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Il polipo cancerizzato Mario Marini1, Stefano Lazzi2

U.O.C. Gastroenterologia ed Endoscopia Operativa, Azienda Ospedaliera Universitaria Senese di Siena 2 Istituto di Anatomia ed Istologia Patologica, Azienda Ospedaliera Universitaria Senese di Siena

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In the era of colorectal cancer screening, the diagnosis of malignant polyp is relatively common. The post-endoscopic management of this finding, mainly the clinical decision on the opportunity to perform surgical resection after endoscopy, often carries both clinical and ethical dilemmas. A thorough assessment of endoscopic, histological and clinical variables may help to overcome these dilemmas; however, the proper management of these lesions is not always codified, although different diagnostic and therapeutic attitudes can significantly alter patients’ prognosis. Parole chiave: polipo cancerizzato, displasia, adenoma, carcinoma, Classificazione di Vienna, polipectomia endoscopica Key words: malignant polyp, dysplasia, adenoma, Vienna classification, endoscopic polypectomy

Casi Clinici Caso 1: A.C. maschio, 55 anni, si sottopone a colonscopia per positività della ricerca del sangue occulto fecale (F.O.B.T.) eseguita nell’ambito di programma di screening. Diagnosi: polipo di diametro 22 mm del colon discendente (morfologia tipo 0-Isp sec. classificazione di Parigi) (4). Viene effettuata asportazione completa ed “en bloc” tramite E.M.R. (endoscopic mucosal resection). Diagnosi istopatologica: adenocarcinoma ben differenziato che infiltra senza superarla la muscolaris mucosae, insorto in adenoma tubulo-villoso. Categoria 4.4 della Classificazione di Vienna modificata (5). Caso 2: E.M. femmina, 58 anni, sottoposta a colonscopia per positività del F.O.B.T. Diagnosi: polipo di diametro 18 mm della parete posteriore del retto (morfologia 0-Isp sec. classificazione di Parigi, esecuzione di polipectomia con asportazione completa (Figura 1A-1B). Diagnosi istopatologica: adenocarcinoma indifferenziato insorto in adenoma tubulo-villoso, infiltrante la sottomucosa. Estensione dell’infiltrazione 25 micron, profondità dell’invasione 15 micron, assenza di infiltrazione vascolare, budding tumorale inferiore a 5 elementi, margine di sezione libero e distante più di 2 mm. dall’area di carcinoma. Categoria 5 della classificazione di Vienna modificata.

INTRODUZIONE Due diagnosi apparentemente molto simili, ma che aprono scenari diversi con profonde implicazioni cliniche, etiche, psicologiche, medico-legali (6-7). Nel primo caso siamo nel contesto della displasia grave con lesione “confinata” all’interno della mucosa, anche se vengono identificate strutture epiteliali descritte come “carcinoma in situ”. In questi casi, l’infiltrazione neoplastica deve essere limitata alla tonaca propria o dissociare, ma senza superarla, la muscolaris mucosae. La lesione è anche descritta come “carcinoma intramucoso”. Le definizioni di displasia grave e di carcinoma intramucoso sono equivalenti, ma la loro identità è riferita a quel preciso momento temporale. Eppure le due lesioni hanno caratteristiche citomorfologiche e quindi

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Il polipo maligno del colon, o adenoma cancerizzato, rappresenta la forma più precoce di cancro del colon-retto. Questa diagnosi, oggi relativamente frequente per la crescente diffusione dei programmi di screening, pone spesso difficili problemi, sia clinici che etici. Il corretto trattamento del polipo maligno, in particolare la valutazione della necessità di resezione chirurgica, non è infatti universalmente codificato e condiviso, sebbene differenti atteggiamenti diagnostici e terapeutici possano modificare profondamente la prognosi dei pazienti (1-2). Nel presente articolo sono confrontati un caso di diagnosi di “carcinoma in situ in adenoma del colon” con un caso di “polipo cancerizzato del colon”, con l’intento di chiarirne le differenze diagnostiche, terapeutiche e prognostiche (3).

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il polipo cancerizzato

Figura 1: paziente E.M.: (A) immagine endoscopica polipo retto prossimale, (B) dopo asportazione

A

B

Figura 2: istologia polipo paziente E.M.: adenocarcinoma indifferenziato in adenoma tubulo-villoso, infiltrante a sottomucosa, assenza di infiltrazione vascolare e budding tumorale

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potenziale evolutivo differente. Nel colon-retto le definizioni di carcinoma in situ e di carcinoma intramucoso indicano entrambe condizioni prive di potenzialità metastatica; è raccomandabile pertanto abbandonare tali termini ed utilizzare il termine equivalente e di minor impatto emotivo di displasia grave. Le lesioni infatti possono essere tutte comprese nei sottotipi della classe IV (neoplasia di alto grado) secondo la classificazione di Vienna modificata (Tabella 1) (5). Nel secondo caso, ci troviamo di fronte all’adenoma cancerizzato o polipo maligno, lesione della mucosa colica, non necessariamente rile-

vata, che può essere definita come tessuto adenomatoso che contiene una componente adenocarcinomatosa infiltrante la sottomucosa. Classificata come pT1 secondo il sistema T.N.M., è dotata di potenziale metastatico linfonodale (variabile fra 0.3-37%) ed è presente nel 2-12% degli adenomi rimossi durante la colonscopia. La frequenza con la quale tale lesione viene diagnosticata è notevolmente incrementata in seguito alla diffusione dei programmi di screening, ma le basi di evidenza per il suo trattamento non sono completamente definite e condivise. Nella decisione delle scelte terapeutiche, bisogna tenere conto di una esatta conoscenza delle definizioni anatomatologiche e dei criteri anatomopatologici necessari per una corretto inquadramento della diagnosi, nonchè della definizione di radicalità endoscopica.

Tabella 1: Classificazione di Vienna (mod. da 5) CATEGORIA

diagnosi

1

Negativo per displasia

2

Indefinito per displasia

3

• Neoplasia mucosa di basso grado • Adenoma di basso grado • Displasia di basso grado

4

Neoplasia mucosa di alto grado 4.1 Adenoma o displasia di alto grado 4.2 Carcinoma non invasivo (carcinoma in situ) 4.3 Sospetto di carcinoma invasivo 4.4 Carcinoma intramucoso

5

Carcinoma con invasione della sottomucosa


Di fronte a un polipo del colon, è possibile sospettare in base alla sua morfologia che questo sia cancerizzato e che la lesione sia infiltrante. Tuttavia, è estremamente facile sottostimare o sovrastimare la lesione. Nonostante un ottimo valore predittivo raggiunto in endoscopia grazie alla qualità degli apparecchi endoscopici, al ricorso a tecniche ausiliarie (endoscopia potenziata) ad all’accuratezza delle classificazioni proposte per una migliore interpretazione delle minime alterazioni del pit pattern e del pattern vascolare della superficie della lesione, la diagnosi dall’endoscopista non può andare al di là di “ogni ragionevole dubbio” (8-9-10-11). Pertanto il suo ruolo è di resecare la lesione e soprattutto ed inviare al patologo materiale qualitativamente e quantitativamente adatto alla effettuazione di una diagnosi istopatologica corretta. L’endoscopista deve comunque sempre eseguire una minuziosa osservazione e descrizione della lesione, facendo riferimento almeno alla classificazione di Parigi per la morfologia di base e ponendo già una prima indicazione sul rischio oncologico intrinseco nella lesione. L’endoscopista ha a disposizione diverse procedure per rimuovere una lesione, ma deve essere certo di averne ottenuta la completa ablazione e di averne recuperati tutti i frammenti se l’asportazione non è stata “en-bloc” (12-13). Il mancato recupero di un solo frammento di polipo che presenta nel restante tessuto displasia grave potrebbe porre indicazione alla chirurgica, nel timore di sottostimare l’effettiva presenza o assenza di aree di carcinoma infiltrante. L’asportazione completa della lesione è quindi un prerequisito irrinunciabile per una corretta valutazione istopatologica. Prelievi bioptici, anche multipli, non consentono un’attendibile valutazione ed inoltre, così come resezioni parziali, possono inficiare la possibilità di ottenere un buon lifting per eseguire correttamente una E.M.R. o una dissezione sottomucosa (E.S.D.) o possono far erroneamente ritenere presente un “non lifting sign” quale segno di infiltrazione della sottomucosa (14). È essenziale il corretto trattamento del materiale prelevato, con marcatura del peduncolo, specie nelle forme 0-Isp, dei margini ed orientamento, associato a marcatura della zona di asportazione.

Esame Istopatologico

È il patologo che fa la diagnosi (15) e la sua descrizione deve riportare: Dimensioni: diametro maggiore, due diametri minori, escludendo i segmenti di pertinenza del peduncolo, ove identificabili Estrinsecazione: presenza (misurazione di lunghezza e diametro) / assenza di peduncolo Margine di resezione endoscopica Rapporti tra epitelio ed asse stromale Descrizione e misurazione della componente adenomatosa.

Devono essere tenuti in conto gli errori dovuti ad alterazioni strutturali causate alla manipolazione dei reperti. Se il tessuto distopico è ad alto grado di displasia, la diagnosi differenziale con il carcinoma invasivo è impegnativa (pseudo invasione). La diagnosi ed il rischio oncologico sono definiti sui seguenti elementi:

1. G rado istologico di differenziazione del carcinoma. Vengono distinti quattro gradi di differenziazione da G1(ben differenziato) a G4 (indifferenziato). Ai fini dell’indirizzo terapeutico si distingue basso grado che raggruppa i gradi G1 e G2 ed alto grado che riunisce G3 e G4 (16). 2. Infiltrazione neoplastica dei vasi. In caso di artefatti che impediscano il riconoscimento di struttura vascolare si deve ricorre agli anticorpi. 3. “budding” tumorale. Descrive la presenza di cellule di carcinoma isolate o disposte in gruppi di meno di 5 elementi nello stroma del margine di avanzamento tumorale: con ingrandimento 250 x, basso grado <5 focolai di budding, alto grado >5 focolai. 4. Stato del margine di resezione endoscopica. Positivo quando se identifichino cellule di carcinoma a meno di 1 mm dal margine, o entro la banda di diatermocoagulazione 5. Microstadiazione: consente di riconoscere lesioni a diverso potenziale metastatico linfonodale.

5.1 Rapporto Percentuale Tessuto Adenomatoso /Adenocarcinoma: minori sono i volumi di carcinoma, più ridotto è il potenziale metastatico. 5.2 Livello di infiltrazione. Nei polipi peduncolati sono seguite le indicazioni dello schema di Haggit (Figura 3a), nelle lesioni sessili i livelli di Kikuchi (17-18-19) e l’interessamento degli strati della sottomucosa superiore (Sm1), medio (Sm2), inferiore (Sm3) (Figura 3b). Con l’incremento della invasione, il tasso di metastasi linfonodali aumenta: Sm1, 0% -3%, Sm2, 5% -10%, e Sm3, 10% -15%, così come il tasso di metastasi a distanza: SM1, 0.3%; SM2, 3% e Sm3, 4%. Ciascun sistema presenta vantaggi e svantaggi legati alla diversa morfologia delle lesioni o alla irregolarità dello spessore della mucosa stessa. La misurazione microscopica della estensione e della profondità di infiltrazione appare l’elemento più importante.

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Endoscopia

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il polipo cancerizzato

Figura 3: livello di infiltrazione dei polipi cancerizzati Livelli di infiltrazione sec. Hagitt dei polipi peduncolati

Livello 1: invasione della sottomucosa ma limitata alla testa del polipo

Livello 2: invasione della sottomucosa con estensione al colletto

Livello 3: invasione del peduncolo

Livello 4: invasione oltre il peduncolo ma al di sopra della tonaca muscolare

Livelli di infiltrazione sec. Kikuchi dei polipi sessili

mucosa sottomucosa musculare propria sierosa Sm1

Sulla valutazione dei criteri esposti è possibile differenziare adenomi cancerizzati a basso rischio e ad alto rischio di metastasi linfonodali:

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Polipo cancerizzato a “basso rischio” Basso grado G1-G2 Margine a più di 1 mm dalla infiltrazione Non invasione vascolare (ematica e/o linfatica) Infiltrazione limitata di livello 1 e 2 sec. Haggit e Kikuchi Ampiezza di invasione < 4 mm e profondità < 2 mm Resezione “en bloc” Polipo cancerizzato ad “alto rischio” Grading “alto”(G3 G4) Infiltrazione a meno di 1 mm dal margine Invasione vascolare Livelli 3-4 sec. Haggit o Kikuchi Ampiezza di invasione > 4 mm e profondità > 2 mm Polipectomia “piecemeal”

Sm2

Trattamento

Sm3

Per le forme a basso rischio la diffusione metastatica è inferiore all’1% (0,3% per adenomi maligni peduncolati e 1% per gli adenomi maligni sessili), mentre nelle forme ad alto rischio la diffusione supera il 10%. Bisogna comunque sottolineare che, per quanto se bassa, tale possibilità è tuttavia presente. Infatti, anche se con la microstadiazione possiamo definire la categoria di pazienti con un rischio “vicino allo zero”, la possibilità di metastasi, anche se minima, esiste. I pazienti devono, quindi, esserne informati, come pure dei rischi di eventuali complicanze chirurgiche e, soprattutto, della loro mortalità (2% nei soggetti superiori a 70 anni) (20). Nel polipo cancerizzato ad alto rischio la possibilità di metastasi è superiore al 10%, per cui il trattamento non può essere che chirurgico, a meno che il paziente non abbia importanti malattie associate che controindichino o rendano inaccettabile il rischio elevato dell’intervento. L’anatomatologo ha un ruolo fondamentale nella gestione di queste lesioni, quindi è importante che la diagnosi risponda a criteri condivisi e confrontabili. ll riferimento alla classificazione come quella di Vienna modificata consente di raggiungere questo indispensabile riferimento comune.


Il caso del nostro primo paziente, è suscettibile di trattamento endoscopico definitivo (Polipectomia, EMR, ESD). Ma, se difficoltà tecniche (posizione) ne ostacolano la completa rimozione, si pone indicazione alla chirurgia: laparoscopica o resezione locale del retto, microchirurgia endoscopica transanale (TEM), chirurgia transanale minimamente invasiva (MITAS) o di un approccio trans-sacrale. Con queste terapie appropriate, la sopravvivenza tasso di mucosa cancro colorettale precoce dovrebbe essere 100%.

Trattamento e tasso di sopravvivenza del polipo cancerizzato

Il trattamento radicale di queste lesioni è caratterizza-

to da una buona prognosi, con una sopravvivenza a 5 anni dopo resezione del 90%-97% circa. Una guarigione completa può essere ottenuta mediante resezione endoscopica o locale nella maggior parte dei tumori della sottomucosa non complicati da coinvolgimento linfonodale o metastasi a distanza. È essenziale prevedere nelle lesioni a rischio di metastasi linfonodali un intervento di linfoadenectomia. Il tasso cumulativo di sopravvivenza a 5 anni è 70% -80% in pazienti con linfonodi positivi, rispetto 90% -97% in pazienti con linfonodi negativi. Se la lesione è Sm1, senza altri fattori di rischio, la resezione endoscopica o locale sarebbe sufficiente. Per quanto riguarda le lesioni con invasione sm2 tipo 0-Ip o Isp la resezione endoscopica o locale ha soprattutto significato diagnostico. In presenza di ulteriori fattori di rischio istologici l’intervento di linfoadenectomia si rende necessario. Per lesioni sm2 sessili con configurazione rilevata e depressione della superficie e sm3 di qualsiasi forma, la resezione chirurgica diventa facilmente l’opzione di scelta. In questi pazienti, la resezione laparoscopica è da preferire. La dissezione dei linfonodi centrali, può essere effettuata da chirurghi esperti, mentre la dissezione fino ai linfonodi intermedi è sufficiente nella maggior parte dei pazienti. In tali casi rari o in quelli con metastasi linfonodali, devono essere considerate terapie complete, compresa chemioterapia (21-22).

Sorveglianza

In accordo con le linee guida europee pubblicate nel 2010 (23), l’adenoma con displasia grave (o carcinoma intramucoso o carcinoma in situ), completamente asportato rientra nella categoria delle lesioni a rischio intermedio se di

dimensioni < 20mm, oppure a rischio alto se > 20mm. Il controllo di sorveglianza sarà pertanto da eseguire rispettivamente a 3 anni ed a 1 anno. Per il polipo cancerizzato completamente asportato, quando siano soddisfatti tutti i criteri di “non invasività” viene raccomandata una sorveglianza analoga a quella dei gruppi ad alto rischio, quindi entro 1 anno (23, 24). Per i polipi cancerizzati ad alto rischio, in cui non possa essere eseguita una radicalizzazione chirurgica (ad esempio in caso di gravi comorbidità del paziente), le linee guida europee (23) consigliano un follow-up più ravvicinato, per via di un maggiore rischio di ricorrenza. Viene suggerito che venga eseguita una sorveglianza endoscopica trimestrale nel primo anno del sito della polipectomia, che diventa poi semestrale nei successivi due anni.

Corrispondenza

Mario Marini U.O.C. Gastroenterologia ed Endoscopia Operativa Azienda Ospedaliera Universitaria Senese Viale Bracci, 26 - 53100 Siena Tel. + 39 0577 585718 Fax + 39 0577 585719 e-mail: mariomarini.m@libero.it

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Trattamento e tasso di sopravvivenza del cancro limitato alla mucosa

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