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aprile – 10 giugno 2022

pena di segnalare che lo stesso motivo compare nell’acquaforte con L’Estate, attribuita dubitativamente al milanese Giovanni Ambrogio Brambilla (notizie dal 1560- 1591) dove il collo è ottenuto con un simile rigido fascio di gambi vegetali (forse di spighe) anch’esso legato in basso da un doppio laccio12 .

Se dunque il Custode pare inserirsi senza difficoltà nel panorama artistico di fine Cinquecento, ancora nulla di certo è emerso sulla sua primitiva collocazione né sul suo autore. La provenienza indicata da Della Torre dalla villa di Martino De Leyva (1548- 1600 circa), situata a Greco in località Cascina de’ Pomi come ha chiarito De Pascale13, non è verificabile ma è comunque degno di nota che si sia tramandata la provenienza da un luogo, il circondario di Greco appunto, dove a cavallo tra Cinquecento e Seicento sorgevano alcune delle ville suburbane più sfarzose del milanese, tutte andate distrutte. Tra queste, è suggestivo ricordare come in quella dei Porro, famiglia che tra l’altro era imparentata con gli Aliprandi14, Bartolomeo Taegio avesse ambientato nel 1559 la messinscena di un colto dialogo sui segreti dell’agricoltura che si svolgeva tra i nobili convitati dei Porro e “l’ortolano di casa”, cioè colui che era preposto alla cura delle coltivazioni ortofrutticole nonché l’olitor nominato nelle due epigrafi perdute che accompagnavano il Custode: un umile personaggio dai tratti grotteschi che qui, forse per la prima volta, assurgeva a figura letteraria15 .

Di Arcimboldi non esistono opere plastiche, ma sappiamo da un inventario rudolfino del 1607-1611 che aveva modellato per gli Asburgo dei frutti in cera insieme a un altro artista, il misterioso “Giovan Vermaiden”16. Inoltre, è assai probabile che il tema delle statue da giardino si fosse affacciato alla sua mente nei lunghi anni in cui si progettava il Neugebäude, la villa di delizie voluta da Massimiliano II nei dintorni di Vienna i cui lavori, iniziati nel 1568 si sarebbero protratti, sotto Rodolfo II, fino al 1587: ben poco è rimasto di questo grandioso complesso ma, nel “giardino segreto” sono ricordati “cespugli e piante poste in forma dell’arma imperiale”, un’idea arcimboldesca al servizio dell’arte topiaria17 . Non si può escludere che a Milano, dove era tornato definitivamente nel 1587 per morire nel 1593, circolassero di sua mano progetti per statue realizzate con lo stesso procedimento con cui aveva dipinto i suoi famosi ritratti, tuttavia nessuna notizia permettere di associare il nome di Arcimboldi a qualche scultore attivo in

città in questi anni18. Nondimeno, il fatto che le opere che dialogano in modo più stringente con il Custode appartengano tutte alla fine del Cinquecento è un segnale che non si può sottovalutare e che rende assai probabile che questa scultura sia stata realizzata nel XVI secolo o poco oltre: nei primi decenni secolo successivo, infatti, l’idea di tradurre nella pietra la maniera del maestro poteva ancora essere praticabile per chi aveva conosciuto direttamente le sue opere o era cresciuto nel ricordo della loro fama19. Tra gli scultori, un possibile candidato potrebbe allora essere il milanese Gaspare Vismara, del quale non è nota la data di nascita da collocare comunque entro gli anni ottanta del Cinquecento. Dal 1610 impiegato alla Fabbrica del duomo, nel 1632 ne sarebbe diventato il protostatuario mantenendo la carica fino alla morte nel 1651. Nel corso della sua lunga carriera Gaspare doveva avere maturato una particolare competenza nella modellazione di fiori, piante e frutti poiché a lui saranno commissionati nel 1638 i modelli in cera destinati alle lesene del portale centrale del duomo, poi scolpiti in marmo da Gian Giacomo Bono e Andrea Castello con un tripudio di elementi vegetali recentemente definiti “una delle prove più significative e allo stesso tempo troppo poco nota di naturalismo seicentesco lombardo”20. Pere, zucche e carciofi del duomo, presenti anche nei notevoli festoni di frutta e ortaggi della facciata della chiesa di San Paolo Converso dove tra 1614 e 1620 circa era all’opera la stessa équipe di scultori, possono utilmente essere messi a confronto con gli analoghi ortaggi che formano il Custode, ma l’indizio, bisogna ammetterlo, è troppo debole per insistere oltre in questa direzione e il Custode rimane di fatto un unicum difficile da considerare al di fuori dal clima culturale della Milano di fine secolo.

È curioso, tuttavia, che Vismara compaia, unico scultore nominato, negli inventari seicenteschi della collezione dei nobili Orrigoni21 ai quali era appartenuta l’unica altra statua arcimboldesca finora nota. Ricordata laconicamente dal Della Torre nel 1995 in collezione Litta Modignani, stranamente non è mai più stata citata da chi si è in seguito occupato del Custode benché fosse stata esposta alla mostra veneziana di Palazzo Grassi del 1987 e, nel catalogo, ne fosse pubblicata anche l’immagine22. Alta anch’essa circa due metri e formata solo da frutti e ortaggi, scolpita in pietra arenaria e solo abbozzata sul retro, raffigura un personaggio indefinibile, forse femminile date le due protuberanze

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