1 Novembre - Dicembre 2018
SE VUOI
indice 6 18 27 A COLPO D’OCCHIO Guardando il CIELO D. ALESSANDRO OMIZZOLO
(ASTRONOMO)
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BIBBIA LA CHIAMATA E LA 12 APOSTOLI
MISSIONE DEI
GiuDa iScaRioTa uno Dei DoDici, uno Di noi D. GiacoMo PeReGo
...per vivere il Sinodo
“GIOVANI e VOCAZIONI” Sotto la stella della fragilità P. JEAN -PAUL HERNANDEZ
LETTERE E MESSAGGI @... D. MICHELE FALABRETTI
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DIRE “VOCAZIONE” OGGI / 12
UNA DOMANDA PER TE vedi qualcosa?
DOSSIER
Dio-con-noi cLoTiLDe PRaTeS De azeveDo
(Mc 8,23)
FOTOLINGUAGGIO L. FAVETTA, M. DE LUCA
A proposito di... VOCAZIONE Da dove viene la vocazione? D. GIOVANNI BERTI
ROBERTA LA DAGA
-14FOCUS FÉRMATI un istante! A. ANGELOZZI
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PRATICAMENTE
LA CHIESA CHE VORREI
GIUSEPPE TRAMONTIN
La mia cHieSa iMPeRFeTTa!
RISCOPRIAMO... ...un film, una canzone, un libro
FRANCESCA TARANTINO
GIOVANI E LETTERATURA “Qualcuno con cui correre/3” di D. Grossman
GIOVANI CONTROCORRENTE con le GanG di strada FEDERICA CAMMARATA
D. DOMENICO CAMBARERI
-44LIBRI & C. - R. LA DAGA
-46MUSICA “La rivoluzione è avere 20 anni” dei negrita - PINO FANELLI
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L’ECO DI UNA VITA
FILM: “un aFFaRe Di FaMiGLia”
Regina Malka Jonas
CATERINA CANGIÀ
BRUNETTO SALVARANI
una vita da rabbina
-60VOCI DAL MONDO DIVENIRE GREMBO-SPAZIO DI MISERICORDIA
-52WEB RESOURCES Siamo fatti di storie
inFoRMATiVA
CARLO MENEGHETTI
il caritas Baby Hospital di Betlemme SR. Lucia coRRaDin
(Francescana elisabettina di Padova)
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SE VUOI
...per giovani che cercano il meglio
bimestrale - anno 59 n. 6/2018 Novembre/Dicembre sped. in abbon. postale direzione, redazione, amministrazione via Mole 3 00073 cASTEL GAnDoLFo/RM tel. 06.932.03.56 - fax 06.936.07.00 e-mail: sevuoi@apostoline.it www.apostoline.it/sevuoi/ direttore responsabile: Laura cenci gruppo redazionale: F. Bellucci, M. Beretti, T. cabri, M. De Luca, L. Favetta, c. Giacinti, R. La Daga, M. Peviani, G. Verani collaboratori ed esperti: A. Angelozzi, G. Berti, F. cagnasso, D. cambareri, F. cammarata, c. cangià, L. corradin, M. Falabretti, P. Fanelli, F. Lambiasi, c. Meneghetti, A. omizzolo, G. Perego, c. Prates De Azevedo, B. Salvarani, F. Tarantino, G. Tramontin, L. Vari progetto grafico e realizzazione L. cenci, R. La Daga responsabile diffusione: Elena Ferrario ap editore: istituto Regina degli Apostoli per le vocazioni (Suore Apostoline) autorizzazione del Tribunale di Velletri/RM n. 08 del 28/04/99 con approvazione ecclesiastica stampa: Grafica Animobono via dell’imbrecciato, Roma foto di copertina: pixabay
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FÉRMATI un istante! di F. . e L. C.
di AMEDEO ANGELOZZI
“F
érmati un istante”; mi piacerebbe partire da questo invito che delicatamente potrebbe risuonare, all’inizio di ogni cammino, di ogni pensiero che ci invade quando proviamo a progettare, quando ognuno di noi si trova inevitabilmente di fronte a una scelta. Fermarsi può risuonare come una sorta di sconfitta
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o ancor peggio, per alcuni, può significare perdere del tempo, eppure mai come oggi è così salutare “fermarsi”.
il tempo e lo spazio con-
cesso alla sosta, lo paragonerei a una sorta di grembo, che non ha altro motivo del suo esistere se non “l’accoglienza incondizionata”. È questa la primissima e-
sperienza che abbiamo potuto provare nella nostra esistenza, quella cioè di essere accolti in un grembo, in uno spazio fecondo, perché vuoto e allo stesso tempo abitato dal desiderio di qualcun altro, ossia di colei che ci ha sognati e generati. Ma non basta perché, se ancora ci fermassimo su questo ricordo primordiale, sco-
foto pixabay
priremmo che quel desiderio non era “solitario” ma condiviso: siamo il sogno di una relazione, carne e forma di un incontrarsi. “L’ospitalità è iscritta nella nostra carne - scrive ignazio Punzi prima di ogni sguardo, prima di ogni nutrimento, prima di ogni abbraccio, sorriso, parola e prima ancora di conoscere il nostro stesso nome. ognuno di noi ha fatto esperienza di ospitalità. È stata talmente profonda che non la ricordiamo” 1. ogni volta che ci fermiamo un istante per accogliere un progetto o il desiderio di un progetto, ecco che abbiamo la possibilità di tornare in quel luogo si-
curo della nostra esistenza e cogliere la forza vitale dell’ospitalità, divenendo così noi stessi capaci di generatività. ogni volta che abbiamo il coraggio di concederci una sosta, non facciamo altro che diventare un grembo in cui il desiderio trova dimora e allo stesso tempo scompagina, domanda, mette in movimento. Férmati e
accogli nel grembo il tuo desiderio. Ma
quando diciamo “desiderio”, che genere di esperienza evochiamo?, si chiede Massimo Recalcati nel suo libro “Ritratti del desiderio”2, e lo stesso autore afferma che il desiderio è esperienza
di sentirsi superati. Può sembrare un po’ strano infatti che l’accoglienza di un proprio desiderio possa in effetti scompaginare, stravolgere e soprattutto ci faccia perdere il controllo, eppure abbiamo bisogno anche di questo “disorientamento” nella nostra vita, che sperimentiamo quando si scopre e si consapevolizza che non possiamo determinare tutto, perché alla fin dei conti non siamo onnipotenti. Quando cerchiamo di stabilire ossessivamente tutto e metterlo sotto il controllo, non facciamo altro che irrigidire la vita, rendendola sterile, fino ad arri-
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SE VUOI
A CCOGLIERE, verbo che genera
VITA
Ermes Ronchi
è
...
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lui che ha posto le sue radici non nella terra “ferma”, ma nella dinamicità del cammino, errante e ospite di volto in volto.
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érmati allora ancora un po’, non metterti fretta, perché le sfumature hanno bisogno di un’attenzione particolare, di un occhio allenato, della cura dell’artigiano e dell’estro del creativo; il fermarsi allora è il cuore, l’anima e la forza dell’attesa, che a piene mani ti consegnerà la vita come non te l’aspettavi.
1 i. Punzi, “i quattro codici della vita umana; filialità, maternità, paternità, fraternità”; ed. San Paolo, Milano 2018, p. 41. 2 M. Recalcati, “Ritratti del desiderio”, ed. Raffaello cortina, Milano 2018, p. 26. 3
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er CREARE occorre una dose pazzesca di desiderio, nutrito di speranza U. Galimberti
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immagine da: “La Bibbia per te”, Editori Vari 2007
vare al controllo di noi stessi e degli altri. così il desiderio si trasforma in pretesa e la pretesa inquina gli sguardi, i pensieri gli affetti e il nostro stesso processo di umanizzazione. Ancora Recalcati: «non sono mai “io” che decido il “mio” desiderio, ma è il desiderio che decide di me, che mi ustiona, che mi sconvolge, mi rapisce, mi entusiasma, mi inquieta, mi anima, mi strazia, mi potenzia, mi porta via, è l’esperienza di una forza che proviene da me ma che trascende l’io che “io” (mi) credo di essere»3 e il desiderio è sempre, in questa accezione, generato nel cuore del nostro essere in relazione. E i nostri desideri nascono nel riflesso del volto dell’altro. L’accoglienza di questo desiderio ci rende nomadi, erranti, appassionati di profondità, in cerca del nostro volto fuori di noi, ci rende capaci di rispecchiamento nell’altro, nomade è co-
ibidem, p. 28.
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SE VUOI
Giovani
ortnoccorrente
IL BENE C’È E SI PUO’ FARE! di FEDERICA CAMMARATA
Con le GANG di strada Autore: Francesco, 23 anni - Città: Riccione Professione: Studente in “educatore sociale e culturale”, ed educatore in una cooperativa di servizi educativi. Attività/interessi: hobby preferito la musica (che seguo e pratico); sono capo Scout in formazione e nutro un grande interesse anche per lettura, cinema e arte nelle sue molteplici forme.
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el periodo natalizio del 2017 sono stato chiamato, con altri due giovani, a partecipare come educatore a un progetto di strada sul territorio della parrocchia di San Martino a Riccione, la mia città. non avevo ben chiaro come si potesse concretizzare una idea simile. Avevo assistito a qualche lezione all’uNovembre - Dicembre 2018
niversità su questo argomento, ma che si riferiva a contesti territoriali più estesi, complessi e differenziati socialmente (città come Bologna dove l’intervento educativo in strada ha radici più profonde). Pur non conoscendo quali fossero le azioni da mettere in pratica ho accettato, spinto dall’interesse e dalla “curiosità” di cono-
scere questi cosiddetti “ragazzi di strada”, proprio lì, nei luoghi dove si riuniscono e condividono le loro esistenze. Luoghi adibiti al ritrovo e dove avvengono i fenomeni collegati alle “culture urbane”, ai linguaggi gergali e agli attacchi all’ordine sociale predeterminato. Ho scoperto, come primo dato, che questi ragazzi sono il
nella foto......
risultato di gravi complicazioni all’interno delle loro case e subiscono spesso le conseguenze di disagi familiari che li portano a passare gran parte del loro tempo fuori casa, trovando solidarietà in compagnie composte da coetanei, divenendo di fatto una “famiglia” e ricreando delle vere e proprie “leadership”, organizzandosi come gruppi dentro tempi di “routine” che li tengono quotidianamente impegnati in uno scenario apparentemente consolante. nonostante questa iniziale impressione si capisce che in realtà questa apparente “famiglia”, meglio definita con il nome di “gang”, è una maschera che purtroppo questi ragazzi indossano. Soffrono gli effetti delle loro gravi instabilità fami-
liari che li hanno privati di figure di riferimento solide, stabili. Si sono adeguati ad una specie di “sopravvivenza” e a una visione utilitaristica della realtà, nella quale cercano sempre la strada più rapida per raggiungere i loro obiettivi che si rivelano spesso vani e costituiti esclusivamente di piaceri effimeri. Sono estremamente sfiduciati nei confronti della scuola e delle istituzioni, più in generale del mondo degli adulti, ma in questo modo hanno poche possibilità di ricevere quelle tutele affettive e di fiducia sulle quali potersi appoggiare e crescere. Ponendoci come adulti in una condizione di apertura, di ascolto e di attenzione non possiamo pensare di risolvere il problema: i grup-
pi sono strutturalmente complessi, sono le convergenze di fattori che portano alla nascita del disagio e della devianza, ma l’esplorazione fatta “in strada” è una bellissima occasione affinché possano capire, non solo chi sono, ma soprattutto quale possa essere il loro posto nel mondo. Ritengo che questa esperienza sia stata molto coinvolgente, cambiando profondamente il mio modo di vedere il mondo, aiutandomi ad aprire lo sguardo e a crescere come persona. Ho capito che dietro le apparenze spesso esistono complessità, che dietro all’immagine dei viali affollati e del divertimento estivo si nascondono periferie che necessitano le attenzioni di ciascuno di noi. Novembre - Dicembre 2018
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ens sia Klem foto Wie
di CARLO MENEGHETTI docente di teologia della comunicazione
Siamo fatti di storie!
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lmeno una volta ti sarà capitato di imbatterti in qualche “meme”. I meme sono immagini che riportano una scritta, una frase, o solo qualche parola, possono essere ironici, tristi, “tragici”, demenziali, dissacranti e/o irriverenti, possono far pensare, stimolare dibattiti e confronti, sembrano quasi far parte di un nuovo linguaggio comunicativo. Generalmente si utilizzano immagini diventate “virali”, cioè molto condivise in rete, perché legate a personaggi dello sport, del calcio, del cinema, della tv, queste vengono poi personalizzate per essere adattate e personalizzate per la costruzione dei relativi meme. il loro successo è dovuto alla diffusione capillare dei dispositivi digitali, non esiste social che non abbia qualche meme nella sua bacheca o presente nei contenuti dei vari utenti. All’interno di questo nuovo fenomeno troviamo un bisogno fondamentale per l’uomo: raccontare storie, narrare e narrarsi. Un termine molto di moda oggi è storytelling; se noti anche le pubblicità valorizzano non più le caratteristiche specifiche di un certo prodotto, ma cercano di far provare emozioni raccontando storie che, apparentemente, non ti informano dettagliatamente sul prodotto reclamizzato. Ti faccio un esempio: un tempo una nuova automobile veniva descritta “snocciolando” i vari dati sulle prestazioni, da 0 a 100 km/h in “tot” secondi, la comodità dei sedili, la grandezza dei cerchi o il nuovo colore antigraffio della carrozzeria. oggi, invece, lo spot della stessa auto ti racconterà una storia con l’obiettivo di “emozionarti”, di farti provare qualcosa, la voce narrante potrà spiegarti Novembre - Dicembre 2018
che sarà bello osservare l’orizzonte in riva al mare o in montagna seduto sulla tua nuova auto, ti dirà che andare al lavoro sarà più “rilassante” e che il traffico non sarà insopportabile come prima... come vedi, tecnicamente dell’auto non sai nulla di nuovo... Anche in rete avviene la stessa cosa! L’immagine si proietta “oltre”, molti meme sono realizzati per emozionare, per suscitare qualcosa, per renderti co-protagonista di una storia; quante volte avrai commentato un’immagine appositamente creata dopo un’importante partita di calcio? Dopo il risultato di un concorso canoro? Dopo l’uscita di un nuovo film o di un nuovo album? Purtroppo, capita di trovare anche meme dissacranti, che possono contenere “informazioni errate” o riportare “fake news”, è importante (e necessario) un allenamento costante per utilizzare le “giuste lenti” e per discernere quanto è condiviso. Anche Papa Francesco, nel Messaggio per la 51ª Giornata Mondiale delle comunicazioni sociali (2017), ricorda che: «La vita dell’uomo non è solo una cronaca asettica di avvenimenti, ma è storia, una storia che attende di essere raccontata attraverso la scelta di una chiave interpretativa in grado di selezionare e raccogliere i dati più importanti. La realtà, in se stessa, non ha un significato univoco. Tutto dipende dallo sguardo con cui viene colta, dagli “occhiali” con cui scegliamo di guardarla: cambiando le lenti, anche la realtà appare diversa». il nuovo mondo legato al contesto digitale, quindi, ci offre molte opportunità per comunicare e condividere contenuti, la Parola non è estranea a questo; noi siamo esseri narranti, in relazione, facciamo tesoro della creatività e del giusto tatto anche quando andiamo a creare o condividere immagini in rete ricordandoci che “quando cambiamo le lenti, anche la realtà appare diversa”. Buona narrazione attraverso parole e immagini!
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SE VUOI
La gioia
è assai contagiosa. Cercate, perciò, di essere sempre traboccanti di gioia dovunque andiate Madre Teresa di Calcutta
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LA CHIESA CHE VORREI...
di FRANCESCA TARANTINO
La mia CHIESA...
I M- TPERFE ! TA
nella foto: Francesca Tarantino
i giovani e il DESIDERIO di essere “Chiesa”
S
apete qual è il problema della mia generazione? Siamo una generazione in perenne ATTESA. Spettatori in una sala di un cinema col secchiello dei pop corn in mano... neolaureati in attesa della chiamata giusta, in attesa del posto di lavoro quello vero, pendolari di fronte a una pensilina del bus sempre in ritardo, studenti dinanzi a un calendario che niente, a giugno non ci vuole proprio arrivare... gestanti di fronte a un’idea che non vuole nascere, cristiani in una chiesa che siamo in attesa cambi... che ci somigli. La mia chiesa non deve assomigliarmi, la mia chiesa non deve essere il riflesso del mio pensiero, la mia Chiesa deve essere
altro, deve essere imperfetta... poco importa se spesso finisce per somigliare a un film che non inizia mai, a un bus perennemente rotto. L’importante è che ci sia e che prima o poi arrivi.
Da bambini ci insegnano a fidarci solo di quello che conosciamo, solo di quello che possiamo vedere tutti i giorni. ci spingono a non accettare caramelle dagli sconosciuti, a non accettare passaggi, aiuti da chi è estraneo al nostro mondo. A frequentare solo i compagni di scuola, a giocare solamente con chi andiamo d’accordo. cresciamo così con l’idea che tutto debba esserci simile, tutto in linea col nostro percorso: il diverso, lo sconosciuto è qualcosa da evitare...
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SE VUOI
senza sapere che presto il mondo ci spingerà nella direzione opposta. Ecco: la mia Chiesa deve essere la direzione opposta. Deve essere la strada chiusa, la faccia antipatica, quella che a scuola non sopporti ma che ti ritrovi tutte le mattine in classe per cinque anni, finché una mattina, durante il compito di matematica, ti arriva il suggerimento proprio da chi non ti aspetti. La mia chiesa deve essere quell’esame antipatico che non riesci a dare al primo anno, ma che alla fine diventa la materia della tesi. La mia chiesa deve esserci nella foto di fine semestre, deve esserci nella gita di primavera. Deve essere nel capo ufficio spocchioso e che non è competente affatto. La mia chiesa non deve essere competente, non deve saperci fare, deve semmai “fare” e basta e per fare bisogna che ci sia.
H
o bisogno di sacerdoti in grado di togliersi il colletto e riconoscere che hanno sbagliato, e che, dopo aver riconosciuto l’errore, decidano di rimettersi il colletto. Perché in fondo la difficoltà maggiore è rimanere. c’è bisogno di qualcuno
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che sia lì pronto a dire che l’equilibrio è questione di prove, che siamo caduti tutti e che cadremo ancora. Ecco: la mia Chiesa deve avere perennemente le ginocchia sbucciate, deve sbagliare ma ci deve stare. Deve uscire dal Sepolcro e bussare alla mia porta, deve chiedere un caffè e ascoltare mia madre che parla ininterrottamente per due ore, perché non crede più nell’uomo che ha sposato. Deve assaporare i silenzi di mio padre e la sua incapacità di essere presente. Deve convincere mia nonna a farsi quelle analisi importanti perché da qualche anno non è più lei. Deve supportarmi quando invece di essere appoggiata vengo schernita perché non sto facendo la cosa giusta. Deve essere quella botta d’autostima perché... perché ce la posso fare, e poi deve essere quello schiaffo, quello che brucia perché è dato con rabbia... quello che poi non ricevi più perché sei troppo grande. Deve “esserci” perché, in fondo, anche se sbagliata, abbiamo solo bisogno di qualcuno che rimanga.
LETTERE E MESSAGGI
@...
don MICHELE FALABRETTI, responsabile del Servizio nazionale per la Pastorale Giovanile. È appassionato del vangelo e gli stanno a cuore le scelte dei giovani. Se hai qualche domanda o qualche dubbio da sottoporgli scrivi a: SE VUOI, Rubrica “Lettere e messaggi @...” via Mole 3 - 00073 Castel Gandolfo/RM; sevuoi@apostoline.it; FB “SE VUOI rivista”; sito SE VUOI: www.apostoline.it/sevuoi/
Caro don Michele
si capisce che alla sui giovani, da cosa Do No SI l de ni ltre le riflessio cA, 23 Anni) o i giovani? (FEDERi Chiesa interessan
o
per i giovani teresse della chiesa l’in se : lto mo a up cc preo le perché quela tua domanda mi mo davvero messi ma rem sa o, od Sin un r pe a toccare tutti i terdovesse passare solo iesa non sempre va ch lla de e” ità tiv at sì) o “relegare e delegar sta (chiamiamola co omma: non possiam ins le. di sia ve ra cle int ec n ltà no to che tu ritori e tutta la rea o Sinodo. anche il fat lor al e vi sco ve ai i temi di interesse parroccura, mi preoccupa. vani dalla cura nelle altri luoghi di questa della chiesa per i gio se es no viter do en l’in e int i pir an ca e sti Si dovrebb ni luogo dove i cri og in o li sia cle ec ltà i, a tutti quegli chie, attraverso le rea i, ai gruppi giovanil or at or li ag o ns Pe . sù ia a parte dal resto vere il vangelo di Ge esi come una categor pr o nn va n no ni va zione ha bisogno di spazi “dedicati”: i gio o crescita e matura lor la e o ch ro ve è rò ssono vivere soltant della comunità. Pe che – di solito – si po e nz rie lpe de es ia, di , igl he fam ilità della attenzioni specific era dalle responsab lib ra co an a ell qu : a una certa età nella società. lavoro e dell’impegno po della vita l’essere genitori, del arci se esiste un tem zz ali nd sca o mm n dovre vrebbe essere a me sembra che no cose importanti: do di ili ab ns po res tto tu del perché tutti (per dove ancora non si è e degli adulti è forte ion nz tte l’a ve do ia, az ci accompagnasse. però un tempo di gr no di qualcuno che og bis o ut la av mo bia rlo e le attività per diventare grandi) ab ancora disposti a fa no so ra ci, co lai e an i et no pr so o un difetto: Molti educatori, olte. Ma forse hann m a no ies so Ch ni lla va de gio a i ti per la vit formazione de i are dei cristiani pron re rm ta fo di aiu e di at e up at cc troppo preo – sono preoccup va n no gi og to e es – e qu endolo stessa; un po’ meno , ad abitarlo conosc rio posto nel mondo op !) impepr llo il be re be va reb tro a giovani ssi un giorno (sa ve do tu Se . sa ca o lor amandolo come la ticarlo! , ti prego: non dimen ne zio ca du ll’e ne ti gnar
Cara Federica,
15 Novembre - Dicembre 2018
SE VUOI
Nelle
mani di Dio anche le cose
piĂš insignificanti
possono diventare la nostra
cometa
Benedetta Bianchi Porro
16 - Dicembre 2018 SE VUOI via MoleNovembre 3 - 00073 CASTEL GANDOLFO/RM - sped.abb.post. - D.L. 353/2003 (conv. in Legge 27/02/04 n. 46) art. 1 comma 1 - DCB Roma