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Lui non esiste

Antonio Pignatiello

Lui non esiste Romanzo

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Lui non esiste

Prima Edizione, Febbraio 2010 Ultima Edizione, Aprile 2011 Tutti i Diritti Riservati ProprietĂ Letteraria di Antonio Pignatiello Copertina di A. Venditti

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Lui non esiste

Qualsiasi riferimento a nomi, fatti e persone è puramente casuale.

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Prima

“Marcel, Marcel... “ lo chiamò lei. Lui si girò, la guardò sorpreso interrogandosi tra la folla e togliendosi gli occhiali scuri, mentre lei si fermò così nel suo sorriso strozzato e disse: “No, tu n’es pas Marcel... “ e se ne andò via tra la folla. Si avvicinò un uomo, un collega di lui e disse: “Chi era quella bella donna?”. “Non lo so, non l’ho mai vista.” rispose lui ancora sorpreso. “Perché non la vai a riprendere e la porti a cena? È bella. A te non ti resiste nessuno.” disse l’amico sorridendo. “No! È una donna innamorata di un uomo che ora non la ama più e lei lo cerca.” rispose lui serio mentre passava il Presidente acclamato dalla folla. Il Presidente passava sulla sua auto guardata a vista da uomini che lo seguivano e attorniavano l’auto a piedi e correvano in vestito e, tra la folla, quasi tutti applaudivano e sventolavano bandierine in un frastuono di suoni, urla di vecchi, donne e bambini vocianti. C’erano uomini in abito grigio. Luca Pigant invece indossava un vestito blu su una camicia blu e una cravatta blu. Solo le scarpe e gli occhiali erano neri, poi tutto blu. Si rimise gli occhiali scuri, guardò la folla e disse al collega: “Anziché controllare i suonatori di tamburi con le trecce perché non dai un’occhiata a chi c’è lì in fondo, di fronte?”. “Chi c’è?” chiese il collega. “Guardalo. Lui, Lucio Colapelli, il Gran Maestro lo chiamano, il burattinaio, una delle persone più pericolose in circolazione. Anzi, Lucio Maria Giovanbattista Colapelli, per essere precisi, dobbiamo essere precisi, no?”. 4


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“Ma pensa… sarà venuto a battere le mani anche lui? Precisi sì, e per essere precisi allora… Lucio Maria eccetera Conte di San Giovanni.” disse il suo collega. “Sì, col padre emigrante e diplomato ragioniere. Come me ma almeno mio padre non era emigrante… non per gli emigranti, eh... chiama il Colonnello, la cosa non mi piace.” disse Luca Pigant. “Devi chiamarlo tu, non è un mio superiore.” “Ma dai, che mi racconti le palle ora? Lo so bene che per ora c’è l’accordo con voi.” Il collega lo guardò, sorrise sornione, prese il cellulare e fece il numero. Rispose una voce e passò la chiamata a Luca che prese il cellulare. “Colonnello, qui c’è Lucio Colapelli, presente tra il pubblico come un normale cittadino… certo che so che può starci ma non ha bandierine in mano a sventolare ecco e se è qui allora… no, è tutto in ordine… certo, ora seguiremo il corteo nella zona... va bene, come vuole lei.” e chiuse il cellulare dandolo al collega. “Che ha detto?” chiese il collega serio guardandolo negli occhi. “Che dobbiamo dimenticarci di averlo visto qui, il Gran Maestro di questi miei... ” e si fermò mettendo le mani in tasca, abbassando la testa a guardarsi i piedi, muovendoli, alzandoli, battendoli per terra. Non riusciva a stare fermo ma sempre senza spostarsi di un centimetro da dove era. “Non ci pensare, mica lo conosciamo solo noi, no?”. “Sì, ma la cosa non mi piace. Perché è a noi che chiederanno rapporto se succede qualcosa, De Roberti. Speriamo bene.” “Magari è davvero venuto solo per vedere il corteo... “ disse De Roberti, il collega. “Certo. Gli mancava solo la bandierina tricolore in mano e il cappellino di papà… seguiamolo, non diremo che l’abbiamo visto, ce lo scorderemo che era qui ma voglio vedere cosa combina e cosa è venuto a fare qui. E il Colonnello sarà così gentile da stare zitto se succederà qualcosa.” disse Luca Pigant mentre il pensiero andava al Gran Maestro che tra la folla si muoveva poco e piano. Poi 5


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scomparve del tutto dall’altra parte della barriera. “E ora che se n’è andato, non possiamo farlo seguire perché non ce lo consentiranno. La solita sfiga... “. “Dai, che t’importa. È andato tutto bene, ora ce ne torniamo a casa.” disse il collega. “Ci tornerai tu a casa. Io devo fare una cosa.” “Lascialo perdere, ti dico. Se ti ha detto di no, meglio lasciar perdere.” “No, non dico del Maestro, vada al diavolo anche lui stavolta. Dico una cosa mia, una cosa mia, ecco.” “Ho capito… donne.” disse ridendo De Roberti. “De Roberti, dai… ma dove le vedi queste donne attorno a me? Non si tratta di donne.” “Dove le vedo? Ma se non fanno che stare attaccate a te con gli occhi? Credi che non me ne accorga? E mica solo io, eh!“. “Fantasie... “. “E come no... “ disse De Roberti ridendo, poi smise e guardò serio Luca Pigant “Allora vai da solo? Io torno da mia moglie, i miei figli. Sai che ti dico, Pigant? Mi sto un po’ stancando di questo lavoro. Quasi resterei a fare il lavoro mio per sempre. Pensi sia possibile?”. “Lo vedi che a volte sei il migliore che conosca? Senza volerlo stavo pensando la stessa cosa e l’hai indovinato, anzi l’hai percepito. Sei in gamba De Roberti, in gamba e bastardo, a volte però; e ora dovrò fare proprio qualcosa del genere, almeno spero... “. “Cosa? Hai un appuntamento di lavoro? Anche tu pensi di uscirne? E da quando ci pensi?” chiese De Roberti seguendo Pigant che si era incamminato mentre oramai la folla si diradava e per terra era tutto cartacce con la gente che svicolava e passeggiava senza meta e senza motivi precisi se non l’aver perso una giornata di festa a sventolare bandierine e battere le mani. “Non è proprio così… però sì, ci penso.” disse Luca Pigant con le mani in tasca mentre camminava nel suo vestito tutto blu, la giacca, i pantaloni, la camicia, la cravatta. Solo le scarpe aveva nere. 6


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“Ma hai appena detto che ora devi proprio avere a che fare con questa cosa. Ho capito. Non ne vuoi parlare. Forse ho sbagliato anch’io a parlarne… a te.” “No.” si fermò di getto Luca “No, sta tranquillo. Resterà tra me e te, fidati.” “Tu però non ti fidi di me... “. “Tu hai moglie e figli, De Roberti. Io no. Sta tranquillo ti dico, dormi tra due guanciali, anzi tre.” disse Luca Pigant tenendolo per le braccia. “Insomma, hai intenzione di andartene anche tu? E che vuoi fare? Io resterò un professore di letteratura italiana ma tu? Che farai?” disse guardandolo negli occhi. Luca Pigant non rispose e tolse le mani dalle braccia di De Roberti, Francesco De Roberti, professore di letteratura italiana al Liceo. Luca Pigant si accese una sigaretta e disse: “Non lo so.” “Allora resta un pilota, no?”. “Non si può correre sempre... “. “Diventi un manager, ti scegli una squadra, fai il loro capo meccanico, il collaudatore, apri un’officina, che ne so. Tieni l’ombrello per il sole ai piloti tuoi amici... “ disse ridendo De Roberti e anche Luca Pigant rise alla battuta “Insomma, che vuoi fare?”. “Forse hai ragione tu… lascio stare, resto un pilota, poi si vedrà. Non andrò da nessuna parte stasera.” “Senti, ma mi hai detto che avevi da fare, no?”. “Ma niente... “. “E su, fidati una buona volta. Io mi sono fidato.” “Volevo fare l’impiegato, ho presentato una domanda per sfruttare il mio diploma e mi hanno chiamato... “. Francesco De Roberti lo guardò stralunato, poi si accigliò, quindi lo riguardò e disse: “E vivresti con lo stipendio di un impiegato?”. “Appunto, vorrei vivere con lo stipendio di un impiegato.” “Ascolta Pigant, anzi Luca, possiamo chiamarci per nome dopo questi mesi almeno? Senti, io ho moglie e famiglia, ma sono un 7


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professore, mia moglie è un medico, i miei figli frequenteranno l’Università e i miei genitori mi aiuteranno così i miei suoceri, per loro. Io potrò farlo, posso vivere bene. Ma tu con lo stipendio da impiegato che farai? Non raccontare sciocchezze. Per come vivi tu, almeno dovresti fare il dirigente. Hai la laurea, ti dico io come la sfrutti. E poi l’impiegato, a far cosa? Conti e fatture? Lettere? Cercano donne per quel lavoro.” Luca Pigant aspirò la sigaretta, poi gettò fuori il fumo e sospirò. “Insomma, non raccontarmi scemenze. Che volevi fare?” disse De Roberti. “Te l’ho detto, l’impiegato. Ho fatto una domanda e mi hanno chiamato.” “Ma dove?”. “In una scuola.” “In una scuola?!” e De Roberti sbottò a ridere dicendo: “Ma tu non conosci quell’ambiente, o spari ai tuoi colleghi o dopo tre giorni ti ammazzi da solo per la noia o saresti di nuovo con noi.” “Dici?”. “Dico... “. “Però mi hanno chiamato... “. “Lascia stare. Perché non parli con il Colonnello?”. “Per ritrovarmi nei guai due ore dopo essere uscito dal suo ufficio?”. “Beh, allora anch’io, no?”. “Tu hai famiglia… è diverso, ti ascolteranno.” “Ridagli con questa famiglia. Loro non si sono preoccupati tanto delle famiglie degli altri, eh... “. “Sì, ma io sono stanco di difendere la legge così. Senza ufficialità, senza dire che la difendo, anzi. Sono anche stanco di difendere loro.” “Per me non è questo, Luca… è che sono stanco da me. E sinceramente però ci credo e così resto.” “Resti?”. 8


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“Sì, resto… e resterai anche tu, dai… l’impiegato, non farmi ridere! Che gli racconti alle tue donne, che fai l’impiegato? Dovrai cambiarti l’auto. Resta pilota.” “Resto pilota?”. “Resta pilota... “. “Va bene, resto pilota.” “Bene. La prossima corsa?”. “Domenica, al Rally della Montagna. Se il Colonnello non mi chiama… ma forse è meglio che mi chiami, insomma, non è che sia meno pericoloso correre, eh... “. “Allora è per i pericoli?”. “Ma no, non è per questo.” “Non ti capisco, non dici; anzi, dici e non dici. Senti, non ti sarai mica innamorato?”. “Ancora con le donne, De Roberti… non c’entrano.” “Insomma, forse sì.” e rise De Roberti “Allora che fai, vieni con me? Vieni a mangiare da me, chiamo e un piatto in più c’è.” “No grazie, davvero. Non andrò, starò da solo.” “Sicuro? Non è che domani ti ritroverò seduto a mettere i voti a qualche ragazzo? Vieni, andiamo a prendere un caffè.” “Sicuro, non andrò. Stasera volevo preparare dei documenti che mi hanno richiesto. No, non li preparerò.” disse Luca avviandosi al bar con De Roberti. Entrarono e ordinarono un caffè a testa. “Preparerai l’auto per domenica?”. “Domani, forse... “ disse Luca mentre sorbiva il caffè con De Roberti. De Roberti pagò alla cassa, poi uscirono. “Dopodomani semmai, domani siamo dal Colonnello.” “Senti, ma perché lo chiami Colonnello se sai che è Generale? Si arrabbia, no?” disse De Roberti ridendo. “Anch’io non sono più un ragazzo ma lui si ostina a chiamarmi ragazzo, m’incazzo pure io e lui lo sa.” rispose stizzito Luca Pigant. 9


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“Va beh, ma lui ha il grado superiore, dai… io mica ti chiamo agente e sei superiore a me.” “Va bene, io vado.” disse ancora più stizzito Luca. “Ci si vede domani dal Colonnello, anzi dal Generale, ricorda. Ricordiamocelo. Sai che ti dico? Sono professore ma resto anche così. Ciao, Luca.” “Ciao, De Roberti... “. Luca Pigant vide sparire dietro il bar Francesco De Roberti e lo guardò a lungo senza che lui si voltasse. Fumò, poi si avviò anche lui mentre tutto il viale era oramai pieno di auto e gente sui marciapiedi ma diversi da quelli di prima. Ora c’era gente normale. Lui non si sentiva normale come loro, però doveva. Il peggio era che poteva essere come loro, se voleva. Si avviò anche lui verso la sua auto. Era dietro l’isolato, posteggio riservato, come De Roberti, ha diversi posteggi riservati. La guardò, bella, rombante appena avrebbe acceso e poi avviato. Entrò. Oramai mancava poco alla sera. Mise le mani sullo sterzo e rimase fermo. Poi si avviò. Fece dei giri nella città, veloce, sicuro, leggero e con il bisogno di arrivare subito per fumare perché nell’auto era vietato, ordine del Colonnello. Entrò in un garage, la posteggiò con l’uomo al banco che lo guardava e gli diede le chiavi. Senza rispondere l’uomo del garage le prese e Luca uscì. Fece due passi e fumò. Svoltò l’angolo, dove sapeva che c’erano i taxi. Ne prese uno e gettando la sigaretta diede l’indirizzo. Non poteva fumare neppure nel taxi. Scese, pagò il taxi ed entrò in albergo. Prese la chiave dalla gentile signora alla reception e salì con l’ascensore al quarto piano. Entrò in camera e si gettò sul letto: fumò, finalmente fumò. Sapeva che ora avrebbe fumato di più. Attese qualche minuto, respirò, si fece forza, alzò la cornetta del telefono dell’hotel e disse: “Mi chiami questo numero, per favore.” Glielo passarono e dopo qualche squillo, rispose una donna. “Sandra... “disse. 10


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“Luca, dove sei?”. “In albergo, lo sai.” “Sei stato in officina, che ti hanno detto?”. “Non si sa ancora se passo con il Racing Team, ma forse ho buone possibilità. Ho passato tutta la giornata sui motori e domenica correrò lì.” “Con l’Autocar?”. “Per ora sì, ma forse ti ripeto ancora per poco, poi forse passo alla Racing.” “Sarebbe bello… potrei trasferirmi da te.” “Vedremo… tu come stai?”. “Male senza di te, lo sai, quando pensi di venire?”. “Qualche altro colloquio... con il manager e poi penso che tra mercoledì e giovedì sono lì.” “Ancora mercoledì o giovedì? Domani, no?”. “No, siamo rimasti che ci sentiamo ancora domani. Vorrà farmi una proposta, ha detto, per il Campionato Rally Europeo.” “Va bene, quando arrivi, dimmelo prima. Voglio cucinare per te.” “Sì, va bene. Ciao, Sandra... ora dormo un po’.” “Ciao, amore, pensami.” Click. Fumò e guardò il cielo, attese un po’ e riprese la cornetta: “Signorina, mi passa per favore questo numero?”. Arrivò la chiamata e Luca disse: “Marina, ciao… sono Luca.” “Vaffanculo Luca, perché cazzo chiami ora?”. “Lo sai, ho avuto discussioni con il nuovo manager. Aspetto risposte, tutto il giorno a parlare e girare per l’officina.” “Dove sei, Luca?”. “Lo sai dove sono... “. “Sì, ma dico con chi sei?”. “Sono da solo, Marina, ma pensi che chiami la donna che amo con un’altra a fianco?”. “Luca, va al diavolo, tu queste partenze così improvvise non me le racconti, capisci? Senti, mi dici dove sei?”. 11


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“Ti ho già detto che sono all’Astoria, da solo e tutto il giorno ho avuto a che fare con i motori. Sono stato da solo tutto il giorno, meccanici, manager e piloti a parte.” “Piloti donne, scommetto... “. “I tempi della Brambilla son finiti, Marina…lo sai.” “Ti sarebbe piaciuto, eh?”. “Dai... “. “Quando ti fai vedere?”. “Presto, molto presto. Il tempo di sistemare la nuova stagione. Noi andiamo come la moda, lo sai, una stagione avanti per correre. Loro almeno, le modelle, passeggiano.” “Hai ancora intenzione di correre?”. “Conosci un altro mestiere che potrei fare?”. “Certo… spararti per esempio o schiantarti su un albero alla prima curva delle tue dannate corse. Vaffanculo, Luca.” “Ma Marina, dai... “. Click. Luca provò a richiamare ma si fermò: l’avrebbe fatto lei, lo sapeva. Aveva sempre fatto così. Chiedendo pure scusa. Forse, però, pensò. Fumò ancora e guardò il tetto. Una porcata! Era una porcata quel tetto della stanza d’albergo, si disse, con il ventilatore a pale che giravano. Anche i quadri facevano schifo, erano delle vere minchiate, delle porcherie vendute ai mercatini settimanali e pure firmati. Si alzò aprì il frigo prendendo dell’acqua: si accorse che era gasata ma non l’amava. Lo aveva detto al Colonnello ma si era sentito rispondere che doveva farlo presente all’albergo. Lui lo diceva sempre quando prendeva la stanza, quelli però non lo ascoltavano mai. Guardò il cellulare, prima o poi avrebbe squillato. Spense la sigaretta e impugnò la pistola. La guardò, tolse il caricatore, tirò due volte il carrello che fece un clack secco, perfetto, poi rimise il caricatore e la pistola nella cinta. 12


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Attese che il cellulare squillasse. Una sigaretta, anzi due poi si alzò. Non gli piaceva la cosa. Avrebbe già dovuto squillare. La tentazione di chiamare era forte, ma attese. Aveva imparato che bisognava sapere attendere. Come quando hai un animale che ti viene incontro, addosso, per sbranarti. Devi sapere aspettare. Se spari subito rischi di non prenderlo. Lui ti arriva addosso e ti sbrana. Se spari troppo tardi, ti è già addosso e ti sbrana. Devi saper aspettare, c’è un solo momento - uno solo - in cui puoi colpirlo a morte, ed è quando non è troppo né di là né di qua. Allora un solo colpo basta. Devi sapere aspettare però e vedere quel momento perché arriva. C’è. C’è sempre stato per tutti. Il cellulare non squillava. Si alzò e guardò fuori dalle tendine appena scostate. Non c’era nessuno, brutto segno. Quando non c’è nessuno qualcosa non quadra. Quando nella foresta non si sentono animali, non si sente niente, non si muove niente e non vedi nient’altro che alberi e foglie allora qualcosa non quadra. Sapeva che era così, era sempre stato così. Arrivò una chiamata al telefono della stanza. Alzò la cornetta dopo averlo fatto squillare per un po’. Lo guardava il telefono e tutto si fermava attorno con le dita sulla tendina della finestra appena scostata. Guardava il telefono squillare. Gli parve quasi che si muovesse ma era fermo, ovvio, se lo disse. “Che stai facendo?” chiese il Colonnello. “Il lavoro per cui mi pagate.” rispose secco e nervoso Luca Pigant. “Non mi pare... “. “A me, sì.” replicò a denti stretti. “Ti ho già detto che non voglio che ti occupi di questa storia.” “Avrò anche diritto a coltivare i miei hobby come tutti, no?”. “Lo sai che sei l’unico cui consento di parlarmi così. Lo sai, non approfittarne.” “Sì, e pure tu sai che sei l’unico per cui ho accettato questo lavoro. Non approfittarne nemmeno tu.“

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“Certo che lo so, ma non arriveremo a niente. È una storia diversa questa. Non ci possiamo arrivare. Non possiamo intervenire. Non ci possiamo fare niente.” “Sei certo che questa linea sia sicura?”. “Come io sono io e tu sei tu.” “Lo sapremo domani, anzi lo saprò io prima: se sarò vivo domani mattina allora è sicura.” “Cominci a non fidarti. Vuoi venire a parlarne qui?”. “Voglio salvare la vita di quei ragazzi.” “Non sapremo mai dove metteranno la pillola.” “Se parli di pillola, nemmeno tu sai se questa linea è sicura.” “Piantala, Luca. Levaci mano.” “Chi ti ha detto di chiamarmi?”. “I cellulari non sono sicuri, questa linea sì. Se dico pillola, è perché uso chiamarle così.” “Allora oggi non era sicura quando mi hai detto di dimenticarmi di Lucio Colapelli?”. “Piantala... “. “No anzi, lo hai detto apposta così ti ascoltano.” “Se non ti fidi di me, chiudiamola domani mattina stessa.” “Voglio salvare quei ragazzi.” “Ed io voglio salvare te. Li voglio salvare pure io e lo sai, ma non ci possiamo arrivare.” “Questo lo dici tu.” “Va bene, testone. Dimmi almeno che non rischierai troppo.” “Né più né meno di quanto ho rischiato fino ad ora stando con te in questi anni.” “Non è la stessa cosa. Loro sono diversi. De Roberti vuole lasciare?”. “Non lascerà. L’unico che può lasciare sono io.” “Me l’ha detto.” “Lo so che te l’ha detto. Mi ha chiamato per nome e voleva l’amicizia, più Giuda di lui... “. “Gliel’ho ordinato io.” 14


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“Non avevo dubbi.” “Smettila... “. “Ora dai ordini anche a quelli degli altri?” disse ironico Luca. “Devi lasciare questa faccenda, Luca.” disse stizzito il Colonnello. “Domenica torno a correre.” “Non cambiare discorso. Devi lasciare questa faccenda, ti dico.” “Domenica torno a correre, vieni a vedermi? Facciamo così. Io lascio questa faccenda ma anche tutto il resto.” “Piantala di fare l’idiota. Li salveremo quei ragazzi ma non come stai facendo tu.” “Al contrario semmai... “. “Domani mattina ti voglio da me e ne parleremo di presenza. Nessuno ti chiamerà più per stasera… e stai tranquillo che li salveremo.” “Sono tranquillo.” “Domani mattina da me.” “Domenica mattina corro.” “Domani da me.” “Domenica corro.” “Alle 9.” “Domenica corro, alle 10.” “Alle 9... “. “Alle 10!” Click. Stavolta aveva chiuso Luca. Rimase appoggiato al letto e fissò il tetto con le pale del ventilatore, giganti, che giravano. Fumava e ricordava.

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