gli uffici a Cuneo, mentre ora abbiamo riunito tutto qui a Genola e siamo tra i più grossi concessionari in Italia. In passato eravamo molto di più, anche se non lo facevamo apparire.

Ci avevano provato anche dei noleggiatori d’auto ma senza successo.

Vincenzo Grosso: È vero che il camper è un veicolo, ma è anche una casa con le ruote, usata da tutta la famiglia e con numerosi accessori: è un rapporto completamente diverso. L’auto è un’altra cosa, acquistata spesso dal marito, mentre chi sceglie il camper, nove volte su dieci è la moglie, che ha bisogno di un’attenzione diversa, perché le donne sono molto più attente ai particolari abitativi.

Lei è anche un costruttore di camper con il marchio Blucamp.

Vincenzo Grosso: Sì, abbiamo prodotti realizzati da altri per il nostro brand. Oggi i veicoli sono omologati come Blucamp, cosa che in passato non avveniva. Di fatto siamo quindi costruttori, iscritti anche alla APC. Purtroppo, oggi mancano i veicoli… Abbiamo anche una rete di concessionari, ma con questo marchio vendiamo i nostri camper nove volte su dieci all’estero, specialmente in Spagna, Francia, Svizzera e nei paesi del Nord.

C’è qualcosa di cui va particolarmente fiero?

Vincenzo Grosso: La famiglia. Da due figli

oggi siamo arrivati a riunire oltre 20 persone. Guardo e coccolo nipoti che ormai hanno dai 20 ai 37 anni, quasi tutti laureati e con buoni lavori e bisnipoti. Questo è ciò di cui vado fiero, insieme al fatto di avere una moglie che mi ha sempre assecondato, supportato e consigliato, che ha saputo mantenere unita una famiglia incredibile.

Come è cambiato il cliente negli ultimi 20/30 anni?

Vincenzo Grosso: Con l’avvento di Internet, non mi sfugge una frase che mi ha detto mio figlio: “100% di informazione, bassi margini”. Al momento sono rimasto un po’ perplesso, ma in realtà la gente arriva qui già col preventivo fatto a 300, 500 km di distanza. Oggi il veicolo è quasi in secondo piano. La cosa importante è cosa siamo in grado di offrire di diverso: servizio, officina, ricambi. Questo è il modello vincente. Se il veicolo lo trovi dappertutto e le proposte si assomigliano moltissimo, è importante mantenere un’azienda dedicata al servizio del cliente.

C’è in corso una trasformazione della clientela, visto che i mezzi cominciano a costare di più…

Vincenzo Grosso: Questa situazione è abbastanza difficile, perché effettivamente la caduta del mercato sui primi prezzi è più sensibile che non sui veicoli d’élite. Io vedo una gioventù con un futuro da precario, ed è un peccato, perché tutti avrebbero diritto di portare i figli in vacanza dignitosamente. Ho paura che se aumentano ancora gli interessi per i finanziamenti queste persone si allontanino ancora di più, anche considerando la difficoltà di trovare un posto di lavoro a tempo indeterminato.

Perché in Italia il camper non riesce a decollare? In Francia e Germania, per esempio, i numeri sono ben diversi…

Vincenzo Grosso: Noi eravamo arrivati a 16.000 immatricolazioni, poi abbiamo vissuto una grande crisi che ci ha portato alla mancanza di fiducia nel futuro. Anche il fatto di fare meno figli, perché molto costosi da crescere e mantenere, ha avuto un impatto. Il problema dell’impoverimento esiste. Una volta avevamo la scala mobile. Oggi i dipendenti prendono lo stesso stipendio di qualche anno fa. La mancanza di fiducia è però la chiave. Quando ho costruito la mia prima casa, arrivavo da un’esperienza come cameriere. Sono andato in banca a parlare con il direttore, che mi ha concesso subito un appuntamento e mi ha detto: “Grosso, se vuole guadagnare non allevi galline, ma maiali”. Ho seguito il suo consiglio e ho pagato i debiti. Quando ho comprato il camion per fare il trasporto latte, ho firmato due milioni e 300mila lire di cambiali, una sull’altra, perché avevo un contratto di fornitura. Oggi tutto questo non è più così facile. Già in Francia, quando ho aperto Rimor France, le cose erano diverse. Ero già benestante, con attività già avviate, ma non volevano neanche aprirmi il conto se non avevo delle lettere di patronage. E siamo arrivati a oggi, quando se hai un fido paghi anche senza usarlo.

Forse però non si è fatto abbastanza nel nostro Paese per promuovere l’immagine del turismo all’aria aperta.

Vincenzo Grosso: Sono d’accordo. Ho visto la nuova trasmissione Camper, non ho seguito tutte le puntate ma hanno fatto vedere alcune cose interessanti che si possono fare con il camper. Mi auguro che affrontino anche il tema della vacanza nei campeggi-villaggi. Ho l’impressione che possa darci una mano a riqualificare l’immagine del camperista.

Lo spostamento degli autocaravan verso fasce superiori di prezzo imporrà o suggerirà modifiche all’organizzazione dei concessionari?

Vincenzo Grosso: Sicuramente, anche a me: ci sto riflettendo. Ho visto che nel mondo dell’auto sono state create delle strutture splendide, con vetrine meravigliose. Nei camper, siamo ancora un po’ indietro. Io per primo non ho una struttura adatta ad accogliere un cliente con alta capacità di spesa come, per esempio, un industriale: non sono sufficientemente preparato. Eppure ho uffici strutturati e accoglienti e bravi collaboratori, ma per creare una struttura moderna e di alto livello ci vorrebbe un altro numero di veicoli e migliori margini. Inoltre non posso competere con aziende unifamiliari che hanno costi contenuti e possono abbattere il margine. Non ho ancora capito a fondo se le case costruttrici abbiano davvero voglia di aiutare i più grandi, in modo da garantire un miglior servizio alla clientela. Sulla manodopera per l’assistenza in garanzia, per esempio, ci danno delle paghe orarie insufficienti. Parliamo di 40 euro l’ora, ma quando arriva un camper c’è un impiegato che lo accoglie, un capo officina che lo prende in carico, una persona che gli dà i pezzi di ricambio e quindi non è veramente una singola ora di lavoro: ci sono almeno tre persone che si impegnano, oltre all’operaio che esegue i lavori e ai costi di struttura e attrezzature. Alla fine, l’officina per le garanzie è pressoché in perdita, mentre dovrebbe essere remunerata in modo adeguato.

La concentrazione in grandi gruppi non sta risparmiando nessuno, vengono acquisiti dai costruttori di camper i produttori e distributori di componenti e accessori, ma anche i concessionari. Se questo accadesse anche in Italia sarebbe più un rischio o un’opportunità per il settore?

Vincenzo Grosso: È molto difficile rispondere a una domanda del genere. Diciamo che se acquistassero la mia concessionaria potrebbe essere interessante solo dal punto di vista finanziario: prendo un po’ di soldi, monetizzo tutto il magazzino, affitto il locale… La clausola più importante sarebbe comunque la salvaguardia delle persone che lavorano con me. C’è chi è qui da oltre trent’anni e fra qualche anno andrà in pensione. Io sento il dovere di accompagnarli fino a quell’obbiettivo, perché l’azienda non sono io: siamo noi. C’è anche una frase che dice: “Il più bel capitale che ho è quello che tutte le sere torna a casa e il giorno dopo torna qui a lavorare”. È questo il nostro patrimonio, non solo il magazzino.

E se invece fosse un suo collega a vendere? Quali sarebbero i rischi? Magari il produttore di camper potrebbe ridurre ulteriormente i margini della vendita…

Vincenzo Grosso: È difficile immaginare o predire il futuro con tutte le evoluzioni che possono modificare un mercato. Ridurre i costi della distribuzione è un obbiettivo per la difesa dei consumatori ma non sempre attuabile.

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