Antonio Pignatiello
CALATE IL SIPARIO!
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Il Mondo secondo Eduardo
La trasmutabilitĂ nel Personaggio-Protagonista in Eduardo
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Nota dell‟autore: In questo lavoro, per questa pubblicazione, sono state eliminate e sostituite le note numerate a piè di pagina inserendo tutte le note nel contesto dello scritto come continuativo ; e tra parentesi viene citato l’autore da cui è stato ripreso il periodo. Alla fine verrà inserita la bibliografia di tutte le opere prese in considerazione. La discussione della Tesi di Laurea qui riportata fedelmente venne discussa il 26 giugno 1992 all’Università di Urbino, Relatore il Ch.ssimo Prof. Anna T. Ossani, Docente di Letteratura Teatrale Italiana all’Università di Urbino, persona a cui devo molto per la stesura di questo lavoro non solo per aver accettato la Tesi da me proposta dopo un anno di studi di un suo corso universitario d’esame proprio su Eduardo l’anno precedente ( frequentato con interesse anche da studenti Tedeschi ad Urbino con il progetto Erasmus ) ma anche per la capacità della Ossani di seguirmi, consigliarmi e farmi vedere il teatro con forme diverse dagli occhi che io avevo, non ultimo il lavoro di Claudio Meldolesi e Savinio.
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INTRODUZIONE
Questo lavoro intende essere una lettura del teatro di Eduardo alla luce di un saggio di Claudio. Meldolesi sulla trasmutabilità del personaggio eduardiano. Le suggestioni offertomi da questo intervento di Meldolesi. mi hanno portato ad operare su questa linea interpretativa e ad indagare più in profondità ciò che Meldolesi non per inerzia, ma per il taglio del proprio articolo, non poteva aver risolto in maniera esauriente. Ma la prospettiva critica di Meldolesi si è congiunta, nel mio lavoro, con una attenzione ai fenomeni sociali di Napoli sottesi al mondo teatrale di Eduardo: i saggi di De Matteis e le discussioni avute con lui sono state al proposito, estremamente propizie; anche se le posizioni che emergono dalla mia tesi parzialmente si discostano da quelle del critico napoletano; da esse hanno sicuramente tratto suggestioni e ipotesi di partenza. È, li mio, un lavoro di perlustrazione su tutto il teatro di Eduardo che cerca di non lasciarsi condizionare da una topica critica interpretativa che vede in Eduardo il poeta della famiglia, cellula sociale prima, e di Napoli. Mi sono discostato totalmente da questa tesi e ho cercato di dimostrare come dopo Pirandello, ma sulla sua traccia - sia pure partendo da situazioni strutturali e linguistiche dissimili —Eduardo abbia voluto dimostrare, senza rinunciare ad una barlume di speranza - la convenzionalità, la maschera, il degrado di quella stessa famiglia che é al centro delle sue meditazioni, degrado che é del soggetto e del sociale; il teatro, allora, non può essere che maschera sociale.
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CAPITOLO PRIMO
IL TEATRO DI EDUARDO: PRELIMINARI AD UNA ANALISI
Per quanto Eduardo sia figlio di un uomo di teatro napoletano, abbia quasi sempre recitato in napoletano, si sia formato con il ricco bagaglio culturale del teatro napoletano, non ha mai considerato i suoi personaggi, il suo teatro, alla stregua di semplici macchiette popolari, anche se: Nel „40, uno scrittore attento agli umori collettivi, come Flaiano, aveva osservato: “i personaggi che incarna quest‟attore sono altrettante canzonette napoletane senza musica.” Così era visto l‟Eduardo delle Cantate dei giorni pari. In realtà il teatro di Eduardo tenta di rappresentare una realtà sociale del microcosmo in grado di far comprendere il macrocosmo e come napoletano rappresenta Napoli e quindi:
“Come artista Eduardo è Napoli ma è anche molto di più. E proprio qui è il segno dello artista; nel cogliere in un campione d‟umanità i segni dell‟umanità universale.” (Antonucci). Una tesi che lo stesso Eduardo illumina:
“Studiando a fondo i napoletani - dice Eduardo- “io ho scritto le mie commedie e quanto più ho approfondito questo studio, tanto maggiore è stato fuori Napoli e fuori d‟Italia il successo delle mie commedie. La gente 5
al di fuori è diversa, ma dentro, nell‟intimo, ci assomigliamo tutti.” Nella edizione Einaudi Eduardo ha raccolto le sue commedie in quattro volumi dividendole in due sezioni: la Cantata dei giorni pari e la Cantata dei giorni dispari: le prime sono le commedie che vanno dal primo lavoro, Farmacia di turno del 1920 a Io l‟erede del 1942, le seconde, le più numerose e significative, da Napoli Milionaria! del 1943 all‟ultimo suo lavoro Gli esami non finiscono mai del 1973. La divisione da lui operata dopo la guerra è significativa: è così che Eduardo individua il suo pensiero, gli dà un punto di partenza da cui non si distaccherà quasi mai. Il punto di partenza è la guerra, con le sue lacerazioni provocate prima e dopo; con sconvolgimento non solo fisico, materiale, ma anche sociale, politico e culturale.
Delle commedie della Cantata dei giorni pari Eduardo dice: Non credo che possano essere più rappresentate. “Quel che voglio dire è che non ve ne sarebbe più una vera ragione. In quelle commedie volevo mostrare il mondo dell‟intreccio e dell‟intrigo e dell‟interesse: l‟adultero, il giocatore, il superstizioso, l‟indolente, l‟imbroglione. Tutte componenti di un riconoscibile e definibile modo di vivere napoletano appartenente al XIX secolo. In quelle commedie ho tenuto in vita una Napoli che era già morta in parte e in parte era coperta e nascosta dalla paternalistica presenza del regime fascista e che se dovesse rinascere oggi sarebbe vista in maniera differente. Il nuovo secolo, questo XX secolo non è giunto a Napoli che con l‟arrivo degli alleati: la seconda guerra mondiale, qui, mi sembra ha fatto passare cento anni in una notte. 6
E se così tanto tempo è passato, allora ho bisogno di scrivere di altre cose... Sento questo bisogno di cambiare, di raccogliere la sfida dell‟oggi; se non lo facessi, mi sembrerebbe di essere diventato inutile. Il tipo di teatro che mi attira adesso, riduce l‟abituale intreccio, l‟intrigo e la meccanica al minimo, e cerca di toccare i fatti della vita, della vita di tutti i giorni; e forse mi permetterà di buttarci dentro ogni sera qualcosa di nuovo, qualunque cosa che durante il giorno mi abbia sufficientemente impressionato. In questo senso Napoli Milionaria! è il mio primo passo in questa direzione.
Quello che Eduardo voleva fare, il teatro che voleva rappresentare la vita, i fatti della vita che voleva mettere in scena a teatro, avevano bisogno di un teatrante puro quale era Eduardo, un teatrante puro non solo per essere nato e cresciuto nel teatro, ma anche per la sua specificità di uomo di. teatro quale autore-attore- regista.
Come autore, notevoli gli accenni ad un Eduardo che ha scritto per sé e Peppino e Titina come ricorda Giovanni Antonucci:
“Il primo elemento da sottolineare è che Eduardo è stato (ed è), con rarissime eccezioni, un commediografo che ha scritto commedie su misura per alcuni interpreti, dapprima per i tre fratelli De Filippo, poi soltanto per se stesso e la sua compagnia. E‟ un dato di fatto che non si può ignorare, e che lungi dal ridurre l‟importanza della sua drammaturgia, ne coglie il rapporto inscindibile, interno, fra le parole scritte e la trasposizione scenica. Come, del resto, dimostrano illustri esempi nella storia dello spettacolo — da Ruzante a Shakespeare fino a Moliére -, nulla vieta ad un grande 7
interprete di essere contemporaneamente un grande autore.” Sembra peraltro insidiosa la convinzione che Filumena Marturano sia stata scritta in omaggio a Titina appena guarita da una malattia, quando i temi della commedia, oltre il significato nazionale datogli da Eduardo, presentano una Filumena “napoletana piena” e quasi un‟anticipazione di un movimento femminista ancora in Italia, e nel mondo, sommerso.
Come autore sembra unanime il giudizio dell‟influenza di Luigi Pirandello su Eduardo: ma più che come autore di teatro come commediografo (questo è un argomento che richiede un capitolo a parte tanta è la varietà del tema, non esclusa la contrarietà di Eduardo a parlarne). Peraltro Filumena Marturano segue a pochi anni di distanza Amalia di Napoli Milionaria! , il cui personaggio femminile è decisamente negativo. Eduardo non ha mai dato, é vero, grande rilievo, ai personaggi femminili ponendoli come personaggi che agiscono nel coro in contrapposizione al protagonista, ma forse che la società del tempo in cui vennero scritte le commedie ne dava? E se il suo teatro parla di. fatti, di società misera o piccolo borghese, di tragedie quotidiane, come poteva rappresentare ciò che non esisteva? Poteva rappresentare un mondo femminile in fermento, ma a suo giudizio, in maggioranza legato alla tradizione.
Di Eduardo attore, è già stato detto che tale nasce e si mantiene fino al termine della carriera. Significativo e illuminante il passo di Claudio Meldolesi ancora nel suo Tra Totò e Gadda: “Eduardo ci si presenta, anzitutto, come un attore simile agli altri. In quello che resta il suo ragionamento artistico più pregnante (nonostante la 8
brevità) , egli centrò il problema fin dal titolo: - The Intimacy of Actor and Character -. Il rapporto di creazione per lui passava attraverso l‟intimità dell‟attore e del personaggio. Scrive a proposito: “la profondità a teatro può venire solo dalla intimità, e „una vera intimità si può avere „solo tra personaggio e attore.” Parola di autore. Ecco il seme della sua originalità. Su questa base, muovendo dall‟intimità tra personaggio e attore, Eduardo poté aprirsi sia alle voci della „strada‟ che alla tradizione della „Commedia dell‟arte! - così disse-, fino a costruirsi un mondo tutto suo: luogo incarnato dall‟esperienza del teatro, dove la vita quotidiana degli umili e dei piccoli borghesi napoletani riusciva a filtrarsi depositando segni nitidi, di innocenza.”
Il suo stare sul palcoscenico, in commedia, dà l‟impressione dell‟esistenza di uno stregone, uno sciamano che fa girare attorno a sé tutti gli altri personaggi quasi come un dio superiore che assorbe tutti e tutto per poi parlare al pubblico, il quale pubblico ha avuto, per Eduardo, l‟importanza grandiosa di essere considerato il personaggio in più: come ricevente i messaggi da lui mandati, come colui che paga il biglietto e tiene in vita il teatro (Eduardo mantenne sempre una forte posizione critica verso le sovvenzioni statali alle varie compagnie teatrali esistenti, in proposito L‟Arte della commedia ne è l‟atto di accusa più vivo). Sul fatto che al pubblico riesce a dare qualcosa Eduardo sembra non avere dubbi.
La Di Franco riporta, in proposito,una frase di Eduardo: “Il teatro non è un libro, non è un‟opera letteraria: dev‟essere vivo e quindi per un‟ora e mezzo, due ore, deve avere sempre un aspetto di sorpresa. Perciò il pubblico viene a vedere le mie commedie perché si diverte e intanto porta a casa qualcosa.” 9
Il pubblico porta a casa qualcosa e, continua poi la Di Franco:
(...) quel qualcosa su cui meditare, Eduardo ce lo offre attraverso il suo umorismo che (...) è il filo conduttore del suo teatro. Umorismo concepito non solo come tecnica del comico, ma come visione di vita, per lui esso nasce dalla „delusione dell‟uomo che per natura è ottimista.
Diventa dunque un modo di reagire davanti alle brutture della vita, siano esse causate dall‟uomo o dalla società.
La tecnica del comico proviene dalla tradizione della commedia dell‟arte ma Eduardo è sicuramente un uomo di teatro drammatico. E moderno. È in una sua poesia del 1949 intitolata „A „ggente che Eduardo ce lo comunica in maniera sorniona:
A‟ ggente ca me vede mmiez‟ à via me guarda nfaccia e ride. Ride e passa. Le vene a mente na cummedia mia, se ricorda ch‟é comica, e se spassa. Redite pé cient‟anne! Sulamente, v‟ò vvoglio dì pè scrupolo „e cuscienza: io scrivo „e fatte comiche d‟à ggente... E a ridere, truvate cunvenienza? ... Nun credo.
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Dell‟importanza spesso decisiva che l‟autore napoletano riservò al pubblico non può non essere prova la crisi vissuta dal „49 al „53 in seguito ai fischi ricevuti al Mercadante. Per Meldolesi, questo avvenne perché Eduardo aveva tentato di creare un teatro nazionale assumendo:
“Il dialetto come Lingua usata, non dell‟uso; l‟assunse come una realtà destinata a farsi residuale, ed evidenziò la sua parentela con la residualità del dramma borghese che, con Pirandello appunto, aveva preso coscienza della sua crisi finale. Residualità del dialetto e residualità del dramma, infine, aprirono uno spazio imprevisto al suo gioco drammaturgico tra Questi Fantasmi! e Le voci di dentro. Nessuno avrebbe potuto prevedere quello svolgimento della tradizione napoletana, così consapevole della falsità delle parole, quell‟anticipazione dialettale del teatro di Beckett”..
Il pubblico non volle accettare quello scavo delle e nelle cose che Eduardo cominciò a rappresentare dopo Napoli Milionaria!, quell‟entrare criticamente nella coscienza delle cose oltre la rappresentazione dei fatti stessi della vita.
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Le voci di dentro esprimono un‟angoscia continua tramite tutti i personaggi e il pubblico si sentì troppo colpito e se alla „prima‟ di Napoli Milionaria! tanta gente piangeva, a Le voci di dentro e Questi fantasmi! il pubblico dovette sentirsi irrequieto:
Cameroni semivuoti, bottiglie con due dita di vino sulla tavola, scarpe tolte, silenzi e narrazioni mute. Parole, cose e gesti dialettali depositati nel fondo della coscienza collettiva che si collegavano all‟impossibilità di comunicare apertamente e che si rimanifestavano da lontano, come se provenissero da un altro mondo e questo teatro, Napoli, l‟Italia di allora, non poteva ancora accettarlo. L‟intolleranza del teatro italiano si espresse attraverso il pubblico, furono gli spettatori (in senso sistematico: la maggioranza degli spettatori e dei critici) a sbarrare la strada della invenzione eduardiana.
Di tutto ciò Eduardo ha detto:
Tendi sempre una mano al pubblico, vedrai che lui te la stringerà nella sua destra. Non tendergli anche l‟altra mano perchè te la rifiuterà senz‟altro sdegnosamente. Un Eduardo estremamente attento agli umori del pubblico e della critica verso il suo teatro e allo stesso tempo un Eduardo attento, critico, a volte cinicamente realistico verso la società e di conseguenza verso quel pubblico a cui la sera a teatro si rivolgeva.
Per Meldolesi: 12
fu una specie di braccio di ferro fra questo pubblico ed Eduardo, che si identifica ormai con la sua invenzione ma che, da attore quale era, non sarebbe mai andato contro i suoi spettatori.
Prende così definitivamente corpo l‟attacco sferrato dalla critica ad Eduardo „colpevole‟ di „pirandellismo‟ con conseguente perdita di originalità delle sue commedie. Molti non videro però, che se Pirandello vi era, (e secondo noi c‟era) in Eduardo questo viveva come „superautore (per citare ancora Meldolesi), come drammaturgo, come autore moderno: la ripresa della maschera greca, il teatro allo specchio, la rappresentazione dei mostri dentro ognuno di noi; ma per il superamento del blocco alla vita che questo rappresentare può provocare (e in Pirandello lo provocò) Eduardo aveva un‟ arma che altri non avevano, e non fu capito: era sopratutto un attore di teatro.
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