Forse il modo migliore per conoscere una città è partire da quegli spazi indefiniti, che non appaiono sulla mappa, dove fiorisce una natura anarchica ma consapevole. Luoghi “che non esistono”, ai margini, negli sfridi scappati dalla definizione della geografia politica metropolitana. Spazi in cui la città si riappropria di sé, del suo territorio, delle sue porzioni di carne lasciate abbandonate, libere. No men’s land in cui sorgono orti urbani, azioni di guerriglia botanica.