Anapi News - anno 3 numero 1/2015

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"Aerial view of Buenos Aires, 2009-03-28" by Martin Terber - originally posted to Flickr as Aerial view of Buenos Aires. Licensed under CC BY 2.0 via Wikimedia Commons - http://commons.wikimedia.org/wiki/File:Aerial_view_of_Buenos_Aires,_2009-03-28.jpg#mediaviewer/File:Aerial_view_of_Buenos_Aires,_2009-03-28.jpg

rivista della Associazione Nazionale Amministratori Professionisti d’Immobili

anno 3, n.1/2015

Condominio e appalto: qual è la responsabilità dell’Amministratore di condominio?

Bimestrale di informazione e aggiornamento professionale ANNO 3 | N. 1 / 2015

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SOMMARIO Questioni ancora aperte sul decreto ministeriale che regola la formazione degli amministratori di condominio intervista a Vittorio Fusco

Condominio in Mostra “apre il sipario” al 2015

a cura di Maria Sancilio

Amministrazione di condomini e gestione di complessi immobiliari per conto terzi: una sinergia possibile? Il progetto CondomiNew a cura di Nicola Tursi

Cambia dal 2015 il modello di certificazione da rilasciare per i redditi di lavoro autonomo a cura di Giuseppina Spanò

Quando comunicare l’apertura della partita IVA a cura di Giuseppina Spanò

Anapi News

Organo Ufficiale di ANAPI Associazione Nazionale Amministratori Professionisti d'Immobili Anno 3 numero 1 / Marzo 2015 Registrazione

Tribunale di Bari Registro Periodici al numero 8307

Direttore responsabile Avv. Vincenzo Vitiello

Coordinamento, Consulenza editoriale e Redazione GESERCO

Hanno collaborato

Roberto Bonasia, Vittorio Fusco, Emanuele Mascolo, Massimo Pipino, Maria Sancilio, Domenico P. Sefarino, Giuseppina Spanò, G.A. Tarricone, Nicola Tursi

Editore

Italia Didacta

Impaginazione e grafica Marilisa Mincuzzi

Realizzato in Marzo 2015

Ufficio Stampa ANAPI

ufficiostampanapi@gmail.com Via Junipero Serra, 19 - 70100 Bari Tel. 080 564.08.67 info@anapi.it www.anapi.it

© Anapi – Tutti i diritti riservati Vietata la riproduzione anche parziale anno 3, n.1/2015

Gli adempimenti di sicurezza in ambito condominiale di Domenico Paolo Sefarino

Il ruolo dell’Amministratore professionista in rapporto al protesto cambiario di Roberto Bonasia

In inchiesta finale cinque progetti del Comitato Termotecnico Italiano da UNI Ente Italiano di Normazione - www.uni.com

Condominio e appalto: qual è la responsabilità dell’Amministratore di condominio? di Massimo Pipino

Acqua. Deposito cauzionale a cura di G.A. Tarricone

Terrazzo panoramico di proprietà. Il condomino non può modificare il vano-scala comune a cura della redazione ANAPI

La denuncia dell’impianto dell’ascensore: tra installazione e documentazione a cura di Maria Sancilio

Ascensore rimesso in funzione: tutto quello che c’è da sapere

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a cura di Maria Sancilio

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L’esperto risponde. Rubrica

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Risarcimento danni al condomino derivante da cosa comune: come va ripartito tra i condomini? a cura di Emanuele Mascolo

L’amministratore di condominio e la responsabilità per la scelta della ditta appaltatrice dei lavori? a cura di G.A. Tarricone

Zerbini sul pianerottolo a cura di G.A. Tarricone

L’idea

di Vittorio Fusco

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Questioni ancora aperte sul decreto ministeriale che regola la formazione degli amministratori di condominio Intervista al dott. Vittorio Fusco, Presidente nazionale ANAPI

Come Le sembra quest’aspetto ancora dibattuto tra le associazioni e quali sono i Suoi punti di forza? Si propongono iniziative di ogni genere, in primis dalle testate giornalistiche di settore in ultimo ad incontri quadri tra i presidenti delle associazioni di categoria per capirci qualcosa in più su quali sono ancora le lacune della normativa che disciplina la formazione dell’amministratore di condominio. Si evincono proposte di ogni genere su terreni ormai “arsi” che lo stesso legislatore nella redazione della Riforma del Condominio non ha minimamente considerato di implementare con maggiore chiarezza, anzi in alcuni aspetti l’ha ancor più resa confusionaria. I dubbi che suscitano sempre più un’attenta riflessione sull’argomento in questo caso, è un punto molto importante che vorrei sottoporre a tutte le associazioni di categoria, è cioè quello di avere un organo di controllo alle stesse associazioni che erogano formazione sia in forma standard sia nelle modalità che lo

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stesso decreto numero 140/2014 e il 145/2013 convertito poi in Legge 9 del 2014, obbligano a condurre una formazione continua di 15 ore annuali. Questa regolamentazione e quindi la scelta dell’organo di controllo e verifica, ha pochi input definiti e chiari per far sì che si dia uniformità alla stessa formazione che allo stato attuale, sia di mercato che di competenza, risulta molto riduttivo e estremamente frastagliato. Inoltre, vorrei aggiungere, che questo stesso meccanismo che purtroppo non è regolamentato né è oggetto di supervisione, non ha fatto altro che concedere la possibilità a realtà imprenditoriali che fino a poco tempo fa si occupavano di erogazione di servizi agli amministratori e quindi non alla formazione, di entrare a far parte in qualcosa che non è vicina alla loro competenza, lasciando intendere anche ad una generazione automatica di “interessi” di diverso genere non in sintonia a quelli delle stesse associazioni di categoria. Quindi Lei pensa che un organo di controllo istituzionale, possa

uniformare la associazioni?

categoria

delle

Ecco appunto secondo me l’organo di controllo dovrebbe, oltre che non essere un’associazione di amministratori di condominio né di servizi né di addetti ai lavori, verificare che le stesse associazioni siano in grado di erogare la formazione così come stabilito dallo stesso decreto legislativo n° 140 del 2014, ma soprattutto verificare anche le competenze dei formatori in maniera più restrittiva, dando così la facoltà all’utente finale di essere parte attiva delle stessa verifica e quindi dei requisiti dei formatori. Una pseudo entità di verifica e controllo nazionale, unica ed uniforme per tutte le associazioni di amministratori di condominio in Italia, dovrebbe verificare che lo stesso docente abbia i requisiti così come stabilito dalla stessa Legge 4/2013; legge che fissa criteri e presupposti chiari per le associazioni di questo comparto ed è un’ottima guida per rendere esclusivo un criterio di lavoro consono per la formazione alla professione dell’amministratore di condominio.

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CONDOMINIO IN MOSTRA “APRE IL SIPARIO” AL 2015 a cura di Maria SANCILIO - Ufficio Stampa ANAPI Si è tenuto lo scorso Novembre a Bari presso il Nuovo Padiglione della Fiera del Levante all’evento CONDOMINIO IN MOSTRA, lo scenario dedicato interamente al condominio. L’ANAPI, ha organizzato il progetto formativo per mettere in contatto, con azioni diversificate e metodi efficaci, amministratori di condominio, aziende, consulenti e organizzazioni che propongono soluzioni per le gestione immo- biliare in ogni suo aspetto. L’associazione riconosciuta dal Ministero dello Sviluppo Economico, è una delle principali e più autorevoli realtà del settore

e formazione dedicato alla costruzione di edifici sostenibili. “La nostra partecipazione – afferma Vittorio Fusco, Presidente ANAPI – con il progetto CONDOMINIO IN MOSTRA, ha come obiettivo quello di formare e informare non solo gli amministratori di condominio ma bensì anche agli stessi condomini delle problematiche cui si incorre quotidianamente nella vita condominiale.

Il dott. Vittorio Fusco, Presidente ANAPI, rilascia un'intervista durante la scorsa edizione di Condominio in Mostra

condominio in Italia, è tra le associazioni professionali che rilasciano l’attestato di qualità è certificata ISO 9001:2008 B.V. ANAPI raccoglie oltre 3000 iscritti paganti in tutta Italia, con una percentuale pari al 60% in Puglia. Sempre distinta è l’associazione, presieduta dal Presidente Dott. Vittorio Fusco, verso il panorama nazionale per l’attenzione riservata alla formazione e aggiornamento dei nostri associati difatti, proprio per sostenere e promuovere la formazione degli operatori e il processo di riqualificazione dell’universo immobiliare, è stata promossa per le fiere di settore quest’iniziativa d’informazione

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CONDOMINIO IN MOSTRA ha lo scopo di far apprendere gli aspetti tecnici delle riqualificazione degli edifici facendo sì ché gli stessi amministratori sappiano proporre agli amministrati i corretti interventi per migliorare il comfort abitativo dell’edificio.” ANAPI sempre in prima fila nella moderna gestione condominiale, agli appuntamenti del 2015 partecipando al: MadeExpo 2015 dal 18 al 21 Marzo a Milano, Progetto Comfort dal 16 al 18 Aprile a Catania, SAIE dal 14 al 17 Ottobre a Bologna, con il progetto che spiegherà l’integrazione che nasce tra le nuove tecnologie ad alta efficienza e gli impianti

ed involucro per la realizzazione di edifici efficienti dal punto di vista energetico, di innovazione e di sostenibilità, attraverso una grande parte espositiva ed un ampia offerta formativa. Numerose saranno le tematiche di cui si parlerà, tra le quali la realizzazione d’impianti all’interno degli “edifici ad energia quasi zero” che consumando meno producono a loro volta energia. Non mancherà l’approfondimento sull’involucro intelligente, nel quale saranno delineati gli sviluppi legislativi sull’efficienza energetica degli edifici ed illustrate al contempo soluzioni e tecnologie per un involucro evoluto come per esempio l’uso delle valvole termostatiche e della contabilizzazione del calore con l’esemplificazione degli interventi effettuabili sul parco edilizio esistente. Saranno protagoniste anche le pompe di calore, gli impianti geotermici, quelli fotovoltaici, per poi passare anche all’eolico e di biomassa. I visitatori ed i nostri associati troveranno numerose occasioni di aggiornamento sulle più recenti normative e di mercato vedi il nuovo regime dei minimi approdato al fisco nel nuovo 2015 e che vedranno molti degli amministratori, i protagonisti di questo nuovo regime contributivo. CONDOMINIO IN MOSTRA ha già in serbo, per il futuro degli associati ANAPI, importanti e sempre nuovi incontri di lavoro e di formazione, organizzati grazie all’ausilio di vincenti gruppi fieristici italiani.

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Amministrazione di condomini e gestione di complessi immobiliari per conto terzi: una sinergia possibile?

IL PROGETTO CONDOMINEW a cura dell’ing. Nicola TURSI - REPS Studio di consulenza “Così lontano, così vicino”… il titolo (tradotto in italiano dal tedesco) e la trama del film di Wim Wenders di qualche anno fa potrebbe rappresentare in modo sintetico l’interazione tra due mondi, quello della gestione dei condomini e quello delle gestione di patrimoni immobiliari. Prendendo spunto dal titolo del film potremmo tranquillamente scrivere che rappresenti, mutatis mutandis, la metafora della situazione che abbiamo riscontrato nella nostra esperienza: abbiamo sempre percepito una profonda “diffidenza” tra le realtà condominiali in senso stretto e quelle della gestione immobiliare conto terzi.

- L’auspicata riforma del condominio di recente varo;

Di contro la realtà condominiale: un gestore/amministratore che il più delle volte si ritrova solo contro tutti, il quale cerca di amministrare con mezzi ridotti, in ambiti molto critici (se non bellicosi), con proprietà molto parcellizzate e con idee, pareri e visioni molto spesso discordanti.

- Gli incentivi alla creazione, attraverso strumenti legislativi improntati alla sempre maggiore trasparenza e tracciabilità dei flussi finanziari scaturenti dalla gestione corrente degli immobili (REIT’s, SIIQ), di Fondi immobiliari portatori di modelli standardizzati di gestione immobiliare (il Property e Facility Management) e dei conseguenti aspetti tecnici ed amministrativi (reportistica codificata su base periodica, amministrazione dei cicli contabili attivi e passivi sulla base dei dettami IAS e della doppia quantificazione per cassa e competenza),

Eppure il mercato immobiliare, ed in particolar modo quello della gestione, hanno visto palesarsi negli ultimi anni una serie continua di “indizi” che ormai costringono gli operatori a rivedere il concetto di presunta dicotomia tra le due realtà. Tra i tanti si potrebbero citare:

- L’ingresso di capitali di investimento esteri in misura sempre più cospicua nel panorama del Real Estate nazionale;

"BukitBatok" by mailer_diablo - Self-taken (Unmodified). Licensed under CC BY-SA 3.0 via Wikimedia Commons - http://commons.wikimedia.org/wiki/File:BukitBatok.JPG#mediaviewer/File:BukitBatok.JPG

Sinteticamente, dal punto di vista degli amministratori di condominio, il mondo della gestione immobiliare conto terzi è spesso valutato come un mondo “artefatto”, dotato

di mezzi illimitati o semplicemente in cui i gestori (o property managers) sono considerati come dei privilegiati: rapporto con proprietà abbienti, con ampie capacità di spesa, strutture organizzate, consulenti di ogni campo.

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Queste sono alcune tra le maggiori motivazioni che stanno favorendo ed accelerando l’evoluzione, e soprattutto, l’internazionalizzazione della figura professionale dell’Amministratore vs Gestore immobiliare in Italia, colmando progressivamente un gap di natura tecnico/professionale (circa 300 mila amministratori censiti in Italia, di cui circa 280 mila operanti in forza di esperienze professionali di natura amministrativa e contabile, ma per lo più privi di una formazione specifica e focalizzata sulla gestione integrata di sistemi immobiliari complessi) rispetto alle analoghe figure intra ed extra Europa, aggiungiamo anche dal punto di vista remunerativo in quanto maggiormente professionalizzate e conseguentemente valorizzate sul mercato del lavoro (80/100 Euro/anno per appartamento gestito in Italia, contro i 250/300 Euro/ anno per appartamento gestito in Paesi quali Francia e Germania). Il progetto Condominew di REPS vuole quindi rappresentare un modello a valore aggiunto nella gestione immobiliare partendo dai processi, rispondendo alle dinamiche in continua evoluzione che il mercato immobiliare richiede e quasi esige, aspirando ad assumere il ruolo di centro di eccellenza a tutto campo sia nella disciplina condominiale sia in quella della gestione immobiliare tout court, attraverso l’offerta di sistemi di gestione innovativi unitamente a corsi estremamente pratici di Property e Facility Management di sistemi immobiliari complessi, fornendo strumenti di pronto utilizzo (fogli di calcolo, modelli di analisi, sistemi di monitoraggio e reportistica) a supporto della gestione day by day degli immobili. L’amministratore così formato, come già sperimentato in alcuni case studies, assurge al ruolo di “manager di processi” immobiliari indipendente e maggiormente posizionabile sul mercato, attraverso una mappatura ragionata delle attività e programmando in maniera adeguata, nonché corrispondente alle reali condizioni operative e di “ciclo di vita utile”, la manutenzione dei sistemi edilizi ed impiantistici in ottemperanza a quanto previsto dagli indirizzi normativi nazionali (UNI 11257, 10443, 15341, 10951, 8364, 9317) ed esteri (p.e. LEED) di settore. anno 3, n.1/2015

"Wai Wah Centre 201307" by Wing1990hk - Own work. Licensed under CC BY 3.0 via Wikimedia Commons - http://commons.wikimedia.org/wiki/File:Wai_Wah_ Centre_201307.jpg#mediaviewer/File:Wai_Wah_Centre_201307.jpg

di budgetizzazione manutentiva e dei ricavi su un orizzonte di previsione fra i tre e cinque anni, con slot temporali di quantificazione e rendicontazione su base trimestrale per singola posta contabile passiva (servizi di governo generale, impiantistici, edilizi, speciali) e attiva (ricavi da canoni di locazione al lordo e netto dei mancati pagamenti, stima degli effettivi tempi di recupero dei crediti in sofferenza, monitoraggio e relativa riconciliazione dei conti correnti incasso e pagamento, gestiti spesso in forza di una relativa procura).

Ciò si traduce nella capacità di attivare gli interventi di manutenzione più opportuni, finalizzati: - Al mantenimento delle condizioni standard di funzionamento e di efficientamento dei processi; - Al raggiungimento degli obiettivi di prestazionalità legati alla destinazione d’uso degli immobili, garantendo un efficientamento progressivo a livello manutentivo ed energetico del patrimonio immobiliare in gestione; - Alle valutazioni delle probabilità di decadimento prestazionale e di valore degli elementi tecnici costituenti l’immobile; - Alla creazione di circoli virtuosi a livello manutentivo, ingenerando risparmi a livello di processi gestionali e manutentivi forieri di quel contenimento di costi alla base del nuovo meccanismo remunerativo proposto da REPS. In tal modo il gestore/amministratore approccia in maniera scientifica e ben motivata le attività necessarie per selezionare e coordinare i fornitori di servizi professionali maggiormente qualificati a supporto della gestione dell’immobile, sulla base di un orizzonte gestionale più ampio rispetto al proprio diretto mandato di amministrazione (spesso inferiore ai tre anni), creando valore aggiunto nella gestione dei budget annui e conseguente maggiore soddisfazione tanto per il portatore di interesse interno (tipicamente il condomino) che esterno (la proprietà dell’immobile, il manutentore, il potenziale acquirente di un appartamento, l’autorità fiscale). In particolare, nell’ambito del Facility Management, la formazione specifica ed il supporto operativo fornito dal progetto Condominew e dalla Centrale di Governo REPS permette la maturazione di compe-

tenze necessarie per coordinare, secondo i dettami di sicurezza richiesti dalle normative vigenti, spazi e attrezzature di lavoro, al fine di pianificare processi di manutenzione e riqualificazione più efficienti ottimizzando il proprio albo fornitori, i flussi finanziari ed i rapporti con i condomini e l’amministrazione finanziaria e fiscale. La Centrale di governo Condominew intende quindi incentrare in un unico punto di contatto le discipline cardine della gestione e valorizzazione immobiliare, offrendo un supporto operativo concreto all’amministratore (divenuto gestore del valore) immobiliare, coordinando in particolare: - La due diligence all’interno di un processo di property e facility management avanzato, completamente informatizzata, integrata e settata sulla base dello specifico ciclo di vita utile dell’immobile gestito; - La conseguente impostazione della migliore strategia manutentiva e di programmazione degli interventi di riqualificazione; - La gestione razionalizzata dal punto di vista delle risorse impiegate nella definizione della tempistica di intervento, della qualità del budget relativo, senza dimenticare la reportistica di gestione verso i condomini ed i soggetti a vario titolo interessati, del monitoraggio della efficienza energetica analizzando le disposizioni di legge e le metodologie operative conseguentemente adottabili, dell’adozione di strumenti e canali finanziari per ottimizzare gli investimenti operativi e i relativi impatti sul conto economico e sui flussi di cassa per le opere sia strutturali, sia funzionali, sia di riqualificazione energetica. Il gestore diviene, come già sperimentato in alcuni case studies rivenienti dall’applicazione del sistema di gestione su esposto 9


in contesti ad alte prestazioni, aderendo al sistema Condominew attivamente responsabile della sua “Business Unit” costituita dagli immobili in sua gestione, dedicandosi alle attività “core” come il controllo e miglioramento continuo della qualità dei fornitori, delle prestazioni del sistema Condominew, della soddisfazione del cliente inquilino/condomino. Un’adeguata remunerazione viene inoltre garantita al singolo gestore da un sistema incentivante/premiale messo in atto dai tecnici Condominew, che si basa in sintesi sulla partecipazione attraverso opportune success fee ai saving sul budget di gestione rivenienti dall’ottimizzazione dei processi e servizi condominiali, dei cicli manutentivi e dalla razionalizzazione gestionale, potendo nel contempo garantire un’offerta completamente gratuita al singolo condomino, il quale verrebbe sgravato dall’onere del compenso all’amministratore/gestore divenendo quest’ultimo, di fatto, il vero imparziale e oggettivo portatore di valore aggiunto per gli immobili gestiti (sia pubblici che privati).

Ha conseguentemente assunto rinnovato vigore ed importanza il modello di “fare impresa”, non così comune nel settore immobiliare (cosiddetto olistica), in grado di rispondere, con elevati livelli di flessibilità e di creatività utilizzando il concetto di impresa-rete, alle dinamiche del mercato immobiliare, attraverso la continua e flessibile riconfigurazione della catena del valore aziendale in base alle necessità dell’investitore istituzionale che è sempre alla ricerca di investimenti maggiormente sicuri riguardanti immobili gestiti sulla base di orizzonti strategici ampi in relazione a business plan solidamente radicati sulle effettive aspettative di redditività del micro mercato in cui l’immobile è situato (in un arco di tempo di 50 anni, l’attività di manutenzione, da sola, incide per oltre il 286% del costo di realizzazione, mentre le restanti attività comprese nella voce “gestione” assommano al 225% dei costi di realizzazione). Da questi presupposti il settore inizia a ripartire, le imprese impegnate nella valorizzazione e gestione degli immobili ritrovano nuova opportunità di confronto e gli operatori specializzati incontrano un sostrato tecnico e professionalizzante che consente un approfondimento ed allargamento della conoscenza del mercato immobiliare capillare, strutturata e prettamente a costo zero.

Da qui è nata, circa cinque anni fa, l’esperienza Condominew, che oggi annovera tra i suoi partners consulenti di stampo nazionale, nonché un primario consorzio di imprese e consulenti di stampo internazionale che sta credendo e scommettendo sull’introduzione del modello Condominew anche nel settore pubblico ed industriale. Risulta quindi maggiormente percorribile la strada dell’abbandono delle logiche della speculazione immobiliare, caratterizzata da un trading spinto e che considera l’immobile mero generatore di capital gain e non di redditività nel lungo periodo, verso lo sviluppo e la rivalorizzazione sostenibile di complessi immobiliari sempre più improntati alla logica della eco-compatibilità e della rifunzionalizzazione del patrimonio esistente (tra cui si annoverano 2 milioni di edifici disabitati o abbandonati per le più svariate motivazioni, 1,5 milioni di edifici affetti dalla presenza di forme di abusivismo, 30 mila immobili di particolare importanza storico/artistica di cui circa il 10% ad alto potenziale di valorizzazione per lo più inespresso), la riconfigurazione (in parte già in atto) del quadro legislativo nazionale e regionale, deburocratizzando i processi decisionali a livello nazionale, regionale, provinciale e comunale facendo leva sulla chiarezza dell’interpretazione ed applicazione del quadro normativo tecnico/ urbanistico e di riqualificazione energetica

"Kin Ming Estate" by Baycrest - Own work. Licensed under CC BY-SA 2.5 via Wikimedia Commons - http://commons.wikimedia.org/wiki/File:Kin_Ming_Estate.jpg#mediaviewer/File:Kin_Ming_Estate.jpg

La crisi immobiliare negli ultimi anni ha segnato in maniera decisa il mercato italiano ed estero (quest’ultimo sicuramente in maniera più pervasiva ed “invalidante”), cambiando radicalmente le logiche dello sviluppo immobiliare e del fare impresa nel settore del Real Estate, rileggendo il valore e l’importanza della comunicazione, e del

costante confronto e condivisione di expertise tecniche e finanziarie.

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del patrimonio immobiliare esistente e di nuova costruzione. La certezza ed uniformità, inoltre, nella valutazione ed erogazione delle richieste di capitale di credito da parte di imprenditori e sviluppatori del settore, attraverso l’adozione di un sistema univoco di valutazione immobiliare accettato da organismi nazionali ed esteri del settore, potrebbe essere un significativo volano per l’introduzione di nuove metodologie di investimento nel campo immobiliare, diffondendo forme di investimento strutturato e trasparente su larga scala che vedano soggetti privati ed imprese di settore (in particolare Facility e Property companies dotate di flessibilità e portatrici di processi efficienti) partecipare alle evoluzioni dell’immobile, investendo congiuntamente sulla base di obiettivi comuni (politiche manutentive corrette, mantenimento di una redditività costante e solida nel tempo, controllo dei fornitori e delle commesse, certificazione del bilancio annuale per immobili) in capitale umano e finanziario, partecipandone al rischio operativo attraendo in tal modo fiducia ed interessi concreti da parte di investitori italiani ed esteri alla ricerca, di certo ora più che negli anni passati caratterizzati da cieca frenesia da investimento nel mattone, di nuove forme di investimento aventi come sottostante l’immobile divenuto solido puntello per la realizzazione di strategie di portafoglio prettamente long term, con conseguenti politiche di valorizzazione, di prezzo e di dismissione razionali e ben mirate. Circa il 7,5% (120 miliardi di euro) del PIL nazionale (circa 1.554,7 miliardi di euro nel 2010) era riconducibile in media all’industria immobiliare, settore che nell’ultimo decennio ha offerto grandi opportunità di crescita e sviluppo. I servizi immobiliari a valore aggiunto (il property management), secondo stime conservative di massima (non esiste ad oggi una valutazione completa su tale argomento), ammonterebbero ad un 1/1.5% del totale fatturato dell’industria immobiliare, in potenziale crescita per gli sviluppi sopra descritti. Quanto esposto deve di conseguenza spingere le Associazioni di Amministratori Immobiliari, ed in questo ANAPI rappresenta un sicuro apripista confermando una spiccata sensibilità verso le tematiche sopra esposte e progetti ad alto valore aggiunto, ad investire su sistemi di gestione ed ottimizzazione di processi condominiali innovativi aprendosi a consulenze variegate e portatrici di expertise uniche nel settore, al fine di adottare e veicolare un nuovo approccio di amministrare i condomini, ed in generale, il patrimonio pubblico/privato esistente creando rinnovate e performanti prospettive professionali per i propri associati, cambiando nel contempo radicalmente il modo di fare gestione in Italia ripartendo dai fondamentali. anno 3, n.1/2015

Cambia dal 2015 il modello di certificazione da rilasciare per i redditi di lavoro autonomo a cura della dott. rag. Giuseppina SPANÒ Da quest’anno il modulo da rilasciare a professionisti e lavoratori autonomi, per certificare i redditi corrisposti e le ritenute d’acconto operate, assume una veste obbligatoria. Infatti, spicca tra i modelli CERTIFICAZIONE UNICA “CU 2015” emanati lo scorso 15 gennaio dal Direttore dell’Agenzia delle Entrate, quello che dovrà essere rilasciato a professionisti e lavoratori autonomi. Come è noto, fino ad oggi, la certificazione delle somme e valori corrisposti e delle ritenute trattenute ai predetti soggetti, non era vincolata ad un modello prestabilito e ben poteva essere rilasciata in forma libera, purchè contenesse l’indicazione dei dati previsti dall’art.4 comma 6 ter del D.P.R. n. 322/1998. Il modello CU2015 (periodo d’imposta 2014) è composto: • dal frontespizio, che oltre ad evidenziare se trattasi di un eventuale modulo che prima del termine di presentazione, annulla o sostituisce una certificazione già presentata, riporterà i dati anagrafici del sostituto d’imposta e del suo eventuale legale rappresentante, il numero delle certificazioni contenute relativamente a lavoro dipendente ed assimilati e/o lavoro autonomo e provvigioni, la firma del sostituto d’imposta e l’impegno alla trasmissione telematica; • dal quadro CT che fornirà le informazioni riguardanti l’indirizzo telematico (dello stesso sostituto oppure di un intermediario incaricato) al quale l’Agenzia delle Entrate dovrà inviare il risultato contabile d’imposta dei mod. 730 presentati dai dipendenti; • dalla Certificazione Unica vera e propria, contenente le certificazioni dei redditi di lavoro dipendente e assimilato (finora attestati nel modello CUD), e di lavoro autonomo (finora attestati in forma libera). Nel caso in cui siano stati corrisposti più compensi allo stesso professionista/lavoratore autonomo, si potrà rilasciare un’unica certificazione (se la causale è la stessa) oppure tante certificazioni quanti sono stati i compensi erogati nell’anno interessato. I dati che dovranno essere indicati nella certificazione da rilasciare ai professionisti/ lavoratori autonomi non occasionali sono: • l’indicazione del codice corrispondente alla causale del compenso pagato, • l’ammontare del compenso lordo al netto dell’IVA e dell’eventuale contributo destinato alla cassa previdenziale, nonchè l’ammontare della ritenuta eventualmente operata. Inoltre il predetto modello CU2015, dovrà: • essere consegnato in doppia copia ai professionisti/lavoratori autonomi, entro il 28 febbraio 2015; • essere trasmesso telematicamente all’Agenzia delle Entrate entro il 7 marzo (prorogato quest’anno al 9 per via della circostanza che la scadenza cade di sabato). È bene sapere che per ogni certificazione omessa, tardiva o errata è prevista una sanzione pari a 100 euro.

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casi controversi

Quando comunicare l’apertura della partita IVA? a cura della dott. rag. Giuseppina SPANÒ Può capitare che l’opportunità di esercitare l’attività di Amministratore di condominio nasca occasionalmente, magari nell’ambito del proprio condominio e poi pian piano assuma sempre più importanza, fino a diventare la propria attività principale. Ecco che nel divenire di questa situazione ci si pone la domanda: quando si dovrà aprire la partita IVA? Oppure se è già aperta per altra attività, quando aggiungere il codice di attività specifico? Delineare un confine certo tra abitualità e occasionalità di un’attività è certamente difficile, ma proverò a fornire utili criteri di determinazione dell’avverarsi delle due situazioni possibili o meglio, che non si rientra nella prima, perchè nella normativa IVA non si rinviene alcuna indicazione specifica per individuare la ricorrenza dell’occasionalità. Innanzi tutto inizierei citando l’art. 5 del D.P.R. IVA n.633-1972 che, per l’esercizio di arti e professioni, intende quello per professione abituale, ancorché non esclusiva, di qualsiasi attività di lavoro autonomo. Dal tenore della norma citata si desumono quindi i caratteri principali che deve possedere il soggetto che volesse intraprendere un’attività rilevante ai fini IVA e cioè: la professionalità e l’abitualità. Circa il requisito di professionalità si chiarisce che esso è inteso in senso largo, comprendendo quindi tutti i soggetti che esercitano una determinata attività anche se non iscritti ad albi, elenchi e simili. Esso potrebbe essere rimarcato anche dall’esistenza di uno specifico locale

destinato all’attività e/o dall’uso di beni strumentali e/o software specifici, elementi che inducono a ritenere che l’attività non è esercitata occasionalmente. Ritengo inoltre che l’indicazione di una qualifica professionale quale quella di “Amministratore di Condominio” su biglietti da visita e simili sia considerata un elemento di stabilità dell’esercizio di tale attività che quindi presuppone il possesso di partita IVA. Per quanto riguarda il requisito dell’abitualità, esso deve intendersi come svolgimento continuativo o almeno ricorrente dell’attività, che potrebbe essere avvalorato da uno specifico incarico scritto, come è appunto quello di amministrazione di un condominio. Inoltre si nota che non è richiesta l’esclusività dell’esercizio dell’attività, quindi anche un soggetto lavoratore dipendente può trovarsi nella situazione di dovere richiedere l’apertura della partita IVA. Nel caso in cui l’attività di amministratore di condominio venga iniziata da un soggetto già titolare di partita IVA, si dovrà stabilire se aggiungere al codice o ai codici attività esistenti, quello tipico dell’amministrazione di condomini (che è il n. 68.32.00 – Amministrazione di condomini e gestione di beni immobili per conto terzi) oppure ricomprenderla per affinità tra quelli posseduti. Il termine entro il quale si deve comunicare l’inizio, variazione o la cessazione dell’attività, è di 30 giorni dal verificarsi dell’evento che lo determina.

È importante sottolineare che l’art. 5 del D.P.R. IVA al comma 2 prevede che non si considerano effettuate nell’esercizio di arti e professioni, le prestazioni di servizi inerenti ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa rese da soggetti che non esercitano per professione abituale altre attività di lavoro autonomo. Si ritiene che tale indicazione non può essere assunta acriticamente, ma che debba seguire le considerazioni sopra esposte. A proposito si può citare la circolare n. 77 dell’allora Ministero delle Finanze – Tasse e imposte indirette sugli Affari, che benchè datata 24.12.1992, ritengo che in conclusione sia ancora attuale. Essa sostanzialmente afferma che ai fini IVA, l’attività di amministratore di condominio: • è ordinariamente soggetta ad IVA; • se viene svolta, anche non abitualmente, insieme ad un’altra attività di lavoro autonomo, è assoggettata all’imposta; • se viene svolta in modo occasionale, da un soggetto che non esercita altra attività di lavoro autonomo rilevante agli effetti dell’IVA, è esclusa dall’assoggettamento all’imposta. In conclusione, dato che i comportamenti più corretti da adottare dovranno tenere conto dei vari elementi soggettivi ed oggettivi citati e di quelli in concreto pertinenti, il momento di apertura della partita IVA dovrà essere trovato analizzando attentamente ogni singola situazione.

Gli adempimenti di sicurezza in ambito condominiale dell’Ing. Domenico Paolo SEFARINO – Consulente ANAPI Tra le numerose incombenze e competenze dell’Amministratore di Condominio, una delle più onerose è sicuramente quella relativa alla gestione degli adempimenti sulla sicurezza in ambito condominiale. Il Decreto Legislativo n. 81 del 2008 pone numerose responsabilità a carico del datore di lavoro, e, nel condominio, l’Amministratore assume il ruolo di “datore di lavoro” a tutti gli effetti. In particolare, quando il condominio ha uno o più dipendenti, portiere, giardi12

niere, ecc, l’Amministratore, proprio in quanto datore di lavoro, ha una serie di obblighi: Provvedere alla formazione ed alla informazione del dipendente, ossia informare il dipendente sui rischi connessi alla tipologia di attività da espletare e connessi al sito, dare informazioni sulle misure di prevenzione adottate, dare, poi, informazioni sui pericoli connessi all’utilizzo di preparati chimici durante le attività lavorative, dare informazioni sulle modalità operative in caso di emergenza

e sui comportamenti da adottare in caso di primo soccorso; Fornire al dipendente tutti i dispositivi di protezione individuale necessari; Provvedere alla valutazione dei possibili rischi e, di conseguenza, provvedere alla redazione del Documento di Valutazione dei Rischi in base alle procedure standardizzate; Provvedere alla nomina del medico competente. Situazione diversa, ma forse più complessa, è quella relativa agli adempimenti connessi alla presenza di ditte appaltatrici che operaanno 3, n. 1/2015


Il ruolo dell’Amministratore professionista in rapporto al protesto cambiario a cura del dott. Roberto BONASIA - Presidente ANAPI Communication L’amministratore, in seguito alla recente

riforma del condominio, è obbligato a far transitare tutte le somme su un conto corrente intestato al condominio. La fattispecie condominiale da sottoporre all’attenzione degli amministratori è il caso in cui un assegno, emesso dall’amministratore professionista, non sia pagato. Il protesto, nella fattispecie richiamata, riguarda non solo l’amministratore, ma anche il condominio qualificato passivamente attraverso i suoi condomini. Con riferimento al dato normativo richiamato dall’Art. 5 del d.m. Industria del 9 agosto 2000 (registro informatico dei protesti), si stabilisce che nell’elenco dei protesti devono essere indicati il nome e il domicilio del soggetto destinatario del protesto (in caso di persona fisica) oppure la denominazione e la sede (in caso di persona giuridica). È opportuno precisare che, in base alla sentenza Cass. civ., sez. III, 28 giugno 2005, n. 13906, se l’amministratore, in qualità di rappresentante del condominio, ha sottoscritto un assegno bancario privo di provvista con intestazione del condominio, il protesto dev’essere elevato in capo al rappresentante (l’amministratore) in virtù del rapporto di rappresentanza che ha nei confronti del condominio. Nel caso di specie il protesto è da imputare alla responsabilità dell’amministratore, in quanto quest’ultimo, in qualità di mandatario, è tenuto a verificare l’esistenza e la capienza della provvista e, configurando tale caso, la mancata vigilanza come “negligenza inescusabile”. Di conseguenza il protesto deve essere elevato nei confronti di chi abbia emesso il ti-

tolo, secondo quello che risulta dalla firma di emittenza o di traenza. Con riferimento all Art. 71 bis disp. att. cod. civ. voluto dalla riforma del 2012, è stato introdotto il requisito secondo il quale possono svolgere l’incarico di amministratore coloro il cui nome non risulta annotato nell’elenco dei protesti cambiari. Al comma 4 della medesima disposizione, inoltre, si precisa che, la perdita di detto requisito comporta la cessazione dall’incarico, e che, in tal caso, il condomino sarà legittimato a convocare l’assemblea per la nomina del nuovo amministratore. A tal riguardo, occorre precisare che, ai sensi dell’art. 17, l. 7 marzo 1996, n. 108, il debitore protestato, che abbia adempiuto all’obbligazione per la quale il protesto è stato levato e non abbia subìto ulteriore protesto, ha diritto ad ottenere, trascorso un anno dal levato protesto. La riabilitazione, pertanto, può essere ottenuta mediante ricorso al Presidente del Tribunale del luogo dove è stato levato il protesto. Il protesto, dunque, come effetto della riabilitazione, si considera come mai avvenuto, ed il debitore protestato e riabilitato ha diritto di ottenere la cancellazione definitiva dei dati attinenti al protesto anche dal registro informatico dei protesti, tenuto dalle Camere di commercio – introdotto dalla legge 18 agosto 2000 n. 235 – mediante apposita istanza da presentare, unitamente al provvedimento di riabilitazione, al Presidente della Camera di commercio. A cancellazione avvenuta, che è stata disposta dal Presidente della Camera di commercio per avvenuto pagamento della

cambiale entro 12 mesi dalla data di levata o per illegittima o erronea levata del protesto su assegni o titoli cambiari, la legge fa obbligo a chiunque di considerare, a tutti gli effetti, il protesto come mai avvenuto. In virtù della disciplina appena richiamata, pure in mancanza di un espresso rinvio agli effetti dell’intervenuta riabilitazione o cancellazione da parte della riforma, è dunque da ritenere che l’amministratore condominiale protestato e riabilitato e/o cancellato riacquisti i criteri disposti dall’art. 71 bis disp. att. c.c. Per quanto riguarda i singoli condomini, è decisamente da escludere che, il mancato pagamento dell’assegno emesso dall’amministratore per conto del condominio possa comportare l’elevazione del protesto verso tutti i singoli condomini rappresentati, singolarmente considerati,non soltanto in virtù dell’art. 71 delle disposizioni attuative, ma in ragione di un principio di responsabilità dell’amministratore di condominio di fronte ad atti o fatti il cui criterio di imputazione è espressione di un principio di negligenza inescusabile. La tutela del condominio, pertanto, passa attraverso quei requisiti professionali richiesti e voluti dalla riforma del condominio, cui deve seguire, da parte dell’amministratore, un principio di auto-responsabilità, quale criterio professionale, e la possibilità, per i singoli condomini, in virtù di un rapporto di mandato, di essere garantiti da un esercizio professionale dell’amministratore e tutelati dal legislatore per ogni fattispecie di responsabilità o imputazione professionale.

no all’interno del condominio: in questo caso è compito dell’Amministratore anzitutto valutare l’idoneità tecnico-professionale di ciascuna della ditte appaltatrici, ossia valutare la presenza e la validità del durc, la presenza e la completezza del dvr, verificare che la ditta appaltatrice abbia provveduto alla nomina delle figure obbligatorie per la sicurezza ed abbia provveduto alla effettuazione dei corsi di legge. Peraltro l’Amministratore deve fornire, per iscritto, informazioni sui rischi specifici eventualmente esistenti all’interno dell’edificio condominiale e deve valutare la necessità che le imprese appaltatrici debbano effettuare la valutazione

dei rischi interferenti redigendo un apposito Duvri. Altro caso ancora è quello della realizzazione di lavori edili che riguardano l’involucro condominiale: in questo caso l’Amministratore assume il ruolo di Committente ed assume anche il ruolo di Responsabile dei Lavori (ai fini della sicurezza). Il ruolo di committente non può essere demandato ad altro soggetto, mentre il ruolo di responsabile dei lavori, previa specifica delibera condominiale, può essere affidato ad un professionista esterno al condominio. Il committente deve nominare sia il coordinatore della sicurezza in fase di progettazione che il coordinatore della sicurezza in fase di

esecuzione, ma, soprattutto, il committente, e in questo caso l’Amministratore, deve verificare che il coordinatore della sicurezza sia in possesso dei necessari requisiti professionale e formativi. È sicuramente inopportuno che un Amministratore, per quanto professionalmente preparato, assuma ruoli tecnici nell’ambito di attività edili che interessano uno stabile amministrato. Così facendo verrebbe meno la terzietà necessaria per effettuare tutti i controlli sui professionisti incaricati e sulle imprese appaltatrici, ma, soprattutto, l’Amministratore si esporrebbe, ancora di più, alle critiche ed agli appunti dei condomini.

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Da UNI Ente Italiano di Normazione - www.uni.com

In inchiesta finale cinque progetti del Comitato Termotecnico Italiano Giungono alla fase dell’inchiesta pubblica finale cinque progetti di norma elaborati dall’Ente federato CTI. Per quattro di essi, l’inchiesta partita il 12 dicembre scadrà il 23 febbraio 2015: chiunque fosse interessato può scaricarli online e inviare i propri commenti, utilizzando l’apposito form disponibile nella pagina “UNI: inchiesta pubblica finale”. Data più ravvicinata di fine inchiesta per l’ultimo progetto: c’è tempo sino al 14 gennaio 2015. Il primo progetto E0203B44A “Attrezzature a pressione - Messa in servizio ed utilizzazione delle attrezzature e degli insiemi a pressione - Parte 10: Sorveglianza dei generatori di vapore e/o acqua surriscaldata esclusi dal campo di applicazione della UNI/TS 11325-3”, futura specifica tecnica, definisce le modalità di sorveglianza delle attrezzature a pressione, a focolare o altro tipo di riscaldamento con rischio di surriscaldamento, destinate alla generazione di vapore d’acqua e/o di acqua surriscaldata a temperatura maggiore di 110 °C con pressione massima ammissibile maggiore di 0,5 bar. “Pozzi per acqua – Progettazione” è il titolo del progetto E0206D120, finalizzato a definire i requisiti di progettazione di pozzi destinati all’uso permanente o temporaneo di acque sotterranee, destinati al soddisfacimento del fabbisogno delle utenze pubbliche o private nel rispetto delle norme di tutela quantitativa e qualitativa della risorsa e delle esigenze

sanitarie e ambientali. La futura norma rappresenta uno strumento destinato ai progettisti per verificare la fattibilità del progetto e per dimensionarlo; alle imprese che realizzano le opere con lavori di perforazione, di posa di materiali e manufatti nel sottosuolo, di manutenzione delle opere stesse, nonché alle imprese che installano, allestiscono, mantengono e gestiscono gli impianti per il sollevamento delle acque sotterranee; ai gestori di risorse idriche destinate all’uso potabile o in genere all’uso pubblico; agli Enti preposti alle autorizzazioni amministrative e alla vigilanza. Rientra nel quadro normativo nazionale in materia di contabilizzazione del calore e di ripartizione delle spese di climatizzazione invernale il progetto E0208E380, che sostituisce l’UNI/TR 11388:2010. Il documento “Sistemi di contabilizzazione indiretta del calore basati sui tempi di inserzione dei corpi scaldanti compensati dalla temperatura media del fluido termovettore” fornisce i requisiti e i principi di funzionamento, di installazione, di prova e di impiego dei sistemi di contabilizzazione indiretta basati sui totalizzatori di unità di ripartizione correlate all’energia termica per climatizzazione invernale per singolo corpo scaldante, oppure per zona con più corpi scaldanti oppure perunità immobiliare. I sistemi descritti si applicano agli impianti a distribuzione verticale e a distribuzione orizzontale con radiatori, termoconvettori, ventilconvettori (con velocità fissa o bloccata), pannelli radianti

a pavimento e a soffitto solo se il fluido termovettore è intercettabile, almeno a livello della singola unità immobiliare. Si applica a edifici di tipo condominiale e commerciale dotati di impianti termici centralizzati di climatizzazione invernale, provvisti o meno di regolazione climatica del fluido termovettore. La futura specifica tecnica E0209E530 “Caratterizzazione dei rifiuti e dei CSS in termini di contenuto di biomassa ed energetico” fornisce i criteri generali per la caratterizzazione dei rifiuti e dei combustibili solidi secondari ai fini della determinazione del contenuto di biomassa ed energetico. Il documento fornisce un supporto tecnico anche alle Procedure GSE per l’ottenimento dell’incentivazione di energia elettrica prodotta dalla frazione di biomassa presente nei rifiuti e nei CSS (combustibili solidi secondari); la stesura del progetto è stata pertanto elaborata in conformità alla legislazione vigente e alle norme elaborate dal CEN/ TC 343 ‘Solid Recovered Fuels’. Infine, elaborato al fine di fornire indicazioni e procedure atte a facilitare l’applicazione della normativa europea dedicata ai CSS, il progetto E0209E660 “Combustibili solidi secondari - Linee guida applicative delle norme UNI EN 15359 e UNI EN 15358” fornisce indicazioni riguardanti l’applicazione della UNI EN 15359 relativa alle procedure e alle modalità di campionamento dei combustibili solidi secondari (CSS) e della UNI EN 15358 riguardante il sistema di gestione per la qualità, per la produzione e la commercializzazione dei CSS. Il documento, in inchiesta pubblica finale sino al 14 gennaio prossimo, è indirizzato agli enti preposti ai controlli (ARPA) e ai laboratori di analisi. (pubblicato Lunedì, 15 Dicembre 2014) © UNI Tutti i diritti riservati

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Un’interessante Sentenza della Suprema Corte di Cassazione in materia di condominio e appalto

Qual è la responsabilità dell’Amministratore di condominio?

Considerazioni a margine della sentenza n. 20557 del 30 settembre 2014

"Prati - palazzaccio dal tevere 1170069" von Lalupa - Eigenes Werk. Lizenziert unter CC BY-SA 3.0 über Wikimedia Commons - http://commons. wikimedia.org/wiki/File:Prati_-_palazzaccio_dal_tevere_1170069.JPG#mediaviewer/File:Prati_-_palazzaccio_dal_tevere_1170069.JPG

del dott. Massimo PIPINO - Curatore editoriale Agefis, Associazione dei Geometri Fiscalisti

“Il condomino che ritenga di essere stato danneggiato, come nella specie, da un’omessa vigilanza da parte del condominio nell’esecuzione di lavori sulle parti comuni non può considerare l’amministratore come un soggetto terzo ed estraneo; dovrà comunque rivolgere la propria pretesa risarcitoria nei confronti del condominio il quale, a sua volta, valuterà se esistono gli estremi di una rivalsa nei confronti dell’Amministratore”. La più consueta procedura attraverso cui il condominio, normalmente a seguito di una decisione assunta in sede assembleare, dispone di effettuare lavori sul fabbricato consiste nell'affidamento, curato dall'amministratore, di uno o più appalti di lavori ad uno o più soggetti terzi. Accade però con una certa frequenza che a seguito dei lavori fatti effettuare nell'ambito del fabbricato condominiale derivino eventi dannosi a danno di terzi ed alle loro proprietà. In tali casi i conflitti tra le parti coinvolte hanno il proprio esito, per così dire “naturale”, in procedimenti per il risarcimento di danni. 16

In questi casi i Giudici sono chiamati a chiarire se sussista o meno, ed a definire quale ne sia il grado, la responsabilità che deve essere attribuita ad ognuno dei soggetti coinvolti: ditta, o ditte, esecutrice/i dell'appalto, amministratore del condominio, direttore dei lavori – che può anche coincidere con l’amministratore stesso – ed assemblea condominiale che, nell'esercizio delle sue funzioni, ha autorizzato i lavori e, normalmente, ha anche proceduto a scegliere la ditta, o le ditte, esecutrice/i degli stessi. Nell'ambito del presente lavoro, svolto a margine della recente sentenza n.

20557, emanata il 30 settembre 2014 dalla III sezione civile della Suprema Corte di Cassazione, ci si occuperà degli aspetti relativi alla figura dell'amministratore del condominio ed alla possibilità che a questa figura vengano imputati elementi di responsabilità in ordine a fatti quali quelli appena citati. Nella prassi è estremamente frequente che nei casi quali quello di cui si è occupata la Corte di Cassazione con la sentenza in commento, ovvero quelli in cui soggetti terzi rispetto al condominio lamentino danni in conseguenza di lavori affidati dal condominio stesso con contratti di appalto aggiudicati tramite anno 3, n. 1/2015


l'amministratore, le contestazioni principali che vengono mosse all’amministratore stesso attengano alla sua eventuale responsabilità a titolo di “culpa in eligendo” e “culpa in vigilando” (in riferimento a quest'ultima ipotesi soprattutto nel caso in cui all'amministratore del condominio sia stato affidato dall'assemblea anche il compito di direttore dei lavori). In merito al primo aspetto della questione, ovvero quello relativo alla possibile “culpa in eligendo”, considerando che la forma contrattuale attraverso cui viene affidato il complesso dei lavori è il contratto d'appalto, va in primo luogo ricordato come, ai sensi dell’articolo 1655 del Codice civile, “L'appalto è il contratto col quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di una opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro”. Dando dunque per scontata l'autonomia riconosciuta all’appaltatore nello svolgere la propria attività nell'esecuzione dei lavori che gli sono stati appaltati, organizzandone i mezzi necessari, curandone le modalità d'esecuzione ed obbligandosi a fornire alla committenza l'opera o il servizio cui si era obbligato, è di regola l’imprenditore/appaltatore che risponde dei danni che, proprio nell'ambito dell'esecuzione del contratto d'appalto, siano stati provocati a terzi. È però anche vero che il committente, prima di affidare un incarico, è tenuto, in linea generale, ad accertarsi che la ditta appaltatrice abbia le competenze tecniche e professionali necessarie per eseguirlo (si veda in proposito quanto stabilito dal D.Lgs. n. 81/2008, articolo 26, comma 1, lettera a), secondo cui: “Il datore di lavoro, in caso di affidamento di lavori, servizi e forniture all’impresa appaltatrice o a lavoratori autonomi…. a) verifica, con le modalità previste dal Decreto di cui all’articolo 6, comma 8, lettera g), l’idoneità tecnico professionale delle imprese appaltatrici o dei lavoratori autonomi in relazione ai lavori, ai servizi e alle forniture da affidare in appalto o mediante contratto d’opera o di somministrazione....”). In buona sostanza quanto viene dettato dalla norma citata prevede che anno 3, n.1/2015

sull’amministratore del condominio, nella sua qualità di committente dei lavori, debba ricadere l'eventuale responsabilità di “culpa in eligendo” nel caso in cui abbia proceduto all'affidamento dell’opera ad un’impresa priva in modo palese delle capacità tecniche che vengono richieste dal D.Lgs. n. 81/2008, articolo 26, comma 1, lettera a), ovvero in base al generale principio fissato dall'articolo 2043 del Codice civile secondo cui “Qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno” (in proposito si vedano, ex multis, Cassazione Civile, le sentenze 6 agosto 2004, n. 15185; 27 maggio 2011, n. 11757 e 15 novembre 2013, n. 25758). Senza omettere però di considerare il fatto che, nel caso in cui l’appaltatore, in base a quanto stabilito in sede di redazione dei patti contrattuali, sia stato un semplice esecutore degli ordini del committente ed abbia agito su sue specifiche direttive, venendo quindi ad essere privato dell’autonomia decisionale e di gestione di quanto previsto dall'obbligazione contrattuale che è connotato fondamentale del contratto d'appalto, sarà il committente a dover integralmente rispondere degli eventi dannosi provocati a terzi1. Tutto ciò premesso, ed alla luce del fatto che nella controversia alla base della sentenza di Cassazione in commento si era accertato che era stato il Condominio stesso a decidere di affidare i lavori ad una determinata ditta, l’amministratore sarebbe comunque dovuto andare esente da responsabilità, almeno per quanto attiene la fattispecie di “culpa in eligendo”, ed in tal senso ha deciso la Suprema Corte nella sentenza in commento. Infatti l'amministratore nella vicenda in parola non aveva avuto alcuna autonomia decisionale né operativa e, in virtù del suo rapporto di mandato, era per legge tenuto a dare esecuzione alla

Per completezza di informazione va detto che nel caso da cui ha tratto origine la sentenza di Cassazione in esame, in realtà, la responsabilità a titolo di “culpa in eligendo” nei confronti dell’amministratore era stata proposta per la prima volta in Cassazione e non nei precedenti gradi di giudizio nei quali era stata prospettata una responsabilità a titolo di “culpa in eligendo” solo nei confronti del Condominio.

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decisioni assunte dai condomini2. Se in sede di giurisprudenza civile, stanti le cose come descritto, l'amministratore doveva andare indenne da responsabilità, non diversa sarebbe stata la situazione in sede penale. Anche in tale sede la giurisprudenza ha infatti concluso seguendo il medesimo indirizzo e rilevando che “nel caso di appalto dei lavori deciso e assegnato mediante delibera dell'assemblea condominiale, ai fini della penale responsabilità dell'amministratore occorre verificare, nel singolo caso, l'ambito di autonomia di azione di cui eventualmente disponeva l'amministratore e i poteri decisionali con- cretamente attribuiti” (Cassazione penale, Sezione III, Sentenza n. 42347 del 18 settembre 2013). Chiarito come all'Amministratore, nel caso di specie, non si potesse attribuire alcunché in relazione all'eventuale “culpa in eligendo”, restava da verificare se, come sopra è stato anticipato, un’altra responsabilità potesse essere ravvisata a suo carico in riferimento alla fattispecie costituita dalla “culpa in vigilando”. A questo proposito va segnalato come la Corte d’Appello di Roma, riformando parzialmente la sentenza di primo grado relativa al caso in esame, aveva però ritenuto responsabili in solido sia l’amministratore che il condominio. In particolare, facendo riferimento alla posizione relativa all’amministratore, la Corte di merito aveva ritenuto di poter individuare l'esistenza di una sua responsabilità per la fattispecie di omissione: questi, infatti, che nel caso di specie rivestiva anche il ruolo di direttore dei lavori, aveva, secondo il Giudice d'Appello, evidentemente omesso i necessari controlli sull'operato dell'appaltatore, comportamento da cui veniva fatto discendere il danno alla base della controversia. In concreto la sentenza di secondo grado aveva stabilito che l’amministratore avrebbe avuto   Anche se la decisione di affidare i lavori ad una specifica ditta risultava essere stata assunta in assenza di una delibera assembleare. Dalla lettura dello svolgimento del processo risulta infatti che era stato verificato che il Condominio, in presenza di pregresse infiltrazioni d’acqua, aveva deciso di affidare ad una società, scelta dai condomini stessi, i lavori senza discussione in assemblea e senza esame dei preventivi di altre imprese. 2

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l'onere di accertarsi che l'appaltatore avesse adottato le obbligatorie misure di protezione e che, nella sua qualità di datore di lavoro e direttore dei lavori, aveva conseguentemente assunto il compito di organizzare e dirigere i lavori stessi per conto del condominio, assumendo così una posizione di garanzia3. In proposito però, al fine di valutare l'effettivo concretizzarsi della fattispecie di responsabilità costituita dalla “culpa in vigilando”, nel caso di specie nei confronti dell'amministratore del condominio (ed in questo senso ha operato la Suprema Corte nella sentenza in commento), non va dimenticato che se la posizione del committente è stata oggetto di ripetuto esame da parte della giurisprudenza penale di legittimità (in particolare per quanto riguarda la materia degli infortuni sul lavoro), giurisprudenza che ha espressamente riconosciuto l'esistenza di una responsabilità in capo a tale soggetto nel caso in cui si sia verificata una mancata osservanza degli specifici obblighi positivi di verifica, informazione, cooperazione tra i diversi soggetti coinvolti nell'esecuzione di prestazioni lavorative4, pur tuttavia è da sottolinearsi come sia stata cura dei Supremi giudici specificare che tale responsabilità non può essere ritenuta esplicarsi automaticamente e non si può esigere dal committente un controllo pressante, continuo e capillare sull'organizzazione e sull'andamento dei lavori. Per accertare l'adempimento della responsabilità di vigilanza da parte del committente viene richiesta la verifica in concreto di quale sia stata l'incidenza della sua condotta nel concatenarsi dei fatti che hanno portato all'eventuale sinistro, a fronte delle capacità organizzative della  Il citato principio ha trovato recentemente conferma con la sentenza n. 42347/2013 emessa dalla Corte Cassazione che ha ricordato come “l’amministratore di un condominio assuma la posizione di garanzia propria del datore di lavoro nel caso in cui proceda direttamente all’organizzazione e direzione di lavori da eseguirsi nell’interesse del condominio stesso”. 3

Si vedano in proposito, ex multis, le sentenze della Cassazione Penale Sezione IV, n. 37840 del 25 settembre 2009; della Sezione III, n. 1825, del 19 gennaio 2009 e della Sezione IV, n. 41815, del 7 novembre 2008.

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ditta scelta per l'esecuzione dei lavori, avendo l'opportuno riguardo in merito alla specificità dei lavori da eseguire, ai criteri che sono stati seguiti dallo stesso committente per la scelta dell'appaltatore o del prestatore d'opera, alla sua eventuale ingerenza nell'esecuzione dei lavori oggetto di appalto o del contratto della prestazione d'opera, nonché alla possibilità, da parte del committente, di percepire agevolmente ed immediatamente l'esistenza di situazioni di pericolo (in questo senso si è espressa, ad esempio la IV Sezione della Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 3563 del 30 gennaio 2012). Su queste basi la sentenza in commento, pur riconoscendo che il direttore dei lavori (nel caso di specie l'amministratore del condominio committente) presta un'opera professionale nei confronti del soggetto appaltante in esecuzione di un'obbligazione di mezzi e non di risultati ed è chiamato a svolgere la propria attività in situazioni relative all'impiego di peculiari competenze tecniche utilizzando le proprie risorse intellettive ed operative per assicurare, relativamente all'opera in corso di realizzazione, il risultato che il committente si aspetta di conseguire, pur tuttavia conclude che il direttore dei lavori stesso non può che limitarsi ad assume la specifica funzione di tutelare la posizione del committente nei confronti dell'appaltatore, vigilando che l'esecuzione dei lavori abbia luogo in conformità a quanto stabilito nel capitolato di appalto. Di conseguenza si deve concludere, così argomenta la Suprema Corte, che il direttore dei lavori si sottrae alla propria responsabilità nel caso in cui ometta di vigilare e di impartire le opportune disposizioni in riferimento a quanto stabilito nel contratto d'appalto, nonché di controllarne l'ottemperanza da parte dell'appaltatore ed, in difetto, di riferirne al committente (in tali sensi, tra le ultime, sentenza 28/11/2001 n. 15124). Il direttore dei lavori, quindi, deve "apprestare i necessari accorgimenti tecnici volti a garantire la realizzazione dell'opera senza difetti costruttivi" (sentenza 18/4/2002 n. 5632); ha "l'obbligo di vigilanza attiva su tutte le fasi esecutive dell'opera" (sentenza

21.11.2003 n. 2529) e "di segnalare all'appaltatore essendo preposto all'alta sorveglianza sull'esecuzione dell'opera le situazioni anomale e gli inconvenienti che si verificano in corso d'opera" (sentenza citata 5632/2002). Su queste basi, tuttavia, la Suprema Corte, ribadendo un indirizzo già più volte chiarito, desume che non deriva a carico del direttore dei lavori né una responsabilità per cattiva esecuzione delle opere nel caso in cui essa sia imputabile alla libera iniziativa dell'appaltatore, né, automaticamente, un obbligo continuo di vigilanza, (in proposito si possono verificare le sentenze 20 luglio 2005, n. 15255, e 24 aprile 2008, n. 10728) non essendo egli in nessun modo obbligato ad una continua presenza in cantiere ovvero a sorvegliare puntualmente le operazioni in via di svolgimento5. In conclusione, con la sentenza sin qui esaminata, la Suprema Corte ha ritenuto di poter stabilire l'esclusione della sussistenza di una qualsivoglia responsabilità in capo all’amministratore (anche nell'ipotesi in cui abbia assunto la veste di direttore dei lavori) in tutti quei casi in cui ci si trovi in assenza di un qualche indice che faccia supporre che l'appaltatore sia stato sottoposto da parte del committente ad un insieme di direttive così dettagliate e stringenti da sottrargli qualsiasi possibilità di esercitare quell'autodeterminazione che è caratteristica basilare del contratto d'appalto. In conformità alla giurisprudenza in tema di appalto che è stata sopra ricordata, viene inoltre ribadito che l'appaltatore rimane il solo ed esclusivo responsabile della corretta esecuzione dei lavori, nonché dei relativi danni conseguenti a negligenza nell'esecuzione dell'obbligazione contrattuale.   Il comportamento del direttore dei lavori dovrà quindi essere valutato non con riferimento ad un astratto concetto di diligenza ma alla stregua della “diligentia quam in concreto” rientrando nelle obbligazioni del direttore dei lavori l’accertamento delle conformità sia della progressiva realizzazione dell’opera al progetto, sia delle modalità dell’esecuzione di essa al capitolato e/o alle regole della tecnica, nonché l’adozione di tutti i necessari accorgimenti tecnici volti a garantire la realizzazione dell’opera, e segnalando all’appaltatore tutte le situazioni anomale e gli inconvenienti che si verificano in corso d’opera (Cassazione Civile, Sezione II, sentenza del 27 gennaio 2012, n. 1218). 5

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ACQUA. DEPOSITO CAUZIONALE a cura del dott. G.A. TARRICONE - associato ANAPI Su questo numero della rivista, vogliamo parlare di un argomento spinoso quanto controverso e cioè del deposito cauzionale dell’AQP. Dal 01 giugno 2014 è entrato in vigore il metodo di calcolo del deposito cauzionale secondo le disposizioni indicate dall’Autorità per l’Energia Elettrica, il Gas e i Servizi Idrici (AEEGSI) con delibere n.86 del 28 febbraio 2013 e n.643 del 27 dicembre 2013. Tali disposizioni prevedono che il deposito cauzionale, da applicarsi a tutti i clienti ad eccezione degli usi pubblici, sia determinato sulla base del consumo medio storico della singola utenza riferito all’anno solare precedente o, in mancanza di consumo storico, del consumo medio annuo per tipologia d’uso. Il calcolo del deposito cauzionale è determinato dal corrispettivo trimestrale delle quote fisse e variabili, in applicazione della tariffa vigente e in rapporto al servizio di cui l’utenza fruisce. Per gli usi domestici con più di un modulo contrattuale è applicata una riduzione del 40%. I nuovi contratti beneficiano di una dilazione in fattura, con l’addebito di tre rate consecutive di importo rispettivamente pari al 50%, 25% e 25%. Per usi diversi dal domestico e con consumi superiori a 500 mc/anno sono previste forme di garanzia alternative al deposito cauzionale. Il deposito non viene addebitato, qualora addebitato, viene restituito agli utenti destinatari di bonus idrico e ai domiciliati SEPA che abbiano fatto registrare nell’anno solare precedente consumi inferiori a 500 mc. Il ricalcolo del deposito cauzionale viene effettuato annualmente, secondo le medesime modalità su esposte. Il ricalcolo, per il solo anno successivo, non avrà luogo qualora la variazione di consumo non sia superiore al 20% in più o in meno rispetto al consumo adottato per la determinazione del deposito dell’anno precedente. Qualora il ricalcolo del deposito produca un credito a favore del cliente, questo sarà restituito con la prima fattura utile, diversamente, qualora il ricalcolo evidenzi un debito, lo stesso sarà addebitato in due rate nelle due successive fatture consumi. Il deposito cauzionale è fruttifero e quindi, in caso di restituzione, viene maggiorato degli interessi legali, con l’aliquota vigente, a partire dal 01 giugno 2014. Il deposito cauzionale potrà essere utilizzato per compensare situazioni di morosità, anno 3, n.1/2015

in tale evenienza il deposito sarà ricostituito con riaddebito nella prima fattura utile. I depositi cauzionali già versati, prima dell’entrata in vigore delle disposizioni AEEGSI, saranno ricalcolati e le eventuali differenze, se a debito per l’utente saranno rateizzate nelle successive due fatture consumi, diversamente saranno restituite con la prima fattura utile.

A cosa serve? Il deposito forse servirà per: 1. coprire il bonus idrico. Ricordiamo che la tariffa dell’acqua, è stabilita in base al reddito, si paga in base alle proprie capacità economiche, questa è una delle principali novità contenute nel DDL ambiente approvato dal Consiglio dei ministri. L’Autorità per l’energia elettrica ed il gas, al fine di garantire l’accesso universale all’acqua, assicura agli utenti domestici a basso reddito del servizio idrico integrato, l’accesso a condizioni agevolate alla quantità di acqua necessaria per il soddisfacimento dei bisogni fondamentali, la sostenibilità dell’intervento e la copertura dei relativi costi viene garantita dalla previsione di un’apposita componente tariffaria in capo alle utenze non agevolate del servizio idrico integrato. Detto questo, non mi sembra di aver letto sulle fatture dell’AQP, una voce tariffaria che serva per coprire il bonus idrico, forse l’AQP ha deciso per la forma del deposito cauzionale per tale copertura e questo si può desumere dal fatto che il deposito, non viene addebitato a chi usufruisce del bonus idrico, sarebbe stato un controsenso per quest’ultimi, finanziarsi il proprio bonus. 2. coprire le morosità. Sempre il DDL ambientale, prevede anche nuove misure per contrastare la morosità della bolletta dell’acqua, evitando che siano autonomamente le aziende a interrompere il servizio per gli utenti che non pagano e istituisce dal 2014 un fondo di garanzia per il servizio idrico nazionale. Questo provvedimento ha delle ripercussioni, perché in pratica non si può lasciare all’azienda la facoltà di decidere del distacco dell’acqua, vista la specificità del bene acqua, che è un bene fondamentale per la vita umana. Con l’applicazione delle tariffe basate sul principio di copertura dei costi , l’impatto economico sugli utenti è cresciuto in modo rilevante, creando crescenti problemi di

morosità, il provvedimento ha la finalità di regolamentare le modalità di gestione del fenomeno della morosità per limitarne l’insorgenza, assicurarne l’efficace contrasto in modo che i costi non ricadano sugli utenti non morosi e per garantire un livello minimo di fornitura di acqua anche alle utenze non in regola con i pagamenti. Quindi l’AQP ha creato il deposito forse per coprire le morosità, conclusione data dal fatto che, nella stessa circolare dell’AQP, è specificato proprio che il deposito potrà essere utilizzato per coprire le morosità.

Come suddividerlo tra i condomini? Cerchiamo di capire come deve essere ripartito il deposito cauzionale, che ci viene addebitato in fattura. Sul lato pratico, molti letturisti, stanno suddividendo l’importo del deposito cauzionale in parti uguali tra tutti i condomini, per tagliare corto e non imbattersi in ulteriori calcoli. La risposta alla domanda, è contenuta nella circolare stessa: “Tali disposizioni prevedono che il deposito cauzionale, da applicarsi a tutti i clienti ad eccezione degli usi pubblici, sia determinato sulla base del consumo medio storico della singola utenza riferito all’anno solare precedente o, in mancanza di consumo storico, del consumo medio annuo per tipologia d’uso”. Quindi la ripartizione deve essere fatta anche tra i condomini, in base ai loro consumi pregressi o secondo il criterio adottato da ogni condominio e non può che essere così, in quanto la ripartizione in parti uguali, penalizzerebbe chi consuma meno, violando l’art. 1123 c.c., che prevede una ripartizione delle spese, in misura proporzionale, ma essendo l’art. 1123 c.c. derogabile, una diversa ripartizione potrà essere sempre prevista, a patto che ci sia una delibera all’unanimità.

Conclusioni Dubbi e incertezze regnano sovrane sulla finalità del fantomatico deposito cauzionale, ma un dato è certo, chi ci rimetterà saranno gli utenti e chi non ci perderà sarà sicuramente l’AQP, che continuerà a pubblicare in prima pagina i suoi bilanci con un utile in crescendo, tenendo conto che l’adeguamento del deposito cauzionale ogni anno, sarà sicuramente sempre verso l’alto e mai verso il basso, con il gioco delle fatture di acconto e giocando anche sulle tariffe a cui l’AQP ci ha abituati ad un aumento con frequenza annuale. 19


Terrazzo panoramico di proprietà

IL CONDOMINO NON PUÒ MODIFICARE IL VANO-SCALA COMUNE a cura della redazione ANAPI Procediamo con ordine al commento di una sentenza di cassazione che tratta un caso piuttosto comune tra i condominii ed i condomini. Cos’è il terrazzo panoramico di proprietà? I “condominialisti” definiscono terrazza il lastrico solare che fa da copertura ad un fabbricato. È quindi uno spazio, che può essere di grandi dimensioni, di uso esclusivo oppure comune e ad uso di servizio (stenditoio ecc.) nelle strutture con più unità abitative e condominiali. Ciò che distingue una terrazza dal terrazzo è che la terrazza non sporge dalla facciata, ma fa effettivamente da copertura a parti sottostanti del fabbricato. Il termine viene usato anche per ambiti più ristretti, accessibili da singoli alloggi, in aggetto o come loggia coperta, protetti da parapetto. Questi ultimi sono in genere indicati più comunemente con il termine maschile terrazzo o balcone. Per terrazza può intendersi inoltre uno spazio delimitato e pavimentato all’interno di un giardino, a volte arredato, sempre in stretto collegamento con una abitazione. Terrazza, infine può essere anche un’area urbana, di solito all’interno di zone pubbliche (piazze, parchi, giardini pubblici) o anche private di grandi dimensioni (parchi di ville), dotato di veduta sul paesaggio (sulla città, sul mare, su giardini ecc.). Conosciamo bene cos’è invece la proprietà in condominio ovvero un diritto reale che ha per contenuto la facoltà di godere e di disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti e con l’osservanza degli obblighi previsti dall’ordinamento giuridico (art. 832 del codice civile italiano). Si parla di proprietà privata, o pubblica, con riferimento allo status – privato o pubblico – del soggetto giuridico cui spetta la titolarità del diritto. La proprietà esclusiva invece è la parte o sono le parti di proprietà esclusivamente riservate all’uso e/o al godimento da parte di una persona o condomino proprietario di piani o porzioni di piani. 20

Fatta questa piccolissima premessa la terrazza panoramica di proprietà è il godimento esclusivo che però non autorizza il singolo condomino a modificare il vano scala e quindi la parte comune dell’edificio, art. 1117 del codice civile, a discapito degli altri partecipanti al condominio. Lo ha stabilito la seconda sezione civile della Corte di Cassazione con sentenza n. 40 dell’8 gennaio 2015, che ha confermato l’ordine del ripristino dei luoghi per il condomino che aveva arbitrariamente accorpato al suo appartamento; una parte del vano scala comune per accedere più facilmente al terrazzo panoramico era divenuto un prolungamento della sua proprietà privata. Per i giudici si è trattato di appropriazione indebita di spazi condominiali, in quanto il condomino ha esteso il proprio diritto di proprietà sulla cosa comune, in danno degli altri partecipanti, diminuendo così il volume del vano scala a sua volta sottratto al condominio. È quindi accaduto che il condominio ha citato in giudizio la proprietaria dell’appartamento all’ultimo piano, titolare del diritto d’uso e godimento esclusivo di una porzione di piano oltre un’area di solaio adibita a mansarda, chiedendo la condanna al ripristino dei luoghi. Sull’area del solaio, infatti, gravava una servitù di accesso a favore dell’intero condominio su di un vano comune, dotato di scala in legno che consentiva l’accesso diretto al terrazzo. La convenuta al tempo ha fatto eseguire alcuni lavori di ristrutturazione che hanno mutato la situazione di accessi e godimento dell’uso comune della porzione di piano; la proprietaria ha incorporando arbitrariamente e senza nessun consenso da parte dei condomini, al suo appartamento una parte del vano scala che collegava il suo appartamento con il terrazzo. Ma c’è di più, la convenuta ha fatto sostituire l’ultima rampa della scala comune con una scaletta “alla marinara”, rendendo disagevole e pericoloso il passaggio per gli altri partecipanti al condominio.

Il tribunale in primo grado, ha quindi accertato l’avvenuta occupazione abusiva di spazi condominiali e condannato la condomina al ripristino dei luoghi per un’appropriazione indebita. La convenuta, seppur non ha alterato la destinazione della scala comune, ha tuttavia esteso il proprio diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti, diminuendo il volume del vano scala sottratto per lo più al condominio e inglobandola alla sua proprietà di fatto. In altre parole, il godimento esclusivo del terrazzo panoramico non consente al singolo condomino di modificare spazi comuni a discapito degli altri condomini; la legge in condominio consente tali modifiche solo se necessarie all’effettivo godimento esclusivo del bene o per interventi di innovazione che costituiscano miglioria all’aspetto architettonico o per garantirne la sicurezza di tutto lo stabile; tuttavia queste stesse modifiche, vanno eseguite senza alterare la destinazione della cosa comune e senza pregiudicare i diritto degli altri condomini. La proprietaria si era opposta alle richieste del condominio sostenendo, che l’accesso diretto non rappresentava una modifica gravosa e voluttuaria del bene, bensì un intervento assolutamente indispensabile per l’uso in via esclusiva del terrazzo, poiché a suo dire, non avrebbe senso il diritto al godimento in forma esclusiva del terrazzo paronimico senza il “comodo” accesso. La convenuta inoltre contestava la natura comune del vano scala, ritenendolo, invece, di sua proprietà esclusiva. Per finire sia la Corte d’appello sia la Cassazione con la sentenza che abbiamo commento, hanno confermato la legittimità dell’ordine di rimozione in pristino da parte del condominio. Tra l’altro, la suprema Corte sottolinea che lo stesso intervento di ristrutturazione che la condomina ha effettuato per inglobare il vano scala nella sua proprietà “esclude di per sé la possibilità che tale spazio fosse originariamente compreso nell’appartamento e ne rende oggettivamente delimitabile l’estensione”. anno 3, n. 1/2015


"Rooftop garden NYC" by Hu Totya - Own work. Licensed under CC BY 3.0 via Wikimedia Commons - http://commons.wikimedia.org/wiki/File:Rooftop_garden_NYC.jpg#mediaviewer/File:Rooftop_garden_NYC.jpg

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La denuncia dell’impianto dell’ascensore: tra installazione e documentazione "Double elevator at Midland Square Nagoya" by Chris 73 / Wikimedia Commons. Licensed under CC BY-SA 3.0 via Wikimedia Commons - http://commons.wikimedia.org/wiki/File:Double_elevator_at_Midland_Square_Nagoya.JPG#mediaviewer/File:Double_elevator_at_Midland_Square_Nagoya.JPG

a cura di Maria SANCILIO - Ufficio Stampa ANAPI

Così come sancito dalla Direttiva Europea 95/16/CE attuata con il DPR 162/99 del 30 Aprile, per la costruzione, fabbricazione e esercizio di impianti di ascensori, sono stati introdotti nuovi requisiti essenziali di sicurezza e salute indicati dalla direttiva stessa a livello comunitario, chiamata come “dichiarazione di conformità”. L’amministratore di condominio è il rappresentante in nome e per conto dei condòmini ed è egli che purtroppo è tenuto al reperimento di documenti e dati indispensabili all’installazione dell’impianto. Conosciamo anche che per procedere con i lavori di installazione si dovrà aver deliberato in assemblea l’ordine di procedere all’installazione attraverso una maggioranza pari ai due terzi dei partecipanti che rappresentino due terzi del valore millesimale dell’edificio, qualora si presentino i presupposti della delibera per le innovazioni. Altro importante aspetto da non sottovalutare per l’amministratore è proprio quello tecnico e di sicurezza, in quanto egli, sempre purtroppo, è l’unico responsabile della conformità e quindi della sicurezza dei documenti e dell’impianto. Difatti egli è obbligato ad attenersi a quanto la direttiva sugli impianti stabilisce ordinariamente alle documentazioni e comunicazioni da ottemperare. Casi si son verificati in molti condominii in cui l’amministratore non ha svolto quanto dovuto e si è ritrovato poi a dover essere l’unico responsabile in caso di sopravvenuti eventi gravosi a cui ha dovuto poi rispondere in prima persona. Queste son considerate le problematiche irrisolte proprio per quel che riguarda la responsabilità dell’amministratore, dal punto di vista normativo, è cioè proprio quello che riguarda il suo mandato e al rispetto della normativa tecnica e legislativa in termini di sicurezza degli impianti in condominio. Difatti, se pur non menzionato nel testo di riforma né nel DPR 162/99, tale adempimento nella sua praticità, per l’amministratore è considerato molto

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Il legislatore ha poi scelto di intervenire per snellire tali responsabilità con il D.Lgs. 81/2008; la sua finalità è quella di riordinare, coordinare e ridurre gli infortuni sul lavoro e di migliorare le condizioni di sicurezza attraverso una migliore prevenzione degli infortuni stessi. Inoltre, da una lettura complessiva del testo normativo, appare evidente come gli obblighi di sicurezza gravino altresì sul condominio in quanto luogo ove viene svolta un’attività di lavoro. Il condominio, praticamente, deve individuare i rischi e i pericoli presenti in tutta la sua struttura; elaborare un apposito documento, appunto, di valutazione rischi; nominare un responsabile della sicurezza; rendere edotti tutti i fornitori che dovessero svolgere la propria attività nel condominio circa tali rischi rilevati attraverso la consegna del DVV; predisporre un piano sanitario. Il DPR 162/99 ha eliminato il necessario intervento di un tecnico appartenente all’Amministrazione pubblica di competenza territoriale per i collaudi e le successive verifiche periodiche. Il collaudo difatti, che poi verrà chiamato come “esame finale” o “controllo finale” dell’impianto, è delegato ad anno 3, n.1/2015

istituti ed organismi di certificazione i quali, sempre secondo la direttiva di conformità sia italiana sia appunto degli altri paesi della Comunità Europea, notificano all’impresa installatrice che l’impianto sia fornito di un sistema di garanzia di qualità certificato. Nel documento di conformità deve essere riportato il nome e la sede della ditta installatrice, la descrizione tecnica dell’ascensore con specifica annotazione del tipo dell’impianto o il numero di serie ed ubicazione nel condominio (art. 1117 c.c.), l’anno di istallazione e pertinenze cui serve, complessivamente nominato come libretto dl’impianto. Contestualmente l’installatore deve marchiare l’impianto con apposito distintivo CE da apporre all’interno della cabina dell’ascensore in modo ben visibile all’uomo, assieme al numero di identificativo che l’organismo di certificazione o istituti medesimi hanno rilasciato all’impresa installatrice. L’amministratore di condominio, secondo l’art. 12 e 16 del DPR 162/99 e il DPR 214 del 5 Ottobre del 2010 dopo questi adempimenti, passa alla fase finale e cioè alla denuncia dell’installazione dell’impianto per la messa in esercizio, agli uffici tecnici del comune di appartenenza entro 10 giorni dalla data di emissione del documento di conformità; tale denuncia deve contenere ancora indirizzo dell’ubicazione dell’impianto, dati tecnici quali la velocità, la portata, la corsa, il numero delle fermate e il tipo di azionamento, nome o ragione sociale dell’installatore o del fabbricante dell’ascensore e la copia del documento di conformità Decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 17., indicazione della ditta abilitata alla manutenzione ordinaria e periodica. In ultimo entro 30 giorni dalla data di comunicazione agli uffici di amministrazione comunale, all’impianto sarà assegnato un numero di matricola che verrà comunicato all’impresa installatrice e che dovrà essere esposto all’interno della cabina dell’impianto. Le verifiche che poi saranno obbligatorie effettuare sull’impianto, dovranno

essere con cadenza periodica e cioè biennali da un tecnico specializzato che verifichi per l’appunto il corretto funzionamento dell’ascensore e che ne faccia apposita manutenzione qualora ne fosse necessario e indispensabile. Scompare, con l’abrogazione della legge 1415/42, le licenze di impianto e di esercizio. La manutenzione rimane obbligatoria (due verifiche annuali e una straordinaria) e può essere effettuata solo da persona munita di certificato di abilitazione rilasciato secondo la procedura prevista agli articoli 6,7,8,9 e 10 del D.P.R. 24 Dicembre 1951, n. 1767. La ditta di manutenzione deve inoltre essere abilitata ai sensi della legge 46/90, lettera f) ed ai sensi dell’art. 7 Legge N. 37/2008. Anche i montacarichi e le piattaforme elevatrici per disabili seguono, per la messa in esercizio, le verifiche e la manutenzione così come per l’ascensore.

"Visilift Visi-58 Round Residential Elevator" by Simmons-jl - Own work. Licensed under CC BY-SA 3.0 via Wikimedia Commons - http://commons.wikimedia.org/wiki/File:Visilift_Visi58_Round_Residential_Elevator.jpg#mediaviewer/File:Visilift_Visi-58_Round_Residential_Elevator.jpg

rischioso ed impegnativo. Il legislatore nel corso degli anni ha aggiornato in modo vertiginoso le normative, a loro volta non più solo di matrice nazionale ma anche europea, emanando specifiche disposizioni che hanno attribuito all’amministratore responsabilità civili e penali in diversi ambiti tra cui quello manutentivo e di gestione degli impianti presenti nei complessi condominiali. Facciamo riferimento all’amministratore che deve verificare tramite il direttore dei lavori, i compiti riguardanti l’installazione dell’impianto e l’adeguamento alle norme di sicurezza, oltre alla manutenzione e alle continuità delle verifiche preoccupandosi poi anche di comunicare agli appositi incaricati addetti delle messa in esercizio mettendo a disposizione il libretto dell’impianto all’atto delle verifiche periodiche.

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ASCENSORE RIMESSO IN FUNZIONE Tutto quello che c’è da sapere a cura di Maria SANCILIO - Ufficio Stampa ANAPI

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– art. 1118 del c.c. ; l’articolo medesimo “Diritti dei partecipanti sulle cose comuni” difatti chiarisce che il diritto del condomino sulla parte comune dell’edificio e quindi in questo caso sull’ascensore è proporzionale al valore millesimale dell’immobile di proprietà, fatto salvo che diversa nota sia disposta dal regolamento contrattuale. Il condomino quindi può scegliere solo di non utilizzare l’impianto, di sua volontà magari in virtù di una mancata residenza piuttosto che di mancato utilizzo effettivo per casi puramente personali – magari abita al piano rialzato o è proprietario di un immobile al piano commerciale – ma è obbligato comunque a pagarne le spese di manutenzione ordinaria sia straordinaria e le spese di energia. Detto questo, così come uno o più condomini possono liberamente scegliere di non utilizzare l’impianto dell’ascensore, così all’unanimità del condominio può deliberare sempre in assemblea, mettendolo anche a verbale, il disuso dell’impianto per cause magari relativa alla volontà di non voler più sostenere le spese per il suo funzionamento e di manutenzione. Non si discute invece per la ripartizione delle spese di manutenzione – art. 1123 c.c.. La sospensione del servizio dell’impianto di ascensore non libera l’amministratore dalle sue respon-

sabilità di manutenzione piuttosto che si verifiche, ma ancor di più egli stesso è tenuto alla conservazione del bene in virtù dell’art. 1130 del c.c. terzo e quindi comma. L’articolo 1130 del codice civile L.220/2012 sancisce che tra le attribuzioni, l’amministratore deve disciplinare l’uso delle parti comuni all’edificio in modo che se ne assicuri il migliore godimento a ciascun condomino; nel caso in specie anche e soprattutto se l’impianto resta fermo sempre per volontà dei condomini e sempre per garantirne la sicurezza se gli stessi proprietari scelgano di volerne riattivare la sua funzione di sollevamento di persone o cose che collega piani definiti, mediante un supporto del carico e che si sposta lungo guide rigide – articolo 2 del DPR 214 del 2010. Il Legislatore però ha chiarito che l’art. 1123 e l’art. 1138 che disciplina la normativa del regolamento di condominio, sono norme derogabili dallo stesso condominio e che quindi esso potrà a regolamento elencare altri punti che diversamente da quanto disposto dagli artt. suddetti, potranno disciplinare l’uso, il godimento e la manutenzione dello stesso impianto senza però alterarne la destinazione o l’impedimento di altri partecipanti ad esercitare il proprio diritto sulla cosa comune – art. 1102 c.c.

"Old elevator machine room with old controller" by Harrihealey02 - Own work. Licensed under CC BY-SA 3.0 via Wikimedia Commons - http://commons. wikimedia.org/wiki/File:Old_elevator_machine_room_with_old_controller.JPG#mediaviewer/File:Old_elevator_machine_room_with_old_controller.JPG

Così come sancito nell’art. 1117 della L. 220/2012 si considerano parti comuni all’edificio e quindi parti comuni tra proprietari di ogni singola unità immobiliare tutte le parti, aree, opere, impianti destinati all’uso e al godimento della cosa comune. Per cosa comune si intende anche l’uso dell’ascensore. È il disuso? Le spese resteranno sempre “cosa” comune tra tutti i singoli proprietari dell’edificio o sarebbe meglio apporre un lucchetto e conservarne la chiave? Partendo dal principio, all’installazione dell’impianto dell’ascensore precede un’indagine ben accurata sia da parte del costruttore che ne progetta la realizzazione sia da parte dell’azienda di installazione dalla quale ne deriva poi il posizionamento effettivo dell’impianto, sulla scorta del DPR 162/99, il DM n° 17, e così via. Sappiamo benissimo delle verifiche periodiche da dover effettuare sull’impianto, sappiamo anche delle responsabilità dell’amministratore (art. 1124 – 1130), ma non conosciamo cosa accade se un condomino sceglie di distaccarsi dal godimento dell’impianto dell’ascensore o ancor più se l’assemblea decide all’unanimità che l’utilizzo dell’impianto non è cosa prioritaria per la vita in condominio. Nel primo caso in cui è un singolo condomino che, attraverso la convocazione dell’assemblea (art. 66 secondo e terzo comma delle disposizioni di attuazione del c.c.) richiede il distaccamento dall’impianto all’ordine del giorno della convocazione del’assemblea dei condomini sarà poi l’assemblea stessa che in prima o in seconda convocazione deciderà se deliberare o meno tale richiesta. Ovviamente il tutto attraverso una prima indagine di ciò che è riportato sul regolamento di condominio, che nella fattispecie, deve essere di tipo contrattuale e non assembleare perché l’impianto dell’ascensore nasce assieme alla costruzione dell’edificio. Constatate le maggioranza dunque, art. 1136 del c.c., l’assemblea delibererà quella che sarò la decisione dei partecipanti, sempre in virtù di quello che poi ne sarà gravato o meno sui restanti condomini. Fatto salvo l’indispensabile passo che porta la richiesta di un condominio ad essere discussa e poi eventualmente approvata e poi deliberata o meno in assemblea, non è poi così semplice constatarne effettivamente la rinuncia al diritto del condomino

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Esperto Risponde L'

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a cura del Centro Studi ANAPI

Dato che con la nuova riforma l’amministratore resta in carica 2 anni se lo si vuole cambiare allo scadere del primo anno cosa bisogna fare? Per cambiare l’amministratore è sufficiente convocare una assembla e inserire all’ordine del giorno revoca e nomina di un nuovo amministratore. La riforma non prevede la durata in carica dell’amministratore per due anni; ma solo un anno così come lo è sempre stato.

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Sono a porVi un quesito in merito ad un condominio con più di 20 condomini. Dal 18 di giugno, negli edifici con più di 20 condomini ogni delegato non può ricevere un numero di deleghe superiore a 1/5 del complessivo numero delle “teste” (ossia dei condomini) e non più di 200 millesimi. Io gestisco un condominio con 72 condomini e un condomino (supermercato a livello nazionale) ha millesimi per 325,967. In base alle nuova legge un condominio può portare in assemblea solo la dele-

ga del Supermercato, in quanto non supera 1/5 del complessivo numero delle “teste” (ossia dei condomini) ma supera i 200 millesimi? Questo dubbio scaturisce dal fatto che la legge usa la congiunzione “e” e non “o”, pertanto il fatto si verifica solo se entrambe i casi si realizzano e non se solo uno dei due si realizza. Amm. Paoletti Pietro In questo caso si ritiene sufficiente il numero dei millesimi piuttosto che quello delle teste.

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Sono un associato il mio n. tessera è Z 1477 vi espongo il mio quesito: Con Assemblea in autoconvocazione viene revocato il vecchio amministratore e nominato il nuovo amministratore. Il Verbale presenta un errore nell’indicazione dei millesimi che risultano non corretti in quanto i condomini hanno preso in considerazione la tabella sbagliata. Premetto che i condomini presenti rappresentavano 683,94 millesimi quindi la maggioranza è stata rispettata ma sul verbale sta scritto che si approva il nuovo amministratore all’unanimità indicando erroneamente totale millesimi 1333. La delibera come deve essere considerata? Valida, Nulla, Annullabile. Grazie Rag. Eva Dell’Olmo Relativamente a queste problematiche, l’assemblea potrebbe essere impugnata. Sarebbe opportuno ripro-

porre la stessa correggendo l’errore ed evitare la possibilità di possibili problematiche legali sia per l’amministratore entrante sia per i condomini che dovranno intraprendere una azione legale.

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Buona sera, con la presente per avere un chiarimento in merito alla partecipazione delle spese relative ad appartamenti rustuci, nello specifico volevo chiedere se: un proprietario di un appartamento rustico di un palazzo piccolo, gestisto dai condomini stessi essendo quasi tutti parenti, è tenuto al pagamento delle spese di luce e pulizia scala ed eventualente altre spese? Faccio presente che ancora non esistono tabelle millesimali. In attesa di riscontro saluto cordialmente Cristina D’Agostino

Per quanto riguarda le nuove costruzioni, il condominio si costituisce nel momento in cui vengono redatti i contratti di compravendita. Pertanto le spese di ripartizione dei servizi comuni dovranno essere divisi anche in parti uguali per tutti ma comunque divisi in maniera tale da sostenere i costi di gestione.

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In un condominio che non ha il numero legale per la nomina dell’amministratore un condomino puo’ rivolgersi al giudice per richiedere la nomina di un amministratore? Inoltre può convocare un assemblea per chiedere agli altri condomini la nomina dell’amministratore? L’eventuale nomina necessita sempre della doppia maggioranza, la maggioranza dei presenti e i 500,00 millesimi? cordiali saluti Il condomino potrà rivolgersi senza alcun problema alla autorità giudiziaria. Lo potrà fare solo dopo che avrà convocato i condomini in prima istanza per la nomina dell’amministratore. In caso di assenza e di mancanza della maggioranza assembleare, potrà rivolgersi al giudice per la nomina di un amministratore giudiziario. Per la nomina dovrà sempre valere la maggioranza qualificata (maggioranza degli intervenuti e la metà del valore dell’edificio)

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Risarcimento danni al condomino derivante da cosa comune

COME VA RIPARTITO TRA I CONDOMINI? Può capitare in ogni condominio che si rispetti, il sorgere di una problematica come quella che affronteremo: la richiesta da parte di un condomino, del risarcimento danni provocato da una cosa comune. La questione spesso, oltre a far andare su tutte le furie i condomini chiamati a risarcire, impaccia molti amministratori di condominio. Il nodo è capire e sapere come ripartire tali danni che non sempre possono essere ripartiti in parti uguali, non sempre tutti i condomini sono tenuti a risarcire, in virtù della “presunzione di comproprietà”. Le parti comuni, definite dall’articolo 1117 del codice civile sono: 1) tutte le parti dell’edificio necessarie all’uso comune, come il suolo su cui sorge l’edificio, le fondazioni, i muri maestri, i pilastri e le travi portanti, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni di ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e le facciate; 2) le aree destinate a parcheggio nonché i locali per i servizi in comune, come la portineria, incluso l’alloggio del portiere, la lavanderia, gli stenditoi e i sottotetti destinati, per le caratteristiche strutturali e funzionali, all’uso comune; 3) le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere destinati all’uso comune, come gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli impianti idrici e fognari, i sistemi centralizzati di distribuzione e di trasmissione per il gas, per l’energia elettrica, per il riscaldamento ed il condizionamento dell’aria, per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino al punto di diramazione ai locali di proprietà individuale dei singoli condomini, ovvero, in caso di impianti unitari, fino al punto di utenza, salvo quanto disposto dalle normative di settore in materia di reti pubbliche. anno 3, n.1/2015

A creare problemi di solito, sono gli impianti idrici e fognari, che, per loro costituzione però, sono formati di tronchi o gomiti, o meglio raccordi, che permettono la fruizione del servizio a tutti gli immobili. Premettendo: 1) che la richiesta di risarcimento, deve essere portata a conoscenza dei condomini attraverso l’assemblea condominiale, come oggetto nell’ordine del giorno della convocazione, che per la validità della convocazione è sufficiente il quorum ex. articolo 1136 del codice civile, così come per la validità delle deliberazioni; 2) che l’assemblea potrà deliberare di risarcire il danno in parti uguali o secondo i millesimi di proprietà; non va esclusa la possibilità di considerare proprio in tali questioni la presunzione di comproprietà. È consigliabile in casi simili sia all’amministratore del condominio che all’assemblea condominiale di cercare di capire, tramite consulenza tecnica, le cause e le parti dell’impianto danneggiato. La localizzazione della rottura è necessaria per capire, ad esempio se il tratto della rete fognaria è di natura condominiale oppure se il guasto si riferisce solo a quella parte che è di pertinenza del singolo condomino o di alcuni di essi, perché potrebbe risultare che il danno causato ad esempio dall’ostruzione di una parte dell’impianto a servizio esclusivo di alcuni appartamenti e non di tutto il condominio. Va considerato che, se per ipotesi e tecnicamente parlando, il danno si verificasse in posizione antecedente al raccordo, dal quale l’impianto comincia ad essere comune, allora i condomini non saranno tenuti a risarcire il danno.

"DublinMold" by Infrogmation of New Orleans - Photo by Infrogmation. Licensed under CC BY 2.5 via Wikimedia Commons - http://commons.wikimedia.org/wiki/File:DublinMold.jpg#mediaviewer/File:DublinMold.jpg

a cura del dott. Emanuele MASCOLO - associato ANAPI

Con riguardo all’impianto fognario, è orientamento consolidato della giurisprudenza, infatti i condotti fognari sono considerati parti comuni solo “fino al punto di diramazione degli impianti ai locali di proprietà esclusiva dei singoli condomini, con esclusione dei soli raccordi di collegamento e delle tubazioni orizzontali che, diramandosi da detta condotta condominiale di scarico, servono i singoli appartamenti di proprietà esclusiva.” (C. Cass. 14.06.2012, n. 9765) Va del pari osservato che “l’accertamento della natura non condominiale di un bene – per mancanza del presupposto della relazione di accessorietà strumentale e funzionale con le unità immobiliari comprese nel condominio (ex plurimis, Cass., sez. 2ª, sentenza n. 4973 del 2007) – non esclude l’eventuale comunione su di esso instaurata per volontà delle parti”. (C. Cass. 06/10/2014, n. 20986) 27


L’AMMINISTRATORE DI CONDOMINIO E LA RESPONSABILITÀ PER LA SCELTA DELLA DITTA APPALTATRICE DEI LAVORI a cura del dott. G.A. TARRICONE - associato ANAPI rispondere proprio perché privo di potere decisionale e di autonomia operativa, avendo egli dato semplice esecuzione alla decisione assunta dall’organo assembleare. Si tratta di circostanza di decisivo rilievo ai fini dell’affermazione di penale responsabilità, non potendosi prescindere dal ruolo effettivamente svolto dall’amministratore nella stipulazione del contratto e nella sua successiva attuazione, considerando anche l’ambito di autonomia di azione di cui egli eventualmente disponeva ed i poteri decisionali concretamente attribuiti” Corte di Cassazione (sentenza 42347/2013). L’art. 2 comma 1 lett. B del D. L.vo 09/04/2008 n. 81 specifica che per datore di lavoro, si tratta del soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore, o comunque il soggetto che, secondo il tipo e l’assetto dell’organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività, ha la responsabilità dell’organizzazione stessa o dell’unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa, in sostanza il datore di lavoro è il soggetto che conferisce l’incarico lavorativo (indifferente che venga affidato a un soggetto privato od a una ditta), ne cura l’esecuzione e ne paga il corrispettivo.

ti di volta in volta incaricati di effettuare opere e lavori per il condominio, egli, pertanto, dovrà avere cura di effettuare i preventivi controlli imposti dalla norma citata nonché fornire agli stessi dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell’ambiente in cui sono destinati ad operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla propria attività” (D. L.vo 81/2008, art. 26 comma 1 lett. B), in caso contrario egli risponderà direttamente per tali ed altre simili omissioni.

A tale ruolo sono connessi obblighi e responsabilità, tra le quali vi è, ai sensi di quanto previsto dall’art. 26 comma 1 lett. A del D. L.vo 81/2008, la verifica dell’idoneità tecnico-professionale delle imprese appaltatrici o dei lavoratori autonomi in relazione ai lavori, ai servizi e alle forniture da affidare in appalto o mediante contratto d’opera o di somministrazione, in pratica il datore di lavoro-committente, prima di affidare un incarico lavorativo, deve accertarsi che la ditta appaltatrice abbia le competenze tecniche per eseguirlo.

La responsabilità dell’amministratore per la violazione delle norme dettate in materia di sicurezza sul lavoro, però, è ristretta al caso in cui egli affidi l’incarico lavorativo in piena autonomia, assumendosi pertanto le conseguenze dei poteri decisionali così impiegati, diverso invece è il caso in cui l’appalto di uno o più lavori venga dato dall’amministratore in esecuzione di una precisa delibera dell’assemblea di condominio, in tale ipotesi infatti, l’amministratore non ha autonomia decisionale né operativa e, quale mandatario dell’assemblea, è per legge tenuto a dare esecuzione alla decisione da questa assunta.

Quindi anche l’amministratore di condominio ben può assumere la qualifica di datore di lavoro nei confronti dei sogget-

Ciò, pertanto, lo esonera dalle responsabilità connesse, ad esempio, alla scelta della ditta, di cui non potrà penalmente

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Pertanto nessuna sanzione penale per l’amministratore che viola le norme dettate dal D. L.vo 81/2008 se l’illecito è commesso in esecuzione di una valida delibera dell’assemblea condominiale cui egli era tenuto a dare esecuzione senza margini di discrezionalità ed autonomia.

Consiglio Nello svolgere l’attività di amministratore, quando ci sono lavori di un certo rilievo da eseguire, non mancano condomini che presentano preventivi di pseudo-ditte con prezzi molto inferiori alle medie di mercato, non lavatevi le mani, la responsabilità è prima la nostra. In tali circostanze sul verbale scrivete che la pseudo-ditta, verrà scelta se e solo se è in regola con tutto e ciò che la legge prescrive e che vi riservate di prendere visione di tutta la documentazione della stessa e che se non in regola con un solo requisito, verrà esclusa. Altro consiglio, quando chiedete o chiedono i preventivi i Sigg. condomini, date loro un format con il quale devono essere richiesti tutti i documenti che devono accompagnare il preventivo stesso, così si esclude la pseudo-ditta immediatamente e non protrarsi nel tempo per prendere decisioni sui lavori da eseguire. anno 3, n. 1/2015


ZERBINI SUL PIANEROTTOLO a cura del dott. G.A. TARRICONE - associato ANAPI

La collocazione dello zerbino da parte del singolo condomino Ciascun condomino può usare la cosa comune e delle parti comuni dell’edificio purché ai sensi dell’art. 1102 cod. civ., non venga alterato la destinazione della cosa comune, né tanto meno venga impedito agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. Quindi ciascun condomino ha diritto di usare le parti comuni dell’edificio condominiale per soddisfare un proprio bisogno individuale, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri condomini di usarne in ugual misura. Invece, nessun diritto ha il condomino di utilizzare la cosa comune in modo peculiare e inconsueto se tale godimento determina pregiudizievoli invadenze nell’ambito del pari diritto di godimento degli altri condomini, in tal senso è perciò riconosciuto il diritto del singolo condomino di usare dei vani delle scale, in genere e dei pianerottoli, in particolare, collocando davanti alle porte d’ingresso alla sua proprietà esclusiva zerbini, tappeti, piante o altri oggetti ornamentali (Cass. civ., 20 giugno 1977, n. 2589). È evidente come la posa dello zerbino, la collocazione di una pianta o di un portaombrelli, non costituisca di per sé un abuso nell’utilizzo di spazi comuni, un tale utilizzo, invero, si risolve normalmente in un vantaggio igienico-estetico per le stesse parti comuni dell’edificio.

I limiti La collocazione di zerbini o elementi ornamentali, all’interno dei pianerottoli, possono incontrare due limiti: 1. occorre valutare se le modalità d’uso non altera la destinazione della cosa comune; 2. se sussistono eventuali divieti prescritti dal regolamento di condominio; Le scale e i pianerottoli sono destinati a consentire un agevole passaggio da un

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piano all’altro dell’edificio, per tali motivi, non devono essere ostruiti con oggetti che possano arrecare un pregiudizio al passaggio dei singoli condomini. Allorquando tale rischio risulti intensificato dalla collocazione da parte del singolo condomino delle predette suppellettili nelle parti dei pianerottoli più vicine alle rampe delle scale, dovrà essere negato il diritto del condomino a mantenere tale utilizzo (Cass. civ., 6 maggio 1988, n. 3376). L’utilizzazione dei pianerottoli da parte dei singoli condomini non deve limitare il godimento degli altri condomini o arrecare pregiudizio all’edificio (Cass. civ., 10 febbraio 1981, n. 843). Alla luce di tali principi affermati in giurisprudenza, si può ritenere che la collocazione di zerbini sul pianerottolo comune sia consentita al singolo condomino purché ciò non costituisca ostacolo all’agevole accesso alle scale da parte degli altri condomini.

Le modalità di collocazione dello zerbino nell’ambito di un edificio condominiale La collocazione di uno zerbino davanti alla porta di ingresso delle singole unità immobiliari ha la finalità di apportare un duplice vantaggio: 1. di natura igienico; 2. di natura meramente estetico; Con riguardo all’uso dei pianerottoli, la collocazione di suppellettili ad opera dei singoli condòmini deve avvenire con modalità tali da non comportare alcun disagio per gli altri, oltre a non concretizzare uno svantaggio (cfr. art. 1102, 1° co., c.c., secondo cui l’uso della cosa comune, da parte di uno dei partecipanti alla comunione, non deve impedire agli altri un uso della stessa tendenzialmente paritario). La giurisprudenza a tal proposito ha stabilito che “è possibile collocare piante ornamentali, zerbini, tappeti ecc., purché non

limitino o rendano comunque pericoloso per il loro ingombro, l’accesso alle scale” (Cass. Sez. II, 6 maggio 1988, n. 3376).

Caduta derivante dalla collocazione dello zerbino La collocazione di uno zerbino nei pressi dell’atrio condominiale o innanzi all’ingresso di una unità immobiliare potrebbe provocare la caduta di un condomini oppure di un soggetto che transita in quelle zone. In merito a tale probabilità la (Corte appello Milano 30 dicembre 1997) ha precisato che se “lo zerbino viene collocato nell’atrio condominiale e provoca una caduta non è applicabile la disciplina della responsabilità per danni riconducibili a cose in custodia di cui all’art. 2051 c.c”. Infatti, la responsabilità di cose in custodia, (art. 2051 cod. civ.), sussiste se vi è una situazione di oggettivo pericolo che si concretizza in una insidia non superabile con l’ordinaria diligenza e prudenza, ovvero sia suscettibile di essere prevista e superata con l’adozione delle normali cautele da parte del danneggiato. Recentemente la Corte di Cassazione ha precisato che: “non ha diritto al risarcimento chi cade sullo zerbino che non presenta condizioni logorate al punto da ipotizzare la sussistenza di un nesso eziologico tra lo stuoino e la caduta. Nel caso di specie la Cassazione, con sentenza n. 1308 del 30 gennaio 2012, ha osservato che lo stuoino non ha un «intrinseco dinamismo», tale da escludere, in assenza di precisi riscontri probatori, che l’oggetto si presentasse in condizioni logorate al punto da ipotizzare la sussistenza di un nesso eziologico tra lo stesso e la caduta dell’uomo, dunque, l’evento dannoso, è stato attribuito all’atto colposo del danneggiato, idoneo a interrompere il rapporto causale tra la cosa e il danno e, conseguentemente a escludere la responsabilità del custode.

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L’IDEA

di Vittorio Fusco

... ho udito violenta, la voce della delusione della mia coscienza e l’insicurezza della scelta repentina che di lì a poco avrei preso. Finisco con la mia attività alla quale avevo dedicato dieci anni della mia vita con tante gioie ma altrettante amarezze. Ho messo da parte tutti i momenti di riflessione che mi hanno accompagnato in quell’avventura alla quale avevo posto il mio destino ma che hanno reso tutto, decisamente difficile da proseguire. Era come viaggiare di notte in macchina a fari spenti con l’incertezza di una strada che sì asfaltata, ma ricca di insidie. Non ero io..., come così si dice, “la notte porta consiglio”... A me lo ha portato e così la mattina seguente, mi destai da un sonno chiarificatore. Non era ciò che avrei voluto per me e ciò che avevo imparato in quegli anni mi sarebbe servito per scrutare un mondo che sì mi apparteneva, ma che non sapevo fosse così immenso. Oggi, a dieci anni di distanza dalla nascita di un piccolo progetto chiamato ANAPI, posso dire grazie a quelle persone che hanno creduto come me alla mia lungimiranza e alla possibilità di guardare il tutto da una prospettiva professionale grande e ricca. Il mio primo impegno professionale di formatore e docente racchiudeva in sè un rancore sulla incapacità della gente a valutare le vere difficoltà di queste immense persone assorte nella loro giornata ricca di impegni e di buone maniere verso tutti. Adesso vi racconto il mio cammino. Inizia da qui e già riesco a sentire la tua voce le tue note accordate in una sinuosa melodia...

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Associazione Nazionale Amministratori Professionisti d’Immobili

www.anapi.it

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