ALBERONI

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Francesco Alberoni

Pubblicità, televisione e società nell’Italia del miracolo economico

A cura di Gianpiero Gamaleri

ARMANDO EDITORE


Sommario

Introduzione Televisione e pubblicità anni ’50 e ’60: due saggi fondamentali di Francesco Alberoni di Gianpiero Gamaleri Un intreccio di interessi scientifici Cattolici e televisione: l’epoca di Bernabei Sviluppo della televisione e consenso elettorale

Pubblicità, televisione e società nell’Italia del miracolo economico di Francesco Alberoni Presenza della TV in Italia (1954-1966) Premessa Il punto di partenza (1954) Gli strumenti di comunicazione di massa (colonne della matrice) Periodo 1954-1962 Periodo 1962-1966 I mezzi di comunicazione (colonne della matrice) Conclusioni

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Pubblicità e società dei consumi La società dei consumi: origini L’esportazione della società dei consumi Il parassitismo culturale interno La situazione italiana Televisione e pubblicità in Italia

Nota bio-bibliografica

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Introduzione

Televisione e pubblicità anni ’50 e ’60: due saggi fondamentali di Francesco Alberoni di Gianpiero Gamaleri


La scelta di Francesco Alberoni nell’ambito dei “classici della comunicazione”1 si lega anche a un mio ricordo personale. Quando entrai all’Università Cattolica del Sacro Cuore a Milano, nei primi anni ’60, per conseguire la laurea in giurisprudenza, Alberoni era uno di questi professori, dalla carriera precocissima, capaci di esercitare un fascino particolare sugli studenti. Si occupava di divismo, ma in certo modo incarnava già lui stesso il “mito” del giovane docente estremamente brillante all’interno di una schiera di autorevoli e venerandi maestri. Ma non era solo la sua precocità – valorizzata dal contatto diretto con Padre Gemelli, fondatore e rettore dell’Università fino al 1959, anno della morte – a distinguerlo. Vi erano anche l’originalità del suo percorso di studi e l’intreccio dei suoi interessi. Aspirando a quell’universo di sintesi che è la filosofia, non avendo potuto iscriversi a quella facoltà perché impedito allora dal suo diploma di liceo scientifico, Alberoni aveva trovato per così dire un itinerario affine nella laurea in medicina, subito orientata però verso gli studi psicologici – di qui la vicinanza a Gemelli – e successivamente verso la sociologia, di cui è in Italia uno dei padri fondatori. Praticava insomma fin d’allora il metodo dell’interdisciplinarità nell’esplorazione di aree di sapere di punta.

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Un intreccio di interessi scientifici Scorrendo la sua biografia, si legge che nel 1963 scrive L’élite senza potere, una ricerca sul divismo. Poi il primo libro italiano di sociologia dei consumi, Consumi e società: inizia così lo studio dei movimenti collettivi. È professore straordinario di sociologia nel 1964 e poi professore ordinario della stessa disciplina presso l’Università Cattolica di Milano nel 1968. Successivamente insegna a Trento, Catania, Losanna e, di nuovo, a Milano, dove anni dopo diventerà rettore dello IULM. Nel 1968, nel libro Statu Nascenti, dà inizio al primo abbozzo della teoria dei movimenti che si concluderà solo nel 1977 con Movimento e istituzione. In quest’opera, Alberoni spiega il processo storico come prodotto da due tipi di forze: quelle utilitarie ed economiche ed i movimenti. È in questo contesto di interessi intellettuali e pratici (diventa consulente per l’immagine di importanti aziende) che si collocano i due saggi che qui presentiamo e che sono stati raccolti in due importanti ricerche collettive promosse dalla Rai e pubblicate da Rai Eri. Leggendo queste pagine, il lettore potrà direttamente apprezzare la profondità e la compiutezza dell’analisi di Alberoni riguardante quell’importante periodo a cavallo degli anni ’50 e ’60, nel campo della comunicazione televisiva e della pubblicità, che vede come spartiacque l’inizio dei programmi televisivi il 3 gennaio 1954, in quel contesto sociale che prese il nome di “miracolo economico” e che ebbe proprio a Milano il suo centro propulsore. L’autore traccia un prezioso spaccato sulla vita italiana di quel tempo, sorprendente tuttora per la sua attualità proprio perché scritto nel momento stesso 9


Introduzione

del suo svolgersi e quindi particolarmente importante perché oggi può essere colto nella sua funzione anticipatrice di importanti sviluppi successivi. Cattolici e televisione: l’epoca di Bernabei In sede introduttiva vorrei mettere in rilievo un elemento che Alberoni rileva con chiarezza e solida documentazione e che oggi viene confermato da un trend costante. In quella fase storica dominava politicamente quella che è stata chiamata “la centralità della Democrazia Cristiana”, un assetto durato fino al 1992, cioè fino all’avvento di “mani pulite”. Non c’era quindi da stupirsi che questa situazione si riflettesse anche nel campo radiotelevisivo e in specie sulla Rai. È stato giustamente rilevato che “i cattolici”, mentre erano stati pressoché esclusi per evidenti ragioni storiche dalle iniziative della grande stampa laica e risorgimentale e del Novecento, avevano visto nella radio prima e nella televisione al suo nascere poi l’occasione per una presenza significativa nel campo dei grandi mezzi di comunicazione, con i nomi, tra gli altri, di Filiberto Guala e di Ettore Bernabei. Proprio a quest’ultimo, nominato direttore generale della Rai per il lungo periodo che va dal 1961 al 1974, veniva indirizzata al momento della nomina la seguente lettera dell’allora presidente del Consiglio Amintore Fanfani: Caro direttore, approvando la sua designazione non ho fatto che seguire la mia convinzione maturata in una ormai lunga osservazione delle sue qualità e del 10


Gianpiero Gamaleri suo lavoro. Ora le auguro di ricordare ogni giorno quale alta cattedra ella dirige e quanto numerosi e vari siano gli spiriti che da essa attendono informazioni vere, orientamenti costruttivi, svaghi sereni per divenire uomini e cittadini migliori. Questo ricordo quotidiano la renda solerte e attento, con zelo scrupoloso e intelligenza aperta. Io ho assolto il mio dovere di assicurare alla Rai-TV un direttore probo e capace. Assolva ora ella il suo di dimostrare che il governo ha ben servito l’interesse pubblico. Questo è il mio augurio affettuoso per lei e la sua opera.

Non vi è dubbio che, seppure indirettamente e nel solco della sua impostazione cattolica ma laica, la Democrazia Cristiana accettava la sfida di guidare la maggiore impresa culturale del Paese. Ciò implicava un’elaborazione estremamente complessa, volta a conciliare la fedeltà ai propri principi con la duttilità dovuta a un mezzo propulsore del cambiamento della mentalità e dei costumi. Ciò veniva reso emblematico ad esempio nello spettacolo delle gemelle Kessler, la cui immagine “straniera e trasgressiva” piombava anche nelle case delle matriarcali contadine del sud. Ma è soprattutto sul terreno della politica che si manifestava questo delicato equilibrio fra tradizione e modernità, tra conservatorismo e innovazione. Soprattutto sul terreno della comunicazione politica ci si sarebbe aspettato il vantaggio che avrebbe dovuto derivare alla DC dalla gestione di un mezzo tanto diffuso e influente. Ed è qui che l’analisi di Alberoni rivela fin da allora la sua acutezza e attualità. La TV ha avuto indubbiamente una funzione propulsiva sull’intero sistema sociale (economico, culturale e politico) italiano durante gli anni 11


Introduzione

della sua attività e tale attività propulsiva si è svolta, soprattutto negli anni ’50 e ’60, attraverso un intensissimo processo di integrazione sociale. Il punto di riferimento è stato la comunità nazionale: l’appartenenza comunitaria linguistica e culturale oggi realizzata è in ampia misura merito di questo mezzo. Sviluppo della televisione e consenso elettorale A partire dai risultati di una ricerca condotta presso la “Carlo Cattaneo”, illustrata nel 1966 da Giorgio Galli nel suo libro Il bipartitismo imperfetto2, due anni dopo Alberoni (in Presenza della TV in Italia) disegna l’influenza della televisione nella vita del Paese, una disamina sottile ed efficace del rapporto fra mezzo televisivo, espressioni di voto e potere politico. Partendo dagli indici di correlazione tra numero di abbonati alla Rai-TV e i voti delle elezioni del 1959 e del 1963, Alberoni spiega che il potere esercitato da un partito politico di maggioranza (allora la Democrazia Cristiana) sul vertice di un potente mezzo di comunicazione – come la televisione pubblica – non trova necessariamente riscontro nelle scelte di voto degli elettori. Alberoni dimostra che la possibilità di incidere sulla gestione di un mezzo non si traduce meccanicamente in un vantaggio elettorale per il detentore del potere ma esige una mediazione ben più complessa sul terreno culturale, artistico e di linguaggio. La mentalità del telespettatore medio di quegli anni non si identifica più con i valori classici della società italiana postbellica, una arcaica conservazione di stampo contadino di cui la DC almeno inizialmente era rappre12


Gianpiero Gamaleri

sentante, ma con tutto ciò che si orienta in senso di cambiamento e dinamismo. Ed ecco il commento di Giorgio Galli: «la DC come partito dei cattolici non trae vantaggio dalla diffusione della televisione. Più di tutti ne trae vantaggio la sinistra legata ai valori e ai modelli immanentistici della cultura di massa». A favore dell’ipotesi culturale ora delineata la ricerca, utilizzando, grazie a Vittorio Capecchi, dei modelli multidimensionali, mostra che: 1) la correlazione negativa tra diffusione della TV e voto alla DC è tra le più costanti e diffuse a tutti i livelli (comunale e provinciale) e in tutte le zone di insediamento storico del Paese; 2) questa correlazione trova sempre una stessa collocazione nei circuiti causali, collocazione che fa della diffusione della TV un anello logico della catena che porta a un voto diverso da quello per la DC; 3) la televisione si pone in una posizione similare a quella della scuola media, che è l’altro fattore che accompagna il dato negativo sul voto alla DC. Ciò suggerisce l’ipotesi che, mentre un dato grado di acculturamento (passaggio dall’analfabetismo all’istruzione elementare) avvantaggi elettoralmente la DC, un grado di acculturamento superiore (scuola media e TV; per quanto si possa criticare il livello culturale della TV, è fuori di dubbio che esso è più vicino a quello medio che a quello elementare) giochi in senso contrario. Ma vi è anche un altro fattore. La televisione, malgrado ogni sforzo della dirigenza di allora verso i valori dell’umanesimo cristiano, portava e porta con sé un’in13


Introduzione

sopprimibile spinta verso la secolarizzazione, sostituendo i modelli della tradizione con quelli immanentistici della contemporaneità. Significativa a questo proposito è stata la resistenza del mondo cattolico (e anche di quello comunista) alla proliferazione dei messaggi pubblicitari. E anche in questo senso il saggio di Alberoni sulla pubblicità pone tuttora riflessioni di estrema attualità. NOTE 1

Nel presente volume sono raccolte due opere di Francesco Alberoni: la prima, Presenza della TV in Italia, in AA.VV., Televisione e vita italiana, Torino, Rai Eri, 1968; la seconda, Pubblicità e società dei consumi, in AA.VV., Pubblicità e televisione, Torino, Rai Eri, 1968. 2 G. Galli, Il bipartitismo imperfetto, Bologna, il Mulino, 1966.

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