Il verso del lupo
Antonio Pignatiello
Il verso del lupo Romanzo
Il verso del lupo
Prima Edizione 2011 Tutti i diritti riservati ProprietĂ Letteraria di Antonio Pignatiello Copertina di A. Venditti
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Il verso del lupo
Prologo
Il mio nome è Zuno. Non avete mai sentito parlare di me, né io risulto negli annali e nelle gesta dell’Impero e della storia ma nella storia quando vissi la mia vita ci sono stato sempre. Mio padre si chiamava Sandor e mia madre è Hannah di Costantinopoli. Mio padre era con Gualtieri e difese Panormo dagli assalti dei Saraceni di Jato e della Val di Mazzara ed era alla battaglia di Monreale contro le truppe di Markuald e Magded; e poi seguì e fu fedele all’Imperatore, Federico Costantino, da subito, e quando questi fu proclamato Re dei Romani e poi Imperatore fu di stanza alla Corte di Panormo nella sua guarnigione personale, città dove sono cresciuto prima di diventare anch’io un uomo tra i più fidati e segreti e vicini di Federico. Io in quel tempo servivo l’Imperatore trovandomi a Neapoli dove Federico aveva deciso di fondare una Universitade Mundi con Michael Scot che avrebbe dovuto riunire le migliori menti delle arti, delle scienze, del sapere, delle lettere mentre le sue truppe, con Enrico di Malta, erano impegnate nell’assedio di Jato contro l’Imam Ibben Abbad. Mi chiamò per i miei trascorsi e i buoni risultati dell’accordo con il sultano d’Egitto poco prima e le mie conoscenze a Panormo e verso il borgo del Castello al Mare dove vivevano molti di loro tra Al Khamàh, la più pericolosa per Federico e la più legata al Vescovo di Girgenti, Orso; e la scomunica di Onorio verso Federico era portata avanti senza tregua dal Vescovo e dai suoi uomini, piena di casali ma che dominava 3
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tutto la piana e il Golfo ed era inespugnabile non nelle armi ma nelle menti, con Bunifat sul monte e piena dei figli dei Saraceni ed era così come Salem, la Fortezza di Qal’at Awb , la Val di Mazzara. Non ebbe pietà alla fine, l’Imperatore, né di Abbad né della sua famiglia né degli uomini, delle donne, dei bambini e dei vecchi di Abbad. Fui dunque così chiamato in terra di Sicilia e in segreto di conoscenza solo tra Federico e Ibben Abbad e i suoi, fui inviato a cercare la pace, un accordo, restando ostaggio dell’Impero e di Abbad e Abbad fu leale e mantenne la parola. Per quanto io non partecipai alla guerra in armi e allo scempio di quel popolo, la sua deportazione e a tutto questo non potei che restare poi colpito da quel comportamento di Federico ma la mia fedeltà all’Imperatore era e doveva essere comunque incrollabile. Ora è impazzito del tutto, ha perso tutto, è tutto fuorché il tutto che pensavo fosse allora. Ma io so che perse tutto molto prima anche se rifiutavo seppur minimamente l’idea. In quei giorni di più e ancor prima, seppi, aveva iniziato la sua rovina quando era giovane e puro e solo. La storia che sto per raccontarvi la conservo con me da anni perché incredibile si svelava giorno dopo giorno ai miei occhi, benché vissuta da me sulla mia pelle. Ma adesso che mi trovo ospite di Ecelino, a Padova, amico da quando combinammo il suo matrimonio con Selvaggia, figlia di Federico, riconosciuta ma senza onori e diritti della Corona. Federico, quando era ancora Federico, nelle sue contraddizioni mantenne sempre la sua migliore qualità, quella generosità dove non poteva fare altrimenti per ragion della Corona Imperiale e non solo. Era un uomo eccellente a suo tempo, la mente aperta che chiudeva quando doveva conservare la Corona ma vedeva come pochi lontano. Per questo non avrei mai compreso se non avessi saputo ciò che vi dirò queste sue allucinanti azioni in netto contrasto con ciò che in realtà era, un uomo avanti nei secoli a 4
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venire ma fermo e antiquo quando si toccava la Corona e quell’altro che saprete. Oggi sono in trappola però, lo so, pronto ad essere consegnato a lui, Federico, l’Imperatore, su suo ordine segreto a tutti tranne che a me, intercettato da me proprio per ciò che fui io per lui, l’uomo dell’Imperatore, dopo che per anni fui il suo tra i migliori uomini, se non il migliore come lui stesso spesso diceva, fidati e segreti, ora dunque non posso che scrivere le mie memorie e i fatti e come si svolse tutto prima che arrivi l’ordine di carcerazione e dunque di morte e io faccia la fine innocente di Pier il Vigne. E’ quest’oggi l’anno del Signore de l’otto di febbraio del 1249, fa un freddo terribile benché io non abbia mai sofferto il gelo. La sconfitta di Parma di cui l’unico responsabile è lui, l’Imperatore, e di Felsinea pochi mesi or sono con la cattura straziante di suo figlio Enzio gli hanno ormai stravolto la testa per il dolore ma anche per la sua coscienza che oramai non regge più. Non è più lui e non lo era più forse da tempo visto che già troppa è nel suo piccolo la sua colpa verso il Mondo e che io ora vi dirò nei fatti e verso la tragica vita d’amore e di sensi di Bianca dei Lancia, devota a lui come nessuno, e la morte provocata da lui del suo figlio primo e più debole e sincero, Enrico. Ma soprattutto di altro e altri. Ma si sappia che non fu nonostante tutto tradito né da Pier né da me, anzi; del suo segreto immemore, che ora sì dovrò svelare, di cui io sono stato partecipe e Pier l’unico con l’Imperatore e me a saperlo. Lui ha detto che Pier lo ha tradito e che io possa far altrettanto ma in realtà ha solo paura che venga svelato. Una storia a cui io non ho voluto o forse dovuto credere in fondo per tutto il tempo che l’ho vissuta. E per anni dimenticata preso dagli affari di Corte, degli Imperi, di Roma. Ed è di fronte a Innocenzo il Quarto che giuro su di me la mia verità di fronte a Dio che lui, il Pontefice, rappresenta nel mondo che con Federico lottammo anche Roma come mai senz’armi ferire. Ma ora la beffa della consegna dalle mani di 5
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Ecelino, triste anche lui da tempo per Selvaggia ma comunque leale verso di me ma fedele all’Imperatore benché devastante nel suo modo d’agire d’armi e di Signore di queste terre, consegnato sarò dunque, lo so, in quelle delle truppe che furono mie e di mio padre per un segreto che solo ora e in questo preciso istante io sto per consegnare alla storia prima così che tutta la verità eviti la sua distruzione. Tutto iniziò molto tempo prima ma di più un giorno quando un fatto tragico della mia vita, un attentato, pochi anni or sono, mi portò su un letto moribondo e fu allora, una notte da solo, ché anche se curato dai sapienti dell’Imperatore, mi si disse poi non v’era per me alcuna speranza oramai, che vidi apparire a me dietro una grande stella a strali lucente, splendida e fluttuante, una figura imponente che avanzava a passi lenti, finché vidi il suo volto che mi accorsi conoscevo, che sorrideva con gli occhi e le labbra appena chiuse ma rilassate e che si sedette a vegliarmi al mio capezzale e ricordai d’incanto tutto, dopo per anni averlo dimenticato, commuovendomi a quella visione e sprofondando in un lungo sonno sereno durato giorni e giorni e notti e notti dopo aver per lungo tempo scambiato lo sguardo con lui e parole, poche, e d’incanto alla fine mi alzai vivo e forte più che di prima e sul tavolo trovai un medaglione che riconobbi a chi appartenne e vidi a suo tempo e mi riportò la memoria indietro negli anni. E nulla dissi mai se non spezzoni di frasi all’inizio, confusi e a volte mendaci per sospetto di non esser creduto o ascoltato e sorpreso di me e gli altri da me e subito però, le mie frasi, interrotte così dagli sguardi increduli di chi m’ascoltava tanto così che alla fine nulla più uscì dalla mia bocca e da allora tutta la mia vita fu dedicata alla verità da nascondere e nascosta di ciò che ora vi racconto, una vita dunque la mia divelta ma ora lucida e responsabile e se non sempre moralmente ineccepibile alla legge dell’Impero e di Dio e del Cielo comunque non fu più mia e dunque portai avanti falsa per coprire e coprirmi e coprirlo e coprirvi. 6
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Tutto questo incartamento è stato portato in Apulia, al Tempio di Federico, il suo prediletto ed eccelso tra tutte le sue invenzioni e costruzioni, che io e pochi altri abbiamo contribuito, deciso, diretto nell’innalzare in gran segreto dell’Imperatore in memoria di sua madre Costanza la Regina e di tutto; lì lasciato a chi doveva prelevarlo e custodirlo.
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L’assedio di Jato
Wynck si avviò verso il Castello di Jato e gli uomini di Ibben Abbad. Si sentì diverso dagli anni prima dove aveva vissuto da mercante di stoffe e si avvicinò al Castello piano sul cavallo. Poi si fermò, ché il cavallo si comanda con le gambe e con gli occhi, e il cavallo diede la sua risposta al fermo del cavaliere nitrendo un bel po’ perché tanto che Wynck lo accarezzò e poi vedendo che continuava a nitrire e muoversi e scalpitare un pò provò a parlargli a un orecchio. Il cavallo di Wynck continuò ancora a scalpitare battendo lo zoccolo e scavando per terra e Wynck capì che stava dicendogli qualcosa, anzi capì che voleva dirgli di non entrare a Jato. La vallata si apriva a Wynck nella sua immensa vegetazione bruciata dal sole di quell’estate, scese da cavallo e lo accarezzò di nuovo e gli sussurrò parole dolci, quindi gli disse che era ora di chiudere un conto con Asmòd, la Gran Madre e Federico Costantino e molti non potevano capire se solo lo avesse detto, anzi nessuno; e poi piano risalì in sella e spronò. Il cavallo obbedì e andò avanti. Arrivò davanti al Castello. Due guardie di Abbad, con un drappello di dieci guerrieri Saraceni, gli si presentarono davanti. “Chi siete?”- disse uno di loro due. “Sono venuto a portare la mia spada ad Ibben Abbad. Annunciatemi a lui, ditegli che il mio nome è Wynck e provengo da un luogo dove la mia gente e la vostra gente di quei luoghi vivono insieme e in pace da sempre.”- disse Wynck . La guardia di Abbad lo guardò e poi andò dentro il Castello. Wynck attese con gli altri davanti che lo guardavano. La guardia di Abbad al galoppo tornò e disse a Wynck di entrare. Wynck entrò e 8
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le porte si chiusero alle spalle. Così rimase nel cortile del Castello di Ibben Abbad che era lì al centro in piedi e tutti gli altri attorno. “Da dove venite?”- disse Abbad. “Dai monti di Ula, ad East e North da qui. Sono amico di Salah Al Dhin. Vivo a Panormo da un po’ di tempo e sono un mercante di stoffe e domatore di cavalli. Ma la mia vita è stata la spada.” “E perché volete metterla contro l’Imperatore?” “Perché c’è un legame di sangue tra me e le vostre genti.” “Quale?” “Mia madre. Ma anche l’amicizia fraterna con un uomo chiamato Omar El Jail e molto altro.”- disse Wynck restando in sella al cavallo e guardando Abbad. “Vostra madre?...”- disse Abbad- “Da dove viene vostra madre?” “Mia madre è una donna del deserto, morta per mano degli Imperi e di Roma. Salah Al Dhin che conoscevo e di cui sono amico conosce la mia storia. Posso raccontarvi la mia storia e il resto del perché sono qui ma non credo abbiate voglia di questo. Dovete resistere, ne va della vostra stessa salvezza e forse della salvezza di interi popoli contro Roma. C’è un Ordine, nobile Abbad, qualcosa di molto più grande che guida questa guerra contro di voi, uomini potenti sparsi per le terre dell’Impero, Roma e i Regni.” “Un Ordine… che soprassiede a tutto, dite?”- disse Abbad. “Sì.” “Bene, c’è un Ordine come dite, che guida gli Imperatori e ci fa la guerra. Siamo così importanti?”- disse Abbad e quelli dei suoi attorno a lui risero –“E viene un giovane guerriero a liberarci e guidare la nostra causa. Siamo proprio fortunati.”- disse ancora ironico e risero tutti mentre Wynck guardava serio. Wynck allora diede di sprono e curvandosi sul lato del cavallo virò dritto verso dei sacchi di iuta, delle vesti e dei vasi che erano lì vicino lo spiazzo e passandoci vicino colpì con la spada le funi che reggevano in alto i sacchi, tagliò le vesti in due parti e staccò l’orlo 9
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dei due vasi in maniera così veloce e precisa che tutti guardarono. Poi fermò il cavallo e lo spronò prendendo con un braccio e portandolo su con sé, bloccato, un uomo di Abbad che si dimenava e Wynck poi lo lasciò poco lontano, quindi girò il cavallo che s’inarcò e uscì la corda che aveva e la lanciò con maestria in alto dove c’era il vessillo di Abbad e lo tirò giù con un colpo solo. Poi piano si avvicinò ad Abbad e disse: ” La giovinezza è una bella cosa se la si passa a imparare a come salvarsi la vita.” Abbad fu colpito da quell’agire dell’Unno e da quelle parole e disse:”Bene, avete dimostrato che sapete usare la spada e la forza, cavaliere strano e straniero e agile. Ora siete qui e sapremo presto cosa siete venuto a fare.” Poi invitò Wynck a scendere da cavallo e seguirlo nella sua tenda. Entrarono nella tenda di Abbad e Ibben Abbad si sedette così che invitò Wynck a sedere di fronte a lui. Ibben Abbad lo guardò e vide la capigliatura fluente, grigia ma folta, la barba anch’essa grigia ma rada sul volto e scrutò il volto di Wynck che sedeva a gambe incrociate di fronte a lui con fierezza. “Parlate, vi ascolto. Se siete una spia di Federico lo verrò a sapere e ora che siete dentro non uscirete che accanto a me in piedi o accanto a me per i piedi avanti.” – disse Abbad. “Non sono una spia. Il mio nome è Wynck vi ho detto. Da alcuni anni vivo a Panormo, sono un mercante di stoffe ma in passato sono stato altro. Conosco Federico, conosco il suo mondo, lo conosco da quando è un infante ma non ho mai vissuto con lui e per anni sono stato lontano da lui. So a chi risponde, so qual è il suo progetto, so che questa guerra contro di voi non è solo una guerra per il suo Impero e per il Pontefice ma anche per un progetto più ampio che viene da lontano.” “Come avete conosciuto Federico?”- chiese Abbad. “Era un infante ancora quando era sotto la tutela di Innocenzo e poi quando divenne Re dei Romani. Ero presente alla sua incoronazione.” “In che veste?” 10
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“Suo amico.”- disse Wynck . “E ora volete diventare suo nemico, perché?” “Per ciò che vi ho detto. Il suo progetto non è solo quello dell’Impero ma quello di assoggettare tutti i popoli di cui è espressione della Corona così come altri regnanti con le loro Corone e Imperi ma rispondono ad altro.” “Vi riferite forse alla dicerìa di Onorio che lui è l’anticristo? Noi non crediamo in questo, lo sapete. A noi interessa battere le truppe di Enrico inviate da Federico.” “Quella che chiamate una dicerìa non è di Onorio ma di Innocenzo che era prima di lui.” “E voi ci credete?”- disse Abbad. “No, io non credo a questo ma qualcosa di simile c’è. E’ un Ordine che agisce alle spalle dei regnanti, li sfrutta, li usa. Gli presta la moneta e crea le guerre. Anche le guerre contro il vostro popolo a Gerusalemme sono state create così. Sono decenni che funziona così.” “Voi facevate parte di quest’Ordine?” “No, mai. L’ho lottato. Poi ne sono stato sconfitto. Così ho deciso di vivere a Panormo con la vostra gente. Mia madre era della vostra gente, mio padre no. La mia donna di Panormo era delle vostre genti. Io sono cresciuto molto lontano da qui. A East. La mia è una lunga storia ma non voglio annoiarvi ad ascoltarla, so bene che il vostro pensiero ora è la guerra a Federico.”- disse Wynck . Ibben Abbad si alzò e uscì dalla tenda. Wynck rimase solo e in attesa e non per poco teso. Abbad tornò e tornò con un uomo accanto. “Vi presento quest’uomo, Wynck. E’ un uomo di Federico. Oggi è con noi e non sarà toccato finchè sarà l’uomo che è, un uomo di parole e di ambasciata. Un uomo fidato sia per me che per Federico. E’ qui per portare le proposte di Federico e dell’Impero e le nostre. E non mi ha mai parlato di quest’Ordine superiore. Vediamo cosa ne pensa lui.” 11
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Wynck guardò quell’uomo, non più giovane e dallo sguardo penetrante e sveglio e si alzò. Lo guardò in volto e Zuno, portato da Abbad, ricambiò lo sguardo. Wynck percepì qualcosa ma non volle approfondire i pensieri ma Zuno capì che Wynck aveva visto tutto. Ibben Abbad invece non capì nulla. “Lui è qui con noi e ora starete vicini. Non vi offenderete, Wynck , cavaliere straniero, se vi do sotto la sua tutela. Lui conosce bene gli uomini di Federico. Mi fido di lui e ci è stato preziosissimo e se voi avrete detto la verità lui lo saprà.”- disse Abbad sferzante guardando Wynck negli occhi mentre Wynck continuava a guardare Zuno che aveva uno sguardo duro e sveglio, caparbio e penetrante. Poi Abbad uscì con loro dalla tenda e alzando la spada urlò a tutta la sua gente e quelli risposero con l’urlo inneggiando ad Allah. Quindi si avviò verso i suoi uomini e Zuno e Wynck rimasero soli. “Non dovete prendervela se Abbad teme che qualcuno si infili nel suo accampamento per fare il doppio gioco.”- disse Zuno guardando Wynck e sorridendo. “Non me la prendo. Io nemmeno avrei avuto subito fiducia.”- disse Wynck . “Voi da dove venite?” “Negli ultimi anni sono stato a Panormo come mercante ma la spada so ancora usarla come sempre. Le mie origini però non sono di Panormo e nemmeno di Roma. Provengo da zone molto lontane da qui. Ho detto la verità, non tutta magari ma la verità” “E il non tutto cosa riguarda?” “Sono questioni personali che nulla avranno a togliere alla causa di Abbad e della sua gente. Sono legato alla sua gente anche se lontana da qui, non sono del suo stesso credo ma ho il suo stesso nemico: Roma.” Zuno fece una grinza e guardò per terra. “E avete deciso di stare dalla parte di Abbad contro l’Impero. Perché?”- chiese Zuno senza alzare gli occhi. “E’ una storia lunga e particolare. Forse potrei raccontarla.” “Vi ascolterò se vorrete.”- disse Zuno. 12
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Mentre discutevano così, si sentì un urlo di una guardia della torre che diceva: ”Aprite!” La porta della città si aprì e dopo un po’ entrò al galoppo un uomo di Abbad. Abbad si avviò al centro dell’accampamento del Castello e Wynck e Zuno pure si avvicinarono e ascoltarono. Il cavaliere di Abbad parlò e disse ad Abbad:”L’Imperatore in persona sta per arrivare. Si è messo lui alla testa dell’esercito. Enrico non ci ha sconfitti e dunque arriva lui in persona con il suo esercito e i suoi cavalieri.” “Quanti sono?”- chiese Abbad. “Cinquanta, sessantamila uomini a piedi e non meno di duemila cavalieri.” Abbad abbassò lo sguardo a terra preoccupato. Poi disse a voce alta ”Tutti in armi!” E una moltitudine di guerrieri si mosse a un solo pugno, ognuno al suo posto. “Dove sono adesso?”- chiese Abbad alla guida. “Adesso saranno sicuramente non prima dell’Abbazia.” Abbad ascoltò in silenzio e poi voltandosi verso la sua tenda dov’era Wynck all’uscita con Zuno, gli si avviò di fronte e disse:”Arrivate voi e arriva Federico. Una coincidenza?” “Quando ero a Panormo nulla si sapeva del suo arrivo o nulla ne seppi io.”- rispose Wynck . “Se Wynck avesse un messaggio dell’Imperatore lo avrebbe detto o lo dirà a breve, non pensate?”- disse Zuno prendendo le difese di Wynck visto che Abbad nutriva sospetti su di lui. “Magari il messaggio è la sua venuta. Chi siete non lo so e cosa siete venuto a fare non lo so. Lo vedremo presto, sì.”- rispose Abbad. “Sono qui per la vostra gente. Da uomo libero e combattente ma sono qui per voi. Se continuate a non fidarvi fatemi appendere a un palo o cacciatemi da questo Castello”- disse Wynck. “Non funzionano certi giochi se ci state provando”- disse duro Abbad. 13
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“Non è un gioco ma visto che non sono creduto posso andarmene io stesso.”- disse Wynck muovendosi e visibilmente contrariato. “Aspettate”- disse Zuno trattenendolo per un braccio. “Farò la mia guerra a Federico da solo.”- disse Wynck e si mise sul suo cavallo. “Aspettate vi dico”- disse Zuno. “Se l’Imperatore in persona è qui allora sarete subito messo alla prova.”- disse Abbad. “Io vi credo”- disse Zuno a Wynck e poi voltandosi verso Abbad disse: ”Io gli credo.” Così che Abbad si allontanò senza dir nulla e Wynck scese da cavallo e ringraziò Zuno dicendo:”Siete giovane ma in gamba, vi ringrazio. Abbad avrà la prova che dico la verità e non sono qui con l’inganno.” “Non sono più così giovane anche se sembra così, lo ammetto. Ne sono certo anch’io”- disse Zuno e sorridendo lo abbracciò, ricambiato ma i suoi occhi Wynck non li vide. Erano brace ma avevano anche un qualcosa di diverso che lui non seppe spiegarsi quando abbracciò Wynck . Tant’è che restò poi, tornando davanti Wynck che sorrideva, a guardarlo negli occhi e non riusciva a tenere lo sguardo, gli si chiusero gli occhi per una frazione d’attimo, poi si riprese e lo guardò e sorrise, anche se stentato e vedendo che Wynck continuava nel suo sorriso lui si scusò dicendo: ”Sono emozionato anch’io, scusatemi”. E si allontanò da solo dentro una tenda con Wynck che rimase nella rada del Castello con il cavallo accanto che accarezzò e gli sorrideva e gli sussurrava parole alle orecchie. Il cavallo scalpitò appena con una zampa e scavò un piccolo fosso sulla terra, nervoso, nitrì, continuò a scalpitare il suo zoccolo sulla terra e Wynck lo guardava.
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