2 minute read

CULTURA E PNRR: PERCHƒ L'ITALIA RISCHIA DI FALLIRE SU TUTTA LA LINEA

AMilano si perdono 12 milioni di euro di fondi PNRR green per la piantumazione di alberi; tra Venezia e Firenze se ne perdono 400 milioni per progetti PNRR di riqualificazione (di cui 96 del MiC) riguardanti palazzetti e stadi che vengono bloccati dalla Commissione (che ha contestato la stessa ammissibilità degli interventi). In questo quadro, a oggi, l’Italia ha davanti a sé mesi di verifiche in più e l’intera terza tranche PNRR mentre scriviamo ancora congelata (19 miliardi di euro). Senza contare che, dei fondi europei di coesione da rendicontare a fine 2023, fino a oggi l’Italia ha speso solo il 34% (rischiando di perdere oltre 86 miliardi di euro). Che l’Italia abbia da sempre avuto un rapporto difficile con la progettazione europea si sa, ma la partita del Next Generation EU non prevede supplementari: avere 209 miliardi di euro a disposizione dall’Europa non significa averli ottenuti, ma solo aver accesso a un importo “potenzialmente disponibile” per l’Italia: quei fondi sono ancora tutti da “conquistare” di volta in volta, e i meccanismi per accedervi non contemplano “zone grigie”. Se non si rispettano alla lettera le regole del gioco (ad esempio comprendendo la differenza tra “aver già i fondi” e “poterli avere”), si rischia di non poter partecipare al gioco stesso.

ALCUNE CRITICITÀ DELLA CULTURA ITALIANA, IN NUMERI

Advertisement

30% la popolazione italiana sopra i 6 anni che non ha mai fruito di alcun servizio culturale o creativo negli ultimi 12 mesi (ISTAT)

2,7%

100 mila la percentuale di lavoratori italiani occupati nel settore della cultura, posizionando l’Italia 20° in Europa (ISTAT) i nuovi lavoratori necessari per il settore della cultura e dello spettacolo entro il 2026 (Unioncamere-Anpal)

428

64 miliardi

È questa la sintesi della situazione in cui oggi il nostro Paese si trova nei confronti delle istituzioni europee, situazione che vive un rimpallo continuo di responsabilità tra organi dello stato, ministeri, regioni e comuni. Eppure, a essere fondamentale per l’accesso alle risorse europee è innanzitutto il livello di dettaglio e di precisione qualitativa e quantitativa richiesta dall’UE nella stesura dei Piani stessi e delle responsabilità di attuazione, con particolare attenzione al legame indissolubile tra riforme e investimenti (non spese), e alla capacità gestionale dei singoli decisori. Questo per determinare impatti i teatri chiusi e talvolta abbandonati (teatro.it, Report) l’impatto economico in euro generato dai 5 milioni di volontari e dagli 800mila dipendenti non profit in Italia (ISTAT) di investimento non solo quantitativi ma anche qualitativi.

Non è che in Italia siano mancate le idee su cosa fare, è che manca il come farle, il chi e il quando; le modalità di realizzazione, i tempi e i risultati attesi, le forme di monitoraggio. Una “completezza progettuale” che deve (dovrebbe) passare da una capillarità di progettazione attraverso una partecipazione attiva degli enti locali, regionali, a partire dai territori e dalle comunità e realtà che li compongono, ma che ancora risulta latente. Per comprendere il perché di tutto questo, occorre guardare i bilanci e i budget destinati alla cultura negli anni passati (tanto delle Amministrazioni locali quanto nazionali): le disponibilità sono progressivamente e costantemente scese nella spesa corrente. Questo cosa ci dice? Che in “passato” la considerazione degli interventi culturali e il relativo impatto in termini di “importanza” nei piani di sviluppo, sia nazionali che locali, non sono stati valorizzati adeguatamente. A meno fondi corrispondono meno progetti, quindi meno capacità e duttilità d’interventi complessi. Invece oggi il PNRR richiede rapidità ed efficienza decisamente superiori, soprattutto nella richiesta di risorse interne per spendere molti più soldi, in meno tempo e con una struttura e una governance nuova. E questo è un nodo fondamentale da sciogliere, perché da qui nascono gli intoppi e le conseguenze di cui sopra.

This article is from: