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DELL'ASSOCIAZIONE
from Artribune #72
by Artribune
INTERNAZIONALE CRITICI D'ARTE IN 6 TAPPE
Sulla Presunta Creativit Delle Macchine U
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1948-1949
Critici, storici dell’arte, educatori e curatori si riuniscono in due congressi all’UNESCO: viene piantato il primo seme di AICA n po’ mi sento antico. Il dibattito sulle nuove tecnologie non mi appassiona mai più di tanto. Ritengo che le tecnologie siano strumentali all’efficienza e all’efficacia del benessere sociale. Salvo che non ve ne sia coinvolti in quanto sviluppatori, da meri utenti mi sembra superfluo impegnarsi in grandi speculazioni intellettuali. Invece, rilevo l’abituale bla bla sulla qualunque (e senza alcun presupposto, se non pretestuoso naturalmente).
1950 Fondazione dell’associazione
1951 AICA viene ammessa al rango di ONG
1963-1966
Giulio Carlo Argan è presidente di AICA Italia
2003
L’associazione ridefinisce i suoi obiettivi, allineandoli a un approccio globale e interdisciplinare
2021
Gabriele Romeo viene eletto presidente di AICA Italia; Renato Barilli è presidente onorario
L’AI è una calcolatrice, potentissima, ma mette insieme ciò che già c’è.
Questo dovrebbe essere il “creare”?
Adesso si parla tanto dell’intelligenza artificiale. Quel che fa e che non fa, quel che sarà o che non sarà. Io credo che vada vissuto il presente, che come sempre costruisce il futuro. Non sarà niente che non dovrà essere e sarà tutto ciò che dovrà essere. Non è fatalismo, ma hic et nunc. Basti ricordare a titolo di esempio recente quante chiacchiere inutili siano state fatte sul cloud, sullo streaming, per non parlare di ciò che si diceva dei contenuti online, dei social, se non addirittura sul web e sul cellulare. Strumenti oggi centrali nella nostra vita, lo sono diventati non perché si sia indirizzato il loro corso in una qualche direzione, ma perché la società si è sviluppata con essi e così il loro uso.
C’è una riflessione, invece, che giudico interessante inerente all’AI, perché propedeutica al paradigma: quella sull’autorialità. Molti dei polemizzatori sono coevi a letteratura e cinema che davano all’AI un’anima e la rendevano ribelle all’uomo che l’aveva creata. Guerre, stragi e “chi me lo ha fatto fare”. Non mi addentro adesso in questa possibilità, la reputo un’ansia inutile. Interessante invece è definire l’input. Ovvero, si dibatte molto sull’intelligenza artificiale online che risponde a qualsiasi quesito. Così come risponde a domande di ricerca frutto di un database enciclopedico (che la macchina può consultare o imparare a costruire in base alle istruzioni fornitele da un umano), altresì crea: un’immagine, un testo… Ma crea veramente? E crea veramente da sola? Chi è l’autore?
Intanto “creare”, da vocabolario, significa “produrre dal nulla”. L’AI è una calcolatrice, potentissima, ma mette insieme ciò che già c’è. Lo fa in una combinazione nuova? Questo dovrebbe essere il “creare”? Ma la combinazione che fa è un calcolo, non è definibile come qualcosa di nuovo, che non c’è, perché un calcolo è un qualcosa di predeterminato (da chi? Dall’uomo). Si dice che auto-apprende, si migliora, ma sempre calcoli su formule sono. Si potrebbe obiettare che anche l’uomo crea come frutto di una combinazione inedita (neanche sempre a dire il vero…), che sempre di un calcolo si tratta. Ma l’uomo ha un’elaborazione del “dato” che è sulla sua esperienza: personale, vissuta, spesso indecifrabile, non esprimibile né condivisibile se non con altri linguaggi come la creazione artistica. E quella non è “precaricata” da un terzo. Quindi io credo che qualsiasi cosa tiri fuori l’AI, ovvero una macchina, l’output altro non sia che il frutto di un calcolo, predeterminato da una formula scritta da un umano e su dati caricati da un umano, o che un umano ha detto alla macchina come e dove trovare.