Notiziario ANUSCA 2015 - 04 Aprile

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NOTIZIARIO ANUSCA Associazione Nazionale Ufficiali di Stato Civile e Anagrafe

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Anno XXIX, n. 4 • Aprile 2015

Copia € 3,50 (stampato da Maggioli Editore - Santarcangelo RN)

ACCERTAMENTI ANAGRAFICI: SONO OBBLIGATORI di Romano Minardi

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remessa Le segnalazioni che Anusca continua a ricevere in merito alle difficoltà incontrate da molti ufficiali d’anagrafe che faticano ad ottenere il rispetto delle normative in materia di accertamenti anagrafici, ci suggeriscono alcune riflessioni interpretative della normativa vigente, anche alla luce delle previsioni di parziale riforma del regolamento anagrafico, legate all’avvio dell’ANPR (Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente). La Pubblica Amministrazione di questo Paese continua a distinguersi per la pervicacia con cui pretende di arrogarsi il diritto a violare precise norme di legge, adducendo, nella migliore delle ipotesi, motivazioni risibili e che, anche se fossero veritiere, non avrebbero alcuna legittimazione giuridicamente (continua a pag. 12)

LA CORTE DI CASSAZIONE INTERVIENE ANCORA SUL MATRIMONIO OMOSESSUALE

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E ALL’INTERNO

di Renzo Calvigioni

a Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 30 ottobre 2014 – 9 febbraio 2015, n. 2400 Presidente Luccioli – Relatore Acierno, è intervenuta ancora sul tema del matrimonio omosessuale, su ricorso di una coppia dello stesso sesso che aveva chiesto di procedere alle pubblicazioni di matrimonio, con conseguente rifiuto dell’ufficiale dello stato civile, rifiuto che era stato impugnato dagli interessati con esito negativo, prima in Tribunale e poi in Corte di Appello. La Corte di Cassazione, dopo aver preso atto che la questione relativa alla legittimità e conformità

costituzionale del diniego di procedere alle pubblicazioni matrimoniali tra due persone dello stesso sesso è identica a quella già affrontata dalla Corte Costituzionale nel 2010, dopo aver richiamato principi stabiliti in tale pronuncia al fine di accertare se siano intervenuti orientamenti successivi da parte della Corte Europea dei diritti umani o dalla stessa Corte Costituzionale, in pronunce successive che possano determinare soluzioni diverse, ha escluso infine che la mancata estensione del modello (continua a pag. 3)

Acquisto della cittadinanza italiana di minori conviventi ...................................pag. 5 Rilascio elenchi anagrafici....................pag. 7 Comodato verbale e imposta di registro.........................................................pag. 8 I bigami di casa nostra..........................pag. 11 Rendiconto telematico.........................pag. 13 Lo strano caso dei “non cittadini”.....pag. 15 Un cittadino non italiano può diventare ufficiale di anagrafe?.............................pag. 16


PER SOTTOSC NON C’È BISOGNO RIVERE LE POLIZZE DI ANUSCA DI ABBONARSI AD ALCUNA RIVISTA

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Pag. 3 (continua da pag. 1: La Corte di...)

matrimoniale alle unioni tra persone dello stesso sesso determini una lesione dei parametri della dignità umana e dell’uguaglianza. In sostanza ha confermato che non esiste alcun obbligo per il nostro Legislatore di prevedere l’ipotesi del matrimonio tra persone dello stesso sesso e che la mancata previsione di tale fattispecie non è in contrasto con i principi costituzionali né in contrasto con i principi fondamenti della Convenzione Europea per i Diritti dell’Uomo. Tuttavia, nella pronuncia vi è l’espresso riconoscimento del rilievo costituzionale ex art. 2 delle unioni tra persone dello stesso sesso e si avverte l’esigenza di rimettere al Legislatore “nell’esercizio della sua piena discrezionalità, d’individuare le forme di garanzia e di riconoscimento per le unioni omosessuali”. Ancora una volta, come già avvenuto con le sentenze della Corte Costituzionale n. 138 del 2010 e n. 170 del 2014, il richiamo, questa volta da parte della Corte di Cassazione, viene fatto nei confronti del legislatore, sollecitato ad intervenire rapidamente, al fine di dare adeguata tutela e protezione a tutte quelle unioni diverse da quelle matrimoniali, che nel nostro ordinamento sono prive di qualsiasi garanzia dei diritti dei componenti l’unione. In sostanza, è questo l’ennesimo invito da parte della Suprema Corte, tocca al Legislatore riconoscere la validità sociale di tali unioni, emanando specifiche normative in proposito, tali da instaurare delle forme di tutela che possano evitare situazioni discriminanti. L’art. 12 CEDU, anche se formalmente riferito all’unione matrimoniale eterosessuale, non esclude che gli Stati membri estendano il modello matrimoniale anche alle persone dello stesso sesso, ma nello stesso tempo non contiene alcun obbligo al riguardo. Nell’art. 8 CEDU, che sancisce il diritto alla vita privata e familiare, è senz’altro contenuto il diritto a vivere una relazione affettiva tra persone dello stesso sesso protetta dall’ordinamento, ma non necessariamente mediante l’opzione del matrimonio per tali unioni. In sostanza, né i principi costituzionali

né convenzione europea obbligano gli Stati a dare riconoscimento giuridico alle coppie omosessuali, ma è solo facoltà degli Stati di adottare provvedimenti favorevoli in tal senso. Gli ordinamenti dei diversi Paesi possono prevedere l’ipotesi del matrimonio tra persone dello stesso sesso, possono disciplinarlo in maniera specifica o dare la stessa valenza del matrimonio eterosessuale, ma tutto

questo è rimesso alla libera valutazione degli Stati, senza che possano esservi imposizioni od obblighi e, soprattutto, senza che la mancata previsione o disciplina di tale matrimonio possa comportare contrasto con i principi contenuti in convenzioni o trattati internazionali. Di conseguenza, se il nostro ordinamento non prevede tale ipotesi, appare perfettamente legittimo il rifiuto delle pubblicazioni di matrimonio o della celebrazione

del matrimonio o di trascrizione dell’atto di matrimonio celebrato all’estero in uno degli Stati dove è consentito. Non solo: tale rifiuto non risulta essere discriminatorio in quanto la situazione in cui si trovano le coppie dello stesso sesso è analoga ed equiparabile a quella delle coppie di fatto, cioè di tutte quelle coppie eterosessuali che, pur convivendo more uxorio, non sono legate da alcun vincolo giuridicamente valido per il nostro ordinamento e risultano prive di quelle tutele e garanzie che la Corte di Cassazione riconosce come necessarie ed indispensabili e sulle quali invita il Legislatore ad intervenire rapidamente. In sostanza, le coppie omosessuali alle quali, secondo il nostro ordinamento non è consentito il matrimonio, si trovano in una situazione avente gli stessi effetti giuridici delle coppie di fatto: il Legislatore deve individuare un nucleo comune di diritti e doveri propri di tali coppie di fatto e disciplinarli in modo da garantirne fruibilità e tutela. La sentenza della Corte di Cassazione, particolarmente rilevante anche la completezza dei richiami a precedenti decisioni sul tema adottate dalla giurisprudenza di più alto livello, non lascia aperta alcuna possibilità (continua a pag. 4)

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Fotonotizia: A MONTERONI, ANUSCA PER LE NOVITÀ IN MATERIA DI SEPARAZIONE E DIVORZIO Si è svolta il 3 marzo 2015 a Monteroni di Lecce una giornata di studio sul tema divorzio e separazione davanti all’ufficiale di stato civile. A beneficio di una numerosa platea di cinquanta persone, la relatrice Liliana Palmieri ha illustrato con dovizia di particolari e con un taglio pratico le notevoli novità intervenute, rispondendo anche alle numerose domande rivolte dalla platea. La giornata è stata aperta dal saluto della dott.ssa Beatrice Mariano, Commissario Straordinario del Comune e delegata dal Prefetto, la quale ha portato i saluti del Prefetto e dell’Amministrazione comunale, soffermandosi sul notevole carico di lavoro che negli ultimi anni è stato trasferito ai servizi demografici. Il dott. Giuseppe Leopizzi, Presidente Provinciale, si è soffermato sulle iniziative di formazione dell’ANUSCA e sulla puntualità degli interventi formativi proposti dall’Associazione, con la collaborazione del Comitato Provinciale di Lecce: ha sottolineato come il legislatore ancora una volta si affidi ai Comuni, enti più vicini al cittadino per risolvere le problematiche di vita. Tuttavia per poter affrontare tali problematiche sono necessarie specializzazione e formazione continua per fornire risposte corrette a cittadini ed avvocati che si presentano allo sportello. Ringraziamo il Presidente del Comitato Giuseppe Leopizzi per le informazioni e le immagini relative al corso di Monteroni di Lecce (continua da pag. 3: La Corte di...)

di trascrizione del matrimonio tra persone dello stesso sesso celebrato all’estero: fino a quando non verrà emanata un’apposita legislazione che riconosca tali unioni, non sarà possibile alcuna registrazione negli atti di matrimonio. È probabile che tale orientamento giurisprudenziale provochi una

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riflessione in quei Sindaci che negli ultimi tempi avevano, con grande risalto degli organi di stampa, proceduto direttamente alla trascrizione dei matrimoni omosessuali: al riguardo, riteniamo doveroso sottolineare come si fosse trattato di una scelta operata direttamente da alcuni Sindaci, che avevano anche sottoscritto la trascrizione dell’atto, senza l’intervento diretto degli ufficiali di stato civile

delegati, cioè degli addetti allo stato civile che, fin dall’inizio, avevano manifestato le ovvie e dovute perplessità. Anche questa è la conferma di un livello di professionalità degli operatori, tendente alla correttezza degli adempimenti da svolgere ed al rispetto delle normative vigenti e tale da evitare di lasciarsi coinvolgere in procedure che apparivano non legittime.


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L’ACQUISTO DELLA CITTADINANZA DA PARTE DEI MINORI CONVIVENTI (ART. 14 L. 91/1992) di Tiziana Piola

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’aumento in Italia del flusso migratorio ha portato come conseguenza l’incremento della presenza di minori stranieri, i cui genitori arrivati in Italia dieci o vent’anni fa hanno richiesto l’acquisto della cittadinanza italiana. La legge italiana prevede un procedimento “automatico” per l’acquisto della cittadinanza da parte dei minorenni conviventi con i genitori che hanno acquistato la cittadinanza italiana; tuttavia occorre fare chiarezza su cosa si debba intendere per “automatismo”: non significa che l’ufficiale di stato civile possa procedere in assenza di verifiche. Egli è comunque tenuto ad applicare la normativa che prevede la sussistenza di determinate condizioni alle quali è subordinato l’automatismo nell’acquisto della cittadinanza italiana. All’art.14 della legge sulla cittadinanza (legge n. 91/1992) si stabilisce che: “i figli minori di chi acquista o riacquista la cittadinanza italiana, se convivono con esso, acquistano la cittadinanza italiana, ma divenuti maggiorenni, possono rinunciarvi se in possesso di altra cittadinanza”. La normativa specifica inoltre nel regolamento di esecuzione sulla cittadinanza all’art. 12 del D.P.R. 572/93: “Ai fini dell’applicazione dell’art. 14 della legge l’acquisto della cittadinanza, da parte dei figli minori di chi acquista o riacquista la cittadinanza italiana, si verifica se essi convivono con il genitore alla data in cui quest’ultimo acquista o riacquista la cittadinanza italiana”. Un minore, quindi, figlio di colui che ha acquistato la cittadinanza per altri motivi, se convive con il genitore acquista automaticamente la cittadinanza italiana. Devono, tuttavia, verificarsi le seguenti condizioni affinché si produca l’effetto previsto dalla legge: - il rapporto di filiazione: non è sufficiente che in anagrafe il minore venga indicato come figlio di colui che acquista la cittadinanza italiana; occorre individuare se la persona che ha acquistato la cittadinanza

è il padre o la madre del minore indipendentemente dal fatto che in anagrafe sia indicato con tale rapporto di parentela. Rammentiamo, a tal proposito, che spesso in passato per gli stranieri le relazioni di parentela sono state indicate senza la produzione materiale di un documento legalizzato e tradotto ma semplicemente su dichiarazioni degli interessati. Occorre pertanto acquisire l’atto di nascita se il minore è nato in Italia, se invece il minore è nato all’estero, il genitore dovrà esibire l’atto di nascita rilasciato dalle autorità competenti estere

debitamente legalizzato e tradotto oppure potrà produrre un’attestazione emessa dall’autorità consolare straniera da cui si evinca la maternità o la paternità. Capita spesso, infatti, che il genitore sia impossibilitato a recarsi immediatamente nel proprio Paese d’origine per poter acquisire l’atto di nascita del figlio; l’attestazione consolare è un documento sufficiente per poter istruire il procedimento affinché il minore possa acquistare la cittadinanza italiana senza indugio. Tuttavia una volta che il minore è diventato cittadino italiano è indispensabile che il genitore procuri l’atto di nascita del figlio in modo tale che possa essere trascritto nei registri di stato civile dal momento in cui la trascrizione dell’atto di nascita è un adempimento obbligatorio a seguito dell’acquisto della cittadinanza; - la convivenza: tale condizione è stata introdotta dalla legge n. 91/1992 per sanare il verificarsi di situazioni anomale

per le quali in forza a quanto previsto dall’art. 5 della legge 123/1983 erano considerati cittadini italiani tutti i figli minorenni di padre o di madre detentori della cittadinanza italiana o che ne venissero in possesso durante la minore età dei figli ovunque si trovassero al momento dell’acquisto da parte dei genitori. L’interpretazione della “convivenza” può essere desunta nel regolamento di esecuzione della legge sulla cittadinanza: la convivenza deve essere stabile ed effettiva ed opportunamente attestata con idonea documentazione (art. 12 DPR n. 572/1992). Tale stabilità ed effettività può essere provata con il fatto che il minore sia residente con il padre o la madre. Teniamo presente che l’iscrizione anagrafica non è condizione sufficiente ed esclusiva per individuare la convivenza. Infatti si possono verificare due ipotesi: 1) il minore è iscritto in anagrafe con il genitore ma non vive stabilmente con lui in quanto emigrato all’estero senza aver fornito alcuna dovuta comunicazione; spesso frequenta le scuole straniere e solitamente abita fisicamente con la madre la quale risiede all’estero 2) il minore non è iscritto in anagrafe in quanto la sua posizione anagrafica non è mai stata regolarizzata quando in realtà esso vive stabilmente con il genitore. A questo punto il compito dell’ufficiale di stato civile è quello di stabilire la reale “convivenza” tra genitore che acquista la cittadinanza italiana ed il figlio in applicazione delle disposizioni normative. Di particolare ausilio è la circolare del Ministero dell’Interno K.60.1 dell’11/11/1992 la quale osserva che “Il Consiglio di Stato nel parere n. 1060/1990 aveva ritenuto che l’acquisto della cittadinanza da parte del minore si verifica ope legis per il solo fatto che l’acquisti uno dei due genitori, a nulla rilevando che i genitori o il (continua a pag. 6)


FORMATI LEGGENDO...IL NOTIZIARIO è SEMPRE PIÙ RICCO DI ARTICOLI DEGLI ESPERTI ANUSCA (continua da pag. 5: L’acquisto...)

minore conviva con l’uno o con l’altro dei genitori, che la patria potestà sia esercitata dall’uno o dall’altro di essi, e, infine, che il minore conservi o meno la cittadinanza di origine. Alla luce del descritto orientamento, si doveva quindi ritenere che allorquando uno dei genitori avesse perso la cittadinanza italiana, mentre l’altro l’avesse conservata, pure il figlio minore l’avrebbe conservata prescindendosi dalla considerazione delle vicende di residenza, convivenza e potestà relativa al minore. L’articolo 14 della nuova legge ha invece ridotto l’ampia portata di quest’ultima interpretazione, richiedendo, ai fini dell’acquisizione del nostro status civitatis, che i minori convivano con chi acquista o recupera la nostra cittadinanza. In sede di schema regolamentare, si è ritenuto che l’attribuzione della cittadinanza italiana in favore dei figli minori di chi acquisti il nostro status civitatis possa riconoscersi nella sola ipotesi in cui i figli convivano con il genitore al momento dell’acquisto della cittadinanza italiana da parte del medesimo. Ne discende che il fatto della coabitazione risulta essenziale ai fini della determinazione della convivenza anagrafica nonché ai fini della dimostrazione del permanere dei vincoli sui quali appare fondata la famiglia anagrafica. Al riguardo, si richiama l’attenzione sulla necessità che la convivenza sia attestata con l’esibizione del certificato di stato di famiglia o altra idonea documentazione”. Il Legislatore quindi ha indicato il termine generico di “idonea documentazione“ proprio per lasciare spazio ad ogni utile riscontro oggettivo atto a dimostrare la stabilità e continuità del rapporto tra il minore ed il genitore che acquista la cittadinanza italiana. Inoltre si è abbandonata l’ipotesi citata dal Consiglio di Stato per la quale per il semplice fatto di essere figli si verificava l’automatismo indipendentemente dalla presenza o

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meno in Italia del minore. La “convivenza” richiesta dalla norma si identifica con la coabitazione ma la coabitazione esiste anche in assenza della residenza anagrafica (o viceversa può esserci l’iscrizione anagrafica e non la convivenza): occorre comunque che l’ufficiale di stato civile accerti se effettivamente alla data in cui il padre diventa cittadino italiano, ossia dal giorno successivo al suo giuramento, i figli siano effettivamente conviventi. Dal punto di vista pratico, come si deve comportare l’ufficiale di stato civile? L’ufficiale di stato civile dovrà accertare che la convivenza sussista già in

epoca anteriore e che permanga fino al momento dell’acquisto della cittadinanza italiana da parte del genitore. È indispensabile che all’atto del giuramento l’ufficiale di stato civile trasmetta al genitore un avvio di procedimento nel quale espliciti la modalità di acquisizione della cittadinanza al figlio minore. L’ufficiale di stato civile può acquisire oltre all’eventuale certificato di residenza, documentazione idonea, come potrebbe essere l’accertamento della dimora abituale da parte del corpo di polizia municipale, oppure la documentazione scolastica da cui desumere la sua presenza in Italia in convivenza del genitore. Nel caso in cui non riuscisse a dimostrare la convivenza affinché possa operare l’automatismo è opportuno che l’ufficiale di stato civile, in applicazione della legge sul procedimento amministrativo, trasmetta al genitore un preavviso di rigetto ai sensi dell’art.

10-bis della legge 241/1990 che consenta al genitore di partecipare al procedimento e di produrre idonea documentazione da cui risulti la convivenza protratta nel tempo. In caso di esito positivo, dal momento in cui l’acquisto di cittadinanza da parte del minore deriva automaticamente dall’acquisto della cittadinanza da parte del genitore convivente, occorrerà procedere secondo quanto stabilito dal Regolamento di esecuzione della legge sulla cittadinanza: verrà emessa l’attestazione che verifica l’esistenza delle condizioni summenzionate (art. 16, comma 8 DPR n. 572/1993). La competenza all’emissione dell’attestazione sarà del Sindaco del Comune di residenza; l’attestazione dovrà essere trascritta nei registri di cittadinanza e annotata sull’atto di nascita del minore, che l’ufficiale di stato civile, in caso di nascita avvenuta all’estero, avrà cura di trascrivere nei registri degli atti di nascita. Nel caso in cui, al contrario, l’ufficiale di stato civile non riuscisse ad individuare il requisito della stabile ed effettiva convivenza, e quindi in caso di mancanza di presupposti ai fini dell’automatismo, dovrà indicare per iscritto i motivi del rifiuto della mancata attestazione da parte del Sindaco dell’acquisto della cittadinanza italiana da parte del minore (art. 7 del D.P.R. 396/2000). Contro il rifiuto l’interessato potrà adire il tribunale civile ai sensi dell’art. 95 del D.P.R. 396/2000. E dal momento in cui trattasi di materia attinente a diritti soggettivi la competenza è del giudice ordinario. Ultimamente la giurisprudenza ha ritenuto che il criterio della convivenza debba essere interpretato estensivamente, non come mera convivenza “fisica” bensì come “continuità di uno stabile rapporto familiare”, che, ad esempio non viene meno con la separazione dei genitori qualora il padre o la madre “continui ad esercitare la sua responsabilità genitoriale (continua a pag. 9)


Pag. 7 Nuove richieste agli ufficiali d’anagrafe

ELENCHI ANAGRAFICI, LA STORIA INFINITA

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on finiscono mai. Le richieste, originali o mascherate, di elenchi anagrafici che arrivano sulle scrivanie, fisiche o virtuali, degli ufficiali d’anagrafe di tutta la penisola assumono forme e diciture diverse ma perseguono il medesimo scopo: ottenere il rilascio di elenchi esportabili, lavorabili, sezionabili. Per gli usi più disparati (commerciali e similari) e meno aderenti alla volontà del Legislatore. L’approfondimento è occasionato dall’ennesimo quesito a proposito di richieste di elenchi. Richiesta perfetta e apparentemente ben motivata. Ma l’apparenza inganna. “La richiesta è motivata ai sensi dei seguenti articoli di legge: - Art. 177, Comma 5 del D.L. 196/2003, - Art. 72, Comma 1 del D.L. 196/2003, Rapporti con enti di culto: Si considerano di rilevante interesse pubblico, ai sensi degli articoli 20 e 21, le finalità relative allo svolgimento dei rapporti istituzionali con enti di culto, confessioni religiose e comunità religiose. - Art. 51 del D.P.R. 223/67 - Art. 33, Comma 1 D.P.R n. 223 del 30 maggio 1989 – Certificati anagrafici: L’ ufficiale di anagrafe rilascia a chiunque ne faccia richiesta fatte salve le limitazioni di legge, i certificati concernenti la residenza e lo stato di famiglia. Art. 34, Comma 2 DPR 223 del 30 maggio 1989 - Rilascio di elenchi degli iscritti nell’anagrafe della popolazione residente e di dati anagrafici per fini statistici e di ricerca: ove il Comune disponga di idonee apparecchiature, l’ufficiale di anagrafe rilascia dati anagrafici, resi anonimi ed aggregati agli interessati che ne facciano richiesta per fini statistici e di ricerca. Certo di trovare in Lei la massima collaborazione, tenuto conto che la nostra opera è costituzionalmente garantita e tutelata quale espressione di libertà, resto in attesa di un Suo positivo riscontro”. Le citazioni contenute nella richiesta, una miscela assortita di norme confezionata con dovizia di particolari, non sono sempre pertinenti né conferenti; infatti il richiedente omette di citare correttamente l’art. 19, 3 D. Lgs. 30/6/2003, n. 196 (la cui violazione

di Mariangela Remondini

connota il reato considerato all’ art. 167, neppure questo oggetto di citazione, come è evidente). Ora questa disposizione prevede, ai fini dell’ ammissibilità e quindi della legittimità, l’espressa previsione di legge/ regolamento che, nella fattispecie, è l’art. 34 DPR 30/5/1989, n. 223, citato ma non in modo completo né pertinente. L’art. 34 del regolamento anagrafico in commento individua non solo la natura di Pubblica Amministrazione, ma anche una finalità di pubblica utilità, il che altro non significa se non l’esercizio di funzioni istituzionali, cioè

attribuite, alla P.A. richiedente, da norme di diritto positivo. Qui manca sia l’ambito oggettivo, sia quello soggettivo. La richiesta non perviene da una Pubblica Amministrazione, nè si ravvede una finalità di pubblica utilità. Giova richiamare il disposto nella sua formulazione integrale: “Art. 34. Rilascio di elenchi degli iscritti nell’anagrafe della popolazione residente e di dati anagrafici per fini e di ricerca. 1. Alle amministrazioni pubbliche che ne facciano motivata richiesta, per esclusivo uso di pubblica utilità, l’ufficiale di anagrafe rilascia, anche periodicamente, elenchi degli iscritti nella anagrafe della popolazione residente. 2. Ove il Comune disponga di idonee apparecchiature, l’ufficiale di anagrafe rilascia dati anagrafici, resi anonimi ed aggregati, agli interessati che ne facciano richiesta per fini statistici e di ricerca. 3. Il Comune può esigere dai richiedenti un rimborso spese per il materiale fornito”. Il riferimento all’art. 72 D. Lgs. 30/6/2003,

n. 196 non può essere altrimenti inteso che come legittimazione per gli enti di culto, confessioni religiose e comunità religiose al trattamento di dati personali relativi a propri “appartenenti”. Ma siamo su piani di interesse differente. La richiesta non solo non è accoglibile, ma anzi un esito favorevole comporterebbe la fattispecie dell’art. 167, rubricato “Trattamento illecito di dati”. Il regolamento anagrafico, laddove disciplina la conoscibilità di determinati atti, circoscrivendone altresì i limiti, integra una fonte idonea ai sensi di quanto prescritto dall’art. 27 L. n. 675/96 ad effettuare legittimamente la comunicazione di dati da parte di un ente pubblico. “Il raccordo fra le due normative è stato evidenziato in giurisprudenza, per la quale le disposizioni in materia anagrafica, seppur anteriori, costituiscono una sorta di specificazione dei principi sanciti dalla L. n. 675/96; già il legislatore nella normativa speciale di riferimento aveva tenuto in debito conto l’esigenza di un bilanciamento tra contrapposti interessi, consistenti nel garantire da una parte la conoscibilità di determinati dati personali e dall’altra nel tutelare il rispetto della dignità e della riservatezza dell’interessato, prevedendo non già una libera consultabilità, e quindi diffondibilità, degli atti anagrafici, bensì la possibilità di ottenere singole certificazioni di (alcune) iscrizioni previa domanda da parte di un soggetto identificato. (…) Le modalità di acquisizione di dati personali contenute negli atti anagrafici integrano infatti adempimenti rilevanti sotto il profilo della tutela della riservatezza, in quanto finalizzati a consentire in qualche modo una forma di controllo sull’acquisizione e la conoscibilità di alcune informazioni attinenti la sfera personale del singolo. (…) Il regime di pubblicità degli atti anagrafici esclude la diretta consultabilità degli stessi e richiede che il rilascio della certificazione (continua a pag. 9)


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AGGIORNAMENTI NEI SERVIZI ON-LINE ANUSCA Tempo di primavera, aria di rinnovamento anche nei servizi che ANUSCA eroga tramite il proprio portale. Considerati gli ottimi risultati delle statistiche di accesso, sintomo di grande attenzione ed utilizzo dei servizi, abbinati alle varie quote, da parte degli operatori, l’Associazione riserva particolare attenzione ai contenuti curandone continuamente gli aggiornamenti. Segnaliamo in particolare due novità di questi giorni: - Arricchito il servizio “Bollo on line” - Inserita una nuova sezione “Imposta di bollo digitale”, con tutti i richiami normativi afferenti la nuova disciplina. Ricordiamo che gli esperti ANUSCA mantengono il servizio costantemente aggiornato con le ultimissime novità del settore alla luce di risoluzioni e circolari - Ampliata l’“Area download” con documenti relativi alle prossime elezioni amministrative e in materia di donazione di organi

nelle forme di legge, così assicurando l’effettiva sussistenza del vincolo morale e spirituale normalmente rinvenibile nel rapporto tra genitore e figlio, quale presupposto evidente per la trasmissione al secondo dell’inserimento del primo nel contesto nazionale sancito in virtù della conseguita cittadinanza”. Ciò è quanto è emerso nella decisione della Corte d’Appello di Salerno con decreto 20.08.2009 n° 32: “ Va riconosciuta la trasmissione della cittadinanza italiana al figlio minore di cittadini stranieri separati giudizialmente, anche quando il genitore non affidatario-non convivente acquisti la cittadinanza successivamente alla separazione”. Ovviamente tale interpretazione ha

(continua da pag. 7: Elenchi Anagrafici...)

da parte dell’ufficiale sia preceduta dalla richiesta da parte di persona identificata. Costituisce pertanto lesione dei principi fissati dall’art. 9 L. n. 675 del 1996 la diffusione indiscriminata e priva di effettiva pertinenza rispetto agli scopi informativi essenziali del dato anagrafico delle residenze” (Dr Mauro Gatti, rivista web diritto.it). Analogamente si è pronunciato il Garante per la Protezione dei Dati Personali, in un parere reso in data 23.05.2000, secondo la normativa sugli atti anagrafici, l’ufficiale d’anagrafe deve rilasciare a chiunque ne faccia richiesta, fatte salve le limitazioni di legge, soltanto i certificati concernenti la residenza e lo stato di famiglia degli

un valore nella particolare fattispecie concreta oggetto di scrutino da parte del giudice d’appello. L’ufficiale di stato civile non può applicare la giurisprudenza ma dovrà valutare solo i presupposti normativi. Rammentiamo infatti che l’ufficiale di stato civile non possiede attività discrezionale che è rimessa esclusivamente al giudice, il quale può decidere diversamente dalla rigida applicazione della legge, tenuto conto della situazione familiare contingente. Il rifiuto dell’ufficiale di stato civile quindi non vuole essere pregiudizievole all’acquisto di un diritto da parte del minore, bensì è volto a garantire l’acquisizione della cittadinanza in sede giurisdizionale, negata in base ad un procedimento amministrativo.

iscritti nell’anagrafe, ex art. 33 del d.P.R. n. 223/1989, e può comunicare i dati anagrafici, resi anonimi e aggregati, agli interessati che ne facciano richiesta per fini statistici e di ricerca. È possibile poi rilasciare elenchi degli iscritti solo alle Amministrazioni Pubbliche che ne facciano motivata richiesta, per esclusivo uso di pubblica utilità (art. 34 commi 1 e 2, d.P.R. n. 223/1989). Al di fuori di queste ipotesi, e fatta salva la particolare disciplina in materia di accesso ai documenti amministrativi, la cui perdurante applicabilità non è pregiudicata dalle disposizioni contenute nella legge n. 675/1996 e nel d.lg. n. 135/1999, non è quindi possibile comunicare o diffondere a privati i dati personali provenienti dagli archivi anagrafici.


GRANDE SUCCESSO PER IL TRITTICO DI INIZIATIVE IN CALABRIA

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di Giovanni Capogreco - Presidente Comitato ANUSCA Reggio Calabria

e fosse stata una tournee canora si sarebbe conclusa sicuramente con una standing ovation, quella calabrese, che ha visto protagonista l’Esperto ANUSCA Roberto Gimigliano, sui temi attuali e ricorrenti relativi alle iscrizioni anagrafiche ed al divorzio breve. Tre giorni intensi, dove qualità e quantità si sono mescolati ed in sinergia assoluta hanno fatto scivolare il tempo senza che nessuno se ne accorgesse. Molto importanti ed attuali i temi trattati e molto interessanti e coinvolgenti le relazioni sviluppate con sicura conoscenza ed elevata professionalità; tali da non lasciare alcun dubbio ed incertezze a nessuno dei partecipanti. Si parte il 25 dalla città dello stretto, con numeri strabilianti: nonostante il maltempo incessante, sono state registrate 105 presenze. Ma il dato eccezionale viene dalla Città di Reggio con ben 45 operatori dei servizi demografici, capitanati naturalmente dalla loro dirigente Dott.ssa Loredana

Pace che, portando i saluti della città insieme al vice-Sindaco, ha voluto rimarcare l’importanza della formazione professionale in un momento di grandi cambiamenti che vedono coinvolti i servizi demografici a trecentosessanta gradi. I numeri della giornata sono di tutto rispetto anche sul versante tesseramento: 22 adesioni individuali di cui 17 quota B, 1 B3 e 4 A; adesioni di Enti 8: 3 quote D, 1 C, 2 B e 2 A. Il 26 marzo tappa a Vibo Valentia; accoglienza calorosa nella sala della Prefettura. Ad aprire i lavori il Vice Prefetto Dott.ssa Maria Rosa Luzza che ha voluto ringraziare ed esaltare il ruolo dell’ANUSCA per l’impegno profuso nella direzione della formazione professionale degli operatori dei servizi demografici, importante presidio comunale dello Stato, che riveste un ruolo non indifferente all’interno della Pubblica Amministrazione. Anche qui numeri interessanti: 40 partecipanti su un bacino di 50 Comuni con 2 nuove adesioni

individuali, 1 adesione di Enti e ben 26 promesse di adesione di altri Enti. La maratona calabrese si è conclusa a Catanzaro, città capoluogo. Qui ad accoglierci, nella imponente sala Tricolore, il Prefetto in persona, la Dott. ssa Luisa Latella. Sempre attenta e particolarmente vicina ad ANUSCA ed agli operatori dei servizi demografici non si è limitata ad un semplice saluto, ma ha posto interrogativi importanti sul tema dell’iscrizione all’anagrafe dei residenti. Anche qui ottimi risultati: 82 presenze, 11 adesioni individuali e 4 di Enti di cui 2 quota B. Naturalmente la regia della 3 giorni calabrese è stata, come sempre, egregiamente condotta dall’inossidabile Vice Presidente Mimì Linarello, coadiuvato dai Presidenti dei Comitati Provinciali Galati, Salerno e dal sottoscritto insieme al Vice Presidente provinciale Luigi Fedele e del suo inseparabile amico Vice Presidente regionale Daniele Vacalebre.

ARRIVEDERCI PROFESSOR STURM Abbiamo ricevuto notizia in questi giorni della scomparsa del professor Fritz Sturm, giurista di fama acclarata e cultore, in particolare, del diritto civile e internazionale privato, professore onorario della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Losanna, Dottore honoris causa dell’Università di Liegi, Croce al Merito della Repubblica federale di Germania. Sturm è stato gradito ospite di tanti convegni nazionali di ANUSCA: ci piace ricordarne gli interventi sempre di grande spessore, puntuali e anche caratterizzati dall’ironia che contraddistingue le menti acute. Il mondo del diritto internazionale, con la sua scomparsa, ha perso un qualificato protagonista. Il Presidente Paride Gullini e l’ANUSCA tutta si uniscono al dolore della sua adorata moglie Madame Gudrun.

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I BIGAMI DI CASA NOSTRA

Q

uando negli anni passati si presentava nell’ufficio il “caso bigamo”, abbondavano battute e sorrisi tra colleghi (soprattutto quelli di sesso maschile) perché i pochi casi che si verificavano riguardavano il più delle volte l’italiano “furbetto” che, lasciata in Italia la legittima consorte, emigrava all’estero trovando là non la fortuna cercata, ma nuova consorte ovviamente più giovane ed avvenente di quella lasciata in Patria. In questi ultimi anni i casi sono aumentati e sono spesso gli ufficiali dello stato civile che si accorgono del fenomeno, e non sorridono più e segnalano la trascrizione di atti di matrimonio relativi a soggetti che risultano avere un matrimonio ancora in corso. Lo stesso Ministero dell’Interno nel suo Massimario per l’ufficiale dello stato civile prende in esame il caso e dà disposizioni sulla procedura da seguire in tali casi: “qualora il secondo matrimonio contratto all’estero da persona che successivamente risulti già coniugata sia stato trascritto, questo sarà valido ed efficace fino a quando non venga annullato in giudizio. Si tratta del già citato principio del favor matrimonii, che trova espressione nell’art. 117 e seguenti del codice civile, laddove si prevede che il matrimonio contratto in violazione dell’art. 86 dello stesso codice (cioè della libertà di stato degli sposi) può essere impugnato dai soggetti legittimati. Pertanto, sull’atto trascritto dovranno essere effettuate le annotazioni previste ed i relativi aggiornamenti. Ovviamente, si dovrà fare segnalazione al Procuratore della Repubblica ove ricorra bigamia”. Ma chi sono i nuovi bigami? Non più l’italiano che emigra all’estero in cerca di avventura, ma cittadini di origine straniera naturalizzati italiani che tornano nel loro Paese d’origine e là contraggono nuovo matrimonio prima però che il primo matrimonio celebrato in Italia sia sciolto. La motivazione addotta a

di Grazia Benini

giustificazione di tale comportamento è generalmente la non conoscenza della differenza tra l’istituto della separazione e lo scioglimento del vincolo: il fatto di aver “firmato” in tribunale rende il neo cittadino pronto per la celebrazione di un nuovo matrimonio nello Stato di provenienza dove nella gran parte dei casi è sufficiente dichiararsi libero di stato per pervenire alla celebrazione del matrimonio. Nel momento in cui attraverso l’autorità diplomatica italiana all’estero o su richiesta diretta del cittadino l’ufficiale dello stato civile riceve la richiesta di trascrizione dell’atto nei registri degli atti di matrimonio, dovrà provvedere all’adempimento richiesto e successivamente dovrà trasmettere

segnalazione al Procuratore della Repubblica al fine di permettere la verifica della sussistenza del reato previsto dall’art. 556 del Codice penale. L’atto di matrimonio trascritto sarà pienamente efficace e pertanto certificabile esattamente come il primo atto riferito al soggetto. Il reato, che prevede la reclusione da uno a cinque anni, ha natura permanente e tale permanenza, come specificato dalla Corte di Cassazione in una sentenza del 2003, si protrae per tutta la durata della coesistenza dei due matrimoni. Da qui consegue che se oggi l’ufficiale dello stato civile trascrive l’atto di matrimonio pervenuto riguardante il cittadino libero di stato, ma tale libertà è stata ottenuta successivamente alla celebrazione del matrimonio stesso, il reato si è comunque perfezionato e pertanto va segnalato al Procuratore della Repubblica. La segnalazione al Procuratore della Repubblica non dovrà essere effettuata solo nel caso in cui il reato sia prescritto e tale prescrizione si perfezionerà trascorsi 5 anni dal giorno in cui è stato sciolto il primo matrimonio. Solo in tal caso quindi non sarà necessario comunicare alcunché al Procuratore.


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sostenibile. Nel caso degli accertamenti anagrafici, si adducono problemi di carenza di personale o la necessità di destinare il personale in servizio ad altri compiti. Ebbene, se questa fosse una motivazione legittima, tutta, ma proprio tutta la Pubblica Amministrazione potrebbe permettersi di omettere qualsiasi adempimento di sua competenza, per scegliere autonomamente cosa fare e cosa non fare, in barba a qualsiasi legge! Ma così non è, e non può essere!

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“interpellare, allo stesso fine (regolare tenuta dell’anagrafe della popolazione residente), gli enti, amministrazioni ed uffici pubblici e privati”. Il legislatore, consapevole dell’importanza di tenere in regola la banca dati anagrafica, ha attribuito all’ufficiale d’anagrafe poteri molto ampi e significativi, fra cui quello di dare ordini a chi sia preposto ad effettuare gli accertamenti in relazione alle dichiarazioni anagrafiche di parte, e cioè ai vigili accertatori!

La normativa e l’importanza degli accertamenti L’art. 4 della legge n. 1228/1954 era, è, e resterà fino a quando non venga modificato, la norma fondamentale di riferimento in materia di accertamenti anagrafici. Non a caso, è anche la norma che indica le finalità dell’anagrafe della popolazione residente e definisce i doveri e i poteri attribuiti all’ufficiale d’anagrafe allo scopo di raggiungere gli obiettivi della legge; e l’obiettivo prioritario, direi anzi “unico”, è costituito dalla “regolare tenuta dell’anagrafe della popolazione residente”. In particolare, i poteri attribuiti all’ufficiale d’anagrafe sono molto ampi; il comma 2 del citato art. 4 dispone: “Egli (l’ufficiale d’anagrafe) ordina gli accertamenti necessari ad appurare la verità dei fatti denunciati dagli interessati, relativi alle loro posizioni anagrafiche, e dispone indagini per accertare le contravvenzioni alle disposizioni della presente legge e del regolamento per la sua esecuzione”. Al comma successivo, lo stesso articolo di legge, dopo aver previsto il dovere dell’ufficiale d’anagrafe di invitare le persone aventi obblighi anagrafici a presentarsi all’ufficio per fornire ogni notizia e informazione necessarie alla regolare tenuta dell’anagrafe, attribuisce all’ufficiale d’anagrafe la possibilità e, quindi, il potere di

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Con l’art. 19 del DPR n. 223/89 vengono individuati i soggetti che devono compiere gli accertamenti anagrafici ordinati dall’ufficiale d’anagrafe; tali accertamenti “devono” essere svolti a mezzo degli appartenenti ai corpi di polizia municipale (o ad altro personale comunale appositamente autorizzato). È raro trovare nel nostro ordinamento giuridico espressioni normative tanto “imperative” e tali da non ammettere dubbi o incertezze interpretative sull’effettivo potere di dare disposizioni! Tuttavia ciò è facilmente comprensibile e ampiamente giustificato dagli effetti che riveste l’iscrizione anagrafica su diritti e doveri fondamentali del cittadino. Sarà bene ricordarli, perchè tutti i diritti e i doveri fondamentali previsti dalla nostra Costituzione dipendono dall’iscrizione anagrafica che, se non registrata correttamente, comporta conseguenze gravissime in relazione a - diritti elettorali (il diritto di voto si acquisisce solo con l’iscrizione anagrafica la cui irregolarità rende

SULLA PAGINA!!! irregolare anche il diritto di voto); - diritti sanitari (il diritto all’iscrizione al SSN dipende dall’iscrizione anagrafica); - diritti sociali (i diritti sociali, quali asili, case protette, assistenza, contributi comunali, case popolari, ecc. derivano e sono calcolati tutti sulla base dello stato di famiglia anagrafico); - diritti e doveri fiscali (l’imposizione fiscale in Italia è in gran parte fondata sulle risultanze anagrafiche; si pensi all’IMU seconda casa, alle altre tasse comunali, oltre al calcolo del premio sull’assicurazione, alla tassa sulla televisione, ecc. Parimenti, anche le esenzioni o riduzioni ISEE o di altra natura sono calcolate sulla base dello stato di famiglia anagrafico); - diritti civili e personali (dall’iscrizione anagrafica deriva il diritto alla carta di identità e al passaporto, e, quindi, il diritto all’identità e al “nome”). A tutto questo si aggiunga che la banca dati anagrafica è la fonte di tutti i dati statistici nazionali sulla popolazione e, quindi, con conseguenze dirette anche sui dati relativi alla popolazione regionale, comunale e dell’Unione europea (popolazione legale calcolata al censimento, ma sulla base dei dati anagrafici). Per quanto riguarda il potere dell’ufficiale d’anagrafe di “interpellare, allo stesso fine (regolare tenuta dell’anagrafe della popolazione residente), gli enti, amministrazioni ed uffici pubblici e privati”, previsto dal già citato art. 4 della legge n. 1228/1954, si tratta di un potere che non si sostituisce, ma si “aggiunge” al potere di ordinare gli accertamenti al corpo di polizia municipale. Sono note, infatti, le difficoltà oggettive che, in determinati casi, incontrano gli stessi vigili accertatori a causa di assenze temporanee dall’abitazione dichiarata dagli interessati, spesso anche per legittime motivazioni legate al lavoro, a viaggi, ecc.. In questi casi (che, tuttavia, sono residuali) in cui gli accertamenti effettuati dal corpo (continua a pag. 14)


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RENDICONTO TELEMATICO: PARLIAMONE di Lorella Capezzali

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ulla scia delle novità introdotte dal Decreto Ministero dell’Interno 12 febbraio 2014 sul fascicolo elettorale elettronico e sul modello 3d formato .xlm, il Ministero dell’Interno con la circolare F.L. n. 4/2015 introduce il “rendiconto telematico” con relativa dematerializzazione dei documenti che lo compongono. La trasmissione del rendiconto delle spese sostenute per l’organizzazione tecnica e l’attuazione delle consultazioni elettorali, ai fini del successivo rimborso (art. 15 D.L. n. 8/1993 s.m.i.), a partire dalle future e quindi prossime consultazioni elettorali di interesse statale, dovrà essere fatta telematicamente per posta elettronica certificata (PEC). Pertanto, ferme restando le regole per la predisposizione dei rendiconti elettorali, gli stessi e tutta la documentazione ad essi allegata, in fase di trasmissione, dovranno essere acquisiti in formato digitale, firmati digitalmente e trasmessi alle competenti Prefetture a mezzo PEC istituzionale. Sulle copie informatiche dei documenti da inviare, in origine analogici o informatici, dovrà essere apposta la firma digitale dal Responsabile del servizio così da attestarne la conformità all’originale. Per gli enti che non potessero provvedere alla trasmissione telematica della documentazione con le specifiche della circolare precedentemente indicata, solo per carenza di idonea strumentazione informatica che supporti la dimensione elettronica dei file da trasmettere, i rendiconti e la relativa documentazione allegata dovranno essere memorizzati, completi di firma digitale del Responsabile del servizio, su CD-Rom e trasmessi nelle forme tradizionali allegati ad una nota cartacea e consegnati direttamente o spediti a mezzo posta raccomandata alla Prefettura di competenza . Tale modalità di trasmissione dovrà essere adottata dalle Prefetture per l’invio dei rendiconti alle locali Ragionerie Provinciali. Il Ministero invita pertanto le

Amministrazioni comunali ad attivare tutte le necessarie misure ed iniziative per il puntuale adempimento delle nuove procedure informatiche. Il rendiconto elettorale era stato oggetto di modifica, nei tempi di redazione e consegna, dalla Legge di Stabilità 2014 (Legge 27.12.2013 n° 147) che al comma 400 ha previsto all’articolo 15 del decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 marzo 1993, n. 68, le seguenti modificazioni:

al comma 3, le parole «sei mesi» sono sostituite dalle seguenti «quattro mesi». Anche per alcune consultazioni elettorali di recente svolgimento sono state adottate rendicontazioni “telematiche” come per la Regione Emilia-Romagna che ha predisposto un’apposita proceduta informatica per la redazione e trasmissione del rendiconto elettorale per le elezioni regionali del 2014. Il rendiconto elettorale riepiloga, in appositi prospetti, il trattamento economico dei componenti dei seggi, le spese per il lavoro straordinario dei dipendenti comunali e le altre spese anticipate dai Comuni per l’organizzazione tecnica e l’attuazione di consultazioni elettorali. Per le consultazioni a rilevanza statale i relativi oneri a carico dello Stato, saranno rimborsati, al netto delle anticipazioni, posticipatamente in base a documentato rendiconto da presentarsi entro il termine perentorio di «quattro mesi» dalla data delle consultazioni, pena la decadenza dal

diritto al rimborso. Per le consultazioni regionali il termine per la consegna si riduce a tre mesi. Il rendiconto verrà firmato dal Sindaco (prospetto ripartizione spese) e dal Responsabile del Settore che ne ha curato la compilazione (anche con firma digitale). Al rendiconto elettorale, completo di tutte le indicazioni richieste dai modelli previsti per la rendicontazione, andranno allegati tutti i documenti giustificativi degli oneri pagati. Per il trattamento economico dei componenti dei seggi, ai prospetti riepilogativi, devono essere uniti i mandati originali di pagamento (con le quietanze dei percipienti), corredati dai rispettivi prospetti di liquidazione degli onorari e dalle rispettive tabelle di liquidazione dei rimborsi spese, con i documenti di viaggio, i certificati di distanza e le relative dichiarazioni. A corredo dei conti consuntivi dei Comuni saranno prodotte, in luogo degli anzidetti mandati originali, le copie conformi degli stessi. Per i soli Comuni capoluogo di provincia, attesa la rilevante mole della documentazione da produrre, è consentito di trasmettere, in luogo degli originali o delle copie dei mandati, apposita dichiarazione attestante gli estremi completi dei singoli mandati e l’avvenuta estinzione dei titoli. Gli atti dovranno essere tenuti a disposizione fino alla scadenza dei termini relativi alla responsabilità amministrativa sulle liquidazioni e sui pagamenti. La trasmissione telematica prevista dalla circolare F.L. n. 4/2015, nel percorso di digitalizzazione dei procedimenti della P.A., consentirà un notevole risparmio di carta, anche se non sarà sempre agevole trasformare i documenti cartacei in formato digitale. Sarà quindi necessario predisporre strumenti informatici idonei alla predisposizione informatica dei (continua a pag. 23)


POLIZIA MORTUARIA

“POLIZIA MORTUARIA DALLA A ALLA Z” È IL NUOVO SERVIZIO CHE L’ASSOCIAZIONE HA PENSATO PER CHI SI OCCUPA DI SERVIZI FUNEBRI E CIMITERIALI. NORMATIVE SEMPRE AGGIORNATE (ULTIMA INSERITA LA LEGGE REGIONALE DELLA PUGLIA), QUESITI INTERESSANTI, FAQ, UNA RACCOLTA DI SENTENZE, PARERI E RISOLUZIONI IN MATERIA E MANUALISTICA UFFICIALE DELLE REGIONI PREDISPOSTA DA ANUSCA. E SE NON TROVI IL MODULO CHE SERVE, È POSSIBILE RICHIEDERE IL FACSIMILE CONFEZIONALTO A MISURA DI ESIGENZA DAGLI ESPERTI DELL’ASSOCIAZIONE (continua da pag. 12: Accertamenti...)

di Polizia Municipale diano un esito poco convincente e scarsamente probatorio, data l’impossibilità materiale di accedere all’abitazione o a causa della presenza saltuaria delle persone interessate, risulta particolarmente utile per l’ufficiale d’anagrafe ottenere altre, ulteriori informazioni (quali, ad esempio, i consumi energetici) da cui si possa presumere la mancanza effettiva del requisito della dimora abituale. Ma si tratta di elementi aggiuntivi ai quali l’ufficiale d’anagrafe può e deve fare ricorso solo se l’esito degli accertamenti fondamentali e prioritari (i sopralluoghi dei vigili) non siano risultati sufficienti e/o determinanti ai fini della verifica della veridicità della dichiarazione di parte. Una precisazione importante. Nella legge n. 1228 del 1954 e nel regolamento di attuazione approvato con DPR n. 223 del 1989, non si trova alcuna disposizione che possa anche solo far pensare ad un lontano riferimento a poteri decisionali posti in capo alla Polizia Municipale e al suo comandante; al contrario, tutte le norme di legge attribuiscono il potere decisionale esclusivo, anche in materia di accertamenti, all’ufficiale d’anagrafe e a nessun altro! Spetta all’ufficiale d’anagrafe, e a nessun altro, decidere quali e quanti accertamenti effettuare e con quali modalità; e questo va messo in relazione anche al fatto che l’ufficiale d’anagrafe è sempre e solo l’unico responsabile delle decisioni

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assunte in materia ed è il solo che risponda anche verso l’esterno ed è contro di lui, infatti, che vengono presentati eventuali ricorsi al Prefetto o all’autorità giudiziaria ed è a lui che vengono chiesti i danni! Abbiamo già visto che l’art. 4 della legge n. 1228 dispone che “l’ufficiale d’anagrafe ORDINA gli accertamenti necessari...”. L’art. 18-bis del DPR n. 223/1989, introdotto dal DPR 30 luglio 2012, n. 154, dispone che: “1. L’ufficiale d’anagrafe, entro 45 giorni dalla ricezione delle dichiarazioni rese ai sensi dell’art. 13, comma 1, lettere a), b) e c), ACCERTA la effettiva sussistenza dei requisiti previsti...” L’art.19 dello steso DPR n. 223, conferma che “l’ufficiale d’anagrafe È TENUTO a verificare la sussistenza del requisito della dimora abituale di chi richiede l’iscrizione anagrafica”. Le espressioni “ORDINA”, “ACCERTA”, “È TENUTO”, sono espressioni imperative la cui forza dispositiva, con ogni probabilità, non ha riscontro in nessun altra normativa. Tali espressioni configurano un preciso e ineludibile “obbligo” di legge, che non ammette discrezionalità operativa o eccezioni, se non previste dalla stessa legge anagrafica! Si fa presente, inoltre, che fra le modifiche che saranno apportate al DPR n. 223 del 1989, già approvate dal Consiglio dei Ministri e in via di pubblicazione, l’art. 19 sarà ancora più chiaro in quanto affermerà che l’ufficiale d’anagrafe è tenuto a verificare la sussistenza del

requisito della dimora abituale di chi richiede l’iscrizione “e la VARIAZIONE” anagrafica. Non potranno sussistere, quindi, dubbi circa l’obbligatorietà degli accertamenti anche in caso di cambio di abitazione interno al Comune (dubbi che, comunque, non esistono nemmeno ora). Per quanto riguarda, infine, le disposizioni del DPR n. 445 del 2000 e, in particolare l’art. 71 richiamato da qualcuno in maniera strumentale, pretestuosa, quanto immotivata, si fa presente che esse vanno applicate alla documentazione amministrativa, in generale, e cioè, in mancanza di norme specifiche appositamente dettate in relazione a determinati procedimenti. La materia anagrafica è disciplinata, da sempre, da una normativa che ha il carattere della “specialità”, per cui le relative disposizioni prevalgono su qualsiasi altra normativa di pari grado o di grado inferiore. Si consideri, poi che le principali disposizioni, di principio e di dettaglio, in materia di accertamenti, si trovano in una fonte primaria, e cioè nella legge 24 dicembre 1954, n. 1228, mentre al DPR n. 223 del 1989 è affidato il compito di individuare il personale al quale spetta il compito di effettuare accertamenti e verifiche. Pertanto, di fronte alla chiarezza, alla tassatività e all’imperatività delle norme contenute nella legge e nel regolamento anagrafico in materia di accertamenti, le disposizioni di carattere generale e, almeno in questo caso, suppletivo, dettate dal DPR n. 445 sono destinate a soccombere.


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LO STRANO CASO DEI “NON CITTADINI” di Andrea Dallatomasina

N

ikolajus e Anna sono due giovani di quasi venticinque anni, fidanzati, provenienti dalla Lettonia che si presentano allo sportello dell’Ufficio Anagrafe per richiedere informazioni circa l’iscrizione anagrafica. Entrambi sono nati verso la fine degli anni ottanta a Riga, il muro di Berlino era appena crollato, ora hanno deciso di stabilirsi definitivamente in Italia. La Direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri recepita nell’ordinamento italiano con il Decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30, ci dice quale documentazione occorre. Il controllo per Anna risulta veloce: passaporto lettone, documentazione dell’attività lavorativa in Italia, codice fiscale e anche idonea documentazione comprovante il titolo di possesso di un immobile (giusto per soddisfare l’articolo 5 del Decreto Legge 28 Marzo 2014, n. 47), insomma il caso tipico, lineare. La documentazione presentata da Nikolajus ha qualcosa che non convince...ha un passaporto strano. La copertina è viola, quello di Anna rosso borgogna e sotto lo stemma della Repubblica di Lettonia c’è marchiata una scritta color oro, “nepilson pase” anziché “pase”. Ma che vuol dire? Mi documento e scopro che i “nepilson” sono un drop out della Storia, vite macinate tra le maglie dei grandi avvenimenti del XX secolo, un problema che affonda le radici nella disgregazione dell’Urss e nel risentimento dei lettoni per un’occupazione durata cinquant’anni. Dopo la fine del conflitto mondiale, con i confini disegnati a Jalta dai vincitori, molti furono i russi che andarono a vivere nella nuova Repubblica Sovietica, anche a causa della politica di russificazione e massiccia industrializzazione della regione baltica. I nuovi arrivati e i lettoni erano però uguali davanti alla Legge, cittadini

sovietici, nulla a parte la lingua madre distingueva loro e, soprattutto, i loro figli nati lì, che frequentavano le stesse scuole e università e prestavano il servizio di leva nello stesso esercito. Questo fino al 1991 quando la Lettonia, e le altre due repubbliche baltiche, riacquistarono l’indipendenza. La nuova legge sulla cittadinanza si basò sullo ius sanguinis e la cittadinanza venne conferita solo a chi la deteneva prima del 1940 ed ai loro eredi. In tal modo un’enorme fetta della popolazione ottenne lo status di non cittadino, ovvero di residente permanente, ma privi di cittadinanza. Queste persone vennero private dei diritti politici, coloro che lavoravano nel settore pubblico vennero licenziati. Discriminati anche nel settore privato e dotati di un passaporto con la copertina dal colore viola. Cittadini di serie B mi dice Nikolajus. Un interessante nota dell’Ambasciata della Repubblica di Lettonia in Italia recita “Con il termine “non-cittadino della Repubblica di Lettonia” si intendono i residenti permanenti della Repubblica di Lettonia. Come documento di riconoscimento, viene loro rilasciato il passaporto di non cittadino. In base alla legge “On the Status of Former USSR Citizens Who are not Citizens of Latvia or Any Other State”, i non cittadini della Repubblica di Lettonia sono gli ex cittadini dell’Unione Sovietica e i

loro figli che, prima del 1 Luglio 1992, erano residenti nel territorio lettone e/o temporaneamente residenti all’estero, erano iscritti nell’anagrafe in maniera permanente, ma non erano cittadini della Repubblica di Lettonia o di altro Stato. Pertanto, i non cittadini della Repubblica di Lettonia non sono soggetti alla Convenzione di New York sullo Status degli Apolidi del 28 Settembre 1954 e sono sotto la giurisprudenza e la protezione della Repubblica di Lettonia. Quindi non risultano cittadini dell’Unione Europea, ma se vivono permanentemente in Lettonia possono richiedere lo status di residente permanente dell’Unione Europea in conformità della Direttiva 2003/109/ CE del 25 Novembre 2003 relativa allo status di cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo”. Quindi Nikolajus non è né cittadino della Lettonia né di uno Stato estero, non è un apolide; è piuttosto cittadino di uno Stato fantasma, uno Stato che da oltre vent’anni non esiste più, l’Unione Sovietica. Anagraficamente come mi comporto con Nikolajus? Per il sistema italiano il “nepilson” o “Aliens”, come specificato nelle pagine interne del passaporto, è da considerarsi un cittadino straniero anche se in possesso di un passaporto di un Paese dell’Unione Europea. Il suo Paese di origine gli offre protezione e residenza ma non i medesimi diritti garantiti ai propri cittadini quindi Nikolajus per essere iscritto in un’Anagrafe italiana dovrà richiedere, come prevede il Decreto Legislativo 25 Luglio 1998, n. 286, l’emissione di un permesso di soggiorno. E se un giorno dovessero decide di sposarsi? Fortunatamente essendo comunque soggetti alle leggi nazionali dello Stato Lettone, se Nikolajus e Anna continueranno ad abitare in Italia, sarà l’Ambasciata della Repubblica di Lettonia a Roma, l’Autorità competente a rilasciare il nulla osta al matrimonio.


UN CITTADINO NON ITALIANO PUÒ DIVENTARE UFFICIALE D’ANAGRAFE?

È

pervenuto alla Segreteria un quesito interessante in materia di personale. Altrettanto interessante la soluzione dell’esperta ANUSCA Carla Mariani. Di seguito pubblichiamo domanda e risposta. D: Accesso ai concorsi pubblici, in particolare quelli per Ufficiale d’Anagrafe, di Stato Civile, e magari anche Elettorale, di persone che non sono in possesso della cittadinanza italiana. Tra i requisiti che deve possedere l’Ufficiale d’Anagrafe, di Stato Civile, ecc., deve sussistere anche quello relativo alla cittadinanza italiana? Oppure, lo stesso, potrebbe anche possedere solamente la cittadinanza di un altro paese europeo? O magari anche solo di un paese extra U.E., ma essere titolare di un permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo? L’art. 7 della legge 6.8.2013, n. 97 “Modifiche alla disciplina in materia di accesso ai posti di lavoro presso le pubbliche amministrazioni”, che ha modificato l’art. 38 del Dlgs n. 165/2001 parrebbe consentirlo, a meno che non si argomenti che il ruolo di Ufficiale d’Anagrafe, di Stato Civile, ecc. implica l’esercizio diretto o indiretto di pubblici poteri; perché se così fosse il cittadino U.E. o il cittadino straniero di cui sopra, non potrebbe ricoprire tale ruolo. È indubbiamente un tema nuovo e, fino ad ora, non sembra sufficientemente chiaro quali siano i ruoli a cui può accedere solamente chi è in possesso della cittadinanza italiana, di qua l’incertezza anche nel predisporre i bandi di concorso o comunque di selezione. In proposito si è espressa anche la Corte di Cassazione con sentenza n. 18523 del 11.6.2014. R: La situazione dell’accesso ai pubblici concorsi da parte di Cittadini UE e di Cittadini extra UE è un problema ancora in divenire con i due attori principali: il Legislatore con la legge comunitaria n. 97/2013 che ha modificato l’art. 38 del D.lgs. 165/2001 e le Pubbliche Amministrazioni che sono in ritardo nell’adeguarsi a tale innovazione. Allo stato attuale

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i cittadini stranieri non comunitari potranno partecipare a concorsi pubblici e lavorare nella Pubblica Amministrazione in presenza di alcune condizioni: - che siano titolari di un permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo - oppure siano titolari dello status di rifugiato - oppure dello status di protezione sussidiaria. Con tale legge l’Italia si adegua alle direttive dell’Unione e a svariate sentenze emesse dalla nostra Magistratura con esito a favore dei cittadini stranieri. La citata sentenza della Cassazione 18523/2014 non

incide in alcun modo su tale diritto della maggioranza dei cittadini non comunitari ad accedere alla gran parte del pubblico impiego e dei pubblici concorsi che è previsto ormai da un anno dalle norme legislative dello Stato. La sentenza, infatti, riguarda un caso, antecedente la modifica legislativa e comunque riguardante un cittadino non comunitario privo di uno dei titoli di soggiorno sopra indicati. Va ricordato che la possibilità di accesso al pubblico impiego anche per tale ulteriore gruppo di stranieri è stata ripetutamente affermata dalla maggioranza dei giudici di merito, sicché la questione resta tuttora aperta. Un significativo e recente parere è stato espresso dal Consiglio di Stato n. 1091/2014 depositato il 9.10.2014. Sostanzialmente tale parere sostiene che gli Stati membri non possono prevedere, siano essi comunitari che

extracomunitari lungo soggiornanti o beneficiari di protezione internazionale, un trattamento diverso rispetto a quello stabilito per i cittadini nazionali. Per quanto riguarda la delega di Ufficiale di Anagrafe e di Stato Civile non esiste un richiamo specifico a tale figura, il criterio da seguire è sempre quello di verificare, caso per caso, in relazione al concreto impiego pubblico se esso, per le mansioni di cui richiede lo svolgimento, comporti o meno la partecipazione all’esercizio di prerogative dei pubblici poteri e la responsabilità per la tutela di interessi generali. Unica fonte normativa che potremmo prendere ad esempio è la lista che il D.P.C.M. 7 febbraio 1994, n. 174 (Regolamento recante norme sull’accesso dei cittadini degli Stati membri dell’Unione europea ai posti di lavoro presso le Amministrazioni Pubbliche) reca degli impieghi delle Amministrazioni Pubbliche per l’accesso ai quali non può prescindersi dal possesso della cittadinanza italiana sono i seguenti: 1) posti di dirigenti delle amministrazioni dello Stato e posti dei corrispondenti livelli delle altre Pubbliche Amministrazioni (art. 1 D.P.C.M.); 2) posti con funzioni di vertice amministrativo delle strutture periferiche delle amministrazioni pubbliche dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, degli enti pubblici non economici, delle province e dei Comuni nonché delle regioni e della Banca d’Italia (art. 1 DPR); 3) posti di magistrati ordinari, amministrativi, militari e contabili, avvocati e procuratori dello Stato (art. 1 DPCM); 4) posti dei ruoli civili e militari della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero degli Affari Esteri, del Ministero dell’Interno, del Ministero di Grazia e Giustizia, del Ministero della Difesa, del Ministero delle Finanze (oggi Ministero dell’Economia e delle (continua a pag. 23)


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COMITATI ANUSCA: INSIEME SI PUÒ

D

a sempre, la forza di ANUSCA è il suo essere una ma, al contempo, espressione delle tante realtà locali e culturali del nostro Paese. La dimensione unitaria è sicuramente il valore che ANUSCA esprime nelle relazioni con gli interlocutori istituzionali nazionali ed internazionali, ma la sua molteplicità e sussidiarietà sono rappresentate dalle sue strutture territoriali, i Comitati Provinciali e Regionali. L’importanza riconosciuta a questi rami di organizzazione è stata sottolineata fin dai primi anni di vita dell’Associazione che nel 1990 ha codificato un vero e proprio Regolamento, da osservare come guida per il corretto funzionamento e per le operazioni elettorali di rinnovo delle strutture associative. ANUSCA, da subito, ha compreso il valore dei propri enti territoriali di essere collettori delle esigenze e del sentire degli operatori. La dimensione nazionale ed internazionale raggiunte da ANUSCA, nonostante l’impegno della segreteria, non sempre consente infatti di avere quel rapporto con la base per cogliere anche le sfumature a livello territoriale. Da qui il grande valore che rappresentano i referenti locali, che spendendo il nome di ANUSCA, entrano nei Comuni dei loro territori, si relazionano con i colleghi degli uffici demografici, illustrano i vantaggi dell’essere associati e le possibilità di formazione che l’Associazione può garantire. Un plus che in questi anni ha sedimentato il percorso cominciato nel lontano 1980. Sono queste, anche ai sensi dello Statuto, le principali prerogative delle strutture territoriali: promuovere e organizzare l’“attività da porre in essere per la qualificazione professionale degli operatori dei Servizi Demografici” e per “la crescita dell’Associazione sotto il profilo numerico culturale”. Proprio in considerazione del valore dei Comitati per il corretto funzionamento della macchina ANUSCA, l’Ufficio Tesseramento sta portando avanti in

di SIlvia Zini

questi mesi un lavoro di ricognizione e riorganizzazione dei Comitati che sta registrando risultati interessanti ed hanno visto coinvolte le seguenti realtà: Alessandria, Arezzo, Asti, Bergamo, Belluno, Bologna, Bolzano, Como, Cuneo, Chieti, Catania, Ferrara, Genova, Gorizia, Mantova, Monza Brianza, L’Aquila, Parma, Perugia, Pesaro Urbino, Rieti, Rimini, Rovigo, Roma, Roma metropolitana, Salerno, Torino, Treviso, Sassari, Siena, Siracusa, Trapani, Varese, Venezia, Verona, Verbano Cusio Ossola, Vicenza, Vibo Valentia, Viterbo. A questo elenco è da aggiungere il Comitato di Messina, che si sta riorganizzando dopo la prematura scomparsa del suo Presidente Domenico Giunta, convinto sostenitore dell’Associazione e instancabile animatore della formazione e del tesseramento nella provincia. I prossimi mesi vedranno il rinnovo dei Comitati di Biella, Brescia, Imperia, Latina, Lecco, Modena, Palermo, Piacenza, Pordenone, Savona, Trento, Udine. I Comitati sono uno strumento di partecipazione, totalmente volontario e a titolo gratuito, degli iscritti alla vita associativa, un mezzo per assicurare il proprio contributo con l’organizzazione e la promozione di iniziative di formazione sul territorio della provincia, sostenere e incentivare il tesseramento di Enti e operatori, cogliere le richieste della base e segnalarle alla sede nazionale. Si tratta di contributi fondamentali per la

crescita dell’Associazione, che è giusto sottolineare in ogni sede: il prossimo Consiglio Generale, previsto a giugno, sarà occasione, non a caso, per la presentazione di alcune felici esperienze di vita di Comitati che potremmo definire best practice, per l’efficacia con cui operano sul territorio di competenza. Il mondo dei Comitati è aperto a chiunque condivida i valori dell’Associazione e desideri farne parte. Il come è facile: basta semplicemente essere in regola con il tesseramento individuale e partecipare alle riunioni di rinnovo avanzando la propria candidatura. Ogni iniezione di entusiasmo e volontariato è preziosa per consentire ad ANUSCA non solo mantenere le proprie posizioni, ma consolidarle in una realtà sempre più complessa anche per la pesante crisi economica che attraversa il nostro Paese. Le iniziative, i rapporti con i colleghi, la vivacità dei Comitati sono il segno della vitalità dell’Associazione e rappresentano un ottimo riscontro circa lo stato di salute del sodalizio. I soci sono l’ANUSCA, questo è valore da non dimenticare mai. Occorre sfuggire alla tentazione di vedere l’Associazione come un ente terzo. L’Associazione è chi ne fa parte, chi con atto assolutamente libero e volontario sceglie di iscriversi, anno dopo anno, perché ne condivide i valori e la mission, è chi fa una scelta di carattere ideale, al di là delle tante sirene di mercato.

NON PERDERE LA...

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ACMER E UFFICIALI DI STATO CIVILE A CONFRONTO IN ACCADEMIA

N

el pomeriggio del 27 febbraio, presso l’Accademia degli Ufficiali di stato civile ed anagrafe, si è svolto un Convegno sul tema “Separazione e divorzio tra avvocati e ufficiali di stato civile” organizzato da Anusca in collaborazione con ACMER (Avvocati Camera Minorile Emilia Romagna) e Fondazione Forense Bolognese, rivolto ad avvocati ed operatori dei servizi demografici, che ha visto un notevole successo di partecipazione: oltre 160 presenze, tra le quali circa una settantina gli avvocati, a dimostrazione di come le recente disciplina introdotta dal d.l. 132/2014, convertito nella legge 162/2014, abbia costretto a momenti di approfondimento e di aggiornamento non solamente gli ufficiali di stato civile. Il Convegno, è stato introdotto dall’Avv. Stefania Tonini, Presidente ACMER che, dopo aver posto in risalto come la nuova normativa, pur in presenza di aspetti problematici, intenda perseguire obiettivi condivisibili di semplificazione ed agevolazione per i cittadini interessati, ha coordinato gli interventi successivi: prima l’esperto Anusca Dr. Renzo Calvigioni, che ha affrontato la procedura amministrativa dell’art. 12 con qualche cenno anche alla procedura di cui all’art. 6, poi l’Avv. Maria Elena Guarini che ha trattato delle nuove disposizioni per regolare le relazioni familiari, tra procedure negoziali, amministrative e giurisdizionali, ed infine dell’Avv. Milena Bianchini che ha esaminato aspetti procedurali modulistica e casi pratici. Dopo la parte espositiva è seguito un dibattito molto intenso, con i presenti che hanno richiesto approfondimenti, sollevato aspetti controversi, esposto casi concreti: i relatori hanno preso spunto dagli interventi e dalle richiesti di chiarimenti per affrontare dettagliatamente le diverse problematiche emerse, ottenendo il plauso e la soddisfazione

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Due momenti del riuscitissimo seminario

dei partecipanti, tutti concordi alla fine nel valutare molto positivamente l’iniziativa, ritenendo estremamente interessante il confronto tra soggetti chiamati ad applicare la nuova normativa, con ruoli e funzioni diverse, ma con evidenti punti di contatto. In effetti, nel corso del dibattito, sono emerse preoccupazioni comuni su aspetti particolari quali, ad esempio, la presenza di figli minori di una sola parte, le perplessità sulle dichiarazioni della coppia attestanti l’autosufficienza economica dei figli maggiorenni, gli aspetti patrimoniali con riferimento all’assegno di mantenimento: si tratta di dare corretta applicazioni alla legge 162/2014, cercando di non alimentare situazioni contenziose, in attesa di ulteriori chiarimenti ministeriali o degli orientamenti della dottrina e della

giurisprudenza. Un convegno sicuramente molto ben riuscito, non solo per la folta presenza, per le interessanti e dettagliate relazioni e per il dibattito molto acceso, ma anche per il positivo rapporto instauratosi tra avvocati ed ufficiali di stato civile, tutti pronti a mettere in gioco la propria professionalità e competenza, a disposizione dei cittadini, per la migliore riuscita dal servizio svolto e per garantire la puntuale osservanza delle nuove disposizioni. Anche sotto tale aspetto, un’iniziativa che si auspica possa essere ripetuta, magari anche su altri argomenti, in considerazione del gran numero di tematiche comuni che possono essere affrontate, ottenendo lo stesso successo di interesse e partecipazione.


Pag. 19 30 NOVEMBRE - 4 DICEMBRE: 35° CONVEGNO NAZIONALE ANUSCA

MERANO FRA BENESSERE E NATURA

C

’è un feeling tra Merano e ANUSCA: lo possiamo dire senza tema di essere smentiti se è vero – come è vero – che il congresso nazionale tornerà per la quarta volta in una dozzina d’anni nella rinomata località incastonata fra le Alpi. Il contesto, fra 30 novembre e 4 dicembre, è quello dei Mercatini natalizi che, è bene dirlo subito, da sempre qui sanno come distinguersi nel vasto panorama di iniziative analoghe, proliferate negli ultimi anni. Per prima cosa, grazie al luogo: affacciati sul fiume Passirio, i Mercatini si svolgono sulle Promenade alle quali guarda il Kurhaus, l’elegante palazzo liberty sede del convegno. Un quadro d’insieme carico di suggestione, ancor più quando al tramonto s’accendono le luci. E poi per quella capacità di rinnovarsi tipica di questa città, ponte fra culture, fra nord e sud Europa, crocevia di genti, per tradizione vocata all’ospitalità. È così che i Mercatini più che un evento diventano un’atmosfera, nell’inverno di un territorio dalle tante sfaccettature: la neve sui monti, il calore dei bistrò, l’accoglienza dei ristoranti dove sapori sudtirolesi e tocco mediterraneo si uniscono. Ma Merano è una destinazione turistica per tutte le stagioni sin dal 19° secolo, quando viaggiatori e intellettuali cominciarono a cedere al suo fascino e alle sue virtù propizie per la salute. A partire dalla primavera, le qualità mediterranee del clima favoriscono una crescita multiforme e rigogliosa della vegetazione che si esprime in prati fioriti e spaziosi parchi verdi. Gli ampi Giardini di Castel Trauttmansdorff (1 aprile – 15 novembre), in particolare, sono uno fra i più apprezzati orti botanici del mondo e attraggono ogni anno decine di migliaia di visitatori. Le Terme Merano, i cui lineamenti – un sorprendente cubo di vetro e acciaio nel cuore della città – sono usciti dalla mano del celebre architetto Matteo Thun, offrono scorci stupendi sulle vette circostanti. Al suo interno, il ventaglio di proposte per il benessere

Alex Filz

è incredibilmente ampio: quindici piscine, un variegato settore saune e bagni turchi, il fitness center e i trattamenti per il corpo con prodotti del territorio, dal fieno all’uva alla mela. D’estate il grande parco garantisce altre rigeneranti opportunità. E poi, le camminate. Prima fra le altre è la passeggiata Tappeiner: si snoda a mezza costa offrendo uno straordinario panorama sulla conca meranese e sulle cime del gruppo del Tessa. Da quest’anno il paesaggio urbano, Tappeiner compresa, diventa palcoscenico di un dialogo fra natura e arte: con percorsi a tema, installazioni e sculture di esponenti della “land art” provenienti da tutto il mondo, e tante altre iniziative che compongono la Primavera Meranese (28 marzo – 3 giugno). Appena attorno alla città ecco i “Waalweg”, che da Merano si possono raggiungere a piedi o in bus: sono sentieri che corrono lungo antichi canali utilizzati per l’irrigazione dei campi, immersi in contesti naturali immacolati di rara bellezza. La cultura trova spazi importanti volgendosi ora al passato, ora al presente e ora al futuro. Il nuovo Palais

Frieder Blickle

Mamming Museum racconta la vivace storia della città ed espone alcuni oggetti curiosi come la maschera funebre di Napoleone, una mummia egiziana o la collezione di armi del Sudan dell’avventuriero Rudolph Slatin Pascha; Castello Principesco è un piccolo gioiello dagli arredi medioevali; il Museo delle Donne getta uno sguardo al femminile sulla storia; Merano Arte celebra artisti contemporanei e avanguardie. Merano vuol dire gioia di vivere. Fra le strade, le piazze, le Promenade si respira eleganza. L’architettura del centro urbano gioca sul dialogo fra edifici storici ed elementi moderni. I pittoreschi Portici sublimano la tradizione dei negozi meranesi e della loro varietà che diventa un invito allo shopping in un centro commerciale naturale. Ai buongustai i ristoranti della città garantiscono sorprese gustose. Fra le specialità tipiche altoatesine non possono mancare preparazioni a base di mela, il saporito speck contadino, salsicce e würstel accompagnati dai crauti e tanto altro ancora. Vini piacevoli come la Schiava (“Vernatsch”) e il Pinot Nero, così come diverse tipologie di bianchi – dal Sylvaner al Pinot Bianco e al Müller-Thurgau – sanno soddisfare gli appassionati. Una delle icone della città è l’ippodromo, fra i più belli d’Europa e il più importante per quanto riguarda le corse in ostacoli, le più emozionanti dell’ippica. La stagione va da maggio a ottobre: il clou è il weekend del Gran Premio Merano, a fine settembre, quando mondanità, internazionalità e spettacolo si danno appuntamento. Manifestazioni e iniziative occupano il calendario per tutto l’arco dell’anno. Dal nuovo Mercato Meranese (al 100% prodotti altoatesini) alle Settimane Musicali Meranesi (uno dei festival più quotati in Europa), dalla tradizionale Festa dell’Uva fino al famoso Merano WineFestival: ogni periodo ha la sua festa. www.merano.eu


LA PAGINA DEI QUESITI RISOLTI A cura di Agostino Pasquini

1) Gestione dell’anagrafe da parte di soggetto non munito di delega di ufficiale d’anagrafe – illegittimo In questo Comune, con delibera della Giunta Comunale, in adempimento all’art. 15 della Legge 183 del 12/11/2011 (Legge di Stabilità 2012), è stato costituito l’Ufficio CED-ICT-Protocollo Informatico e Flussi Documentali quale ufficio responsabile per tutte le attività volte a gestire, garantire e verificare la trasmissione dei dati o l’accesso diretto agli stessi da parte delle Amministrazioni Procedenti. Si chiede se possa competere a tale ufficio dover predisporre anche le convenzioni per la fruibilità dei dati della banca anagrafica. Risponde l’esperto ANUSCA Andrea Dallatomasina

Non entro nel merito della materiale predisposizione della deliberazione in quanto dipende dall’organizzazione di ogni singolo Ente, ma occorre ricordare che la titolarità della banca dati anagrafica è del Sindaco quale Ufficiale di Governo e che pertanto l’autorizzazione al collegamento diretto resta in capo a lui, ovvero ad un suo delegato. A rigor di logica se l’autorizzazione spetta all’Ufficiale d’Anagrafe pare ovvio che la sottoscrizione dell’accordo spetta a tale figura. In ragion di tale conclusione si ritiene che per la sottoscrizione dell’accordo in parola la norma che prevede che la stipula dei contratti è di competenza dei dirigenti (Articolo 107, comma 3 lettera c del Decreto Legislativo 18

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Agosto 2000, n. 267) receda di fronte alla speciale disciplina anagrafica. Questi ultimi potranno sottoscrivere l’accordo solo quando delegati alle funzioni di ufficiale d’anagrafe, in difetto l’accordo potrà essere sottoscritto dal Sindaco o dall’ufficiale delegato munito, ovviamente, della delega piena. Si ricorda infine che il collegamento, così come la convenzione, dovrà rispettare le condizioni dettate dal Garante per la privacy nel 2005 nella nota “Prescrizioni a tutti i Comuni per la gestione delle anagrafi” (6 ottobre 2005, G.U. n. 248 del 24 ottobre 2005). 2) Natura e durata delle concessioni cimiteriali – il problema della decorrenza di inizio periodo Il nostro Comune nel 1984 ha dato in concessione trentennale alcuni loculi, senza distinguere se vi fossero feretri da tumulare o meno. Alla scadenza delle concessioni risulta che per alcuni loculi, occupati da feretro soltanto negli ultimi dieci anni, i parenti non intendono procedere al rinnovo della concessione in quanto la scadenza trentennale della concessione d’uso dei colombari acquistati in data 29/5/1984, non decorre della data di sottoscrizione del suddetto contratto ma bensì dalla concessione delle sepolture avvenute nel 1995. L’atto di concessione d’uso riporta, la seguente dicitura “durata anni 30-rinnovabile” e sotto le firme del concessionario, del Sindaco e del Segretario Generale, nonché degli estremi della registrazione all’Ufficio del Registro, sono infine riportati, in estratto, gli articoli dell’allora Regolamento Comunale di Polizia Mortuaria relativi alle concessioni cimiteriali. In particolare l’art. 106 del sopra citato regolamento così recita: “Alla scadenza di ogni trentennio dalla concessione delle sepolture gli interessati dovranno domandare la riconferma, e ciò onde consti sempre all’Autorità Comunale che esistono persone obbligate a curare la manutenzione del monumento o della cappella che adorna la sepoltura. In mancanza di tale

domanda la sepoltura ed il monumento o la cappella cadranno nella libera disponibilità del Comune. Qualora per difettosa costruzione o per trascurata manutenzione risultassero necessarie opere di restauro, la concessione di cui sopra verrà rinnovata solamente nel caso che entro un anno dalla scadenza del trentennio siano state eseguite le opere stesse”. Si chiede, pertanto, se sia possibile far decorrere il termine trentennale delle concessioni cimiteriali dalla data di tumulazione, indipendentemente dal fatto che la tariffa di concessione sia stata pagata anteriormente all’atto di firma della concessione cimiteriale e, per i loculi rimasti vuoti, se sia corretto ritenere che le concessioni sono scadute. Risponde l’esperto ANUSCA Claudio Pagano

Nella situazione rappresentata si diverge sull’interpretazione data alla locuzione inserita nell’art. 106 del Regolamento comunale di Polizia Mortuaria laddove recita che “alla scadenza di ogni trentennio dalla concessione delle sepolture...”. Al riguardo si ritiene che il significato di detta norma regolamentare debba fare riferimento alla data di stipula della concessione cimiteriale ancorché definita “delle sepolture”. Inoltre si rappresenta che la natura giuridica del contratto cimiteriale è quella della «concessione amministrativa di beni soggetti al regime demaniale comunale aree o porzioni di edificazione, site nel cimitero pubblico» (Corte di cassazione civile, Sezioni unite, 27 luglio 1988 n. 4760). Si (continua a pag. 23)


Pag. 21 COMUNI IN VETRINA

MOZZO: UN PAESAGGIO DI VIGNETI E VILLE

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oschi di castagni e prati sempre verdeggianti, viti, frutti, novi, olivi, una fonte e fertili campi. Arricchisce il luogo una selva, piena di una grande varietà di belve, la più parte delle quali si cattura con le reti o con i cani. Non manca nulla di ciò che richiede una vita degna, poiché la natura benigna così arricchì questo luogo - così descrive il Comune di Mozzo Mosè del Brolo, arcivescovo bergamasco, grammatico e poeta del XII secolo. Centro di oltre settemila abitanti, adagiato su una fascia collinare nei pressi di Bergamo, trova le sue origini già dall’età del Bronzo; i primi documenti scritti in cui è citato Mozzo risalgono invece agli anni 958 e 989: si parla di alcuni lasciti di terreni effettuati da Guglielmo e Auberto figli di Aponi da Muzo, capostipite della famiglia da cui il paese ha preso il nome. Nei secoli successivi la storia di Mozzo segue quella della vicina Bergamo. Mozzo è prevalentemente un centro a vocazione agricola, in particolare nel settore vinicolo. Famosi i vigneti che si snodano nelle campagne, scenario di visite guidate per scolaresche e turisti, nonché mercatini tipici che richiamano pubblico da tutta la provincia. Fra gli edifici rilevanti da ricordare la Chiesa Parrocchiale, riconosciuta come tale dal 1476: originariamente intitolata a San Salvatore, la vecchia chiesa, è stata demolita per far spazio ad una che potesse contenere un maggior numero di fedeli, dedicata a San Giovanni Battista (di essa rimane soltanto il campanile originario). E ancora il Castello di Mozzo, un complesso fortificato risalente all’XI secolo, in tutta probabilità sede dei

di S. Z.

Capitani. Una bellezza artistica di Mozzo è rappresentata sicuramente dalla Ville, residenze di famiglie nobili in campagna presenti nel bergamasco, datate soprattutto tra il ‘700 e l’800. Alcune di esse si trovano a Mozzo e rappresentano il desiderio delle famiglie di uscire dai territori comunali per trascorrere le proprie vacanze in un ambiente diverso. Tra di esse, ricordiamo: Villa Bagnada, situata sotto la vetta del colle omonimo, è un esempio di architettura neoclassica di fine Ottocento, Villa Berizzi, ubicata nel centro del paese, Villa Lochis alle Crocette, situata nella frazione omonima, dove visse per molti anni il violoncellista Alfredo Piatti. E ancora Villa Lochis al Monte, esempio di neoclassicismo datato 1840 sede di una apprezzata pinacoteca, Villa Masnada della prima metà dell’Ottocento ed infine Villa Dorotina, edificio signorile nel quale trascorse spesso le sue vacanze il musicista e compositore Gaetano Donizetti, attualmente scenario di interessanti rassegne musicali. Mozzo è anche ente iscritto all’ANUSCA dalla fine degli anni Ottanta, come sottolinea con entusiasmo la funzionaria Emilia Remondini, assidua frequentatrice degli appuntamenti formativi organizzati nella Bergamasca. “Dal 2007 – continua Emilia Remondini – abbiamo poi continuativamente scelto la quota C. Abbiamo apprezzato soprattutto il servizio quesiti on line, la possibilità di partecipare ai corsi di formazione con quota scontata o gratuita e di avere notizie aggiornate sulle novità del settore in tempo reale. Dal 2015

passeremo alla quota D per poter fruire del range più ampio di servizi, sentiamo la necessità di tutelarci maggiormente di fronte ai continui cambiamenti che coinvolgono il lavoro. In particolare le tematiche relative alla separazione e divorzio davanti all’USC e in materia elettorale”. Nell’ottobre 2015, Mozzo sarà anche sede del Convegno Regionale ANUSCA della Lombardia, manifestazione cui l’Amministrazione, con lodevole anticipo, ha concesso il proprio patrocinio. Significativi alcuni passi della lettera inviata dal Sindaco, l’architetto Paolo Pelliccioli al Presidente di ANUSCA Paride Gullini: “Ho già avuto il piacere di parlare con il Vicepresidente Edoardo Bassi e la nostra Emilia Remondini, che mi hanno bene illustrato il programma delle giornate formative, ma soprattutto il fondamentale ruolo che la Vostra Associazione promuove attraverso la continua formazione degli ufficiali di stato civile. Ritengo che sia un servizio di vitale importanza destinato in primis ai cittadini che trovano nell’Istituzione Comunale, e nella fattispecie l’ufficio Anagrafe il punto di riferimento per risolvere problemi di varia natura – sociale, giuridica, sanitaria, tecnica; sapere che il servizio è svolto con professionalità, chiarezza e prontezza conforta anche l’amministratore comunale che si pone in un contesto di competizione e complessità europea e globale. Faccio riferimento per esempio ai Vostri progetti di Egovernment, in grado di dare una vera svolta all’efficienza dell’Amministrazione Pubblica”.

L’arch. Paolo Pelliccioli Sindaco di Mozzo


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tratta, pertanto, di un atto unilaterale con il quale il Comune attribuisce a un terzo il diritto d’uso di un bene demaniale per una determinata durata sul quale si innescano condizioni di tipo contrattuale, di natura quindi bilaterale e pattizia (ad esempio, relativamente alle condizioni d’uso). La decorrenza e la durata costituiscono pertanto elementi essenziali dell’atto concessorio e sono ad esso connaturati. Il diritto d’uso non può che essere costituito pertanto a decorrere dalla data della stipula dell’atto. Peraltro, per evitare contenziosi con i parenti dei concessionari, l’Amministrazione Comunale potrà valutare la possibilità di prevedere delle tariffe contenute per poter effettuare il rinnovo decennale (o di altro periodo) al fine di consentire il raggiungimento del termine minimo di tumulazione previsto di anni 20 (venti).

(continua da pag. 16: Un cittadino...)

Finanze) e del Corpo forestale dello Stato, eccettuati i posti a cui si accede mediante avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento per i posti per i quali si richiede soltanto il requisito della scuola dell’obbligo (art. 1 DPCM); 5) impieghi nella Pubblica Amministrazione che contemplano l’esercizio delle seguenti funzioni: a) funzioni che comportano l’elaborazione, la decisione, l’esecuzione di provvedimenti autorizzativi e coercitivi; b) funzioni di controllo di legittimità e di merito. Nel caso sussista un dubbio sul fatto che un determinato impiego

documenti così da dematerializzarli già in fase di emissione come ad esempio la fattura elettronica o il mandato informatico. Per completezza di informazione si ricorda che Ministeri, Agenzie fiscali ed enti nazionali di previdenza, a partire dal 6 giugno 2014, non possono più accettare fatture emesse o trasmesse in forma cartacea. La stessa disposizione si applicherà, dal 31 marzo 2015, ai restanti enti nazionali e alle Amministrazioni locali. Inoltre, a partire dai tre mesi successivi a queste date, le PA non potranno procedere al pagamento, neppure parziale, fino all’invio del documento in forma elettronica. Tutta la documentazione tecnica sulla fattura elettronica, le modalità di trasmissione e i servizi di supporto e assistenza, sono disponibili su www.fatturapa.gov. it, un sito dedicato esclusivamente alla fatturazione elettronica verso le Pubbliche Amministrazioni. comporti o meno l’esercizio di una di tali funzioni, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per la Funzione Pubblica, sentita l’amministrazione competente, esprime, entro sessanta giorni dalla ricezione della domanda dell’interessato, diniego motivato all’accesso a specifici impieghi o all’affidamento di incarichi che comportino esercizio di una di tali funzioni. Tale decreto è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e ha efficacia preclusiva sino a che non intervengano modifiche della situazione di fatto o di diritto che facciano venir meno l’impedimento all’accesso (art. 2 DPCM).


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