Artesera 02

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N°2 dicembre 2010 / gennaio 2011

pubblicazione gratuita / Mensile / Anno I / Numero 2

MILANO: IL MUSEO DEL NOVECENTO CON FONTANA & CO. CHINA POWER STATION ALLA PINACONTECA AGNELLI Collezione ArteSera: Luisa Rabbia E ancora: un PO d’arte, Accademia Albertina, Scuola Bay, Fonderie d’Arte



l’editoriale

Prima di tutto, grazie. Grazie a tutti i lettori che, via mail o a voce, hanno manifestato il loro punto di vista su ArteSera, decidendo di conoscerlo e di dedicarci del tempo. Molti l’hanno trovato un prodotto inedito e per certi versi necessario, altri ci hanno segnalato delle critiche: il confronto è per noi fondamentale, visto che ArteSera nasce per essere un progetto condiviso; vi rinnoviamo quindi l’invito a mandarci i vostri commenti e consigli. Questo secondo numero è un’edizione un po’ speciale. Un numero doppio, che vi accompagnerà nelle vacanze natalizie e a gennaio, raccontandovi cosa succede in città e fuori porta: per chi volesse fare un salto a Milano, inaugura il Museo del Novecento, mentre al CRAA Villa Giulia di Verbania prosegue la mostra di Cuoghi&Corsello, Bernardini e Ballan. Se invece il freddo vi scoraggia e volete restare in città, non perdetevi China Power Station, la mostra della Pinacoteca Agnelli che fotografa la Cina contemporanea e le sue derive. Tornando indietro passate dal Valentino, dove potrete imbattervi nelle nuove installazioni di Flavio Favelli e Giuseppe Pietroniro. E quando finalmente sarete a casa al caldo, con la vostra copia di ArteSera, fate conoscenza con l’opera di Luisa Rabbia e scoprite come l’arte può trasformare una scuola a S. Salvario, rendendola un luogo dove crescere insieme nel rispetto reciproco. Annalisa Russo

Mensile / Anno I / Numero 2 Dicembre 2010 - Gennaio 2011

Direttore Editoriale Annalisa Russo Direttore Responsabile Olga Gambari Coordinamento di Redazione Barbara Casalaspro Progetto grafico e impaginazione www.dariobovero.it Copertina omaggio a Lucio Fontana

Hanno collaborato ArtatWork, Francesca Comisso, Mariola Demeglio, Angiola Maria Gili, Giorgio Guglielmino, Luca Morosi, Anna Pironti, Luisa Rabbia, Maria Teresa Roberto, Sabrina Roglio, Serbardano, Stefania Sabatino, Luisa Tamagna, Daniela Trombetta, Gabriele Vacis Contatti Arte Sera Produzioni Via Lamarmora, 6 10128 Torino MAIL: redazione@artesera.it

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Testata giornalistica registrata. Registrazione numero N°55 del 25 Ottobre 2010 presso il Tribunale di Torino Tutti i diritti riservati: nessuna parte di questa rivista può essere riprodotta in alcuna forma, tramite stampa fotocopia o qualsiasi altro mezzo, senza autorizzazione scritta dei produttori.


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EVENTO DEL MESE

testo di OLGA GAMBARI

China Power Station racconta la Cina di oggi, una società che si specchia attraverso le opere dei suoi artisti nati dopo Mao.

È

una Cina multiforme, dissonante, alla ricerca di un’identità, giovane e vecchia insieme, affamata di occidente e con nostalgie dolorose e romantiche del proprio passato. La mostra è soprattutto un interessante viaggio antropologico e sociale in un mondo fatto di tante dimensioni compresse insieme, che è sempre sul punto di esplodere demograficamente, socialmente, creativamente. È un percorso che affascina e spiazza, al di là dell’aspetto artistico. C’è un enorme colosseo in ceramica di Huang Yong Ping, pieno di piante, come una piccola piazza, un giardino pensile; poi un plastico in pelle di bue di Liu Wei, anch’esso di dimensioni giganti, che unisce alcuni tra i maggiori monumenti classici europei ma ci mette anche il Pentagono; e poi una barca girata al contrario, di Cai Guo Qiang, che si fa cappella, forche caudine di remi che diventano lance. Cosa ne sanno i cinesi di quell’occidente lontano, negato loro per decenni dal regime, un west che dà loro modelli e sogni, così distanti e sconosciuti da risultare alla fine solo imma-

gini e icone vuote? Quella libertà ancora inseguita, e troppo spesso repressa, diventa una chimera soprattutto consumistica e superficiale, che può trasformarsi in un boomerang sociale e ambientale se conquistata appieno da una nazione che conta oltre un miliardo di individui. La Cina è sempre stata una grande contraddizione: la storia millenaria di una civiltà antica, che ha contribuito a educare anche l’Europa; sublime raffinatezza avvolta in un pugno calloso e impietoso che ha piegato per secoli la schiena del suo popolo e ne ha martirizzato il corpo, siano essi studenti a Tien An Men o intellettuali incarcerati come Liu Xiabo. Si sente il bisogno di radici, di ritrovare l’individuo contemporaneo anche attraverso il passato storico e artistico. C’è un problema d’ identità soprattutto, di esistenza individuale, uno spazio personale che possa convivere in una società per troppo tempo massificata e resa un indistinto gruppo sociale, negando il singolo e i diritti


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Liu Chuang, ‘Buying Everything on You’, 2006


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EVENTO DEL MESE

pag.6 (in senso orario): Huang Yong Ping, ‘Colosseum’, ceramica, terriccio, piante, 2007 Chu Yun ‘Constellation n.2’, 2006 Liu Wei, ‘Love it, bite it’, pelle di bue e pelle di maiale, 2007 Yang Fudong, ‘Lock Again’, video, 2004


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umani. Liu Chuang fa ritratti presentando, dispiegati, tutti gli oggetti personali di alcuni ragazzi. Una catalogazione di vestiti, contenuto delle tasche e delle borse, tessere, abbonamenti, libri, fino alle piccole cose più insignificanti, come le monete e il pettinino. Sono grida di vita, asserzioni di esistenza, in una società enorme e cacofonica, come sembra fare eco l’installazione di Zhang Ding, un grande globo punteggiato di altoparlanti, da cui escono suoni diversi, registrazioni fatte in luoghi della Cina: un pianeta a sé, osservato da lontano. Emerge un generale senso di sradicamento, una storia piena di buchi in cui le persone possono perdersi o riempire con materiali di riporto alieni. Succede spesso con la pittura, che cerca di mescolare la sua tradizione antica su carta, tessuto e ceramica con una cultura visiva pop, sgargiante, fumettistica, di sapere grottesco, come in Sun Xun. Insieme c’è una vena di crudeltà, di sadismo che prende l’aspetto di una riproduzione kitsch in plastica, come nelle foto di Cao Fei, oppure di una tortura splatter, come il ragno che corre su un corpo nudo nel video di Kan Xuan. È un tratto derivato da un’abitudine alla violenza e alla repressione, sia fisica sia psicologica, che ritorna in opere in cui il corpo e la sua organicità sembrano negati, tradotti in un esercizio di smaterializzazione e disincarnazione,

oppure in giochi. E c’è un mondo rurale e popolare, come la piccola e povera bottega del barbiere ricostruita esattamente da Chen Quilin, che si scontra con il futuro, con la tecnologia che dà vita a esistenze virtuali e astratte, come l’installazione luminosa di led colorati di elettrodomestici in stand by di Chu Yun. Oppure opere in cui elementi della cultura animista e magica cinese si metamorfizzano in creature dai mille poteri in video e giochi digitali. Su tutto aleggia il sentimento della perdita del sé e della propria appartenenza storica e culturale, tra l’onda del consumismo selvaggio che ha invaso la Cina e la voglia di recuperare il tempo perduto, mordere la vita, esistere. In questo sono molto interessanti i titoli delle opere, che appaiono essere sottotitoli narrativi, capaci di aprire un dialogo con il pubblico. Per esempio il plastico in pelle di bue ha per titolo Love it, bite it (Ama, mordi), ovvero ama la vita che può essere grande, piena e piacevole, e prenditela, divorala. Oppure il titolo dei ritratti fatti per oggetti personali Buying everything on you (Comprando ogni cosa su di te), che dà l’idea di come gli individui siano elementi di un sistema che li gestisce e subordina, decide per loro, compra e cancella. Ma allora Who has stolen our bodies? (Chi ha rubato i nostri corpi?), riflette il più bel lavoro della mostra, di Chu Yun, un’esposizione di saponette usate, che assomiglia a un quadro astratto.

hans ulrich obrist Hans Ulrich Obrist, uno dei curatori di China Power Station insieme a Gunnar B. Kvaran e Julia PeytonJones, è una figura di critico, curatore e intellettuale che costantemente indaga nuove strade per attraversare e raccontare l’arte contemporanea in relazione al suo tempo e al suo spazio. Da qualche anno ha inventato la formula della ‘maratona’, ovvero lunghi incontri che fanno il punto su diverse scene culturali e artistiche, attraverso l’intervista e la parola diretta dei protagonisti. Per questa mostra torinese si è svolta una maratona nonstop di sei ore il 7 novembre alla Pinacoteca Agnelli, dal titolo Il Futuro della Cina, cui hanno partecipato filosofi, blogger, architetti e artisti cinesi. Un lungo dialogo che, così come la mostra, ha cercato di aprire una serie di letture trasversali sulla dimensione cinese attraverso l’arte. ‘Come diceva Alighiero Boetti’ - commenta Obrist - ‘ogni volta, per ogni mostra, dobbiamo inventarci regole nuove’.


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COPERTINA

museo del novecento testo di maria teresa roberto

Dal 6 dicembre le raccolte civiche milanesi di arte contemporanea hanno una nuova sede e un nuovo nome. È il Museo del Novecento, affacciato su piazza Duomo negli spazi dell’Arengario ridisegnati internamente da Italo Rota e Fabio Fornasari.

A partire dal Quarto Stato di Pellizza da Volpedo, icona della storia e dell’identità nazionale, il percorso illumina tutti gli snodi dell’arte italiana del secolo scorso. In primo piano sono i futuristi e Boccioni, al quale è dedicato un approfondimento monografico, da leggersi in relazione con le avanguardie europee – i Picasso, Matisse, Klee, Kandinsky, Mondrian pervenuti alle raccolte milanesi dalla collezione Jucker. Al livello superiore il legame tra le opere e il contenitore che le accoglie si fa più stringente. Il Novecento di Sironi, Carrà, Funi, Martini e le risonanze metafisiche di de Chirico, Morandi, Casorati dialogano con le spaziature interne dell’Arengario, progettato nel 1936 da Portaluppi e Muzio secondo i dettami del classicismo novecentista, e arricchito all’esterno dai rilievi dello stesso Arturo Martini. Il passaggio al dopoguerra avviene nel segno di Lucio Fontana. Nell’ambiente spettacolare della torre dell’Arengario - sette metri di altezza di pareti vetrate - la spirale di neon bianco realizzata nel 1951 per la Triennale riacquista la sua valenza di opera ambientale, a fianco di un altro soffitto del 1956 e di una folta serie

di Concetti spaziali. Dopo Burri e l’informale romano, e dopo le anticipazioni concettuali e minimaliste dei milanesi di Azimuth (Manzoni, Castellani, Dadamaino), una passerella vetrata conduce agli spazi dell’ultimo piano di Palazzo Reale, strutturati in ambienti che accolgono l’arte programmata del Gruppo T e la Pop italiana, per concludersi con opere seminali di Luciano Fabro e dell’Arte Povera. La geografia dei musei italiani votati alla contemporaneità si è dunque arricchita di un nuovo tassello, unico per la focalizzazione su un giro così concentrato di decenni. Il percorso novecentesco non è infatti preceduto da un excursus ottocentesco – come avviene invece nei musei di arte moderna di Torino, Firenze, Roma – e termina – anche da questo punto di vista in controtendenza con la periodizzazione museografica dominante – nel 1968, anno di aperture e di nuovi inizi. Per seguire lo sviluppo delle attitudini e delle intenzioni formulate alla fine degli anni Sessanta occorrerà attendere che il


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progetto complementare del Museo di Arte Contemporanea disegnato da Daniel Libeskind possa vedere la luce nell’area della ex Fiera. L’ordinamento della collezione del Museo del Novecento, tracciato dalla direttrice Marina Pugliese insieme a un gruppo di studiosi italiani - Piergiovanni Castagnoli, Flavio Fergonzi, Antonello Negri – affiancati da Vicente Todolì, direttore di Tate Modern, sfida i visitatori non solo a riaprire un dialogo ravvicinato con i passaggi nodali del modernismo italiano, ma anche a riscoprire al suo interno i nessi così come le opzioni contrapposte.

*Maria Teresa Roberto insegna Storia dell’arte contemporanea all’Accademia Albertina di Torino. Ha curato mostre e ricerche sui protagonisti dell’arte italiana del XX secolo (tra gli altri Arturo Martini, Pinot Gallizio, Alighiero Boetti, Michelangelo Pistoletto, Luciano Pistoi, Gian Enzo Sperone).

MARZIA MIGLIORA Per il Museo del Novecento Marzia Migliora ha realizzato un percorso sonoro, che funziona come una audioguida, ma che vuole suggerire la possibilità di nuovi accostamenti tra le opere e nuove e diverse modalità di lettura. Il progetto, curato da Marina Pugliese, è nato nell’ambito di Twister, un’iniziativa promossa dalla Regione Lombardia che ha coinvolto dieci artisti per altrettanti musei d’arte contemporanea, per ognuno dei quali è stata realizzata un’opera site-specific. Per dar vita alla sua opera, Marzia Migliora ha chiesto a un gruppo

di persone che non appartengono direttamente al mondo dell’arte visiva (uno scrittore, un musicista, uno psichiatra, un astronauta, una poetessa, un bambino di dieci anni…) di osservare i quadri che lei stessa aveva scelto per loro nelle collezioni del museo, e di dar voce ai pensieri, alle associazioni, ai ricordi che quelle opere suggerivano loro. Come afferma Roland Barthes nella citazione che Migliora ha scelto per intitolare il suo progetto – Quelli che trascurano di rileggere si condannano a leggere sempre la stessa storia – da questi sguardi obliqui e da queste letture inattese e molto private potrà scaturire nei visitatori che le ascolteranno un

approccio differente, così che le opere possano continuare a produrre altri incontri e altri linguaggi. L’audioguida sarà disponibile da gennaio.

foto: Federico Biasin

Ma, a fianco del percorso museografico costruito su categorie storico-critiche, il museo ne offre un altro, fortemente soggettivo e non cronologico, grazie all’intervento dell’artista torinese Marzia Migliora, che ha realizzato una installazione site-specific sotto forma di audio-guida, per evidenziare la molteplicità delle parole e degli sguardi cui ogni opera d’arte può continuare a dare origine e per aprire, sia pure indirettamente, quel dialogo con la contemporaneità che oggi ci appare insostituibile e vitale anche quando al centro dei giochi è il confronto con la storia.

pag.8: Lucio Fontana, ‘Concetto spaziale, Attese’, 1965 (elaborazione di un particolare) pag. 9 (in alto): Torre dell’Arengario, foto di A. Pedretti – Courtesy Museo del Novecento (in basso) immagine del percorso espositivo – Courtesy Museo del Novecento


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il racconto dell’arte

ACCADEMIA ALBERTINA anni 332 testo di angiola maria gili

Chi impara l’arte non sempre la mette da parte. C’è infatti chi fa dell’espressione artistica una ragione di vita e una professione. Ma per imboccare la strada dell’affermazione e dare inizio ad una carriera da artista, scenografo o fotografo, la scuola da frequentare fa la differenza.

L

a nostra città, in questo senso, vanta una storica accademia, una delle più antiche d’Italia, dove i docenti del secolo scorso sono stati dei rappresentanti significativi della scena culturale torinese, da Casorati, Paulucci e Menzio per la pittura, a Cherchi per la scultura e Calandri per l’incisione. Con un passato illustre, l’Accademia Albertina di Belle Arti è ancora oggi una delle più prestigiose e un luogo di alta formazione. Un indice di gradimento è rappresentato dal corpo studentesco, formato da mille iscritti e caratterizzato da numerose presenze internazionali. Ma cosa fa dell’accademia subalpina una zona di accesso al panorama creativo contemporaneo? Anche se ha

332 anni, poiché fondata nel 1678 da Giovanna Battista di Savoia Nemours, l’Accademia Albertina ha un’attività tutt’altro che vetusta. Il suo direttore Guido Curto, da cinque anni in carica, ha voluto forgiare un’istituzione dinamica, radicata nel contesto della formazione universitaria regionale e nel tessuto territoriale. Una realtà viva, in continua espansione, capace di collaborare con le altre importanti istituzioni museali, come il Castello di Rivoli, la Fondazione Merz, la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo e la Galleria d’Arte Moderna. L’offerta formativa dell’Accademia Albertina si fonda da un lato sulla tradizione e sui saperi tecnici consolidati, dall’altro sulla sintonia con i linguaggi di oggi. E’ strutturata su un piano di 99 discipline, tra cui alcune materie funzionali al contesto sociale dei nostri giorni, come Progettazione artistica per l’impresa e Didattica dell’arte. Eppure questa struttura, adatta alla formazione universitaria, è anche uno spazio accessibile a tutti i fruitori della cultura, di qualunque età e background. Costoro possono frequentare corsi ad hoc e approfondire le loro conoscenze in ambito artistico. Inoltre l’Accademia è uno spazio in cui vengono ospitati eventi culturali e mostre di arte antica, moderna e contemporanea, offrendo occasioni di dialogo e confronto proprio a chi non è addetto ai lavori, ma nutre spontanea curiosità e passione per l’arte. Qui qualcosa accade sempre: è possibile varcare la soglia di Via Accademia Albertina 6 e visitare una mostra, assistere ad un concerto, ascoltare una conferenza. Nelle sale di questo edificio ottocentesco hanno avuto luogo dal 2005 le edizioni del progetto espositivo Proposte. Fino al 4 dicembre è allestita al primo piano la sedicesima

edizione di Nuovi Arrivi, organizzata dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Torino. La rassegna, curata da Maria Teresa Roberto, propone le opere di giovani artisti che vivono, studiano e operano in Piemonte (lun-sab 16-19). Fino al 18 dicembre è aperta la mostra A Fiordipelle, costituita da disegni e dipinti realizzati dagli studenti del corso di Anatomia artistica. I loro lavori mettono a nudo ciò che si cela sotto la carne dei soggetti di alcuni capolavori della Pinacoteca Albertina. E’ proprio la Pinacoteca a fornire un ulteriore val re aggiunto all’Accademia. Voluta da Carlo Alberto nel 1833 come completamento della Regia Accademia (da cui il nome Albertina), essa rappresenta un patrimonio di opere eccezionale, esposto nel palazzo attiguo (da lunedì a sabato, ore 10-18). Un percorso appena riallestito da Curto, in cui i colori differenti delle pareti scandiscono cinque secoli di storia dell’arte. In questi spazi intrisi di passato, l’arte contemporanea fa nuovamente incursione. L’artista torinese Paolo Grassino ha creato cinque grandi sculture in alluminio patinato e un pannello a parete che accompagnano il visitatore, sala dopo sala. Sono cervi i soggetti di queste opere, silenziosi guardiani di antichi capolavori.

*Angiola Maria Gili è nata nel 1971 a Torino, dove vive e lavora. Laureata in Storia dell’arte contemporanea, è responsabile dell’ufficio stampa della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo. Come giornalista pubblicista ha collaborato con diverse testate, tra cui Torinosette de La Stampa.


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Nuovi Arrivi/Proposte 2009 - Start me up: Fatma Bucak, ‘Melancholia I TabernaculumĂŹ, 2008, digital archival pigment print

Paolo Grassino, per il progetto Contaminazioni, 2010


co llezio ne


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collezione arte sera: Luisa rabbia

60 BRACCIATE

testo di Giorgio Gugliemino*

A Luisa Rabbia piace nuotare. A stile libero. Guardando il suo lavoro mi sembra naturale pensare che questo sia il suo sport. Chissa’ se Jackson Pollock e Franz Kline hanno mai giocato a squash con la stessa forza con la quale gettavano la pittura sulla tela. Chissa’ se a Giulio Paolini piace lo sci di fondo: mi viene in mente questo artista pensando a quando, chi lo pratica, si ferma un attimo e guarda prima le tracce dietro di se’ e poi la neve fresca davanti, e pensa se le prime siano il riflesso elaborato dell’altra e se vi sia una relazione tra le parti di un tutto bianco e uniforme come una tela. Il lavoro di Luisa Rabbia è regolare e paziente. Con la sua biro blu traccia una linea dopo l’altra, una accanto all’altra, sempre con la stessa pressione dei muscoli della mano. è uno scorrere lento ma continuo, proprio come quello di un nuotatore che non fa dell’agonismo, ma che controlla il proprio corpo e lo muove ritmicamente dentro ad un altro elemento. Luisa impiega 20 bracciate a percorrere una vasca. 60 bracciate rappresentano un’ andata, un ritorno, e di nuovo un’ andata. 60 bracciate costituiscono quindi una sorta di tesi, antitesi e sintesi. Cosi’ funziona anche il suo lavoro. Ad uno spunto iniziale segue un momento di riflessione che poi sfocia nello slancio finale. Lo spunto iniziale viene prima ripensato per poi aggiungervi quel tocco magico, quelle ultime 20 bracciate, che trasformano un insieme di segni in un’opera d’arte. L’istruttore di Luisa, che la segue con sguardo attento dal bordo della piscina la rimprovera, perche’ dice che lei, nuotando, prende il respiro con cadenza troppo diradata. Respira ogni cinque bracciate, mentre sarebbe bene prendere il respiro ogni tre. Io credo che questo dipenda dal fatto che per Luisa Rabbia il respiro e’ un distogliersi dall’acqua. La stessa perseveranza, lo stesso tenace desiderio di trattenere il respiro, lo si vede nei suoi disegni. Niente sembra poterla distrarre mentre lavora, quando e’ immersa nel suo altro elemento naturale oltre all’acqua, che e’ il disegno. Non a caso blu, come il mare.

* Giorgio Gugliemino ha lavorato e vissuto in Gran Bretagna, Kenya, India, Argentina e Bangladesh. Collezionista di arte contemporanea, ha pubblicato Le opere d’arte trafugate (Nardini, Firenze 1997) e, per Allemandi, ‘Come guardare l’arte contemporanea (...e vivere felici)’ (ed. italiana 2000 e 2007; inglese 2008) e ‘Ladies & Gentlemen. Le 200 persone che contano di piu nell’arte contemporanea’ (2005). Dal 1999 cura per ‘Il giornale dell’Arte’ la rubrica ‘Alice nel paese delle meraviglie: viaggi nelle Gallerie’.

‘Carrying the Future’, 2010 (father), matita bianca, acrilico blu, papier-mâché’, tessuto, cm 86x50x53, Courtesy Giorgio Persano, Torino

luisa rabbia Luisa Rabbia vive a New York da qualche anno. è un’artista torinese, che però vede la sua città da fuori. L’abbiamo invitata a progettare le sue pagine per ArteSera, a immaginare la sua presenza attraverso un’opera. Il lavoro e il confronto insieme si sono svolti attraverso una conversazione a più puntate via email. Tra le molte cose, Luisa Rabbia ci ha detto e scritto:‘Ogni mio disegno e’ un modo visivo per raccontare e dare un messaggio. I disegni che ho scelto rappresentano sguardo, prospettiva, memoria, desiderio, disincanto. Questi miei ultimi lavori sull’immigrazione nascono proprio dalla mia osservazione su un’Italia e una Torino che cambia mescolandosi a nuove culture, anche se poi il discorso si fa più universale perché si trova ovunque nel mondo. Per Collezione ArteSera: Carrying the Future, 2010 (father), matita bianca su acrilico blu, Courtesy Galleria Charlotte Moser, Ginevra (CH).

‘L’altro (6)’, 2010. Matita bianca su acrilico blu, medium densit. Cm 25x25x1 Courtesy Giorgio Persano, Torino


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arte pubblica

Un Po d’Arte...

Un PO d’arte è un progetto di arte pubblica che offre agli artisti la possibilità unica di creare grandi opere in esterno nelle aree verdi sul Lungo Po Moncalieri e Corso Unità d’Italia di Torino.

U

n progetto di scultura pubblica nasce dalla convinzione che l’uso creativo dello spazio pubblico sia fondamentale per il miglioramento dell’ambiente urbano e la fruizione pubblica dell’arte offra un’occasione di miglioramento della qualità della vita. Le opere che cresceranno negli anni resteranno alla città come nuovi segni permanenti nel paesaggio urbano. Un PO d’arte è un lavoro “in progress” che vede il costante arricchimento delle aree verdi sul Lungo Po di Torino con opere realizzate specificatamente per questi siti da artisti italiani ed internazionali. Il progetto è caratterizzato da sculture ed installazioni che coinvolgono lo spettatore in prima persona; passeggiando si possono incontrare opere d’arte che offrono l’occasione di guardare il mondo con occhi diversi, aperti all’imprevisto e all’immaginazione. Le opere nelle aree Verdi del Lungo Po alterneranno divertimento e relax, osservazione e partecipazione, ristoro, riflessione e ricreazione. Se storicamente il Lungo Po era un luogo di contemplazione della natura, oggi diviene un luogo vivo, un punto di incontro, un luogo di relazioni tra arte e paesaggio. Le opere dialogano con il contesto che le ospita e, al tempo stesso, danno vita ad un percorso che trasforma il paesaggio urbano.

FLAVIO FLAVELLI ‘Black Villa è un recinto-gazebo, una gabbia assemblata con inferriate, balconate e cancellate vecchie che ho raccolto in giro, negli anni, secondo una pratica a me familiare di scoperta e traduzione di quelli che sono i miei mate-

riali artistici’ dice Flavio Favelli. La sua installazione, vicino all’ex zoo di Parco Michelotti, misura 350 cm in altezza, 600 cm in larghezza e 350 cm di lato: un insieme di vecchi ferri battuti, ribattuti e verniciati di nero lucido che sembrano una voliera abbandonata, una serra in disarmo.’Quando il trasportatore ha deposto con la gru il lavoro’- ricorda l’artista -‘mi ha chiesto cosa fosse, se fosse una gabbia per leoni, e in effetti c’è anche questo dentro. Il luogo dell’ex zoo torinese mi ha fatto ricordare i Giardini Margherita di Bologna, dove giocavo da piccolo. Lì c’era proprio un piccolo zoo con una gabbia dei leoni, di quelle fatte come una volta, poco tecniche, di gusto un po’ liberty. E c’è anche un’altra suggestione che è venuta fuori, un altro ricordo, di quando mia madre mi portò la prima volta a Londra, avrò avuto dieci-dodici anni, e vidi le serie, imponenti e regali cancellate di Bukingham Palace, nere e lucide con inserti in oro’.

GIUSEPPE PIETRONIRO Enorme pannello pubblicitario vicino al Castello del Valentino, rivolto anche verso il fiume, il Billboard di Giu-

seppe Pietroniro è uno schermo ma anche uno specchio. ‘Dentro ci sono tutti questi elementi, perché quello che volevo creare era un luogo parallelo alla realtà, in cui questa si riflettesse, ma dove l’immagine ne risultasse distorta. La mia è una riflessione sulla nostra società e sul nostro quotidiano, in cui la realtà è diventata una fiction manipolata da pubblicità e televisioni, e non si sa più come distinguere le due dimensioni. Il mio cartellone diventa uno schermo - non a caso ha le dimensioni cinematografiche dei 16:9 - che specchia il contesto naturale e urbano in cui è inserito, ma, avendo lavorato per rovinare un po’ la superficie dei due fogli di acciaio, la visione è alterata, non fedele. Si rifletteranno sia il Castello, sia gli allenamenti sul fiume dei canoisti dei circoli di canottaggio: in questo vorrei dare il mio punto di vista sulla realtà, con un’immagine che sia una simulazione e che risulti, però, in movimento, non fissa, come un monitor televisivo’ dice l’artista. Intanto il ferro non trattato della struttura che regge il grande schermo sta già diventando rossa di ruggine, come le foglie degli alberi del parco in questa stagione.


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in alto: Giuseppe Pietroniro, ‘Billboard’, foto di Simona Cupoli / in basso: Flavio Favelli, ‘Black Villa’, foto di Simona Cupoli

art at work Art At Work è un progetto di Ilaria Bonacossa, Paola Clerico, Luca Conzato, Ilaria Gianni, Riccardo Ronchi, Francesco Stocchi. Art At Work nasce con l’obiettivo di realizzare progetti, installazioni e mostre di arte contemporanea. L’Associazione intende offrire ad artisti italiani e internazionali la possibilità di realizzare il massimo potenziale delle loro idee nelle migliori circostanze possibili, per questo AAW non ha una specifica sede espositiva e i progetti vengono ideati, prodotti e realizzati in luoghi diversi in Italia e all’estero. Attraverso un continuo dialogo con gli artisti, AAW mira alla creazione di una piattaforma di lavoro innovativa che permetta la realizzazione di opere fuori dell’ordinario nei diversi media. Art At Work, grazie alla flessibilità della sua struttura e alle diverse competenze del gruppo, si prefigge di collaborare sia con collezionisti che con istituzioni pubbliche e private al fine di poter utilizzare vari ed efficaci meccanismi di diffusione e di promozione dei progetti all’interno del sistema dell’arte contemporanea. Art At Work collabora con aziende pubbliche e private per facilitare ogni tipo di progetto o evento legato alla creatività.


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sconfinamenti

TRA ARTE, VITA E DESIGN testo di mariola demeglio*

Il mio primo impulso, quando mi hanno chiesto di raccontare il mio lavoro, che è la mia passione, che è, alla fine, la mia vita, è stato quello di lasciare queste pagine in bianco: provocazione, citazione... non so. Io faccio, parlo, non scrivo.

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arlo e intanto costruisco, pezzo per pezzo, come i mattoncini del mio logo, una ‘Cosa’, che è vita/lavoro. L’una e l’altro, appunto, si intrecciano curiosamente e si marcano reciprocamente il territorio; l’equilibrio è, a volte, precario. A me piacciono le belle cose, quelle nate da idee e sguardi speciali, da immaginazioni folli e pratiche insieme, che fondono arte e funzionalità, in cui il design è molto, molto di più. Nel modernariato io leggo la storia del Novecento, la vita dei grandi architetti e designer che segnavano il cammino di un secolo attraverso linee e materiali, ipotesi visionarie a cui davano corpo e che servivano anche per vivere. E poi si vive meglio usando, toccando, vedendo vicino a sé le belle cose, quelle con un’anima, che ti raccontano e condividono la quotidianità, aprendoti anche ad altro. Da lì il mio sguardo parte per arrivare a comprendere il territorio dell’arte, quello della pittura, della scultura, della fotografia. Il confine è difficile da definire, permeabile, mobile: seguo e presento molti artisti, in mostre singole, tenendoli in studio. Sono nomi storici così come giovanissimi, anche allievi dell’Accademia. Ma partiamo dall’inizio. In principio mio marito Giancarlo Cristiani impostò la sua ‘Cosa’ cercando, selezionando e scegliendo pezzi di modernariato, di design di autori italiani ed internazionali, preservando e nobilitando forme, cultura, privilegiando arredi ed oggetti fuori produzione e pezzi unici, dagli anni ‘30 al razionalismo degli anni ‘50, fino agli anni ‘80. Ponti, Fontana, Albini, Pagano, Sottsass e Prouvé sono alcuni dei designer presenti in galleria insieme a Jacopo Foggini, Ugo La Pietra, Andrea Branzi, Lino Sabbatini; Pomodoro e Astore gli artisti. Tutto questo in uno spazio anch’esso storico, all’interno delle mura romane, nell’unica casa torinese del 1400, casa Broglia, vestendo e ospitando le opere in una cornice magica. In trentacinque anni Giancarlo ha sviluppato una grande conoscenza a livello storico ed estetico, con la soddisfazione di essere un punto di riferimento per i collezionisti internazionali. Un’attività che divide tra Torino e uno spazio a Parigi, una casa-galleria rivestita interamente d’edera. Poi nel 2004 sono arrivata io, apportando al lavoro di Giancarlo la mia ‘follia estetica’, il mio colore a quell’u-

niverso di bellezza, iniziando così anch’io la costruzione della mia ‘Cosa’. Lo spazio-galleria è diventato idealmente casa per noi e per altri, un punto d’incontro artistico, una dimensione non solo commerciale ma luogo di scambi, di eventi, di mostre, di cultura del bello e per il bello. Senza limiti. In occasione dell’evento 751: 7 giorni, 5 artisti, 1 galleria, un gruppo di writer ha usato lo spazio della galleria come laboratorio-abitazione sotto lo sguardo diretto e continuo di una telecamera. Nella mostra Dal rigore delle mani la certezza, la coerenza stilistica e il rigore analitico della ricerca artistica hanno unito le opere d’architettura d’interni di Albini e Pagano alle installazioni di Nicola Ponzio. E ancora, per l’esposizione Flaminio Bertoni, laboratorio d’idee: escursione nel mondo industriale dell’automobile, si è data visibilità a disegni, sculture e progetti grafici di Flaminio Bertoni, grande creativo per Citroen (sue Traction Avant, DS, 2CV e AMI 6). La costruzione della ‘Cosa’ cresce e continua a divenire occasione di esperienze che escono dal contesto fisico e vanno per il mondo, che ci risponde. Capita così che in un borgo antico nelle Alpi Marittime liguri, a Trovasta, ospitiamo artisti, designer, fotografi, e, tra patè d’oliva e pesto e un assaggio di Ormeasco d’annata, viviamo e lavoriamo, allestendo eventi volutamente contraddittori quali ‘biennali annuali’. Oppure che gioielli d’artista creino un tesoro di linee, volumi e materiali, come in Forma VS Materia. Vita e lavoro nell’arte col gusto di fonderli, e, in questo, trovare senso per noi e riscontro nel mondo. La progettualità e la costruzione del bello sono da vivere: inizia un’altra fila di mattoncini rossi.

*con il prezioso aiuto, per la stesura del testo, di Luisa Tamagna, designer e amica.


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Alessandro Mendini, poltrona proust, 1979


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storie

in alto: immagine tratta dal Calendario Lavazza 2009 / in basso: Francesca Lavazza

tempo di calendari Il calendario Lavazza da diciannove anni si muove tra l’arte, il design e la foto di reportage. Intervista a Francesca Lavazza.

L

a fotografia è da sempre l’ambito artistico in cui ci muoviamo: un linguaggio universale che non ha bisogno di decodifiche linguistiche e, un po’ come il nostro prodotto, riesce a superare i confini e a parlare al mondo, a creare delle emozioni, siano queste estetiche o sensoriali. I Calendari Lavazza partono da questo concetto e si posizionano tra l’arte e la storia della fotografia proprio per l’aspirazione a parlare di eccellenza: sin dalla prima edizione nel 1993 abbiamo chiesto a grandi fotografi, da Helmut Newton, a Ferdinando Scianna, Marino Parisotto, Ellen Von Unwerth e Albert Watson per citarne solo alcuni, di interpretare con il loro stile l’idea di una tazzina di espresso. Credo che la peculiarità che ci differenzia da altri illustri calendari sia quella di aver sempre posto come protagonista delle immagini il nostro caffè, lasciando liberi i fotografi ma al tempo stesso chiedendo loro di interpretare liberamente un gusto che è italiano, che è simbolo del Made in Italy nel mondo e che ci rappresenta. Molti autori famosi hanno interpretato per voi la tradizione italiana del caffè e la sua ritualità attraverso il loro immaginario. Da una prima fase in cui la fotografia d’autore dei calendari è stata visualizzata in bianco e nero, siamo passati nel 2002 al colore con la creatività visionaria di David LaChapelle e, con lui, a una sorta di nuovo corso per la nostra comunicazione internazionale.

testo di REDAZIONE

Da allora, attraverso nomi come Jean Baptiste Mondino, Thierry Le Goues e Erwin Olaf, siamo giunti a quello che è diventato, più che un claim, un vero manifesto d’intenti che ci accompagna in tutta la nostra comunicazione nel mondo e in Italia: The real italian espresso experience. Tre anni fa abbiamo chiesto a un’icona della fotografia come Annie Leibovitz di dare corpo all’idea di italianità. Lo scorso anno, insieme a Miles Aldrige, abbiamo colto la forza del nostro Paese utilizzando come codice di lettura la musica. Ora, grazie a un lavoro entusiasta sviluppato con Mark Seliger, ci siamo confrontati con il tema in assoluto più universale e, permettetemi, più italiano, che è l’amore. In quest’ultimo progetto siamo partiti da un dato di fatto e cioè che, nonostante tutto, non innamorarsi dell’Italia sia impossibile. Forse per i paesaggi che ci circondano, forse per i colori, per la gente che sorride, per il fatto di trovare sempre una soluzione ai problemi che paiono insormontabili...forse anche per il nostro espresso che fin dal mattino ci fa compagnia durante la giornata, ci fa socializzare e prendere una pausa! Insieme a Mark e all’Agenzia Armando Testa abbiamo guardato l’amore attraverso coppie colte in paesaggi unici come Venezia e Capri, in situazioni ora surreali ora oniriche. Un lavoro che vuole essere un inno all’ottimismo. Qual è il Suo rapporto con l’arte e con il collezionismo? Da sempre l’arte, e la fotografia in particolare, sono state


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immagine tratta dal Calendario Lavazza 2009

una mia passione. Grazie anche alla mia famiglia, che mi ha trasmesso il piacere del bello, grazie ai tanti amici che frequentavano la nostra casa, come Armando Testa, ho potuto fin da bambina respirare il piacere del segno, della linea e della parola. Ho avuto la possibilità di lavorare nell’Agenzia Testa come copywiter, prima di ricoprire l’incarico di Corporate Image Director in azienda e dedicarmi in modo professionale e continuativo a quella che è la mia passione, la comunicazione intesa in senso globale. Questo lavoro è per me unico. Mi piace confrontarmi con le persone con cui lavoro, condividere le scelte degli artisti che collaborano con noi e che ci seguono nei tanti progetti di cui il calendario è certamente l’esempio più celebre. In ufficio la mia collezione privata parte dai disegni dei miei figli. Ho qui per loro una lavagna sulla quale amano lasciarmi messaggi e disegni, e questo mi riconcilia sempre con il mondo. Poi alle pareti mi ricordano la nostra storia le copertine di tutti i Calendari Lavazza così come i disegni originali di Caballero e Carmencita firmati da Armando Testa negli anni Sessanta. Quali artisti Le piacciono? Apprezzo molto la giovane fotografa Lara Jade, Franco Fontana che è un maestro e adoro Gaetano Pesce e

l’amico Fabio Novembre, che con le sue visioni surreali mi porta in altre dimensioni. E tra gli artisti torinesi? Su tutti amo Alighiero Boetti e i suoi meccanismi di pensiero sull’arte. Pensi che è tale la mia passione, che mio fratello ha deciso di dedicarmi una macchina espresso Lavazza proprio ispirata a Boetti e al suo lavoro sulle parole e sull’arte! Mi piace moltissimo anche Giuseppe Penone e il suo lavoro che continua a evolversi. Poi Casorati, Spazzapan, Menzio e Paolucci, che hanno raccontato la Torino del ‘900. Invece tra i più giovani Daniele Galliano, la torinese d’adozione Lara Favaretto, Valerio Berruti e Enrico de Paris. Per me è un piacere circondarmi di opere, oggetti e “artisti” che ammiro, ma senza un desiderio di collezionismo fine a sé stesso. L’importante è che mi regalino un’emozione. Il piccolo principe di Saint- Exupèry è il libro semplice e unico che tengo sempre con me perché mi regala continuamente nuovi spunti e punti di vista con cui guardare il mondo. Quali mostre ha visto recentemente? L’ultima che ho visitato è stata China Power Station alla Pinacoteca Agnelli sull’arte contemporanea cinese. Diverse tecniche, pittura, fotografie grafica per

una visione del mondo onirica in bilico tra la storia, la nostalgia e la realtà. Poi nel bellissimo spazio della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo ho visto Modernikon, dedicata, invece, all’arte contemporanea russa. Torino per gli amanti dell’arte è uno stimolo continuo, dagli eventi più istituzionali a quelli più underground, ricchi di fermenti e nuovi talenti emergenti. Verso il design come si pone? Lavazza da tempo crea eventi legati al design come Lavazza Design Paradiso: un progetto complesso e una sfida, che ha coinvolto giovani designer come Enrico Azzimonti, Ilaria Gibertini, Giulio Iacchetti, Shinobu Ito, Matteo Ragni. Poi siamo ormai stabilmente presenti al Salone del Mobile di Milano negli spazi di Zona Tortona. Lo scorso anno, invece, abbiamo proposto un percorso dal titolo Lavazza Design Machines, che permetteva di scorgere, attraverso le macchine espresso, tutto il genio stilistico e creativo di autori – da Pininfarina a Giugiaro, a Elastico Disegno – alle prese con l’interpretazione di un oggetto reale e quotidiano come la macchina espresso. Il mio rapporto con il design passa anche attraverso questo percorso funzionale: credo che il bello non debba avere barriere e, nel caso del nostro lavoro e del caffè che ci rappresenta, deve conquistare ed essere piacevole in ogni momento della giornata.


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MUSEI TORINO E DINTORNI

agenda musei

GALLERIA CIVICA D’ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA (GAM)

AS IF

martha rosler La prima mostra di un museo italiano dedicata al lavoro di Martha Rosler raccoglierà le più importanti opere dell’artista dal 1965 ad oggi. AS IF (come se) è la formula che Martha Rosler ha sempre usato per descrivere il suo metodo di lavoro che è quello tipico dello schizzo, in antitesi a un concetto di compiutezza delle opere.

OSVALDO LICINI

FONDAZIONE SANDRETTO RE REBAUDENGO

PINACOTECA GIOVANNI E MARELLA AGNELLI

Arte Contemporanea dalla Russia

Arte contemporanea cinese dalla collezione Astrup Fearnley

MODERNIKON

La mostra presenta al pubblico le più nuove e interessanti ricerche artistiche di un Paese che solo di recente si è proposto sulla scena internazionale. La mostra è patrocinata dal Ministero per gli Affari Esteri. QUANDO: 23 settembre - 27 febbraio 2011 DOVE: Via Modane 16 Torino INFO: 011 3797600 – web. www.fondsrr.org info@fondsrr.org

La mostra antologica dedicata a Osvaldo Licini, maestro del Novecento italiano e internazionale e rappresentante di spicco dell’arte astratta, presenterà al pubblico i cento capolavori dell’artista.

FONDAZIONE MERZ

QUANDO: dal 24 ottobre 2010 - 30 gennaio 2011 DOVE: Via Magenta, 31 Torino INFO: tel. 011 4429518 – web. www.gamtorino.it

La Fondazione presenta nei suoi spazi le opere realizzate da Mario Merz in occasione della mostra Che cos’è una casa?, esposizione esemplare tenutasi nel 1999 alla Fundação de Serralves di Porto, a cura di Vicente Todolí. L’esposizione è arricchita presentazione dei disegni che l’artista aveva scelto per illustrare il libro dei suoi scritti uscito contemporaneamente all’inaugurazione della mostra portoghese.

CASTELLO DI RIVOLI

Retrospettiva

Il Castello di Rivoli organizza e propone la prima retrospettiva in un museo europeo dell’artista americano John McCracken (Berkeley, California, 1934. Vive e lavora a Santa Fe, Nuovo Messico), protagonista di fama internazionale dell’arte americana.

EXHIBITION, EXHIBITION

Attraverso l’uso di un formato espositivo inedito, la mostra EXHIBITION, EXHIBITION, specificatamente concepita per gli spazi della Manica Lunga, riflette sulla percezione e sull’esperienza del guardare l’arte e le mostre. QUANDO: John McCracken Retrospettiva: 4 novembre 2010 – 6 marzo 2011 EXHIBITION, EXHIBITION: 21 settembre 2010 – 9 gennaio 2011 DOVE: Piazza Mafalda di Savoia - Rivoli INFO: 011.9565222 – web. www.castellodirivoli.org info@castellodirivoli.org

DICEMBRE 2010 / GENNAIO 2011

Che cos’è una casa? MARIO MERZ

QUANDO: 1 dicembre 2010 - 6 marzo 2011 DOVE: Via Limone 24 Torino INFO: www.fondazionemerz.org info@fondazionemerz.org

CHINA POWER STATION

L’arte contemporanea cinese, tra artisti d’avanguardia e nuova generazione post-Mao: in mostra video, installazioni, pittura e scultura che raccontano la vibrante scena artistica cinese, svelando una società multiforme, dissonante, alla ricerca di un’identità, tra passato e presente. QUANDO: 7 novembre 2010 - 28 febbraio 2011 DOVE: Via Nizza 230 Torino INFO: 011 0062713 – www.pinacoteca-agnelli.it ufficio stampa@pinacoteca-agnelli.it

PARCO D’ARTE VIVENTE

PRIVATE GARDEN

Arnaud Hollard e Juliana Mori, Dacia Manto, Alessandro Quaranta, Nicola Toffolini Il termine Giardino riporta a un suo ripensamento in chiave intima, anche a partire dall’etimologia del termine tedesco Garten, luogo cinto e concluso. Nella collettiva, i lavori site-specific di Nicola Toffolini, Arnaud Hollard e Juliana Mori, Alessandro Quaranta e Dacia Manto, intendono riflettere sull’ambiente inteso come luogo in cui avvengono metamorfosi continue. QUANDO: 30 ottobre - 9 gennaio 2011 DOVE: Via Giordano Bruno 31 Torino INFO: www.parcoartevivente.it / info@parcoartevivente.it

SOCIETA’ PROMOTRICE DELLE BELLE ARTI

L’ESSENZA AL FEMMINILE Roberto Piaia

Corposa mostra antologica di Roberto Piaia: più di 160 opere tra olii, disegni e sculture da cui trasuda una femminilità che interpreta il mondo e le emozioni, uno sguardo che spazia dalla storia all’attualità, che rilegge i classici e la religione, uno sguardo di vita. QUANDO: 20 novembre 2010 – 16 gennaio 2011 DOVE: Viale balsamo Crivelli, 11 – Torino INFO: 011.6692545 - www.promotrice.com


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BARRIERA

PINACOTECA ALBERTINA

FONDAZIONE FERRERO

David Renggli / Cristian Andersen (Colazione in Barriera 2010)

Paolo Grassino

L’essenza del paesaggio

GROUNDHOG DAY

Mostra curata da Salvatore Lacagnina (curatore delle sedi italiane dell’Istituto Svizzero) che ci accompagnerà tra le opere di David Renggli e Cristian Andersen. QUANDO: 7 novembre 2010 – 15 gennaio 2011 DOVE: Via Crescentino 25 Torino Torino INFO: 011.2876485 web. www.associazionebarriera.com barriera@associazionebarriera.com

VILLA GIULIA – CRAA CENTRO DI RICERCA ARTE ATTUALE

Cuoghi & Corsello Carlo Bernardini Erwan Ballan

Cuorghi & Crosello, celebre coppia che ama sperimentare con video, musica e luce, presenta performance e lavori visivo-sonori. Carlo Bernardini indaga sul concetto di trasformazione percettiva dello spazio attraverso un lavoro teso tra dimensione scultorea e installazione. Edward Ballan indaga, attraverso la pittura i processi di ‘rigenerazione’ della pittura al di là dei formalismi e delle citazione post-moderna. QUANDO: 31 ottobre 2010 – 13 febbraio 2011 DOVE: Corso Zanitello, 8 - Verbania INFO: 0323.557691 - web. www.craavillagiulia.com (vedi visita guidata a pagina 26)

Contaminazioni Per il terzo appuntamento del ciclo Contaminazioni, che prevede interventi site specific di artisti nelle sale della Pinacoteca, Paolo Grassino presenta quattro cervi bianchi in fusione di alluminio sabbiato. Simbolo ultraterreno di purezza, i cervi, installati in contrasto con pareti colorate, tra rappresentazioni di paesaggi, appaiono uscire dai quadri, leggeri, come anime, per osservare le opere e il pubblico presente. QUANDO: 4 novembre 2010 – 30 aprile 2011 DOVE: Via Accademia Albertina, 8 - Torino INFO: 011.889020 web. www.accademiaalbertina.torino.it

CITTA’ DELL’ARTE FONDAZIONE PISTOLETTO

Wael Shawky

Contemporary Myths La mostra presenta il video Cabaret Crusades: The Horror Show File, una produzione di Cittadellarte messa in scena con le marionette della collezione bicentenaria Lupi. Il tema del film sono le crociate, presentate traendo ispirazione dal libro Le crociate viste dagli arabi di Amin Maalouf, con lo scopo di denunciare l’assurdità di ogni conflitto, con particolare riferimento ai conflitti del tempo attuale. QUANDO: 25 giugno 2010 - 30 aprile 2011 DOVE: Via Serralunga, 27 - Biella INFO: 01528400 - web. www.cittadell’arte.it fondazionepistoletto@cittadell’arte.it

MUSEO INTERNAZIONALE DELLE ARTI APPLICATE OGGI (MIAAO)

Arts and Crafts Supermarket

Savoir faire à la piémontaise II Per il quinto anno consecutivo la Galleria Sottana del MIAAO si trasforma in un eccentrico temporary shop di arti applicate contemporanee e del design autoprodotto, soprattutto giovanile e italiano: gioielli e bijoux; arte tessile e moda; ceramiche e accessori per il corpo; oggetti di design e gadgets. QUANDO: 6 novembre 2010 - 6 gennaio 2011 DOVE: Via Maria Vittoria , 5 - Torino INFO: 011 0702350

GIORGIO MORANDI Una raccolta straordinaria, di 64 oli su tela e 6 acquerelli, che segue la grande monografica del 2008 del Metropolitan Museum di New York, ripercorrendo i cinquant’anni di attività di Morandi paesaggista. Noto come autore di nature morte, Morandi svela, nei suoi paesaggi essenziali, una visione della natura poetica, silente e astratta. QUANDO: 15 ottobre 2010 - 16 gennaio 2011 DOVE: Via Vivaro, 49 - Alba (CN) INFO: 0173.295259 / info@fondazioneferrero.it www.fondazioneferrero.it

MUSEO REGIONALE DI SCIENZE NATURALI

HANS HARTUNG Lo slancio

In mostra 25 opere di Hartung, realizzate in un periodo compreso tra il 1947 ed il 1985, che ripercorrono il percorso creativo dell’artista in quella fase di vita segnata dalla disabilità fisica. Protagonista indiscusso dell’Arte Astratta e Informale europea, Hans Hartung (1904-1989), mix di ‘genio e sregolatezza’, ha incontrato tutte le avanguardie del XX Secolo, pur mantenendo una posizione di costante indipendenza, ricevendo i più ampli consensi internazionali sia dal pubblico sia dalla critica, a partire dagli anni ’50. QUANDO: 19 dicembre 2010- 30 gennaio 2011 DOVE: Via Giolitti, 36 - Torino INFO: 800 329 329 / 011.432.6354 web. www.regione.piemonte.it/museoscienzenaturali www.hartungloslancio.it


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GALLERIE TORINO E DINTORNI

agenda gallerie

DICEMBRE 2010 / GENNAIO 2011

41 ARTE CONTEMPORANEA

ERSEL

COLLETTIVA

4 novembre 2010 - 7 gennaio 2011 Piazza Solferino, 11 - Torino lunedì - venerdì 9.00 – 18.00 www.ersel.it

PAPIER

9 novembre 2010 - 30 gennaio 2011 Strada Val Salice, 9 - Torino martedì - venerdì 15.00 - 18.00 www.41artecontemporanea.com

ALBERTO PEOLA Arte Contemporanea

RICORDO DI ESSERCI STATA LAURA PUGNO

6 novembre 2010 – 29 gennaio 2011 Via della Rocca, 29 - Torino lunedì - sabato 15.30 - 19.30 www.albertopeola.com

ERMANNO TEDESCHI GALLERY

IL BACIO

BARBARA NAHMAD

25 novembre 2010 – 30 gennaio 2011 Via C. Ignazio Giulio, 6 - Torino martedì - sabato 11.00 –13.00 / 16.00 – 20.00 www.etgallery.it

GALLERIA FRANCO NOERO

A TREE WITH ROOTS HENRIK HÅKANSSON

4 novembre – 19 dicembre 2010 Via Giulia di Barolo, 16D - Torino giovedì – sabato 15.00 - 18.30 www.franconoero.com

GALLERIA FRANCO SOFFIANTINO

MIRROR HILL_NO LIGHT KATERINA ŠEDÁ

6 novembre 2010 – 22 gennaio 2011 Via Rossini, 23 - Torino martedì - sabato 11.00 - 19.00 / giovedì 14.00 – 22.00 www.francosoffiantino.com

FUSION ART GALLERY

LE REGOLE DEL GIOCO

ENNIO BERTRAND, ILER MELIOLI, PIETRO MUSSINI 23 ottobre – 7 dicembre 2010 Piazza Peyron, 9G - Torino martedì – giovedì - venerdì 16.30 - 19.30 www.fusiongallery.it

IN ARCO

I’m going up and I’m going down daniele galliano

6 novembre 2010 – 15 gennaio 2011 Piazza Vittorio Veneto, 1-3 - Torino martedì - sabato 10.30- 13.00 /16.00- 19.30 www.in-arco.com

GUIDO COSTA PROJECTS

PLATINUM

GLANCE

high points

CHRISTOFER RUSSEL

6 novembre – 18 dicembre Via San Massimo, 45 - Torino martedì – sabato 16.00 – 19.30 www.galleriaglance.com

DIEFFE arte contemporanea

LISA LOVES PINSKY CARLO GALFIONE

GIORGIO PERSANO

GEOGRAFIA SENZA PUNTI CARDINALI

La fotografia nell’arte degli anni ’70 in Italia 6 novembre 2010 – 29 gennaio 2011 Via Principessa Clotilde, 45 - Torino lunedì 15.30- 19.00 /martedì – sabato 10.0013.00/15.30-19.00 www.giorgiopersano.org

PHOTO&CONTEMPORARY

Recent works EMIL LUKAS

7 novembre 2010 – 20 gennaio 2011 Via dei Mille, 36 – Torino martedì - sabato 11.00-13.30/ 15.00-19.30

3 novembre – 23 dicembre 2010

SKETCH

COLOMBOTTO ROSSO 14 – 23 dicembre 2010 Via Porta Palatina, 9 - Torino martedi – sabato 15.30 - 19.30 www.galleriadieffe.com

MARENA ROOMS GALLERY

NAUGHTY GIRLS TITTI GARELLI

18 novembre 2010 – 20 gennaio2011 Via dei Mille, 40/a - Torino martedì - sabato 14.30 – 19.30 www.marenaroomsgallery.com

NORMA MANGIONE GALLERY

GARTH WEISER

6 novembre 2010 - 20 gennaio 2011 Via Matteo Perscatore, 17 - Torino martedì - sabato 15.30 – 19.30 www.normamangione.com

VELAN Centro d’Arte Contemporanea

LARA E RINO COSTA ARTE CONTEMPORANEA

FEDERICO GORI

20 novembre 2010 – 10 gennaio 2011 Via Ariosto, 6 - Valenza (AL) lunedì - sabato 10.00 – 12.00 / 16.00 – 19.00 www.galleriarinocosta.it

SONIA ROSSO

Al gatto nero

DOUGLAS GORDON E JONATHAN MONK 6 novembre 2010 - 26 febbraio 2011 Via Giulia di Barolo, 11/H - Torino martedì - sabato 14.00 – 19.30 www.soniarosso.com

VERSO ARTECONTEMPORANEA

he kills me. he kills me not PARASTOU FOROUHAR

9 dicembre 2010 - 5 marzo 2011 Via Pesaro, 22 - Torino martedì – sabato 15.00 - 19.00 www.versoartecontemporanea.com

DRUNK

WEBER & WEBER

27 ottobre - 10 dicembre 2010 Via Saluzzo 64 - Torino Tel/Fax 011 28 04 06

Andrea Modica, Francesco Nonino, Sylvie Romieu, Robero Kusterle, Adriano Eccel, Gabriele Croppi

Annika Larsson

www.velancenter.com

PALAZZO BERTALAZONE DI SAN FERMO

Cristallizzazione sospesa CARLO BERNARDINI

4 novembre 2010 - 16 gennaio 2011

COME UN SOFFIO DELL’ANIMA 18 novembre 2010 – 8 gennaio 2011 Via San Tommaso, 7 - Torino martedi - sabato 15.30 – 19.30

TUCCI RUSSO

BASICO. MOTO PERPETUO

TARZAN RETIRED

Apparizione cosmica MICHELE ZAZA

Giovanni Anselmo, Pier Paolo Calzolari, Mario Merz, Marisa Merz, Giulio Paolini, Giuseppe Penone

6 novembre 2010 - 31 gennaio 2011 Via Mazzini, 24 - Torino lunedì - sabato 15.00 - 19.00 www.guidocostaprojects.com

18 dicembre 2010 – 15 gennaio 2011 Via San Francesco d’Assisi, 14 - Torino martedì- sabato 15.00 -19.00 www.palazzobertalazone.com

10 ottobre 2010 - 27 febbraio 2011 Via Stamperia, 9 - Torre Pellice (To) mercoledì – domenica 10.30-13.00 / 15.00-19.00 www.tuccirusso.com

MIROSLAV TICHY


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PAOLO TONIN arte contemporanea

Trapassare? DANIELE RATTI

9 dicembre 2010 - 15 gennaio 2011 Via San Tommaso, 6 - Torino Lunedì – venerdì 10.30-13.00 /15.00-19.00 www.toningallery.com

GALLERIA MARTANO/ARCHIVIO GALLIZIO

CON IL LIBRO

Meri Gorni, Sabrina Mezzaqui, Peter Wuthrich 25 novembre 2010 – 30 gennaio 2011 Via Principe Amedeo, 29 - Torino lunedì - sabato 15.00 – 19.00 www.galleriamartano.it

EVENTINOVE GALLERY

Long ago and far away GIOSETTA FIORONI

11 novembre 2010 – 11 gennaio 2011

COLLETTIVA

Gianfranco Asveri, Paolo Maggis, Roberta Savelli e Santiago Ydañez 13 gennaio - 22 febbraio 2011 Via della Rocca, 36 – Torino martedì – sabato 11.00 - 19.00 www.eventinove.it

ALESSANDRO MARENA PROJECT CONTEMPORARY ART

Officina italiana di realtà anticonformista DANIELE GONZALES

20 ottobre – 22 dicembre 2010 Via della Rocca 19 – Torino martedì – sabato 15.30 – 19.30 www.alessandromarenaproject.com

NOIRE CONTEMPORARY ART

ANNIKA LARSSON

27 ottobre 2010 – fine dicembre 2011

VIDEO SITE 2 gennaio – febbraio 2011 Via Piossasco, 29 - Torino martedì – venerdì 16.00 – 20.00 www.marconoire.com

GALLERIA REPETTO

GALLERIA MAZZOLENI

OMAGGIO A AFRO

9 ottobre 2010 – 15 gennaio 2011 Piazza Solferino, 2 – Torino Martedì – sabato 10.00 – 13.00 / 16.00 – 19.30 www.mazzoleniarte.it

VELAN CENTRO D’ARTE CONTEMPORANEA

VIDEO DIALOGHI 2010 dal 14 al 22 dicembre 2010 Via Saluzzo, 64 – Torino www.velancenter.com

GIAMPIERO BIASUTTI ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA

SPIGOLATURE

4 dicembre 2010 – 12 febbraio 2011 Via della Rocca 6/b – Torino martedì – sabato 10.30 – 12.30 / 15.30 – 19.30 www.galleriabiasutti.com

IL MAGICO MONDO DELLA FOTOGRAFIA

BIASUTTI & BIASUTTI

gennaio 2011 Via Amendola, 23 – Acqui Terme (Al) www.galleriarepetto.com

11 novembre 2010 – 22 gennaio 2011 Via Bonafous, 7/L – Torino martedì – sabato 10.00 – 12.00 / 15.30 – 19.30 www.biasuttiebiasutti.com

Da Ansel Adams a Naoki Ishikawa

ENERGIE, MATERIALI POVERI, CONCETTI


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extra

Intorno al Tappeto Volante dal 1996 ad oggi testo di ANNA PIRONTI

Il tappeto che si libera nella notte stellata d’oriente e vola nella storia senza fine, narrata da Sherazade per ingraziarsi il Sultano e guadagnare giorni alla vita.

L

’oggetto di uso quotidiano presente in ogni casa, dal 1996, nella Scuola Comunale dell’Infanzia Bay di Torino, è il simbolo di un progetto realizzato con il Dipartimento Educazione del Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea nel quartiere San Salvario. In quegli anni, la vita nel quartiere era molto difficile, sia per gli italiani sia per gli stranieri. La scuola, oggi molto ambita dalle famiglie italiane, letteralmente rifiorita grazie all’esperienza dell’arte contemporanea - con la bella facciata dipinta da genitori e bambini insieme, come i muri dipinti dall’artista Sol Lewitt, - allora correva il rischio reale di essere identificata come il ‘ghetto per i piccoli stranieri’, una piccola Babele dove le tante lingue parlate e la scarsa conoscenza della nostra lingua, da parte degli stranieri, rendeva molto difficile capirsi. E’ stato allora che le educatrici ci hanno chiamato con una precisa richiesta d’aiuto ‘siamo in difficoltà, dobbiamo trovare nuovi modi per comunicare, favorire il senso di appartenenza, rilanciare i legami nella comunità ‘. Bisognava individuare insieme strumenti per prevenire, ridurre, mediare i possibili conflitti. Educare alla valorizzazione e al rispetto delle differenze, ai temi dell’intercultura. In questo quadro d’insieme sono stati fondamentali proprio i caratteri specifici dell’arte contemporanea: l’internazionalità e il riconoscimento delle singole individualità.

segno, disegno, forma, colore, materia, composizione. Ma al tempo stesso hanno assimilato, nei rapporti con i compagni, gli insegnanti e i genitori, i valori simbolici come la convivenza, lo scambio, il riconoscimento delle singole individualità e delle diverse esperienze emotive ed espressive. Con il progetto Intorno al tappeto volante, nato dal desiderio di avvicinare bambini e adulti all’arte contemporanea, sono migliorati i rapporti tra le persone, grazie alle buone pratiche e a nuove consuetudini, come frequentare musei e luoghi della cultura.

Nell’esperienza pratica è stato importante fare per capire, ed ha coinciso con la capacità di sperimentare altri linguaggi, andare oltre le parole, impegnare il corpo per comunicare. Realizzare un tappeto significa intrecciare tra loro fili, forme e colori diversi, per incrociare trame e orditi, in altre parole fare tessuto. Nel ‘tessere’ piccoli e grandi tappeti, in diversi materiali, i bimbi hanno compiuto importanti operazioni come misurare lo spazio, creare una superficie, instaurare relazioni, stabilire collegamenti. Hanno tagliato, disegnato, colorato, intrecciato, sperimentando con semplicità e divertimento gli elementi costitutivi dell’arte:

Nel quartiere è stato proposto un nuovo modo di essere, pensare, operare, per garantire a tutti uguali diritti rispetto a cultura e a cittadinanza. Ci affascinava l’idea che, attraverso l’arte, fosse possibile aiutare le persone a comunicare tra di loro, trasformare l’esclusivo in inclusivo. Proprio per assecondare il desiderio d’inclusione è stata organizzata la prima Festa del Bianco, correlata al solstizio d’inverno. L’evento, nel giro di qualche anno, è diventato un appuntamento molto atteso e irrinunciabile per tutta la comunità. In sintonia con il ritorno della luce e attingendo alla potenzialità del bianco, il colore originario, la festa consente di

la Festa del Bianco

fare luce anche nella dimensione metaforica e simbolica. Nell’occasione, gli spazi della Scuola Bay sono interamente ri-allestiti e ri-vestiti del colore della luce. Cambia così la percezione di ambienti vissuti nella vita di tutti i giorni. L’esperienza si espande, diventa possibile vedere, mangiare, toccare, annusare, in sintesi, vivere il bianco insieme agli amici, in compagnia di insegnanti e genitori. La scuola nell’occasione diventa il cuore pulsante di San Salvario, uno spazio aperto alla condivisione, all’incontro, al dialogo, come è accaduto nella Notte sul Tappeto Volante in occasione di Paratissima 2010. La prossima Festa del Bianco è fissata per il 21 dicembre. A partire dalle ore 17, grandi e piccini insieme potranno partecipare all’intreccio del Grande Disegno della Terra, un omaggio alle mappe ricamate di Alighiero Boetti. Un lavoro (mt. 11x7,50) realizzato in bianco su una rete fondo oro, per riaffermare quanto sia prezioso fare tessuto insieme, intrecciare fili e nodi, costruire narrazioni, condividere l’esperienza dell’arte nel tempo presente. * Responsabile Capo Dipartimento Educazione del Castello di Rivoli - Museo d’Arte Contemporanea


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foto: Emiliotegola ognuno ha il suo nome d’arte...

il mestiere dell’arte

FONDERIA ARTISTICA DE CARLI

testo di BARBARA CASALASPRO

La fonderia artistica De Carli, a Volvera (TO), si articola in due aree creative distinte: la fonderia vera e propria, dove le forme vengono forgiate, e il laboratorio, dove giungono per essere cesellate. Qui gli artisti lavorano direttamente alla raffinazione delle loro opere, la fase più delicata, dove intessono un sottile dialogo tra il loro volere e la superficie della scultura.

C

Le tecniche di fusione: quanto conta la tradizione e quanto l’innovazione? Nella scultura prevalgono sempre le tecniche più antiche, coadiuvate dalle malizie del mestiere e da una meticolosa attenzione. Rispetto alla tradizione sono rimaste sostanzialmente invariate, mentre si è enormemente ampliata la gamma dei materiali a disposizione degli artisti. Il fatto di non essere figli d’arte, o di non essere andati a bottega, ha determinato in noi un approccio diverso a questo lavoro, più innovativo e ‘libero’ rispetto a quello delle fonderie tradizionali. Da anni utilizziamo un macchinario per fondere sottovuoto e il sistema laser scanner per riprodurre e inCome nasce una scultura? Noi utilizziamo un metodo di fusione molto antico, grandire un modello con assoluta precisione. quello della cera persa, che permette di ottenere altissimi risultati di finitura superficiale del pezzo finale. A Cosa le piace di questo lavoro? Con quali artisti partire da un modello, creato dall’artista, viene realiz- collaborate? zato un calco, da cui si ottiene una copia in cera, fedele Mi piace che sia sempre vario, diverso. Cambiano i al modello originale. La statua in cera, corredata di un pezzi, le poste in gioco, gli artisti. Lavoriamo in sireticolo di cannule e rivestita con materiale refrattario, nergia con loro, quindi c’è una partecipazione straviene infornata affinché la cera si disperda, lasciando ordinaria da parte nostra. E per i più giovani, verso un’intercapedine vuota in cui verrà colato il bronzo li- i quali siamo molto disponibili, siamo dei veri e proquido. Una volta raffreddata, la scultura viene estratta, pri consulenti. Gli artisti con cui collaboriamo, come pulita, rifinita, cesellata e patinata, a seconda dell’ef- Paolo Grassino, Gianni Caravaggio, Nicola Bolla, fetto che si vuole ottenere. Il nostro scopo è quello di Giuseppe Penone, Paolo Piscitelli, Luigi Mainolfi, riconsegnare l’opera senza far vedere i segni del lavoro Gilberto Zorio, Saverio Todaro e Maura Banfo, per citarne alcuni, vanno e vengono continuamente con che c’è stato dietro. om’è nata l’attività della fonderia? La nostra attività è nata circa venti anni fa, ma la nostra amicizia risale a molti anni prima. Eravamo tutti compagni al liceo classico di Giaveno. Quando ci siamo ritrovati, Leo lavorava senza molte soddisfazioni, io, che studiavo scienze storiche, mi annoiavo, così Pietro, che aveva appena avviato questa attività, ci ha coinvolti. E’ iniziato tutto quasi per gioco. Oggi siamo in quindici a lavorare in fonderia: tre soci e dodici collaboratori.

i loro assistenti, e il laboratorio di rifinitura è un vero e proprio ‘crocicchio’, dove la discussione è sempre accesa e stimolante. Un ricordo, un momento importante per la vostra attività? Un momento molto importante e gratificante è stato quando, inaspettatamente, abbiamo vinto una gara d’appalto indetta dalla Presidenza della Repubblica. Consisteva in una copia del bassorilievo Le vittime del lavoro di Vincenzo Vela, da collocare all’ingresso degli uffici centrali dell’INAIL a Roma, inaugurata il 1° maggio 2008 dal Presidente Giorgio Napolitano. Cosa pensa del mondo dell’arte, oggi, dopo vent’anni di attività? Penso che la situazione oggi sia stagnante, che occorrano progetti nuovi. Vedo Torino, che dopo quindici anni di crescita incredibile si è fermata, come specchio di un’epoca fatta di sistemi stanchi, in ogni ambito. E’ finita un’epoca: dopo cinquant’anni di benessere l’Europa è vecchia e il baricentro si è spostato a est. Le fonderie europee vantano un’antica tradizione, soprattutto in Italia, Francia e Germania, ma credo che un giorno realtà come la Cina non si limiteranno ad essere concorrenziali semplicemente perché producono a costi più bassi.


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visita guidata

Erwan Ballan, ‘Peinture Plastic, e.t.c...’, 2010, vetro, silicone, legno, alluminio, cm 300x170x15

III PER VILLA GIULIA testo di LUCA MOROSI

Dopo una parentesi legata alla pittura tra Ottocento e Novecento, con la mostra ‘Luigi Serralunga, tra Simbolismo e Liberty’ a Villa Giulia torna protagonista l’arte contemporanea.

S

ono tre le mostre personali simultanee dedicate a esponenti di spicco del panorama odierno: Erwan Ballan, Cuoghi&Corsello, Carlo Bernardini, curate dal direttore Andrea Busto e da Francesca Referza. Partendo dal pianterreno, le sale ospitano i lavori ‘plastici’ di Erwan Ballan, artista francese specializzatosi nella ricerca della tridimensionalità pittorica, che tenta di raggiungere comprimendo agglomerati di silicone colorato dietro a diaframmi di vetro: la materia però si ribella alla costrizione e tracima da tutti i lati attraverso ramificazioni filamentose che brulicano sulla parete. Nascono così anche i cosiddetti Matuvu (dal francese “m’as tu vu”), lavori di formato ridotto, anch’essi fondati sul trinomio vetro-metallo-silicone, ma dotati inoltre di un motivo decorativo caratterizzante che, una volta installata l’opera, viene replicato o prolungato sulla superficie muraria attraverso la vernice spray. Operazione invasiva, sì, ma altrettanto suggestiva e destabilizzante. Proseguendo poi al piano superiore, una volta attraversato il sontuoso scalone con decorazioni di gusto liberty,

si accede nella ‘giurisdizione’ di Cuoghi&Corsello, celebre duo bolognese che indaga ironicamente la realtà attraverso esperimenti neo-dadaisti, che trovano nella scultura lignea il loro acme lirico. Il ruolo della pornografia ha un effetto decisamente dissacrante nella poetica dei due artisti: utilizzando immagini scaricate da internet, ne effettuano infatti un’’imbalsamazione’ attraverso la tecnica della foto-ceramica, lasciando così assurgere le immagini stesse a icone universali della cultura trash contemporanea. Infine, al piano superiore, ultima tappa del percorso, ma non meno coinvolgente, è l’installazione ambientale di Carlo Bernardini (Cristallizzazione sospesa, 2010), grande conoscitore del rapporto fra i volumi dell’architettura e gli effetti segmentati delle fibre ottiche tese da parete a parete – attraversamenti compresi – e percorse da un fascio luminoso. L’opera di Bernardini, oltretutto, prosegue anche sulla terrazza della villa, creando un effetto scenografico davvero affascinante e godibile sin dall’altra sponda del Lago Maggiore.


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Cuoghi & Corsello, ‘La barca di Schifio’, 2009

Carlo Bernardini, ‘Cristallizzazione sospesa’, 2010, fibre ottiche, dimensione ambiente


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recensioni gallerie

Con il libro / galleria martano

foto: courtesy Galleria Guido Costa Project

foto: courtesy Galleria Martano

‘Le parole scritte non sono altro che istruzioni per immaginare’. È Tiziano Scarpa, scrittore da sempre vicino alla ricerca degli artisti, a introdurre la mostra Con il libro, una collettiva alla Galleria Martano che presenta opere di Meri Gorni, Sabrina Mezzaqui, Matthew Higgs e Peter Wuthrich (30 novembre - 29 gennaio). ‘Fare un’opera d’arte usando libri, pagine, scrittura, come materiali, significa assicurarsi una materia prima, che scavalca la materia stessa …, trasformando l’inchiostro in pensiero e immaginazione’. Accade così che in questo scavalcamento vengano tracciati percorsi obliqui, in cui il pensiero può ritrovare una forma materiale, ma solo come condizione aperta e transitoria. Ne sono simbolo le farfalle realizzate da Peter Wuthrich, ritagliando copertine di libri diversi, o l’installazione di libri ordinati su una parete, uno dopo l’altro, che danno vita a un fraseggio astratto, modulato dal ritmo delle forme e dei colori delle copertine. Anche lo statunitense Matthew Higgs, figura poliedrica di artista, curatore, scrittore e dj, presenta alcune copertine di cataloghi con sottili linee rosa e bianche, che il titolo Renoir inscrive in un tragitto, ironico e concettuale, interno alla storia dell’arte, ai suoi segni e clichè. Le parole e il loro inesauribile tentativo di catturare la realtà tornano invece centrali nel lavoro di Sabrina Mezzaqui e Meri Gorni. Con il titolo Sentinella, Mezzaqui suggerisce una posizione vigile, di tutela e ascolto. Un invito all’attenzione che trova i suoi correlativi nella visione contemplativa di un dettaglio della natura e nel gesto lento del ricamo: un video che ritrae una pianta di margherite e un libro di stoffa celeste con 24 frasi ricamate, una per pagina, tratte dai suoi quaderni, estendono a chi guarda tempi e modi in cui realtà e pensiero riescono a trovare un accordo. Collocato al centro della sua pratica artistica, il libro è per Gorni scrittura, immagine, contenitore, luogo d’elezione dell’intreccio tra il sé e l’altro, tra il presente e la memoria. Come afferma l’artista: ‘leggere, scrivere, disegnare, sono azioni che cominciano con gli occhi, da dove entra il mondo’. (FRANCESCA COMISSO)

tarzan retired / guido costa project “La fotografia è dipingere con la luce”. A dirlo è Miroslav Tichy, un outsider e insieme un mito della fotografia, nato a Kyjov nel ‘26, le cui opere sono esposte nella galleria di Guido Costa. A Torino lo avevamo già visto nella collettiva “The Museum of Everithing” alla Pinacoteca Agnelli un anno fa, nel gruppo di artisti naif e inconsapevoli che la mostra presentava, in una storia dell’arte alternativa e fuori dal sistema ufficiale dell’arte, tracciata lungo tutto il Novecento. Lo spazio espositivo, una ex litografia artigiana mantenuta così com’era, è la giusta cornice per gli oltre quaranta scatti, i cinque bozzetti e un video “Tarzan Retired” (Tarzan in pensione – così si auto definisce Tichy): una suggestiva intervista all’autore realizzata nel 2004 e fondamentale per conoscere lui e la sua vita e meglio penetrare nelle sue opere. L’artista si diploma all’Accademia d’Arte di Praga

nel 1944 e negli anni ‘50 scopre la fotografia come autodidatta. Inizia fare scatti con una costanza necessaria e ossessiva: cento al giorno per circa quarant’anni, con una tecnica personale e libera da ogni convenzione e costruendo da solo le sue macchine con lenti fatte di plexiglas (da pulire – spiega nell’intervista – con cenere e dentifricio), legno e obiettivi di cartone. Tichy non si preoccupa del “mezzo”: nel video ridendo spiega “L’obiettivo non è preciso? Non lo è anche l’arte?”. Tichy ha sempre vissuto ai margini della società in una casa-rifugio piccola, sporca e in compagnia di due topi, tra il 1950 ed il 1960 è stato alcuni anni in prigione e ospedali psichiatrici. La sua arte, che l’ha accompagnato per tutta la vita, è arrivata a noi per caso grazie a Roman Buxbaum suo vicino di casa che verso la fine degli anni ‘80 scopre in un armadio

centinaia di foto macchiate dal tempo e dalla polvere che Tichy usava per accendere il fuoco o tappare i buchi dei vetri. Sono scatti “rubati” al mondo nel vero senso della parola. Per quasi mezzo secolo ha ritratto, al limite del voyeurismo, la sua cittadina e le sue donne, stampando su frammenti di carta, dopo aver sviluppato la pellicola in giardino, di notte, in una vecchia vasca da bagno. Alcuni sono quasi astratti, altri più nitidi: il contrasto, il buio e la luce sono usati per dar vita a foto delicate e poetiche, eppure sensuali. Centinaia di foto di donne che passeggiano per strada con l’ombrello, che fanno la spesa al mercato, sedute su una panchina a parlare con le amiche o a prendere il sole in piscina, così vere che sembra quasi di conoscerle. (SABRINA ROGLIO)


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i’m going up and i’m going down / galleria In Arco Galliano lavorava davanti a questa grande tela nera. Il patto era che se non funzionava ce ne andavamo via. Ne è venuta fuori una cosa che non è assolutamente un documentario, piuttosto quasi una forma di meditazione poetica’ commenta Marco Ponti. Sulla tela nera via via prende forma un’umanità, una folla di presenze, date da un segno che Galliano realizza con un unico pennello numero 8 e con una tecnica mista che unisce tempera nera e acrilico, grazie alla quale sembra che le figure si stacchino dal fondo. L’artista ha reso astratto il suo segno, anche se ne viene fuori ancora una lettura antropomorfa. Sono i suoi assembramenti di gente, visioni dall’alto di ragazzi in discoteca, di rave, di spiagge gremite, ma anche di barconi persi nel blu del mare, piene di vite e speranze racchiuse in corpi assiepati. Da InArco c’è il lavoro di un anno di Galliano, tra video, grandi tele e piccoli quadretti, i ‘marziani’, come li chiama l’artista, figure estratte dal flusso, decontestualizzate. (OLGA GAMBARI)

foto: courtesy Galleria Giorgio Persano

foto: courtesy Galleria In Arco

Cinque operatori con cinque camere per sei ore, in un giorno d’agosto, per raccontare, mentre è al lavoro, nel suo studio torinese, Daniele Galliano, pittore ‘storico’ degli anni Novanta, diventato subito un modello per tanti altri artisti che lo hanno seguito in quella sua pittura che sa di vita colta sull’attimo, dal segno veloce e sfocato, istantaneo, capace di raccontare la sua generazione e la sua città. Così è nato il video Costellations di Marco Ponti, regista torinese che ha provato a raccontare il tempo in cui nasce un quadro, momento sempre negato allo spettatore, perché quando un’opera esiste, la sua creazione si è già consumata. Al video partecipano anche i Marlene Kuntz, Gianni Maroccolo e Ivana Gatti, un gruppo di musicisti che hanno dato respiro e ritmo alla narrazione visiva, diventandone un’anima unica. ‘Mi chiedevo delle cose: dove sta la testa di Daniele mentre lavora? Quali sono le sue stanchezze, le pause, i gesti? Siamo arrivati e ci siamo resi trasparenti, osservandolo da più punti di vista, mentre

GEOGRAFIA SENZA PUNTI CARDINALI / galleria giorgio persano Entri nello spazio di Giorgio Persano ed è come visitare un museo. Si racconta con ricchezza la storia della fotografia negli anni Settanta, un momento molto importante perché è quando da puro mezzo riproduttivo diventa linguaggio artistico. Da quando è nata, alla fine dell’Ottocento, la fotografia è stata accolta e considerata come la macchina meravigliosa capace di fissare in maniera oggettiva la realtà. Un valore di documentazione che permetteva di trattenere la memoria con diversi usi, e che insieme, in qualche modo, liberò l’arte, soprattutto la pittura, dal suo dovere di essere realista,

con un ruolo pre-fotografico. Negli anni Settanta l’arte si è definitivamente lasciata alle spalle tutta una serie di sovrastrutture concettuali, incarna davvero tutto ciò che il mondo mette a disposizione per diventare materiale artistico. L’arte, in quel periodo ideologico e di ribellione sociale che parte da metà anni Sessanta, racchiude un insieme interdisciplinare che parla di società e politica, di ambiente, di cultura. Si fa per strada, con la gente, con il corpo, muovendo un’energia che mette in gioco tutto, anche a livello sperimentale.

E c’è la fotografia che documenta performance, happening, body art, arte povera, interventi di land art, accadimenti dalla natura effimera, di cui però risulta importante mantenere traccia, ricordo, memoria. Poco per volta la fotografia diventa ontologicamente parte del discorso artistico, perché molti artisti iniziano a usarla, provarla come nuovo strumento, materiale, visione. La mostra da Persano racconta tutto ciò con esempi d’eccezione, presentando una serie di opere di quaranta artisti italiani che hanno esplorato le varie possibilità

insite nel mezzo fotografico, plasmandolo dall’idea di pittura a quella di video. Merz, Boetti, Salvo, Mainolfi, Kounellis, La Rocca, Mauri, Zorio, Schifano, Pistoletto, Ontani, Penone, Ciam, Anselmo, Clemente, Fabro, Chiari,Jori, Patella, Paolini… Quando entrate, prendete sul tavolo “la guida”, una brochure di fogli con foto e relativi dati, che vi porta in giro in questo museo allestito sino a inizio febbraio. Se poi siete fortunati, oppure se chiedete alle persone in galleria, qualcuno vi racconterà anche molte storie nascoste dietro alle fotografie in mostra.


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arte sera consiglia

ACROSS REWRITING

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Valentina Daga

Galo

Bostik

Graffiti writing e street art tornano protagonisti da Amantes: fino all’8 Gennaio 2011 oltre novanta artisti danno vita a una collettiva in cui si alternano artisti giovanissimi, alla prima esperienza espositiva, e writers riconosciuti a livello internazionale. Due le regole per partecipare: la misura, rigorosamente 30 x 30 cm, e lo stile, che deve rappresentare icone, tags e puppets utilizzando il repertorio artistico tipico dei writers ( marker e pennelli, mascherine, stickers, ecc.). ACROSS REWRITING è un percorso di avvicinamento a REWRITING, la sesta edizione di una rassegna sempre rivolta al fenomeno graffiti writing e street art ma performativa. Si svolgerà nella primavera 2011 e darà modo ai visitatori di ammirare gli artisti all’opera (per info: www.arteca.org)

AI CONFINI DEL REGNO Asilo Bianco e Fondazione Bartoli Felter precorrono i festeggiamenti per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia con la mostra Ai confini del regno, ospitata presso lo Spazio Museale di Palazzo Tornielli (Ameno - Novara) fino al 5 Febbraio 2011. La mostra intende ripercorrere la storia del nostro Paese attraverso il duplice punto di vista di artisti torinesi e sardi, che si cimentano in una rielaborazione degli elementi identitari italiani. Durante il periodo espositivo sono inoltre previsti una serie di eventi collaterali di cinema, musica e letteratura. Tra questi segnaliamo il 22 gennaio il Convegno Paesaggi mirati, che tratta della rivisitazione in chiave contemporanea dei principali giardini ottocenteschi di Ameno; si prosegue il 29 gennaio con la proiezione de I Mille (1912, 50’ - di Alberto degli Abbati), il primo film sulla saga garibaldina, musicato dall’Ensemble elettroacustico diretto da Riccardo Sinigaglia. Infine il 5 febbraio, in occasione del finissage, verrà presentato il volume Ameno contemporaneo, in cui giovani scrittori piemontesi si ispirano ad Ameno e al Risorgimento per i loro racconti (per info: www.cuoreverdetraduelaghi.it - www.asilobianco.it)


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svago

falso d’autore

di Annalisa Russo

Trova le 6 differenze tra l’originale e la copia di quest’opera di Basquiat e Andy Warhol.

la ricetta del mese

a cura di Gabriele Vacis

la sacocia Il gusto rimane una delle più efficaci macchine del tempo, come insegna Proust. A me la ‘sacocia’, per esempio, riporta alle domeniche da bambino. Con mia nonna veneta che parlava veneto e mio nonno bergamasco, che parlava bergamasco. Nessuno ha mai capito come facessero a capirsi. Però la ‘sacocia’ di mia mamma, che era arrivata in Piemonte a sei anni, quindi parlava piemontese, piaceva a tutti e due. Anche se dicono che sia un piatto ligure. ‘Sacocia’, in piemontese, vuol dire tasca. Per preparala ci vuole una tasca di sanato di circa sei etti. Il sanato è un vitello giovane nutrito solo a latte. Chiedete al macellaio che vi faccia il taglio, appunto, ‘a tasca’.

artoku

di Danita

Mettete sul fuoco una pentola abbastanza profonda, fateci andare un filo d’olio con uno spicchio d’aglio in camicia schiacciato, rosmarino, salvia e una foglia d’alloro. Buttateci la tasca, sale e pepe bianco, e fatela rosolare da tutte le parti. A questo punto versateci sopra mezzo bicchiere di vino bianco e lasciate sfumare qualche minuto. Quindi coprite la tasca con brodo di verdure e lasciate cuocere per quarantacinque minuti, senza coperchio perché il brodo si consumi, rigirando spesso. La ‘sacocia’ è pronta. Se la mangiate il giorno dopo è ancora più buona.

Poi procuratevi un etto di prosciutto cotto, un etto di pancetta coppata e un etto di salsiccia, tritate il tutto con la mezzaluna (lo so che su GamberoRosso Channel non usano la mezzaluna, ma mia mamma sì), poi aggiungete mezza manciata di prezzemolo e mezzo spicchio d’aglio (cui avrete strappato l’anima) e mezzalunate finché non ottenete una sabbietta fine.

GABRIELE VACIS - Regista, è tra i fondatori del Laboratorio Teatro Settimo. È direttore artistico del Teatro Regionale Alessandrino. Ha scritto e diretto numerosi spettacoli, opere liriche, trasmissioni televisive e radiofoniche, documentari. Ha promosso Torino Spiritualità, insegnato alla Scuola d’arte drammatica Paolo Grassi di Milano.

Scaricate in una terrina e grattugiateci sopra un bel po’ di parmigiano. Mescolate e apriteci dentro due uova fresche. A questo punto l’impasto sarà piuttosto fluido. Allora ci aggiungerete del pan grattato finché la consistenza non vi sembrerà giusta. Versateci infine un goccio d’olio extra vergine d’oliva per lubrificare. Intanto avrete preparato due uova sode. A questo punto ficcate l’impasto dentro alla tasca e incastonate le due uova sode. Cucite la bocca della tasca.

Nel 2006 ha curato la regia della Cerimonia d’apertura dei Giochi Olimpici Invernali di Torino. Insegna alla Scuola Holden di Torino e all’Università Cattolica di Milano.

il segno del mese SAGITTARIO

di Serbardano

21 ottobre / 25 novembre

Caro Sagittario, fino a metà Dicembre avrai Saturno contro, come direbbe Ozpetek; ma d’altro canto Venere e Marte sono dalla tua, promettendo emozioni forti e divertimento assicurato… te lo meriti anche, visto che sei arrivato al termine di due anni durissimi! Comunque il peggio è passato, ti resta solo da affrontare la prova finale, che è ovviamente la più difficile: prima di tutto capire quale, tra tutti i tuoi progetti, è quello che ti affascina di più; e poi trovare il modo per realizzarlo. In questo ti può aiutare la storia di Bruce Nauman, che per lunghi anni ha prodotto video, installazioni, neon, fotografie, performance e sculture, tutto allo scopo di realizzare il suo progetto: narrare l’esperienza umana nel suo straniante vissuto quotidiano, in un loop di gesti e azioni che si ripetono all’infinito. E tu, che cosa vuoi raccontare? Bruce Nauman (1941, Indiana, USA) dopo la Laurea in Arte conseguita nel 1966 in California, si dedica alla video arte e alla performance, diventandone uno dei massimi esponenti. Dal 1979 vive nel New Mexico.

buonumore

di Stefania Sabatino

vuoi le soluzioni dei giochi? vai sulla pagina facebook di arte sera



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