BARRIERE ARCHITETTONICHE E CONDOMINIO: IL CONVEGNO ANAPI A BARI I VANTAGGI DI UN IMPIANTO MULTISERVIZIO ECOBONUS 2018 LE OPPORTUNITÀ PER L’AMMINISTRATORE DI CONDOMINIO
ANNO 6 N. 1 / 2018 SEMESTRALE DI INFORMANIONE E AGGIORNAMENTO PROFESSIONALE 1
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SOMMARIO Anapi work in progress
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Il Condominio Digitale
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Amministratori di condominio, il sondaggio sulla professione presentato al Sole 24 Ore
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Ascensori e scale mobili: sicurezza e consapevolezza dei rischi
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Verifiche straordinarie per l’attivazione di impianti ascensoristici e ricostruzione del libretto di Gianpiero Esposito
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Impianti in fibra in condominio L’importanza di un’unica struttura multiservizio di Fabrizio Bernacchi
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Impianto Multiservizio: un’occasione di crescita di Tiziano Santoro
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Dissenso alle liti di Armando Amendolito
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Con città accessibili, la rigenerazione urbana è sostenibile di Giuseppe Milano
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Regreeneration, rigenerare come valore sostenibile crea valore immobiliare di Tabula Rasa
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Le innovazioni in materia condominiale tra tutela e superamento delle barriere architettoniche di Roberto Bonasia
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Linee Guida PEBA. A che punto è Bari? Intervista all’Assessore Giuseppe Galasso di Anna Piscopo
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Prima di parlare di accessibilità... di Antonio Garofalo
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“La risorsa idrica in condominio”, il primo Open Day di AQP di Anna Piscopo
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Il calcolo dei consumi idrici nel condominio di Andrea Dentuto
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Ecobonus 2018: tutte le detrazioni previste per il nuovo anno di Gianluca Biondi
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Nuovi metodi “smart” di incasso quote condominiali di Gianluca Biondi
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L’amministratore come divulgatore, tra bonus e detrazioni di Emanuele Smedile
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ANAPI RISPONDE Rubrica a cura di Roberto Bonasia
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Editoriale a cura di Vittorio Fusco
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IL CONDOMINIO E L’AMMINISTRAZIONE PROFESSIONISTA Manuale teorico-pratico editato da
www.italiadidacta.it/pubblicazioni
di Luca Baldin
Anapi News
Organo Ufficiale di ANAPI Anno 6 numero 1 / Gennaio 2018 Registrazione
Tribunale di Bari Registro Periodici al numero 8307
Direttore responsabile Anna Piscopo
Coordinamento, Consulenza editoriale e Redazione Ufficio stampa Anapi
Hanno collaborato
Armando Amendolito, Luca Baldin, Fabrizio Bernacchi, Gianluca Biondi, Roberto Bonasia, Andrea Dentuto, E2ForumLab, Gianpiero Esposito, Vittorio Fusco, Antonio Garofalo, Giuseppe Milano, Anna Piscopo, Emanuele Smedile
Editore
Italia Didacta
Impaginazione e grafica
EIDOLAB formazione, servizi web, multimedia Realizzato in Gennaio 2018
Ufficio stampa ANAPI
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di Anna Piscopo
di E2Forum Lab
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ANAPI WORK IN PROGRESS
Quando abbiamo pensato alla realizzazione di un nuovo convegno per i nostri associati non abbiamo avuto dubbi: l’idea di unire informazioni di carattere tecnico-normativo a qualcosa che ci riguardasse più da vicino è stato il nostro principale obiettivo. Da qui l’idea di “Barriere architettoniche e Condominio”, il primo degli appuntamenti che quest’anno vedrà impegnata la nostra associazione. Il Piano per l’Eliminazione delle Barriere Architettoniche (PEBA) che sta finalmente prendendo piede nella Regione Puglia grazie a un accordo quadro (oggetto dell’intervista all’Assessore Galasso), e il dialogo avviato tra l’attuale amministrazione comunale e le associazioni, ci ha fatto sperare. Consapevoli che parlare di un tema come l’accessibilità avrebbe potuto esporci al rischio di incorrere in luoghi comuni, abbiamo voluto mettere insieme Istituzioni, Ordini professionali, e Associazioni cercando di offrire un contributo utile al dibattito. Il documento per l’eliminazione delle barriere architettoniche stabilisce i criteri di “accessibilità minima”, intesa come la possibilità per le persone disabili di accedere e utilizzare i principali ambienti. Il 75% delle persone vive in edifici condominiali; pertanto questi ambienti devono essere necessariamente accessibili e fruibili da tutti. Se per gli spazi esterni – tra cui parchi, giardini e aree di rinaturalizzazione – di ritiene soddisfatto il requisito di “accessibilità minima” qualora esista almeno un percorso che consenta l’accesso all’area e la fruizione di eventuali luoghi attrezzati anche per ospitare persone con ridotte capacità motorie o sensoriali, per i condomini la partita è ancora aperta. Un cenno va fatto agli avvenimenti che hanno scandito il percorso di ANAPI nell’anno che si è appena concluso: non solo per ricordare e ricordarci che il tessuto di un’associazione si fonda sulle relazioni che si instaurano, ma anche per fissare un punto dal quale ripartire verso nuovi e importanti obiettivi. La partecipazione al Made Expo 2017, la realizzazione del convegno “Condominio in 4
classe A: cultura dell’efficienza energetica e ruolo dell’amministratore” a Bari, la partecipazione a Milano e Monza agli eventi “Condominio in network uno sguardo al domani”, “Idee e soluzioni per la progettazione e la gestione del sistema edificio-impianto nei Paesi a rischio sismico” (a cura di E2 ForumLab), e al Road Show Smart Building, ideato da Smart Building Italia; l’organizzazione dell’Open Day “La risorsa idrica in condominio” con l’intervento degli esperti dell’Acquedotto Pugliese e infine la nascita della nuova piattaforma e-learning Italia Didacta, partner di ANAPI nella formazione. Questi gli appuntamenti – per citare i più significativi – ai quali sottende il principio cardine della nostra associazione: la formazione e l’aggiornamento offerti agli amministratori di condominio e agli esperti del settore immobiliare, ai sensi del D.M. 140/2014. Ultimo in ordine di tempo, l’accreditamento del corso abilitante alla professione di amministratore da parte dell’Ordine degli Ingegneri di Taranto e la ripartenza del corso ANAPI presso l’Istituto Tecnico Euclide di Bari. E infine la nuova avventura appena iniziata con “Homo Condomini Tour”, il roadshow che per tutto il 2018 sarà impegnato in 12 piazze italiane per diffondere la cultura dell’efficienza energetica. Doverosi quanto sentiti sono i ringraziamenti a coloro che hanno contribuito a realizzare questo numero della rivista “ANAPI NEWS”: molti sono professionisti incontrati durante gli anni di attività; un ringraziamento agli Ordini Professionali che hanno dimostrato di credere in noi, all’ufficio stampa, ai nostri consulenti e a tutto lo staff ANAPI, sempre ligio e attento alle esigenze degli associati. Vittorio FUSCO Presidente Nazionale ANAPI
IL CONDOMINIO DIGITALE
Il Progetto “Smart Building” ha visto la luce nell’ormai lontano 2014, con la prima edizione di “All Digital Smart Building”, realizzata a Bologna nell’ambito del SAIE. Alla base del progetto vi era una semplice considerazione: l’innovazione tecnologica legata allo sviluppo del digitale passava attraverso un dialogo col mondo del costruire e del costruito. Nel primo caso si trattava di sensibilizzare la filiera del comparto edilizio, dalla progettazione all’esecuzione; nel secondo il grande tema era ed è quello della “resilienza”, ovvero di superamento dell’obsolescenza di gran parte del patrimonio immobiliare italiano attraverso una iniezione di tecnologia in grado di riattualizzarlo. Argomenti complessi e delicati e di ampissima portata, che hanno direttamente a che fare con un comparto strategico, quello delle costruzioni, che ha attraversato da una crisi tremenda e che è tuttora alla ricerca di ricette per un rilancio; ma non di meno è causa del deprezzamento del valore immobiliare, cosa che colpisce duramente investitori e famiglie. Nel corso degli anni l’iniziativa, partita un po’ in sordina e come argomento di nicchia, ha via via coinvolto in modo sempre più importante settori sempre più ampi e infine anche la politica, con provvedimenti che, grazie allo stimolo europeo, hanno posto la connessione a banda larga tra gli argomenti strategici del Paese (la cosiddetta Agenda Digitale). Grazie al supporto della filiera, quindi, quello che inizialmente era un semplice progetto fieristico, si è trasformato ed è diventato un programma vasto di comunicazione integrata, fatto di strumenti digitali e tradizionali, ma anche basato su iniziative
formative e informative che in questi anni hanno coinvolto gran parte del territorio nazionale, da nord a sud. Nella necessità pressante di introdurre queste tematiche nell’ambito del “costruito”, gioco forza era ed è necessario un coinvolgimento degli amministratori di immobili, come tramiti fondamentali per far passare messaggi diversamente difficili da veicolare ai proprietari di singole unità immobiliari. Nasce così la felice collaborazione tra Smart Building e ANAPI, che già nel 2015 ha conosciuto momenti importanti di rappresentazione, come nella tappa inaugurale del Road Show di quell’anno, tenutasi a Bari, divenuta da allora una delle piazze principali della nostra azione con l’evento annuale denominato Smart Building Levante, che si svolgerà anche quest’anno a novembre. Una collaborazione che si è pienamente rinnovata anche nell’anno appena trascorso, sia nell’ambito del consueto Road Show, che ha toccato piazze importanti come Napoli, Torino, Milano e ancora una volta Bari, che in quello di Smart Building Expo, il nuovo importante evento fieristico organizzato in collaborazione con Fiera Milano che mira a dare all’Italia una fiera di riferimento del settore della home and building automation. Ma cosa si aspetta questa importante filiera produttiva dagli amministratori di immobili? Si aspetta una forte collaborazione nel far passare alcuni concetti fondamentali che hanno a che fare con gli interessi, anche molto veniali, dei proprietari di immobili e che hanno a che fare con la digitalizzazione della società e con lo sviluppo di 5
nuovi, fondamentali servizi. Lo sforzo delle istituzioni e di alcune grandi aziende di dotare rapidamente il Paese di una rete BUL (Banda ultra larga) e gli scenari prossimi futuri legati allo sviluppo della nuova rete 5G, deve infatti essere accompagnato da un impegno a dotare gli edifici di impianti di distribuzione del segnale idonei a far giungere in tutte le case e in tutte le aziende i nuovi servizi che il mercato, ma anche la pubblica amministrazione, stanno preparando. A questo, evidentemente, mira il nuovo Testo Unico dell’edilizia, che dal luglio 2015, con l’inserimento dell’art. 135 bis, obbliga tutte le nuove costruzioni e anche gli edifici vecchi in caso di ristrutturazione a dotarsi di impianti centralizzati multiservizio in fibra ottica. Non si tratta né di un vezzo, né di un favore fatto a qualcuno: la nuova rete di distribuzione dei segnali digitali costituisce, infatti, una nuova infrastruttura fondamentale dell’edificio (una commodity, potremmo dire, come la rete per la distribuzione della luce e dell’acqua), necessaria per renderlo un nodo della rete e per connetterlo a tutti i sevizi della nascente “smart city”. Scegliere di non procedere in tal senso significa andare incontro ad un progressivo ma inevitabile deterioramento del valore dell’immobile; non solo, ma diventare anche oggetto di infinite pressioni da parte delle singole aziende di telecomunicazioni che, in virtù delle norme esistenti, in assenza di impianto
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proprietario, hanno diritto di accedere agli edifici per realizzare i loro impianti a loro esclusivo vantaggio. Se il legame di simili argomentazioni con un pubblico giovane appare persino scontato, vista la dimensione “sociale” dell’essere connessi delle nuove generazioni; non va sottovalutato nemmeno l’impatto che la qualità della connessione avrà sulle altre fasce di età, in primis le categorie più svantaggiate, come disabili, malati e anziani. Il processo di digitalizzazione dei servizi essenziali, compresa l’assistenza a distanza, è già in atto, e in presenza di un progressivo invecchiamento della popolazione, l’accesso agevolato a tali servizi costituirà fattore non solo premiante, ma decisivo, nella scelta dell’abitazione. Tutto, quindi, spinge a far sì che il mondo degli amministratori si faccia parte diligente nella sensibilizzazione dei proprietari di immobili sulle opportunità che la digital society può aprire con investimenti decisamente modesti e con ritorni nel medio termine rilevanti. Smart Building Italia opera in questa direzione a 360 gradi ed è lieta di incontrare in ANAPI un partner sensibile a tematiche che inizialmente sembravano di nicchia, e che oggi invece risultano strategiche per lo sviluppo del Paese. Luca BALDIN Project Manager Smart Building Italia
AMMINISTRATORI DI CONDOMINIO, IL SONDAGGIO SULLA PROFESSIONE PRESENTATO AL SOLE 24 ORE
Lavoro sottopagato, impegnativo e poco considerato dal punto di vista sociale. Sono gli esiti del sondaggio sulla professione di amministratore di condominio presentati il 24 ottobre, in occasione del convegno “Amministratori, sicurezza dell’edificio e professione”, che si è svolto a ottobre presso la sede del Sole 24 Ore, a Milano. Il sondaggio, elaborato in collaborazione con il Sole 24 Ore, è stato commentato da Francesco Schena, l’avv. Paola Pontanari i rappresentanti delle associazioni di categoria: Anapi (Vittorio Fusco), Confabitare-Confamministrare (Franco Pani), Coram-Confedilizia (Vincenzo Nasini), Fna-Federeamministratori (Silvio Rezzonico), Gesticond (Massimo Bargiacchi) e Unai (Rosario Calabrese).
poter usufruire una consulenza periodica. «La formazione dei nostri associati è quello che più ci sta a cuore. In assenza di un albo professionale degli amministratori di condominio, cerchiamo di fornire strumenti per l’aggiornamento professionale sempre all’avanguardia. In quest’ottica si inserisce anche la nostra rubrica settimanale “Anapi risponde” pensata dai nostri esperti e divulgata attraverso i canali social per raggiungere un target di utenti più ampio», ha affermato il presidente Anapi, Vittorio Fusco. Anna PISCOPO Ufficio stampa ANAPi
Il questionario, inviato a un campione di 1.164 professionisti, rileva che almeno metà degli amministratori è sotto la soglia di un guadagno decoroso, anche perché amministra pochi stabili (mediamente meno di 500 unità immobiliari in meno di 20 condomìni). La percezione del disvalore sociale della professione e i compensi troppo bassi sono tra le maggiori cause di delusione. Ma emerge anche una incapacità di fare scelte sinergiche: i ¾ degli amministratori lavorano in uno studio individuale e il 60% non ha dipendenti. La forma giuridica prescelta è quindi quella del lavoro autonomo. Dal sondaggio è emerso anche che chi opera in un regime fiscale di vantaggio (circa il 35%) è in posizione favorevole. Sul fronte della formazione è stato rilevato più dell’80% è iscritto ad associazioni di categoria e su una scala da 1 a 5 il vantaggio più apprezzato derivante da tale appartenenza è quello di 7
ASCENSORI E SCALE MOBILI: SICUREZZA E CONSAPEVOLEZZA DEI RISCHI
Fare cultura sulla consapevolezza dei rischi sismici, sensibilizzare le nuove generazioni, concepire sistemi di monitoraggio e implementare l’utilizzo di tecnologie per migliorare la sicurezza di edifici privati e strutture pubbliche: questi gli obiettivi di E2Forum Lab, la mostra-convegno dedicata al trasporto verticale, organizzata da Messe Frankfurt Italia, promossa da ANIE AssoAscensori in collaborazione con ANACAM e ANICA che ANAPI ha scelto di patrocinare. Oltre 160 professionisti del settore ed esperti di norme e sismologia hanno contribuito al dibattito su “Sicurezza, progettazione e gestione del sistema edificio-impianto nei Paesi a rischio sismico”, presso la Sala Buzzati, nella storica sede del Corriere della Sera. Un confronto su un tema di grande attualità, soprattutto dopo gli avvenimenti che hanno colpito l’Italia centrale, dimostrandoci che un’alta percentuale della popolazione vive in aree sensibili: un deficit critico dovuto al mancato adeguamento del complesso urbanistico, e alla classificazione e messa in sicurezza del patrimonio immobiliare. Qual è la vulnerabilità sismologica del nostro comune? E quella del nostro edificio? La manifestazione, nata con lo scopo di fare cultura sul mezzo di trasporto più autonomo e necessario a livello sociale, vuole favorire percorsi che accelerino la realizzazione di interventi di accessibilità, prevenzione e innovazione in un Paese, l’Italia, in cui il 50% della superficie è a rischio sismico, quasi il 90% degli immobili è costruito prima del 1990, oltre il 25% degli edifici non è mai stati ristrutturato, circa il 40% degli ascensori ha più di 40 anni e il
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100% non sono antisismici. Ciò che è emerso dal dibattito, partendo da un rinnovato concetto di Edilizia 4.0 nella Smart City del futuro, è che la tecnologia rappresenta la soluzione più efficace per ridurre i danni provocati dai terremoti, ma è necessario focalizzare l’attenzione su tutti gli elementi che possono migliorare la sicurezza di fronte ai rischi ambientali. Diffondere le informazioni a livello capillare, aumentare l’impegno dei proprietari immobiliari, condividere con i progettisti una mappatura territoriale e, in generale, investire in consapevolezza sono le linee guida per costruire edifici sempre più “a regola d’arte”. Ufficio Stampa E2Forum Lab
CORSO REVISORE
CONDOMINIALE Organizzato da Anapi in collaborazione con ItaliaDidacta, il corso è online sulla nostra piattaforma e-learning.
Le lezioni sono disponibili anche online. Il corso, riconosciuto CEPAS, consente di acquisire 10 crediti formativi per gli associati Anapi.
PER INFORMAZIONI NUMERO VERDE 800.032.155 SITO WEB WWW.ITALIADIDACTA.COM
La legge di riforma del condominio ha attribuito all'assemblea dei condomini la facoltà di nominare “un revisore condominiale che verifichi la contabilità del condominio”, anche per più annualità specificamente indicate.La nuova figura è prevista dall'art. 1130-bis c.c., introdotto dalla legge n. 220/2012 per disciplinare in maniera specifica e chiara la contabilità condominiale colmando una lacuna legislativa in materia. Lo scopo perseguito è quello di tutelare i condomini sia in termini di trasparenza e correttezza dei bilanci, sia anche in termini di maggiore coinvolgimento nella verifica dei conti condominiali.Per la verità non si tratta di una novità assoluta, dal momento che anche prima della riforma, pur in assenza di norme specifiche, era comunque possibile nominare un revisore. Altro aspetto importante da considerare è che il legislatore non ha imposto alcun obbligo: la nomina del revisore rimane una mera facoltà che, peraltro, l'assemblea può esercitare in maniera piuttosto discrezionale.Infatti, la nomina non deve necessariamente presupporre il dubbio di qualche irregolarità contabile: la motivazione può essere di qualsiasi natura, anche una semplice verifica della gestione.Il legislatore si è limitato a prevedere la nuova figura del revisore condominiale senza tuttavia chiarire chi possa svolgere l'incarico e quali requisiti debba possedere. In attesa di un auspicabile intervento legislativo o regolamentare che definisca meglio la materia, quella del revisore condominiale rimane, ad oggi, un'attività non regolamentata, con tutti i dubbi interpretativi che ne conseguono.Allo stato attuale chiunque può svolgere il ruolo di revisore condominiale: gli unici requisiti richiesti sono quelli generali della maggiore età e della capacità giuridica. Tuttavia, la complessità dell'incarico esigerebbe invece di affidarsi sempre ad un professionista in possesso delle necessarie competenze, anche in considerazione della nuova disciplina del rendiconto condominiale introdotta proprio dalla riforma. In virtù di questa lacuna legislativa, ITALIA DIDACTA ha provveduto a qualificare il proprio corso di formazione on line e in aula, tramite CEPAS (Bureau Veritas) al numero di registro dei corsi Qualificati CEPAS (Reg.n° 143) visibile al seguente link: http://www.cepas.it/registri/registro-corsi-qualificati/. CEPAS è un Organismo di Certificazione delle Professionalità e della Formazione, costituito nel 1994 per rispondere all’esigenza del mercato di valorizzare le attività professionali con la massima garanzia di competenza ed esperienza. CEPAS è inoltre “full member” della IPC (International Personnel Certification Association), unica associazione che, a livello mondiale, raggruppa i più importanti Organismi di Certificazione degli Auditor e dei Corsi di Formazione nonché alcuni Enti di Accreditamento.
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VERIFICHE STRAORDINARIE PER ATTIVAZIONE DI IMPIANTI ASCENSORISTICI E RICOSTRUZIONE DEL LIBRETTO
Un impianto elevatore è caratterizzato ed è corredato nella sua vita di funzionamento da due elementi importantissimi: una matricola che lo identifica univocamente e una documentazione tecnica (libretto) che descrive le sue caratteristiche e riporta i componenti di sicurezza di cui è dotato.
d) la copia della dichiarazione di conformità e) l'indicazione della ditta di cui il proprietario ha affidato la manutenzione dell'impianto f) l'indicazione del soggetto incaricato di effettuare le ispezioni periodiche sull'impianto che abbia accettato l'incarico.
Durante le verifiche periodiche da parte degli ingegneri ispettori dei vari organismi di certificazione, sempre più spesso vengono segnalate al proprietario o al legale rappresentante dell’impianto elevatore le suddette mancanze, cioè l’assenza della denuncia dell’impianto e di conseguenza l’assenza del numero di matricola dell’impianto e l’assenza della copia del libretto. Ci sono in Italia ancora molti impianti elevatori non ancora denunciati al Comune e quindi che non hanno mai ricevuto una matricola univoca di identificazione, normalmente tale dato è visibile all’interno della cabina dell’ascensore su apposita targa regolamentare.
L'ufficio competente del Comune assegnava all'impianto, entro trenta giorni (sempre con il vecchio regolamento), un numero di matricola e lo comunicava al proprietario o al suo legale rappresentante dandone contestualmente notizia al soggetto competente per l'effettuazione delle verifiche periodiche. Era fatto divieto di porre o mantenere in esercizio impianti per i quali non erano state effettuate, ovvero aggiornate a seguito di eventuali modifiche di cui sopra. Con l’entrata in vigore del DPR 23/2017, nulla è cambiato in merito alle informazioni da fornire al Comune, unica cosa, sono cambiati i termini per la comunicazione della messa in esercizio di cui all’art. 12 comma 2 del DPR 162/99 che sono stati modificati in 60 giorni dalla data della dichiarazione di conformità dell’impianto. Al suddetto art.12 è stato aggiunto anche il comma 2.bis in cui si determina che in caso di mancata comunicazione entro il termine dei 60 giorni, la documentazione necessaria per la comunicazione di cui sopra (vedi art. 12 comma 2 del DPR 162/99) va integrata da un “verbale di verifica straordinaria di attivazione dell’impianto. E questo per venire incontro a tutti quei casi in cui non è stata ancora eseguita la denuncia dell’impianto al Comune competente.
È noto dall’entrata in vigore del DPR 162/99 che la messa in esercizio degli ascensori, montacarichi e apparecchi di sollevamento rispondenti alla definizione di ascensore è soggetta a comunicazione, da parte del proprietario o del suo legale rappresentante, al Comune competente per territorio o alla provincia autonoma competente secondo il proprio statuto. Tale comunicazione, con il vecchio regolamento, era da effettuarsi entro dieci giorni dalla data della dichiarazione di conformità dell'impianto. La richiesta fatta al Comune conteneva alcune informazioni tra cui: a) l'indirizzo dello stabile ove è installato l'impianto b) la velocità, la portata, la corsa, il numero delle fermate e il tipo di azionamento c) il nominativo o la ragione sociale dell'installatore dell'ascensore o del fabbricante del montacarichi o dell'apparecchio di sollevamento rispondente alla definizione di ascensore la cui velocità di spostamento non supera 0,15 m/s
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Per poter eseguire questa tipologia di verifica straordinaria, in fase di sopralluogo si verifica che l'impianto sia rispondente a quello dichiarato nella documentazione di collaudo, se dispositivi di sicurezza sono quelli indicati in tale documentazione e se la norma di riferimento è quella dichiarata nella dichiarazione di conformità dell’impianto; nel momento in cui l’impianto è rispondente per tipologia e normativa tecnica applicata a quanto
dichiarato nella documentazione di collaudo e nella dichiarazione di conformità dell’impianto si procede a rilasciare da parte dell’ispettore dell’organismo di certificazione un verbale di verifica straordinaria positiva per attivazione impianto.
correttamente messo in servizio, indicando la data (o semplicemente il periodo) di collaudo (o certificazione dell’impianto) 3. incarichi l’Organismo Notificato di svolgere una verifica straordinaria
L’altro problema che si riscontra spesso durante le ispezioni periodiche degli impianti elevatori è l’assenza di una copia del libretto dell’ascensore, documento fondamentale nella vita di un impianto elevatore ed estremamente necessario per l’esecuzione della stessa verifica vuoi in verifica periodica vuoi in maniera ancora più importante durante una verifica straordinaria dell’impianto. In attesa che arrivi una versione ufficiale da parte del MISE, è stata proposta una procedura condivisa dall’ing. Correggia (MiSE), dott. Petrilli (Accredia) e ing. Tattoli (Anacam) per la ricostruzione del libretto dell’ascensore nel caso esso fosse stato smarrito e non fosse possibile recuperarne una sua copia. Ovviamente questa procedura non è una sanatoria e sarà valida solo per la ricostruzione dei libretti degli impianti già in possesso del collaudo (se ante 95/16/CE) o della dichiarazione di conformità CE dell’impianto (se già a direttiva) con successiva comunicazione di messa in esercizio al Comune di competenza. La procedura prevede che il proprietario o il legale rappresentante dell’impianto:
Mentre la ditta di manutenzione deve:
1. incarichi la ditta di manutenzione di ricostruire il libretto, mettendo a disposizione tutta la documentazione in suo possesso 2. asserisca tramite una dichiarazione sostituiva di atto notorio che l’ascensore è stato
1. eseguire i rilievi necessari per fare una “fotografia” dell’impianto, in relazione alle regole tecniche vigenti all’atto della messa in esercizio dell’impianto 2. realizzare un fascicolo tecnico contenente le indicazioni tecniche, i calcoli, gli schemi elettrici ed idraulici, se del caso, per confermare che l’ascensore allo stato attuale garantisce il livello di sicurezza richiesto dalle regole tecniche all’atto della sua messa in esercizio, alla luce di eventuali interventi straordinari (sostituzione del QEM, del limitatore di velocità, dell’argano, etc…) 3. Redigere un libretto contenente le caratteristiche tecniche dell’ascensore, compresa la data, o il periodo, di collaudo o certificazione dello stesso. Infine all’Organismo notificato, durante il sopralluogo, spetta il compito di verificare e confermare su un verbale di verifica straordinaria, la congruenza dell’impianto a quanto riportato nella documentazione prodotta dalla ditta di manutenzione nel libretto ricostruito. Ing. Gianpiero Esposito Responsabile tecnico Eurocert srl
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IMPIANTI IN FIBRA IN CONDOMINIO. L’IMPORTANZA DI AVERE UN’UNICA STRUTTURA MULTISERVIZIO
Operatori di rete in fibra ottica hanno iniziato a cablare i condomini d’Italia. Per esempio Telecom Italia e Fastweb con l’azienda FlashFiber, o Open Fiber (società di telecomunicazioni che fa capo ad Enel) che portano solo la loro fibra nei condomini/edifici per collegare i propri abbonati alla propria rete (dal ROE alla terminazione di rete). Legittimo, ma attenzione. Tutto è legittimato dal Decreto Legge n°33 del 15 febbraio 2016; tuttavia occorre prestare molta attenzione e chiarire che la fibra che portano a loro spese è solo una fibra di proprietà del cablatore ma non risponde al concetto di impianto multiservizio previsto dalla legge 164/2014. Nel DL 33 del 15/2/2016 all’art.8, comma 4 e 5, si definisce cosa è possibile fare se l’edificio non si è dotato di “impianto multiservizio”. Nel comma 4 si legge: «In assenza di una infrastruttura interna all’edificio predisposta per l’alta velocità, gli operatori di rete hanno il diritto di far terminare la propria rete nella sede dell’abbonato, a condizione di aver ottenuto l’accordo dell’abbonato e purché provvedano a ridurre al minimo l’impatto sulla proprietà privata di terzi». E ancora nel comma 5: «Se non viene raggiunto un accordo sull’accesso di cui ai commi 1, 3 e 4 entro due mesi dalla data di ricevimento della richiesta formale di accesso, ciascuna delle parti ha il diritto di rivolgersi all’organismo nazionale di cui all’articolo 9». Quindi tali operatori possono realizzare a loro spese il collegamento, per la propria fibra, dal ROE alla presa ottica di utente «punto terminale della rete» con il solo vincolo di aver ottenuto «l’accordo dell’abbonato». Sembra quindi che sia responsabilità dell’abbonato portare a conoscenza l’amministratore e quindi il condominio della propria volontà di usufruire dei servizi di un certo operatore. Giocando su questo, le società che si occupano di 12
cablatura verticale dell’immobile, hanno inviato agli amministratori di condominio quella che il DL 33 chiama «Richiesta formale di accesso». Testualmente dalla lettera: «Con la presente ai sensi dell’articolo 8 del d.lgs. 33 2016 si richiede l’accesso alle infrastrutture esistenti, interne al vostro condominio/unità Immobiliare. Al fine di verificare la fruibilità e valutare le modalità migliori con cui realizzare l’intervento, Vi richiediamo se tali infrastrutture siano state realizzate ai sensi dell’articolo 135 bis del dpr 6 giugno2001 n°380. Si rammenta che in base alla sopracitata normativa si attende un vostro riscontro entro due mesi dalla data di ricevimento della presente lettera». Ora questa procedura risulta quantomeno sospetta. Intanto è indirizzata direttamente all’amministrazione del condomino, la quale, casomai, dovrebbe essere informata dall’abbonato (ma in buona fede potrebbe essere un servizio che l’operatore fa all’abbonato!) ma non riferendosi a qualche abbonato in particolare ed essendo indirizzata a tutto il condominio le ipotesi sono due. Tutti gli abitanti del condominio sono abbonati allo stesso operatore (e va bene ma difficile) o invece (meno bene) che comunque l’impianto lo si fa per tutte le unità immobiliari così da spingere tutti ad abbonarsi ai servizi dello stesso operatore: in barba alla libera concorrenza e libertà d’informazione del cittadino. Se così fosse (dubitare è peccato, ma spesso ci si azzecca) viene meno quella condizione in più punti sbandierata nello stesso DL 33 di utilizzo di un impianto “a condizioni eque e non discriminatorie” anche per altri operatori di rete (nell’impianto multiservizio, legge 164/2014, è previsto dalla norma tecnica l’obbligo di prevedere collegamenti funzionanti per almeno
due operatori diversi con predisposizione anche per altri operatori che potrebbero aggiungersi). Poi rimane il concetto di proprietà dell’impianto che pur non accendendo nessun diritto di servitù e quindi non pregiudicando il diritto di proprietà dell’immobile, rimane a disposizione del solo cablatore. Considerazioni finali: Ai proprietari e amministratori degli immobili si potrebbe chiedere: come estendere il diritto del primo cablatore anche a cablatori concorrenti 1, 2, 3 … (equità e non discriminazione)? Chi vuole entra nel condominio per i suoi collegamenti, con le proprie fibre? Quanti impianti di proprietà altrui devono essere alloggiati nel condominio? Come può ricadere sull’amministratore la responsabilità di consentire una simile soluzione? Non è un impianto multiservizio («infrastruttura fisica multiservizio passiva interna all’edificio», Legge 164), e quindi il condominio dovrà comunque dotarsi di altro impianto/i per distribuire i propri servizi locali (TV, videocitofonia, videosorveglianza, ecc.) Per questo è importante realizzare un’unica struttura multiservizio di proprietà del condominio, aperta a tutti gli operatori e a tutti i servizi sia locali che da remoto, sia da rete ottica (fibra ottica) che da collegamenti radio (antenne). Il problema non riguarda gli edifici di nuova costruzione licenziati dopo il 1 luglio 2015, neppure gli edifici soggetti a ristrutturazioni con licenza edilizia rilasciata sempre dopo il 1 luglio 2015, ma per i milioni di immobili esistenti e quindi la stragrande maggioranza dei cittadini italiani. Infine crediamo ci sia materia di riflessione per AGCOM che come sempre riuscirà a guidare il mercato nella giusta direzione soprattutto
per il cittadino utente, ma anche agevolare in tutti i modi possibili l’operatore di rete ultra larga banda a raggiungere lo stesso cittadino preservandone la libertà di scelta. Una proposta potrebbe essere quella di rendere possibile la cablatura agli operatori, obbligandoli però a portare in appartamento non una sola fibra ma un cavetto ottico (diametro 2 mm) con almeno 4 fibre ottiche come previsto dalla norma tecnica per l’impianto multiservizio a partire da un centro stella adiacente al ROE dello stesso operatore. Per contropartita l’operatore mantiene una delle 4 fibre a proprio esclusivo utilizzo a tempo indeterminato. Agli amministratori diciamo che tale struttura multiservizio può essere realizzata dal condominio quando deve essere rifatto anche un solo impianto tradizionale come quello della TV o delle videocitofonia. Questo non porta aumenti di spesa ma consente di economizzare, riduce il rischio di cablatori esterni che utilizzino il condominio a proprio piacimento. Come eCletticaLab, che dal 2014 si occupa di sviluppo di infrastrutture multiservizio, possiamo fornire gratuitamente una consulenza tecnica a tutti coloro che ne faranno richiesta per aiutare la diffusione della banda ultra larga non solo ai cittadini italiani (info@ecletticalab.com). Certi che dalla collaborazione si ottengano i migliori risultati, un grazie ad Anapi per il suo impegno, che già da qualche anno, rivolge anche in questa direzione. FABRIZIO BERNACCHI EccleticaLab
di MAURIZIO COVATO
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IMPIANTO MULTISERVIZIO: UN’OCCASIONE DI CRESCITA Da ben tre anni, anche l’Italia ha cercato di accelerare i tempi per la digitalizzazione del Paese per garantire ai cittadini ed alle aziende le stesse opportunità che le tecnologie digitali stanno già offrendo in altri Paesi dell’Europa e del Mondo. Speriamo che da fanalino di coda si possa recuperare presto il tempo perduto ed arrivare, entro il 2020, al raggiungimento dell’obiettivo indicato dalla direttiva europea, dove il 100% della popolazione residente nell’Unione dovrà avere la possibilità di accesso ad una rete dati con una velocità pari o superiore ai 30 Mbit/secondo e che il 50% di essa superi i 100 Mbit/secondo. Numerosi sono gli investimenti e le strategie che l’Unione Europea sta facendo per agevolare lo sviluppo delle reti di comunicazione a banda larga, tra queste c’è sicuramente la Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio del 15 maggio 2014 n. 61 che stabilisce le «misure volte a ridurre i costi dell’installazione di reti di comunicazione elettronica ad alta velocità». A seguito di questa Direttiva, anche il Governo italiano ha messo in campo una serie di provvedimenti legislativi e di investimenti atti ad incentivare tale sviluppo, emanando la Legge 164/2014, all’interno del decreto “Sblocca Italia”, con la quale si rende obbligatoria, a partire dal 1° luglio 2015, la predisposizione alla ricezione della banda ultralarga negli edifici di nuova costruzione ed in quelli soggetti a pesanti ristrutturazioni, una condizione essenziale per garantire l’accesso alle tecnologie digitali ed ai servizi più innovativi, migliorando la qualità e lo standard di vita dei cittadini. La maggior parte delle persone, infatti, desiderano avere le proprie abitazioni dotate di impianti e sistemi tecnologici evoluti, automatizzati ed integrati per l’intrattenimento, l’accesso ad internet, il controllo, il monitoraggio, la teleassistenza, il risparmio e l’efficienza energetica degli edifici, dove i vari device che verranno allocati saranno interconnessi in rete per scambiarsi informazioni, divenendo così un tutt’uno tra l’utente e l’ambiente circostante in cui l’edificio è ubicato. Ci troviamo, dunque, davanti ad un processo di trasformazione di notevole importanza, che se saputo cavalcare e, soprattutto, se venisse facilitato da norme e direttive più semplici e chiare, potrebbe dare un grande impulso al settore edilizio, volano fondamentale della nostra economia, che è sempre più incentivato a recepire tutti i nuovi strumenti e le nuove tecnologie digitali che permettono di ottimizzare e integrare tutte le fasi di costruzione di un edificio: progettazione, realizzazione, gestione, impiantistica e manutenzione, integrando digitalmente tutti i dati di calcolo per ottenere un costante controllo dell’edificio per tutta la sua durata nel tempo. Questo processo è denominato: Building Information Modelling (BIM). 14
Ed ecco, quindi, che anche in Italia si inizia a parlare sempre più di Smart Building, ossia, di “Edificio Intelligente” in grado di fornire «funzionalità avanzate attraverso una rete intelligente di dispositivi elettronici progettati per monitorare e controllare l'impianto meccanico, elettrico, di illuminazione e altri sistemi», questa è la descrizione data dal The National Institute of Building Sciences per definire lo Smart Building. Di conseguenza, un forte impulso allo sviluppo dell’impiantistica innovativa nei condomini, arriva oggi dalla Legge 164/2014 e in particolare da un articolo, il 135-bis, che obbliga, dal 1° luglio 2015, ad equipaggiare i nuovi edifici e quelli soggetti a pesanti ristrutturazioni con «un’infrastruttura fisica multiservizio passiva interna all’edificio, costituita da adeguati spazi installativi e da impianti di comunicazione ad alta velocità in fibra ottica, fino ai punti terminali di rete». La legge 164/2014, con l’adozione dell’Art. 135-bis, a differenza della Direttiva Europea che fa riferimento a infrastrutture passive, ha voluto dare importanza agli impianti di comunicazione ad alta velocità in fibra ottica, questi, insieme alla predisposizione di tubi per i cavi in rame, assicurano la neutralità tecnologica dell’infrastruttura fisica multiservizio. Per infrastruttura fisica multiservizio interna all’edificio si intendono tutte le installazioni presenti all’interno degli edifici contenenti reti di accesso cablate in fibra ottica con terminazione fissa o senza fili che permettono di fornire l’accesso ai servizi a banda ultralarga e di connettere il punto di accesso dell’edificio con il punto terminale di rete. Grazie all’articolo 135-bis il «diritto inderogabile di libertà delle persone nell’uso dei mezzi di comunicazione elettronica» è obbligatorio! Dal 1° luglio 2015, quindi, tutti i nuovi edifici e quelli sottoposti a ristrutturazione profonda che richieda il permesso di costruire ex articolo 10 del Dpr 380/2001, devono essere equipaggiati di “adeguati spazi installativi” e di “accessi agli edifici”, indispensabili per garantire la realizzazione, secondo la regola dell’arte, degli impianti di comunicazione elettronica. Per punto di accesso s’intende il punto fisico situato all’interno o all’esterno dell’edificio ed accessibile alle imprese che sono autorizzate a fornire reti pubbliche di comunicazione, per permettere la connessione con l’infrastruttura interna all’edificio predisposta per i servizi di accesso a banda ultralarga. Gli edifici equipaggiati in conformità all’art. 135 bis, che delinea le nuove Norme per l’infrastrutturazione digitale degli edifici, possono beneficiare, ai fini della vendita o dell’affitto dell’immobile, dell’etichetta volontaria e non vincolante di “edificio predisposto
alla banda larga”. L’etichetta potrà essere rilasciata da un tecnico abilitato per gli impianti in possesso della lettera “b” del D.M n. 37 del 2008, e secondo quanto previsto dalle guide CEI 306-2 e 64-100/1, 2 e 3. La Legge, infine, prevede che «la realizzazione deve avvenire a prescindere dalle caratteristiche del territorio, dalla tipologia dell’edificio e dalla eventuale mancata disponibilità di servizi su fibra ottica offerti dagli operatori». Per facilitare il lavoro di progettisti, costruttori e installatori, il CEI ha elaborato la Normativa 30622 relativa a tale Decreto, intitolata: «Disposizioni per l'infrastrutturazione degli edifici con impianti di comunicazione elettronica - Linee guida per l'applicazione della Legge 11 novembre 2014, n. 164». A distanza di un anno esatto, il 1° luglio 2016 è entrato in vigore il decreto legislativo 33/2016 che, recependo la direttiva Europea, la 2014/61/UE, ha introdotto la possibilità di ridurre i costi dell’installazione di reti comunicazione elettronica ad alta velocità anche negli edifici esistenti. All’ Art. 8. Comma 1 si precisa, con riguardo all’Infrastrutturazione fisica interna all’edificio e al suo accesso, che «i proprietari di unità immobiliari, o il condominio ove costituito in base alla legge, di edifici realizzati nel rispetto di quanto previsto dell’articolo 135-bis del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, o comunque successivamente equipaggiati secondo quanto previsto da tale disposizione, hanno il diritto, ed ove richiestone, l’obbligo, di soddisfare tutte le richieste ragionevoli di accesso presentate da operatori di rete, secondo termini e condizioni eque e non discriminatorie, anche con riguardo al prezzo». L’edificio viene equiparato a tutti gli effetti operatore di rete. Si stabilisce, di fatto, che la parte terminale della rete, di proprietà di terzi (i condomini o i proprietari di immobile), debba essere aperta al mercato degli operatori di telecomunicazioni, determinando anche un prezzo equo e non discriminatorio in grado di far fronte alle spese di gestione; prezzo che sarà oggetto di accordo tra le parti o di intervento regolatore dell’AGCOM - Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Le infrastrutture destinate ad ospitare gli impianti di comunicazione elettronica, sotto il profilo del trattamento fiscale, non devono essere prese in considerazione nella determinazione catastale dell’immobile, inoltre, essendo gli impianti assimilabili ad opere di urbanizzazione primaria, sono soggetti ad IVA agevolata al 10%, come si evidenzia in due circolari dell’Agenzia delle Entrate (27/E del luglio 2016 e 18/E del giugno 2017). Un ulteriore impulso alla realizzazione obbligatoria dell’impianto multiservizio negli edifici, come previsto
dalle leggi in vigore, è stato dato dalla sentenza della Cassazione 20214/2017, dove si evince che l’impresa di costruzioni «è responsabile dei vizi presenti nel progetto che è chiamata a realizzare». È altresì specificato che «ogni soggetto deve rispettare le regole della propria attività. Oltre a questo, se, in base alle competenze di cui è in possesso, si accorge di vizi o errori presenti nel progetto, ha l’obbligo di denunciarlo e farlo presente al committente. La situazione non cambia se il soggetto che realizza l’opera non si accorge degli errori pur avendo le competenze necessarie per farlo. Anche in questo caso è considerato responsabile degli errori commessi nella realizzazione dell’opera». E «se non lo fa, paga un risarcimento». Chissà se questa minaccia sarà determinante per far applicare quanto previsto dalla legge? Se ci sarà un’opera di sensibilizzazione verso tutti gli addetti ai lavori, credo che finalmente l’impianto multiservizio verrà percepito da tutti come l’elemento trainante dell’innovazione digitale e contribuirà a dare una forte spinta alla valorizzazione ed alla crescita del settore delle costruzioni. Ad oggi, purtroppo, sono ancora in pochi ad avere un’adeguata conoscenza su quanto finora descritto. Molto si dovrà fare in termini di formazione e di informazione verso la filiera, in special modo, è necessario che gli installatori colmino presto le loro lacune, aggiornando le proprie competenze tecniche sulle nuove tecnologie, per poter essere in grado di realizzare e manutenere l’impianto multiservizio secondo la regola dell’arte, per soddisfare le esigenze ed i bisogni dei cittadini, desiderosi di poter avere la propria abitazione più sicura, sotto controllo e con meno sprechi di consumi. Per concludere, possiamo affermare che: “integrazione” e “risparmio” sono le parole chiave del nuovo mercato. Le nuove tecnologie di comunicazione insieme all’interoperabilità degli impianti sono gli asset fondamentali per la progettazione e la realizzazione di edifici confortevoli, atti a migliorare la qualità di vita delle persone che vi abitano, migliorando l’intrattenimento, la sicurezza, il risparmio energetico, l’impatto ambientale, la teleassistenza per le persone più anziane e, soprattutto, la valorizzazione commerciale dell’immobile. Tiziano SANTORO CEO Ip Center
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DISSENSO ALLE LITI
Tra le varie problematiche afferenti il diritto condominiale, richiede sicuramente una particolare attenzione la questione riguardante la manifestazione del dissenso alle liti. Infatti, trattasi di un istituto condominiale che spesso e volentieri provoca un certo “prurito” negli amministratori di condominio e non solo a loro, aggiungerei. Occorre in prima battuta un’attenta lettura della norma che regolamenta la materia. L’art. 1132 del Codice Civile afferma che: «Qualora l’assemblea dei condomini abbia deliberato di promuovere una lite o di resistere a una domanda, il condomino dissenziente, con atto notificato dall’amministratore, può separare la propria responsabilità in ordine alle conseguenze della lite per il caso di soccombenza. L’atto deve essere notificato entro 30 giorni da quello in cui il condomino ha avuto notizia della deliberazione. Il condomino dissenziente ha diritto di rivalsa per ciò che abbia dovuto pagare alla parte vittoriosa». Dal tenore letterale della norma si comprende che la finalità perseguita dal disposto normativo di cui all’art.1132 c.c. è quella di consentire al condomino dissenziente di non andare incontro alle conseguenze negative derivanti dalla soccombenza del Condominio nella lite, esonerandolo dalla partecipazione alle spese processuali o alle spese legali affrontate dal Condominio per intraprendere il giudizio. Sul punto occorre subito fare una precisazione. Posto che il legislatore è stato distratto e non ha precisato se il termine è da intendersi quale perentorio o ordinatorio, è intervenuta una chiarificazione della Cassazione n. 2453/94 che ha indicato tale termine di decadenza, poiché la ratio legis è quella di dare all’amministratore certezza circa la composizione finale dei condomini interessati. Tornando alla disamina dell’art. 1132 c.c., va detto che in questo modo il legislatore ha voluto contemperare l’interesse dell’intera compagine condominiale con quello del singolo condomino portatore di interessi contrastanti con quelli del gruppo. Ed è quanto affermato espressamente dal Tribunale di Firenze con sent. n.362 del 29.01.2016. Ne consegue la declaratoria di nullità della delibera che addebiti al condomino dissenziente le spese del giudizio. Sul punto ricordiamo la sentenza dei giudici di legittimità n. 11126 del 2006: «In tema di condominio, è affetta da nullità la delibera dell’assemblea che ponga le spese di lite, in proporzione della 16
sua quota, a carico del condomino che abbia ritualmente manifestato il proprio dissenso rispetto alla lite medesima deliberata dall’assemblea, giacché in tal caso l’art.1132, comma primo codice civile, contemperando l’interesse del gruppo con quello del singolo titolare di interessi contrastanti, riconosce a quest’ultimo il diritto di sottrarsi agli obblighi derivanti dalle deliberazioni assunte sul punto». (Cass. civ. Sez. II, 15.05.2006 n.11126). Al fine di beneficiare dell’esenzione dalla partecipazione alle spese legali e giudiziali, è necessario che il dissenso venga manifestato nel rispetto della procedura prevista dalla legge, ossia con atto notificato all’amministratore nel termine di 30 giorni da quello in cui il condomino è venuto a conoscenza della deliberazione. Il Tribunale di Firenze con la pronuncia del 2016 sopra indicata (n.362) precisa che non è sufficiente la semplice manifestazione del dissenso in corso di assemblea, né è necessaria la presenza fisica del condomino dissenziente al momento dell’adozione della delibera, posto che la separazione di responsabilità in ordine alle spese processuali in caso di soccombenza del Condominio opera anche per gli assenti. Alla luce di quanto sopra, si rende necessaria pertanto la notifica del dissenso del condomino contrario alla lite entro il termine di 30 giorni di cui sopra, decorrente dalla data della comunicazione del verbale per gli assenti, e da quella dell’adozione della delibera per i presenti. La manifestazione del dissenso è un «atto giuridico recettizio di natura sostanziale», che deve essere portato tempestivamente a conoscenza dell’amministratore o di colui che abbia la rappresentanza legale del condominio. Non è richiesto, tuttavia, l’utilizzo di forme solenni, ma è sufficiente anche una semplice raccomandata a.r. (Cass. 15.06.1978, n.2967). Alla luce di quanto sopra possiamo concludere che il condomino che abbia manifestato il proprio dissenso alla lite non sarà tenuto al pagamento pro quota né delle spese processuali cui va incontro il Condominio soccombente, né delle spese legali per iniziare il giudizio. Il condomino dissenziente, tuttavia, sarà obbligato insieme agli altri condomini al pagamento del quantum spettante alla parte vittoriosa, salvo rivalsa nei confronti del gruppo favorevole alla lite (comma 2 art. 1132). Il disposto normativo di cui all’art.1132 c.c., tuttavia, non ha mancato di suscitare alcuni interrogativi. Ci si domanda infatti in base a quali criteri debba operarsi la ripartizione delle spese nel
caso di liti interne al Condominio, ossia qualora la controversia sia insorta tra il Condominio ed il singolo condomino. Una risposta al predetto quesito è stata fornita dalla Cassazione con sent. n. 13885 del 18.06.2014, statuendo che l’art. 1132 c.c. opera soltanto in riferimento alle liti tra il Condominio ed i terzi, ma non è applicabile in via analogica ai contrasti tra l’intera compagine condominiale ed il singolo condomino. Né trova applicazione l’art.1101 c.c. (in materia di partecipazione pro quota ai vantaggi e ai pesi della comunione), richiamato dall’art.1139 c.c. Secondo i giudici di legittimità, i dissidi interni al condominio determinano una scissione della compagine condominiale in due gruppi in contrasto tra loro. Conseguentemente il giudice, nel momento in cui si trova a dirimere sulla controversia, dovrà anche pronunciarsi sulle spese processuali, stabilendo, in base ai principi previsti dal codice di procedura civile, quale delle due parti dovrà sopportare i costi del giudizio. Ne consegue l’invalidità della delibera che addebitato al condomino ricorrente il pagamento pro quota delle spese processuali sostenute dal Condominio per il compenso spettante al proprio legale. La Cassazione precisa inoltre che tra le spese processuali debbono essere incluse anche quelle sostenute dalla parte nella fase iniziale del giudizio, nonché quelle strettamente collegate ad esso, ivi comprese quelle sostenute per un accertamento tecnico preventivo. Orbene nel caso specifico sottoposto all’attenzione della Suprema Corte, si faceva riferimento alle spese di ATP sopportate dal condominio a seguito di un successivo giudizio dallo stesso intrapreso contro il condomino ricorrente. Applicando il principio sopra enunciato dai giudici di legittimità, ne discende l’esonero del condomino dal pagamento delle predette spese, con conseguente invalidità della delibera che abbia previsto la contribuzione pro quota in capo allo stesso. Dalla formulazione letterale dell’art. 1132 c.c. si evince che il condomino può separare la propria responsabilità da quella degli altri condomini in ordine alle conseguenze derivanti dalla soccombenza nella lite qualora vi sia stata un’apposita delibera assembleare che abbia statuito di iniziare o resistere ad una domanda. È da chiedersi, tuttavia, se il dissenso alla lite possa essere manifestato anche nel caso in cui il giudizio sia stato intrapreso autonomamente dall’amministratore. A tale interrogativo è stata fornita una risposta dalla Cassazione con sent. n. 7095/2017. I giudici di legittimità, infatti, hanno affermato chiaramente che l’amministratore può resistere all’impugnativa di delibera assembleare senza alcuna necessità di un’autorizzazione o di ratifica dell’assemblea, posto che la difesa in giudizio delle delibere impugnate rientra tra le sue attribuzioni ex art. 1131 c.c. Secondo la Suprema Corte, infatti, nella predetta situazione non è applicabile il disposto di cui all’art. 1132 c.c., e pertanto anche il condomino
dissenziente sarà tenuto al pagamento pro quota delle spese del giudizio. L’unico strumento a disposizione del condomino dissenziente è il ricorso ex art. 1133 c.c. all’assemblea contro i provvedimenti dell’amministratore, ovvero innanzi all’Autorità Giudiziaria nel rispetto dei termini di cui all’art.1137 c.c. In altri termini, il condomino potrà manifestare la sua contrarietà alla lite soltanto qualora l’assemblea esprima voto favorevole all’operato dell’amministratore, pur senza precludersi la possibilità di ricorrere in sede giudiziaria. Riepilogando, il dissenso alla lite comporta diverse conseguenze sotto il profilo processuale: 1) l’esonero dal versamento dalle spese legali e dalle spese processuali poste a carico del condominio soccombente; 2) l’obbligo del condomino dissenziente di partecipare pro quota al pagamento delle somme spettanti alla controparte vincitrice. Tuttavia l’art. 1132 c.c. non trova applicazione sempre e comunque, posto che nelle liti proponibili autonomamente dall’amministratore: in tal caso non sarà consentito al condomino dissenziente di «separare la propria responsabilità» da quella degli altri condomini favorevoli al giudizio, e sarà anch’esso tenuto al pagamento delle spese processuali cui andrà incontro l’intera compagine condominiale in caso di sconfitta (Cass. n.7095/2017). L’operatività dell’art. 1132 c.c. inoltre è esclusa in caso di un contenzioso insorto tra il condominio ed il singolo condomino (sul punto si veda la Cass. n. 13885/2014): in tal caso sarà il giudice a stabilire quale delle parti sarà tenuta al pagamento delle spese processuali sulla base dei principi della soccombenza. Da ultimo, il codice contempla l’ipotesi in cui il condominio sia risultato vincitore nel giudizio: «Se l’esito della lite è stato favorevole al condominio, il condomino dissenziente che ne abbia tratto vantaggio è tenuto a concorrere alle spese del giudizio che non sia stato possibile ripetere dalla parte soccombente (comma 3 art. 1132 c.c.)». Ciò significa che il condomino dissenziente che abbia tratto un vantaggio dalla predetta vittoria, sarà tenuto al versamento della quota di sua competenza, per le spese delle quali non sia stato possibile ottenere il pagamento dalla controparte soccombente. Personalmente, posto che svolgo sia la professione di amministratore che di avvocato, quando mi giunge una comunicazione di dissenso rispetto alle liti, ritengo equo estromettere i dissenzienti, in caso di soccombenza, dai soli costi di colui che patrocina la spesa del condominio, mentre per tutte le rimanenti spese la ripartizione coinvolge tutti. Avv. Armando AMENDOLITO Referente ANAPI Taranto 17
CON CITTÁ ACCESSIBILI, LA RIGENERAZIONE URBANA È SOSTENIBILE
Entro il 2050, quasi il 70% della popolazione mondiale – pari ad almeno 5 miliardi di persone – risiederà in città. La loro crescita e trasformazione è da anni diffusamente monitorata e studiata dalle Nazioni Unite, nella volontà di conseguire gli obiettivi di sostenibilità dell’Agenda Urbana. Tale metabolismo urbano, pertanto, obbligherà sempre più i governi territoriali e nazionali ad adottare strumenti e tecnologie adeguati per rispondere all’ormai irrinunciabile Diritto alla Città. L’urbanità è una esigenza che andrebbe soddisfatta con metodologie diversificate in base al contesto e integrate da approcci multidisciplinari capaci di decodificare la complessità contemporanea, da un lato sociale-culturale e dall’altro economica-ecologica. L’ormai sregolata e incontrollata diffusione italiana (o sprawl), in un Paese come l’Italia dove è andato in crisi l’istituto della pianificazione ed è assente la cultura della prevenzione, ha avuto tra i principali nefasti effetti quello di vedere intere regioni impermeabilizzate, ora per le infrastrutture ora per gli insediamenti residenziali o industriali, con il consumo di suolo che, nel combinato disposto con il dissesto idrogeologico, sta ridisegnando la geografia del nostro Paese a tutte le latitudini. Alla velocità di 3 mq al secondo, secondo i dati forniti dall’Ispra, con altri 50 km quadrati di territorio 18
coperti artificialmente e persi irrimediabilmente (414 ettari in Puglia!). A prescindere dalla sua destinazione d’uso o dalla sua proprietà, quindi, rigenerare il patrimonio esistente, magari dopo averlo opportunamente censito secondo criteri sia di efficienza energetica sia di resistenza antisismica, non è oggi indispensabile solo per mere questioni economiche, ma etiche e civiche. I cittadini, infatti, come testimoniano le sempre più numerose e virtuose esperienze di rigenerazione urbana innestate dall’innovazione sociale – con il proposito di interpretare la comunità come primordiale bene comune intorno al quale ridefinire i principi di identità urbana – rivendicano città sempre più belle, inclusive e aperte. Ossia capaci di tenere insieme i paradigmi della qualità estetica e dell’accessibilità fisica. La vera sfida per le città italiane, nel prossimo ventennio, non sarà solo di reinventarsi e rinnovarsi, ma di farlo secondo una visione precisa che restituisca ai cittadini il loro ruolo di co-autori dei processi decisionali superando l’asfittica retorica politica odierna che, anzi, corrobora la sfiducia nelle Istituzioni. Per vincere la partita del cambiamento, che oggi stiamo perdendo, occorre, dunque, “rimuovere gli ostacoli” (art. 3 della Costituzione) di qualsiasi ordine: non solo le barriere architettoniche, ma tutte le
infrastrutture antropologiche pregiudizievoli limitanti la mobilità nello spazio pubblico e la sua fruibilità. La vivibilità delle città sarà sempre più misurata dalla sua accessibilità. Per questo e sin dal 2016, l’Istituto Nazionale di Urbanistica (Inu), nell’ambito del suo “Progetto Paese”, ha promosso la costituzione di specifiche communities e dall’impegno profuso nell’ultimo biennio da quella dedicata al tema indagato con questo articolo è nata la pubblicazione “Verso città accessibili” (curata da Iginio Rossi) con l’obiettivo di diffondere le buone pratiche realizzate sul territorio nazionale. Tra queste, si ricordano le esperienze di Spello, di Cecina e dei comuni della provincia di Bari. Nel piccolo comune umbro, dopo il terremoto del ’97 e in conformità con gli strumenti urbanistici vigenti (anche di nuova formazione), l’Amministrazione Comunale nella volontà di recuperare il prezioso e densificato centro storico, anche con l’ausilio delle nuove tecnologie, ha agito per rendere, per residenti e city user, il territorio urbano accessibile, accogliente e attrattivo. Oltre alla demolizione delle barriere architettoniche, si è lavorato sul patrimonio culturale e artistico esistente perché il suo linguaggio diventasse comprensibile per tutti. A Cecina, invece, l’intervento
di rigenerazione urbana ha coinvolto un quartiere semi-periferico in cui sussistono edifici scolastici, una biblioteca e un teatro, impianti sportivi e centri sociali. Il Comune, mediante una progettazione integrata, ha rimosso tutte le barriere architettoniche, ha rinaturalizzato l’area, l’ha dotata di un sistema di illuminazione smart per regolarne l’intensità in base ai suoi usi pubblici, ha consentito la sua piena fruibilità ai diversamente abili consentendo una crescita evidente e diffusa
della qualità della vita. In Puglia, infine, dove diverse e incoraggianti sono le azioni intraprese da un sistema variegato di stakeholders in questi ultimi anni anche con l’obiettivo di sensibilizzare culturalmente la cittadinanza e le istituzioni sul paradigma dell’accessibilità dello spazio pubblico, si ricorda il lavoro condotto dal laboratorio “ArchiEtica” nelle province di Bari e della Bat o quello dell’associazione “LeZzanZare” nel capoluogo sulla psico-
-geografia urbana invitando architetti e amministratori normodotati ad usare per alcune ore sedie a rotelle e cani-guida per diagnosticare la difficoltà quotidiana negli spostamenti dei diversamente abili ed elaborare consapevolmente una mappa di tutti gli ostacoli presenti nelle città per progettarne progressivamente la rimozione. Giuseppe MILANO Ingegnere edile architetto e giornalista ambientale
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REGREENERATION, RIGENERARE COME VALORE SOSTENIBILE CREA VALORE IMMOBILIARE
Al via il roadshow “Homo condomini tour”, la campagna di sensibilizzazione a cura di Tabula Rasa e Habitami, entrambe a favore della riqualificazione energetica degli edifici. ANAPI, tra gli enti che hanno deciso di patrocinare il progetto, ha preso parte alla prima tappa del roadshow, precisamente a Roma lo scorso 17 gennaio. Di seguito il comunicato ufficiale. Gli edifici sono responsabili del 30% delle emissioni nocive sul nostro pianeta e del 40% dei consumi energetici. La riqualificazione energetica del parco immobiliare esistente offre a tutti gli attori della filiera una grande opportunità ed è al centro dell’attenzione in Europa. L’attuale livello di riduzione dei consumi del comparto edilizio è molto inferiore rispetto ai trend previsti dagli scenari europei di decarbonizzazione al 2050. Occorre dunque porsi il problema di come accelerare la riqualificazione spinta (quella deep renovation che nel Nord Europa è un’importante realtà già da tempo) di edifici e quartieri. Bisogna realizzare norme e parametri per garantire il ritorno dell’investimento privato. Gli ecobonus potenziati possono aprire il mercato della sostenibilità per la riqualificazione energetica dei condomìni. Solo con un modello nazionale “mediterraneo” è possibile sviluppare l’economia circolare in Italia. Mettendo a punto sistemi di diagnosi e soprattutto parametri certificati degli interventi di riqualificazione integrata degli edifici con l’apporto di Ecobonus (che prevedano per tutti la cessione del credito d’imposta anche agli istituti bancari) e di fondi privati si può garantire la deep renovation di milioni di edifici privati e pubblici in
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Italia. Un privato può impegnarsi e mettere risorse in un progetto di riqualificazione energetica profonda degli edifici o di valorizzazione di un bene immobiliare, ma oggi è frenato dal fatto di non avere la possibilità di verificare l’efficienza economica del progetto. Si stanno facendo gli interventi giusti? Nel modo corretto e con i costi congrui? È con l’ottenimento di queste garanzie che si possono moltiplicare gli interventi dei privati. C’è bisogno di un’opera di standardizzazione degli interventi da programmare, classificandoli in base ai risultati che sono in grado di portare, omogeneizzando modalità, tecniche, tipologie di materiali e costi. A quel punto si potranno attrarre investitori privati secondo un modello abbastanza semplice: quello della concessione, come succede per le opere pubbliche, dalle autostrade agli aeroporti. Un privato investe, l’investimento crea subito risparmio energetico e minori costi. Una parte di questi costi inferiori viene riversata agli utenti e un’altra parte ripaga, in un tempo prefissato, l’investimento. In pratica un edificio “efficientato” con i soldi di un privato pagherà a quest’ultimo le bollette energetiche. i motivi per cui gli interventi non sono stati fatti, oltre a ragioni di tipo tecnico, risiedono anche in questioni legate ai finanziamenti. in particolare: se si offrono delle detrazioni fiscali, è necessario che il soggetto che vuol fare l’intervento abbia un reddito tale da poter utilizzare le detrazioni. Se non ha reddito, l’intervento gli viene a costare il 100%, non il 35%. Se rendiamo cedibili le detrazioni a fondi e istituti bancari, tutti possono ottenere questi benefici. Perché l’efficienza energetica non è un concetto astratto. Ufficio stampa TABULA RASA
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LE INNOVAZIONI IN MATERIA CONDOMINIALE TRA TUTELA E SUPERAMENTO DELLE BARRIERE ARCHITETTONICHE
L’evoluzione della materia condominiale alla luce della normativa esistente pone alcune problematiche circa l’individuazione e la risoluzione di questioni giuridicamente rilevanti. Non si tratta di pura trattazione semantica o di disquisizione su attribuzioni giuridiche in materia condominiale, ma di individuare metodi gerarchicamente logici tra cognizione normativa e fenomenologia dei processi condominiali. Organi deputati all’osservanza dei predetti termini sono stati in questi anni la dottrina e la giurisprudenza che, nonostante l’elaborazione in materia tra contrasti e definiti orientamenti, faticosamente pongono limiti alla cultura dell’interpretazione, quale strumento di libero arbitrio dell’esercizio dei processi logici, diretto ad un ingolfamento sostanziale del contenzioso condominiale. Una disamina giuridicamente rilevante pone la normativa codicistica quale punto di partenza per ogni trattazione giuridica senza distinzione sull’argomento da trattare. Per cui, partendo da tale preambolo, ci accingiamo a trattare l’argomento del condominio con particolare attenzione alla materia delle innovazioni e modifiche delle parti comuni e completando la disamina con l’installazione dell’ascensore condominiale e l’abbattimento delle barriere architettoniche. L’art. 1120, c. 1°, c.c. afferma che i condomini, con la maggioranza indicata dal c. 5° dell’art. 1136, possono disporre tutte le innovazioni dirette al miglioramento o all’uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni. Sono vietate le innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condomino. Il legislatore del 1942 non ha menzionato la definizione di “innovazione” ma ha definito con certezza materiale i valori su cui tale definizione deve essere costruita. Pertanto, alla base della costruzione della norma tra 1° e 2° comma, dobbiamo 22
individuare quali sono i valori in melius o in modo che determinano secondo il legislatore atti o fatti che, posti in essere, costituiscono innovazione. Costituisce innovazione ai fini dell’art 1120 c.c. qualsiasi opera nuova che individua nella maggioranza indicata dal c. 5° dell’art. 1136 il miglioramento, la maggiore utilità, la comodità ed il rendimento delle cose comuni. Il rispetto del decoro architettonico, la stabilità, la sicurezza del fabbricato ed il godimento anche di un solo condomino rappresentano i limiti entro il quale l’innovazione è posta in essere. Pertanto, se manca uno solo di questi valori, non è possibile identificare il concetto di innovazione. Caposaldo di questa gerarchia di valori è la maggioranza indicata dal c. 5° dell’art. 1136 del codice civile, ossia la maggioranza dei partecipanti al condominio e i due terzi del valore dell’edificio. Problemi si pongono nel definire i limiti della conservazione tra modifica e innovazione rispetto all’ordinaria amministrazione e al godimento della cosa comune. In giurisprudenza ed in dottrina è ricorrente l’affermazione secondo cui la distinzione tra modifica e innovazione è collegata all’entità e qualità dell’incidenza della nuova opera sulla consistenza e sulla destinazione della cosa comune, nel senso che, per innovazione in senso tecnico-giuridico deve intendersi non qualsiasi mutamento o modificazione della cosa comune, ma solamente quella modificazione materiale che ne alteri l’entità sostanziale o ne muti la destinazione originaria, mentre le modificazioni che mirano a potenziare o a rendere più comodo il godimento della cosa comune e ne lasciano immutate la consistenza e la destinazione, in modo da non turbare i concorrenti interessi dei condomini, non possono definirsi innovazioni in senso suddetto (cfr. Cassazione Civile n. 11936 del 23 ottobre 1999). In dottrina è stato affermato che il carattere distintivo tra innovazione e opere di manutenzione e conservazione, ordinaria o straordinaria, è rappresentato dalla “necessità” che non sussiste in
funzione dell’innovazione, in quanto l’esecuzione di queste ultime è rimessa esclusivamente alla volontà dei condomini. Pertanto, mentre le opere di manutenzione sono necessarie per conservare e assicurare ai condomini l’esercizio sull’uso e sul godimento delle parti di loro esclusiva proprietà, le innovazioni sono dirette a migliorare tutte quelle parti comuni che non presuppongono il carattere della necessità. La geometria dei processi linguistici individuati tra principi di conservazione, manutenzione e funzionali condizioni di necessità, costituiscono le prerogative per affrontare il tema dell’abbattimento delle barriere architettoniche negli edifici già esistenti e l’obbligo a quanti iniziano la costruzione di un nuovo stabile, tenendo conto dei criteri che garantiscono l’accesso e la libertà di movimento dei soggetti diversamente abili. Il legislatore, con legge 9 gennaio 1989 n. 13, ha provveduto a dettare la normativa in questione intitolata “Disposizioni per favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati”, seguito dal regolamento di attuazione in materia il D.M. 14 giugno 1989, n. 236. Con il termine “barriere architettoniche”, ai sensi dell’art. 2 D.M. 14 giugno 1989, n. 236, si intendono: - gli ostacoli fisici che sono fonte di disagio per la mobilità di chiunque e, in particolare di coloro che, per qualsiasi causa, hanno una capacità motoria ridotta o impedita in forma temporanea o permanente; - gli ostacoli che limitano o impediscano a chiunque la comoda e sicura utilizzazione di spazi, attrezzature o componenti; - la mancanza di accorgimento o segnalazioni che permettono l’orientamento e la riconoscibilità dei luoghi e delle fonti del pericolo per chiunque e, in particolare, i non vedenti, per gli ipovedenti e per i soldi. Inoltre, si intende per accessibilità la possibilità anche per persone con ridotta o impedita capacità motoria sensoriale, di raggiungere l’edificio e le sue singole unità immobiliari e ambientali, di entrarvi agevolmente e di fruirne spazi e attrezzature in condizioni di adeguata sicurezza e autonomia. Intanto, è opportuno precisare che la legge n. 13/1989, invece di prevedere un trattamento uniforme per tutti gli edifici, sia per quelli già esistenti sia per quelli in via di costruzione, ha deciso di costituire un doppio regime obbligando i proprietari di nuova costruzione ad una completa ed efficace riqualificazione dei processi tecnici diretti ad impedire l’accesso ai diversamente abili, dall’altra ai proprietari di vecchie costruzioni a
rimuovere le barriere esistenti attraverso una serie di agevolazioni procedurali ed economiche. Di conseguenza, l’obbiettivo del legislatore è stato quello di non imporre l’abbattimento delle barriere architettoniche negli edifici esistenti in quanto soluzione potenzialmente costosa e di complessa realizzazione, ma di affidare alla volontà condominiale di matrice assembleare la facoltà di scelta. Il sistema legislativo individuato per l’argomento in questione è stato coordinato con il successivo Testo Unico dell’Edilizia, di cui al D.P.R. n. 380/2001, artt. 77 e ss., aggiornando i riferimenti normativi. In riferimento agli edifici in condomino costruiti prima della normativa del 1989 e quindi, eretti senza le necessarie misure volte a favorirne l’accesso anche alle persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale, si pone dunque un problema di innovazione. Come tale, per tutti gli edifici che richiedono il superamento delle barriere architettoniche, l’applicazione del criterio civilistico sull’innovazione opera giuridicamente negli interventi edilizi. A tal proposito, l’art 78 del Testo Unico dell’Edilizia, in tema di innovazioni, ha previsto che gli interventi sulle parti comuni, finalizzati all’eliminazione delle barriere architettoniche, nonché alla realizzazione, possano essere approvati dall’assemblea condominiale, in prima o in seconda convocazione, con le più favorevoli maggioranze previste dall’ art. 1136, commi 2 e 3 c.c. Pertanto, per poter deliberare l'intervento in questione, è necessario che in assemblea siano presenti la maggioranza degli intervenuti e che il loro voto, in termini di quote di proprietà, rappresenti almeno la metà del valore dell’edificio. I quorum considerati sono molto più favorevoli rispetto a quelli previsti dal Codice in materia di innovazione, visto che gli artt. 1120 e 1136, comma 5 c.c., prevede che in questi casi sia sempre necessario, sia in prima che in seconda convocazione, un numero di voti che rappresenti la maggioranza dei partecipanti al condominio e i 2/3 del valore dell’edificio. Pertanto, le maggioranze di cui ai commi 2 e 3 dell’art. 1136 valgono soltanto per le opere di superamento delle c.d. “barriere architettoniche” che non realizzino innovazione vietate, (ossia quelle che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano alcune parti dell’edificio condominiale inservibile all’uso o al godimento anche di un solo condomino), le quali possono essere approvate soltanto all’unanimità. L’abbassamento dei quorum rende più semplice il 23
raggiungimento delle maggioranze necessarie a deliberare interventi diretti a favorire l’accessibilità degli edifici, consente di vincolare alla volontà assembleare anche quei condomini che non siano d’accordo per la realizzazione di determinate opere e obbliga i medesimi condomini a partecipare alle spese, salvo ipotesi di innovazione gravosa o voluttuaria di cui all’ art. 1121. c.c. La casistica giurisprudenziale, nel corso del tempo ha fornito una serie di interpretazioni. Infatti, la Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza del 25 giugno 1994, n. 6109, ha fornito un’interpretazione molto restrittiva della disposizione di cui all’art. 2 Legge n. 13/1989, affermando che partendo dall’art. 1120, comma 2, il quale vieta le innovazioni che rendano talune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso e al godimento anche di un solo condomino comportandone una sensibile menomazione dell’utilità secondo l’originaria costituzione della comunione; ne deriva che a maggior ragione sono nulle le delibere che, ancorché adottate a maggioranza al fine indicato, siano lesive dei diritti di un altro condomino sulla porzione esclusiva, indipendentemente da qualsiasi considerazione di eventuali utilità compensative. La questione poneva il problema da una parte di favorire le esigenze di un portatore di handicap dove l’installazione dell’ascensore avrebbe comportato un sensibile deprezzamento dell’unità immobiliare di altro condomino situato a piano terra. A seguire, con la sentenza n. 12705 depositata in data 13 giugno 2005 la seconda sezione civile della Corte di Cassazione ha sottolineato come il concetto di inservibilità di cui all’art. 1120 c.c. debba essere interpretato nel senso di una “sensibile menomazione dell’utilità che il condomino ricava dal bene comune”. Con la sentenza del 13 giugno del 2005, n. 12705, la Corte di Cassazione ribadisce i precedenti orientamenti ribadendo la prevalenza degli interessi economici della maggioranza condominiale sul diritto del condomino disabile. Tuttavia, le tesi qui anteposte sono state fortemente ribaltate a favore di un’interpretazione estensiva delle norme condominiali, favorendo nella logica dei giudizi le norme costituzionali, con particolare attenzione all’art 42 della Costituzione. Infatti, con la sentenza del 29 giugno 1991, il Tribunale di Foggia ha ritenuto che è ammissibile l’istallazione di un ascensore a spese di un condomino diversamente abile, anche quando gli altri condomini si oppongono a tale opera, perché nella valutazione comparativa degli interessi
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contrapposti, da effettuarsi nello spirito della funzione sociale che la proprietà privata ha nella Costituzione, risulta che l’ascensore consente al condomino disabile la soluzione di un problema vitale e di primario interesse qual è l’adeguato inserimento nella vita sociale. Anche la Corte di Cassazione ha ribaltato il proprio orientamento rispetto alla sentenza n. 14384/2004, con la sentenza n. 8286/2005, affermando che l’istallazione dell’ascensore, rientrando tra le opere dirette a eliminare le barriere architettoniche, costituisce un’innovazione che può essere legittimamente approvata dall’assemblea con la maggioranza ridotta dell’art. 1136, commi 2 e 3 c.c., ai quali soltanto si riferisce l’art. 2, comma 1 Legge n. 13/1989. Non è mancato l’intervento della Corte Costituzionale in materia di “diversamente abili” e “barriere architettoniche”, alla luce di alcuni principi costituzionali, tra i quali la tutela alla salute, indicato nell’ art. 32 della nostra Carta costituzionale. La Consulta, infatti, ha sottolineato che la Legge n. 13/1989 ha segnato un radicale mutamento di prospettiva rispetto al modo stesso di affrontare i problemi delle persone affette da invalidità, considerati ora quali problemi non solo individuali, ma tali da dover essere assunti dall’intera collettività. La questione assunta dalla Consulta si pone nel rispetto dei principi di solidarietà e pari trattamento, espressi in termini generali dagli artt. 2, 3 e 42 comma 2, della Costituzione che trovano applicazione limitata in materia condominiale e nei confronti delle esigenze dei soggetti diversamente abili. (Corte Cost. 10 maggio 1999 n.167; Corte di Cass Sez II, 25 ottobre 2012 n.18344, 26 febbraio 2016, n 3858,28 marzo 2017, n7938) La tutela dei diversamente abili, pertanto, deve essere confrontata alla luce dello sviluppo della persona umana, del suo inserimento nella società civile, intesa come sviluppo e partecipazione democratica della vita condominiale. Roberto BONASIA Referente ANAPI Bari
LINEE GUIDA PEBA. A CHE PUNTO È BARI? INTERVISTA ALL’ASSESSORE AI LAVORI PUBBLICI, GIUSEPPE GALASSO
Introdotti nel 1986, con l’articolo 32, comma 21, della legge n. 41, e integrati con l’articolo 24, comma 9, della legge 104 del 1992, che ne ha esteso l’ambito agli spazi urbani, i Piani di Eliminazione delle Barriere Architettoniche sono lo strumento individuato dalla nostra normativa per monitorare e superare le barriere architettoniche insistenti sul territorio. Il Piano, di cui ogni comune dovrebbe già essere dotato è teso a rilevare e classificare tutte le barriere architettoniche presenti in un’area circoscritta e può riguardare edifici pubblici o porzioni di spazi pubblici urbani (strade, piazze, parchi, giardini, elementi arredo urbano). Ci siamo chiesti a che punto è la Regione Puglia, per questo abbiamo intervistato l’Assessore ai Lavori Pubblici del Comune di Bari, Giuseppe Galasso. Per 30 anni molti Comuni italiani hanno disatteso questo obbligo. Perché? Probabilmente è necessario lavorare sulle sensibilità e sulle specializzazioni dei progettisti. Perché non c’è cosa più complessa che immedesimarsi in chi affronta ogni giorno questi problemi. A giugno 2017 si parlava di un accordo quadro da 900mila euro per soddisfare le richieste di abbattimento delle barriere architettoniche. A che punto siamo? Stiamo cercando di dare delle risposte concrete e immediate a tutti quei disabili che periodicamente manifestano i loro disagi attraverso delle richieste. Come amministrazione abbiamo messo in campo due iniziative: la prima è quella di garantire l’esecuzione
di numerosi interventi tesi ad abbattere le barriere architettoniche rendendo certa la copertura economica. Cito due esempi emblematici: Ceglie e Loseto (periferie di Bari) nei quali siamo intervenuti in maniera più incisiva fino ad ora. A Loseto con 22 scivoli. Questo è stato fatto lesinando importi. L’obiettivo tuttavia è quello di individuare appalti “dedicati” tesi a individuare risorse per abbattere barriere architettoniche. La gara dell’accordo quadro è in corso di pubblicazione e verrà resa nota entro la fine del 2017. Prevediamo di partire entro fine marzo 2018 con gli interventi materiali. A quali interventi si sta lavorando? In primis via Sparano a Bari: il progetto definitivo prevedeva il LOGES ma aveva un grosso problema per i non vedenti con il percorso LOGES in corrispondenza dell’intersezione su entrambi i lati e al centro di una delle vie principali di Bari. Un altro progetto importante riguarda il waterfront del quartiere San Girolamo: benché ci fosse una pedonalizzazione importante, prevedeva il mantenimento della conformazione geometrica già esistente. Questo per i disabili in carrozzella era un problema. In questa zona abbiamo “traslato” il progetto di via Sparano, agevolando la libertà di chi è in carrozzella per circa 1,7 km. E ancora: i già appaltati rifacimenti dei marciapiedi di via Argiro e di via Melo, che prevedono l’abbattimento delle barriere architettoniche e la creazione delle rampe; e infine cinque progetti che riguardano le periferie (i principali interventi riguarderanno i quartieri Libertà e San Paolo). 25
Quali altri progetti saranno realizzati grazie all’accordo quadro? I primi due interventi che saranno realizzati sono uno di carattere “simbolico”: si tratta di uno sportello per disabili presso la sede degli uffici comunali del welfare in piazza Chiurlia (all’ingresso del centro storico di Bari). Il secondo intervento toccherà una zona periferica di Bari, parliamo di Ceglie, dove alcuni disabili che ho avuto modo di incontrare hanno manifestato delle esigenze. Grazie ai loro suggerimenti è stato previsto un piano di intervento che riguarda l’accessibilità della chiesa, la sede del Municipio, l’INPS e altri luoghi di interesse. Va da sé che per dare vita a tutto questo è necessario che si fissino delle regole generiche, valide sia per il pubblico che per il privato, su come realizzare tali interventi.
Cosa auspica per il futuro della città? Che gli sgravi fiscali aiutino a comprendere l’importanza di tali interventi, mi riferisco anche alle proprietà private. Con questi progetti speriamo di dare un esempio concreto ai cittadini incentivandoli – questo discorso vale soprattutto per i privati- a intervenire adeguando le abitazioni. Di sicuro si tratta un problema culturale prima che sociale. Anna PISCOPO Ufficio stampa ANAPI
State elaborando delle Linee Guida? Esattamente. Rifacendoci ad alcuni casi di successi presenti in altre regioni d’Italia come l’Emilia Romagna, abbiamo redatto un quaderno che è stato sottoposto alle associazioni nel mese di giugno e settembre 2017.
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PRIMA DI PARLARE DI ACCESSIBILITÁ…
Prima di parlare di accessibilità dovremmo riflettere su quella che è l'immagine di disabile percepita dalla società. Infatti, ancora oggi la fredda classificazione degli esseri umani in categorie conduce ad un conseguente sentire antipluralistico che dimostra le reminiscenze di logiche primordiali di individui forti e deboli. Ma se Darwin aveva dimostrato con giuste ragioni l'evoluzione secondo le teorie di adattamento delle specie all'ambiente circostante, in questo caso il nostro pensiero è in controtendenza. L'uomo ha un'intelligenza che non può farlo soccombere a istinti selvaggi. I cittadini sono parimenti diversi nell'uguaglianza del loro status che gli conferisce diritti. Pertanto, il mondo 2.0 dovrebbe andare oltre gli schemi commerciali che ci vogliono sudditi di brand ed evoluzioni antropologiche in nome di esigenze di vendita. Concepire questo nuovo modello significa interpretare e soddisfare le esigenze di tutti, assoggettando processi e norme giuridiche ad una più vasta gamma di prototipi.
Non facciamo qui l'esegesi delle norme, altrimenti ci addentreremmo in un reticolo di norme non applicate. Infatti, il legislatore non è stato parco nel riconoscere la giusta statura all'argomento, anticipando i tempi e decretando nella costituzione un'uguaglianza che si concretizza nella diversità. Quando il modello di una comunità aperta sarà recepito e metabolizzato verrà naturale l'attuazione delle norme. È un processo fisiologico che dovrebbe portare all'epurazione da ingerenze politiche, sindacali, associative per preferire una visione sociale preformante capace di investire tutti i campi, dalla formazione, alla progettazione, dalla ricerca alla filosofia. Antonio GAROFALO Presidente dell’associazione “LeZzanzare”
Qual è la soluzione che favorirebbe l'abbattimento di tali barriere prima mentali e poi architettoniche? Bisognerebbe insegnare seriamente l’educazione civica a piccini e grandi per scardinare i vecchi retaggi di luoghi comuni rimasti resistenti al tempo. Il disabile, l'handicappato, il diversamente abile non è il poverino da commiserare. Il disabile è un cittadino e, ancora prima, una persona.
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“LA RISORSA IDRICA IN CONDOMINIO” IL PRIMO OPEN DAY DI AQP
Da gennaio 2018 dovremo fare con una bolletta dell’acqua più salata, secondo quanto stabilito l’AEEGSI (Autorità per l’energia elettrica il gas e il sistema idrico), da pochissimo ARERA (Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente) – il nuovo nome previsto dalla Legge di Bilancio 2018. Novità che ha lasciato perplessi gli amministratori di condominio, protagonisti del primo Open Day organizzato dall’Acquedotto Pugliese che si è tenuto il 28 novembre, presso il Politecnico di Bari. Un incontro fondato sul dialogo tra l’ente e le associazioni degli amministratori provenienti da tutta la Puglia, fortemente voluto da ANAPI. Tra i temi al centro dei lavori: le indicazioni per una lettura più agevole della fattura e la politica di gestione del credito e dei nuovi servizi che AQP sta introducendo per supportare gli amministratori e ridurre la morosità sulle utenze condominiali, tra i quali l’avvio sperimentale di nuove modalità di informazione. E con il nuovo anno cambierà anche la struttura dell’impianto tariffario che da “binomia” sarà “trinomia”; avremo anche una ridefinizione del quantitativo agevolato: se oggi nell’uso domestico il quantitativo di acqua che viene assegnato in fascia agevolata è pari a 200 litri al giorno per 73 m³ l’anno, dal 2018 si andrà verso una situazione in cui il gestore dovrà “traguardare” la composizione del nucleo familiare. Entro il 30 giugno 2018 il gestore dovrà provvedere a riclassificare l’utenza secondo il nuovo schema riportato nella delibera 665/2017. Le categorie sono quattro: • • • •
Uso domestico residente Uso domestico non residente Uso domestico condominiale Uso pubblico non disalimentabile
Inoltre agli amministratori è stato fornito un aggiornamento sull’emergenza idrica e sulle iniziative adottate per il contenimento dei consumi e l’incremento della disponibilità da fonti integrative straordinarie. L’Acquedotto Pugliese è impegnato in un vasto progetto di ammodernamento della rete: 80 milioni di euro per un nuovo piano straordinario 28
di risanamento delle reti, che si affianca alle attività quotidiane di ricerca e riparazione delle perdite. Il progetto di risanamento straordinario Il progetto di risanamento straordinario delle reti, per un importo complessivo di 80 milioni di Euro, coinvolge 21 Comuni, prevalentemente concentrati nelle province di Bari e BAT (tra cui i capoluoghi Bari e Taranto), contraddistinti da livelli di perdita rilevanti, e prevede la sostituzione di circa 165 Km di condotte vetuste ed ammalorate e la introduzione di nuovi distretti. I distretti sono porzioni di rete equipaggiate con sistemi per il monitoraggio dei principali parametri idraulici (portata e pressione) e dotati di sistemi per la regolazione in automatico della pressione, che permettono una gestione profilata ed ottimale per segmenti omogenei di territorio. Per questo piano di interventi, sono state varate le gare per l’affidamento della progettazione definitiva ed esecutiva, che si prevede di portare a compimento entro il 2018. Tale azione si affianca alle attività ordinarie di ricerca delle perdite e di riparazione delle reti svolte quotidianamente su tutto il territorio servito. Oltre 10.000 interventi svolti ogni anno da personale altamente specializzato e dotato di officine mobili. Sono oltre 300 i milioni di euro già investiti da AQP per la riduzione e il controllo delle perdite. Attività che hanno permesso, anche attraverso la introduzione di sofisticati software gestionali, la sostituzione di 314 km di rete, la istituzione dei distretti, l’utilizzo di valvole automatiche di controllo della pressione, la sostituzione di 2/3 del parco contatori d’utenza. Oggi, secondo l’ultimo dato rilevato dall’ISTAT, il tasso di perdita lineare delle reti pugliesi (36 mc al giorno per km di rete gestita) è sostanzialmente inferiore al valore medio dei capoluoghi di provincia italiani (50 mc). Dal 2009 al 2016 il volume di acqua annualmente prodotto da Acquedotto Pugliese è stato ridotto del 10% (con un risparmio di circa 58 mln mc), pur in presenza di un sostanziale miglioramento della qualità del servizio fornito all’utenza. Anna PISCOPO Ufficio stampa ANAPI
IL CALCOLO DEI CONSUMI IDRICI NEL CONDOMINIO I criteri di calcolo per quanto concerne i consumi idrici nei condominii hanno sempre creato discussioni anche animate là dove questi non sono risultati chiari, trasparenti ma ancor più se sono stati pensati non tenendo conto di princìpi di correttezza, equità, proporzionalità oltre ai vincoli che da una attenta lettura della bolletta si evincono. I metodi di calcolo non possono avere la presunzione di essere tecnicamente esatti per i motivi che vedremo, tuttavia una elaborazione che si avvicini quanto più alla realtà degli accadimenti, la ritengo doverosa per motivi di trasparenza ed equità. Entrando nel merito, l’ente Acquedotto Pugliese (in seguito denominato AQP) invia le bollette con periodicità trimestrale e da circa un anno anche bimestrale per quelle utenze che superano i 3000 mc/anno, alternando bollette in acconto e bollette a conguaglio (viene specificato in bolletta) e ciò al fine di permettere all’Ente AQP di disporre di letture reali (tramite personale addetto alla rilevazione) ogni semestre per i condomìni con consumi al di sotto dei 3000 mc/ anno ed ogni quadrimestre per i condomìni con consumi al di sopra del parametro appena citato. Prenderemo in esame il caso di un condominio con consumi al di sotto dei 3000 mc/anno e di conseguenza la visione di bollette a cadenza trimestrale ovvero documenti redatti alternativamente in acconto ed a conguaglio, per un totale di quattro bollette/anno. Ogni volta che arriva una bolletta, è bene rilevare e registrare i consumi parziali dei divisionali e quello generale AQP. Queste letture ci consentono di archiviare misure reali ad una data certa che nel tempo costituiranno un documento essenziale per la valutazione dei singoli consumi e del loro andamento storico, oltre a poter interpolare e/o estrapolare valori di lettura specificatamente segnati e richiesti sulla bolletta. Come nell’esempio di fig. A, si noti che i consumi di riferimento inviati l’AQP abbracciano un periodo che va dal 18/05 al 20/11 (187 gg) di un anno X, la bolletta arriva a dicembre ed ha scadenza i primi giorni di gennaio. Si comprende che la bolletta è a conguaglio. La precedente gestiva i consumi dal 18/05 al 22/08 dello stesso anno. Vengono indicati nella seconda pagina della bolletta: il dettaglio degli importi (tipi di tariffa) ed in relazione a queste le quantità (espresse in mc ed in gg), gli importi unitari, l’imponibile ed in fine l’I.V.A. al 10%. L’AQP stabilisce
in base ad alcuni criteri, che non sto ad evidenziare, i mc per ogni tariffa, la cui somma ci dà il totale dei mc consumati. Attraverso le letture dei divisionali e del generale registrate a dicembre (dopo aver ricevuto la bolletta) ed avendo a disposizione anche quelle di settembre e di maggio, mi calcolo attraverso un rapporto di proporzione, quanto varrebbe la lettura se effettuata al 18/05 e se effettuata al 20/11. Faccio notare che la lettura al 18/05 la posseggo già in quanto calcolata nella precedente fattura. Un tale valore tuttavia presuppone un andamento dei consumi giornalieri di tipo costante ma che verrà a perequarsi nel tempo. Diversamente non è possibile avere valori effettivi di consumo giornalieri come avviene con ENEL ad esempio. Se ad esempio il condòmino Bianchini alla data 20/12 rileva come lettura parziale 396 mc e sapendo che il 22/08 stimava 376 mc, si deduce che in 120 gg abbia consumato 20 mc. Otteniamo con una semplice proporzione che in 90 gg, alla data del 20/11 il Sig. Bianchini ha consumato 15 mc i quali sommati ai 376 di partenza si giunge ad una lettura stimata di 391 mc. Pertanto dal 18/05 al 20/11 abbiamo per il Sig. Bianchini un consumo di 30 mc. La stessa cosa verrà fatta per i condòmini Rossini e Nerini. Ora. Come verranno distribuiti i mc consumati? Diamo uno sguardo alla colonna quantità sulla seconda pagina della bolletta dove vengono riportati il totale dei mc consumati (80 nel nostro caso ed in neretto) e la loro suddivisione tra le varie tariffe. Con semplici calcoli vengono stabilite le quote per i diversi condòmini. La quota fissa viene suddivisa in parti uguali tra tutti i Moduli contrattuali/unità immobiliari 3 (600 L/g). La somma di tutte le quantità relative ai servizi che riportano gli 80 mc (UI1: QIT, QDT, QFT e le quote variabili D ed F) verrà suddivisa in proporzione a 30/10/40 mc. Sommare il tutto. Essendo la bolletta a conguaglio, è necessario dedurre dalle singole quote, gli acconti effettuati con la bolletta precedente. Guardando attentamente la bolletta, qualsiasi altro importo verrà suddiviso nella maniera che si riterrà equa ed opportuna tra i fruitori del servizio. Andrea DENTUTO Associato ANAPI
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ECOBONUS 2018: TUTTE LE DETRAZIONI PREVISTE PER IL NUOVO ANNO
Il 20 settembre del 2017 l’Agenzia Nazionale per l’Energia e le Nuove Tecnologie (ENEA), ha dettagliato gli interventi di riqualificazione energetica, che possono essere eseguiti sugli edifici condominiali e che rientrano nelle detrazioni fiscali descritte dalla legge di stabilità numero 232 dell’11 dicembre del 2016. Il nuovo decreto Ecobonus del 2018, comprende inoltre, interventi di ristrutturazione dei balconi condominiali, delle terrazze e delle facciate. Non ultimo e non meno importante direi, sempre compresi nelle detrazioni fiscali, sono gli interventi volti all’eliminazione dell’amianto dai tetti condominiali. Vediamo allora quali sono i vantaggi per i condomini e cosa può essere portato in detrazione. I bonus previsti per il 2018, possono essere raggruppati in quattro macro categorie, che si differenziano per tipologia d’intervento e percentuale di detrazione. Detrazione del 70% È ottenuta se si eseguono lavori di ristrutturazione sull’involucro dell’edificio condominiale, la cui superficie interessata è superiore al 25% dell’intero stabile. Un esempio pratico potrebbe essere l’installazione di un “cappotto termico”, sul lastrico solare scoperto dell’edificio. Il cappotto termico è un’installazione fissa di materiali che trattengono il calore prodotto dagli impianti di riscaldamento, siano essi centralizzati o autonomi, facendo risparmiare così energia prodotta dalla centrale termica. Detrazione del 75% È ottenuta eseguendo gli interventi già compresi nella detrazione del 70% ma ottenendo anche un miglioramento delle prestazioni energetiche così come indicato dall’allegato 1 del Decreto Ministeriale del 26 giugno del 2015 denominato “Adeguamento del decreto del Ministro dello sviluppo economico del 26 giugno del 2009” ossia “Linee guida nazionali per la certificazione energetica degli edifici”. Possiamo portare lo stesso esempio citato per le detrazioni del 70% ma supponendo di estendere l’intervento anche alle pareti verticali dell’edificio. Si otterrebbero in questo modo un migliore efficientamento energetico e di conseguenza un risparmio economico considerevole. Detrazione dell’85% - Sismabonus Sono portati in detrazione, gli interventi di adeguamento antisismico degli edifici condominiali. La detrazione va da un minimo del 50% fino ad un massimo dell’85%. La percentuale di detrazione dipende, tra gli altri fattori, dalla zona di rischio sismico su cui l’edificio è sorto. L’Italia infatti, è suddivisa in quattro zone sismiche. Seguendo una classificazione aggiornata al 2015, possiamo distinguere (fonte Wikipedia – Classificazione sismica dell’Italia): Zona 1: sismicità alta (PGA oltre 0,25 g), comprende 708 comuni. Zona 2: sismicità medio-alta (PGA fra 0,15 e 0,25 g), comprende 2.345 comuni (in Toscana alcuni comuni sono classificati in Zona 3S, sismicità media, che prevede obbligo di calcolo dell'azione sismica identica alla Zona 2). Zona 3: sismicità medio-bassa (PGA fra 0,05 e 0,15 g), comprende 1.560 comuni. Zona 4: sismicità bassa (PGA inferiore a 0,05 g), comprende 3.488 comuni. Nota: Il Peak ground acceleration (PGA) è la misura della massima accelerazione del suolo indotta del terremoto e registrata dagli accelerometri. Diversamente dalla scala Richter, che misura l'ampiezza globale di un terremoto, il PGA misura l'intensità di un terremoto in una singola area geografica.
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Detrazione del 36% - Bonus Verde L’ultimo bonus che andiamo a trattare è quello dedicato alle aree verdi condominiali. Infatti, nel 2018, sarà possibile portare in detrazione gli interventi di rifacimento dei giardini condominiali ed abbellimento degli stessi, usufruendo della detrazione del 36% delle spese sostenute. Questa è una novità rispetto al passato e permette finalmente agli amministratori di condominio, di portare in detrazione, lavori di abbellimento delle aree comuni. Importi massimi detraibili La legge di stabilità indica come tetto massimo di spesa, un importo pari ad euro 40.000,00 per unità immobiliare. Ciò significa che in un condominio di dieci appartamenti, l’importo massimo della spesa che può essere portata in detrazione sarà al massimo pari di euro 400.000,00. Requisiti generali per poter usufruire delle detrazioni Requisito fondamentale per poter accedere alle detrazioni è che l’immobile sia correttamente accatastato o sia in atto una richiesta di accatastamento. Inoltre tutti gli immobili devono essere dotati d’impianto di riscaldamento autonomo oppure centralizzato. Cessione a terzi del credito Un utile strumento che viene messo a disposizione dei condomini è la cessione a terzi del credito. Cosa significa? Il credito derivante dai bonus fiscali che andrebbero ad ogni singolo condomino, in base alla spesa effettuata e previa rilascio da parte dell’amministratore, della certificazione necessaria, può essere ceduto ad un terzo soggetto che può essere, ad esempio, la ditta che esegue i lavori di adeguamento nello stabile condominiale. In questo modo si può ottenere uno sconto sul costo dei lavori di adeguamento. Gianluca BIONDI Associato ANAPI
PARTECIPA A:
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NUOVI METODI “SMART” DI INCASSO QUOTE CONDOMINIALI
Nel mio lavoro di amministratore di condominio, nella realtà in cui lavoro ed abito, non molte persone, strano ma vero, utilizzano come metodo di pagamento delle rate condominiali, il bonifico bancario. Molti condomini infatti, prediligono ancora il contante. Questo purtroppo è per me, ma credo per chiunque riceva gli incassi con questo metodo di pagamento, un problema, in quanto non avendo collaboratori, sono costretto ad andare di persona negli stabili per la riscossione. Parallelamente però, gli stessi condomini che utilizzano il contante per il pagamento delle quote condominiali, utilizzano lo smartphone e fanno acquisti on line, su portali come ad esempio Amazon. Perché questa premessa, perché al fine di ovviare al pagamento in contanti, non più accettato dalle normative vigenti e proprio perché il denaro deve essere sempre tracciato, sto pensando di sostituire questo metodo di pagamento, con altre soluzioni per così dire “Smart”. Approfondendo il tema e leggendo diversi articoli sull’argomento, due sono le soluzioni che mi sembrano fattibili ed eliminano almeno, il trasporto del contante. Le due soluzioni che ho individuato sono: - Satispay - Lettore per carte bancomat Sumup Premetto che le aziende che hanno creato questi prodotti / servizi non mi hanno pagato ma la scelta è stata influenzata esclusivamente dalle loro funzionalità e dalle caratteristiche di utilità e semplicità. Satispay Satispay è un’applicazione gratuita che consente 32
di eseguire pagamenti in negozi convenzionati, effettuare ricariche e inviare denaro a persone contenute nella rubrica del proprio smartphone. Il servizio è stato creato da una startup italiana che oggi vanta numerosi riconoscimenti a livello nazionale. Per i condomini, la registrazione al servizio è completamente gratuita. Il condomino si registra sul sito www.satispay.com, scarica l’app gratuita sul proprio smartphone e completa la registrazione inviando sempre tramite l’applicazione, il proprio documento di riconoscimento, un numero di cellulare valido ed attivo ed ovviamente il proprio iban. Una volta eseguite queste operazioni ed una volta che Satispay avrà controllato che la documentazione inviata dall’utente è valida, abilita l’applicazione all’utilizzo e ricevere e trasferire denaro. In questo modo, il condomino, sempre gratuitamente, può trasferire denaro dal suo conto corrente a quello del condominio ed ottenere una ricevuta digitale di avvenuto pagamento, senza muoversi da casa, comodamente dal proprio smartphone ed il tutto tracciato e sicuro, così come previsto dalle normative vigenti. L’utente/condomino, accederà poi alla sezione del profilo ed imposterà il budget settimanale che intende lasciare sull’applicazione. Supponiamo che la rata condominiale sia pari a 40,00 euro mensili, il condomino, come in una sorta di salvadanaio, potrà impostare il prelievo dal proprio conto corrente di euro 10,00 a settimana ed a fine mese, provvedere al pagamento della quota condominiale. Naturalmente questo è uno dei modi in cui è possibile utilizzare l’app ed è riferita al solo utilizzo condominiale. Io ho eseguito personalmente
l’attivazione come utente privato e devo dire che, nel giro di una settimana, l’app era attiva e funzionante. Quali sono i costi? Per il condomino tutti i pagamenti ed i trasferimenti di denaro sono assolutamente gratuiti mentre, per il conto corrente condominiale o per i pagamenti privati dell’amministratore, si paga una commissione pari a 0,20 euro; direi un costo decisamente sostenibile per un condominio. Calcolando il costo mensile ad esempio, in uno stabile di 30 appartamenti, il costo sarebbe pari ad euro 6,00. Sumup Mentre Satispay è un’applicazione quindi un metodo virtuale di pagamento, Sumup è un dispositivo fisico attraverso il quale vengono effettuati pagamenti tramite carte bancomat o carte di credito. È a tutti gli effetti, un POS mobile. Il suo funzionamento è molto semplice. Si collega tramite Bluetooth al proprio smartphone dopodiché, per effettuare il pagamento di una rata condominiale, il condomino fornisce il suo bancomat o la sua carta di credito all’amministratore, che imposta sul dispositivo tramite l’applicazione per smartphone, la rata condominiale da pagare.
La transazione può avviene in quattro modi: • Contactless (NFC) • Banda magnetica della carta • Chip & Pin della carta • Tramite Apple Pay oppure Android Pay I costi Il costo di acquisto è pari ad euro 79,00. Viene associato al conto corrente condominiale. Non c’è nessun canone mensile da pagare ma si paga una commissione dell’1,95% per ogni transazione. Facendo ancora riferimento all’esempio precedente; pagando un importo di euro 40,00 relativo alla rata condominiale di cui sopra, la commissione su questo importo sarà pari ad euro 0,78. Decisamente più costoso rispetto al metodo di Satispay ma comodo se i condomini si trovano più a loro agio nell’utilizzare il bancomat o la carta di credito. Per il 2018 questi sono i due metodi di pagamento, alternativi al contante ed escludendo il bonifico bancario, che proporrò ai miei condomini, per rendere il pagamento Smart, sicuro e trasparente. Gianluca BIONDI Associato ANAPI
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L’AMMINISTRATORE COME DIVULGATORE, TRA BONUS E DETRAZIONI
Con l'approvazione della Legge di Bilancio 2018, sono stati confermati decine di bonus e ausili vari a supporto delle famiglie italiane in difficoltà. Il ruolo dell'Amministratore non rimane mera operazione fiscale e di responsabilità, ma anche divulgazione di agevolazioni fiscali ai cittadini. Oggi grazie alla voglia e al dovere di formarsi bene, possiamo in maniera dettagliata istruire i condòmini nei benefici di questa manovra finanziaria. Per le Famiglie - Reddito di Inclusione: assegno universale contro la povertà con requisiti molto rigidi: reddito ISEE e ISRE rispettivamente a 6.000 e 3.000 € con determinate condizioni patrimoniali e del nucleo familiare; - Bonus Trasporti Pubblici: detrazione al 19% delle spese sostenute per gli abbonamenti ai trasporti pubblici per un massimo di 250 € all'anno, quindi pari a 47,5 € annui; - Bonus Luce & Bonus Gas: sconti sulla bolletta rispettivamente dell’energia elettrica e del gas, per gli affetti da disagio fisico (grave malattia o uso di apparecchiature elettromedicali per il mantenimento in vita) o basso reddito (ISEE 2018 non superiore a 8.107,5 € o più di 3 figli a carico e ISEE inferiore a 20.000 €); - Bonus Idrico: sconto sulla bolletta della fornitura d'acqua per chi ha basso reddito, con modalità e requisiti stabiliti dalla Regione di appartenenza; - Dentista Sociale: prezzi calmierati (già prefissati) sui costi odontoiatria per reddito ISEE non superiore a 8.000 €, esenti dal ticket sanitario, titolari della Carta REI e donne in gravidanza; - Bonus Mamme Domani: premio di 800 € a inizio 8° mese di gravidanza, alla nascita o adozione; - Bonus Bebè: assegno per i nuovi nati da 80 € al mese durante il 1° anno di vita del bambino per famiglie con ISEE sotto i 25.000 € l’anno;
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- Bonus Nido: contributo di massimo 1.000 € per il pagamento di rette degli asili nido pubblici e privati e di forme di assistenza domiciliare in favore di bambini nati dal 1° gennaio con meno di 3 anni affetti da gravi patologie croniche; - Bonus Libri: supporto economico per l'acquisto di libri scolastici per le famiglie a basso reddito. Modalità e requisiti variano in base alla Regione; - Bonus 18 Anni: conosciuto anche come Bonus Cultura, contributo di 500 € che può essere richiesto per i nati nel 1999, utilizzabile per l'acquisto di libri, audiolibri, ebook, biglietti/abbonamenti per concerti, teatro, danza, cinema, musei, monumenti, parchi e biglietti d’ingresso per fiere, festival e circhi; - Bonus Nonni: detrazione fiscale al 19% delle spese sostenute per aiutare economicamente i nipoti per attività sportive, spese scolastiche/universitarie, affitti, spese mediche e spese assicurative; - Detrazioni figli a carico: permette a chi presenta la dichiarazione dei redditi di detrarre le spese sostenute durante il 2017 per i figli a carico con un reddito massimo di 4000 €. Per il Lavoro - Bonus Assunzioni Giovani: sgravio fiscale al 50% (100% se ha effettuato precedentemente apprendistato o alternanza scuola-lavoro) valido nei 3 anni successivi a una assunzione a tempo indeterminato di giovani fino a 35 anni; - Bonus Assunzioni Sud: sgravio fiscale al 100% valido nell'anno successivo a una assunzione a tempo indeterminato di giovani fino a 35 anni disoccupati da 6 mesi; - Bonus Donne e Over 50: sgravio fiscale al 50% di durata 12 mesi per i contratti a tempo determinato e 18 mesi per i contratti a tempo indeterminato, destinato agli ultra50enni e le donne che rispettano determinati requisiti;
- Detrazione totale IRAP esclusivamente per il 2018 sul costo del lavoro di ogni lavoratore stagionale che sia stato impiegato almeno 120 giorni per 2 periodi d’imposta; - Credito d'imposta al 40% per le spese di formazione del personale dipendente, disponibile a qualsiasi impresa indipendentemente dal tipo. Per l'Edilizia - Bonus Mobili: detrazione sull'Irpef al 50% sull'acquisto di mobili, ripartita in rate annuali, per le abitazioni che hanno sostenuto, sostengono o sosterranno lavori di ristrutturazione nel biennio 2017/2018; - Ecobonus & Sismabonus: agevolazione fiscale tra il 50 e il 65% sugli interventi rispettivamente di riqualificazione energetica e adattamento antisismico; - Bonus Verde: detrazione al 36% sulle spese di sistemazione e recupero del verde negli immobili ad uso abitativo, per un massimo di spesa di 5000 €; - Cedolare secca con aliquota ridotta al 10% per alloggi a canone concordato; - Detrazione spese affitto per reddito: detrazione di 300 € se il reddito complessivo non supera 15.493,71 €, o 150 € se il reddito non supera 30.987,41€. Se il canone è convenzionato, le detrazioni aumentano a 495,80 e 247,90 € rispettivamente; - Detrazione spese affitto per giovani: per i cittadini tra i 20 e i 30 anni con un reddito non superiore a 15.493,71 €, spetta una detrazione
di 991,60 € per i primi 3 anni di canone; - Detrazione spese affitto per studenti universitari fuori sede: se il comune dell'università è distante almeno 100 km da quello di residenza (50 km per zone montane o disagiate), spetta una detrazione al 19%, fino a un massimo di 2.633 €; - Detrazione rischio sismico e risparmio energetico parti condominiali in zone sismiche: spetta una detrazione maggiorata, rispetto a Sismabonus ed Ecobonus, dell’80% se gli interventi determinano il passaggio a una classe di rischio inferiore, o dell’85% se gli interventi determinano il passaggio a due classi di rischio inferiori. Quando la risposta dello Stato alla pretesa del cittadino del diritto al lavoro si fa attendere, ecco che si temporeggia sollevando il peso del cuneo fiscale. Guardiamo il bicchiere mezzo pieno. Emanuele SMEDILE Associato ANAPI
CORSI DI FORMAZIONE ANAPI PER AMMINISTRATORE DI CONDOMINIO Prossime date in tutta Italia:
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ANAPI-EUCLIDE, UNA PARTNERSHIP EFFICIENTE
Al via la terza edizione del corso di formazione professionale per amministratori di condominio organizzato da ANAPI in partnership con l'IIS Euclide di Bari. «L'intento è quello offrire ai ragazzi prossimi al diploma la possibilità di accostare al titolo di studio un'ulteriore qualifica professionale, immediatamente spendibile nel mondo del lavoro» spiega il presidente ANAPI, Vittorio Fusco «con il valore aggiunto di un'esperienza formativa che consente ai ragazzi di testare "sul campo" l'utilità pratica delle materie del programma curricolare». Il corso si rivolge agli studenti del V anno dell'Euclide, ma è aperto anche a soggetti esterni, purché in possesso di un diploma di scuola secondaria superiore. Il percorso di formazione - 72 ore totali - è riservato ad un numero massimo di 25 partecipanti. Per maggiori informazioni, visitare il sito Web dell' IIS Euclide (docente referente Giuliana Deflorio) o contattare la segreteria ANAPI chiamando il numero verde 800.032.155
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ANAPI RISPONDE a cura di Roberto BONASIA, consulente Centro Studi Anapi
Gentile Associazione, in fase di preventivo per la gestione condominiale, mi è stata richiesta la possibilità di attivare il servizio on line della gestione condominiale. Vorrei sapere se con la riforma del condominio tale richiesta è resa obbligatoria come onere dell’amministratore. Nel caso in cui il precedente amministratore abbia utilizzato un programma gestionale che permetteva la visione on line tramite password degli elaborati redatti dall'amministratore, sono obbligato a garantire questo servizio?
L'unico servizio qualificato dalla normativa in materia di servizi on line condominiali è rappresentato dall'art. 71 ter delle disposizioni attuative del Codice Civile secondo il quale «su richiesta dell'assemblea, che delibera con la maggioranza di cui al secondo comma dell'art. 1136 del Codice Civile, l'amministratore è tenuto ad attivare un sito internet del condominio che consenta agli aventi diritto di consultare ed estrarre copia in formato digitale dei documenti previsti dalla delibera assembleare. Le spese per l'attivazione e la gestione del sito internet sono poste a carico dei condòmini». L'attivazione di un sito internet del condominio ha la funzione di consentire l'accesso individuale per consultare e stampare i rendiconti nonché ogni documento amministrativo-contabile condominiale.
Le spese di riparazione di una tubazione di scarico delle acque superficiali (meteoriche) di una terrazza esclusiva, che copre solo un piano seminterrato di proprietà esclusiva vanno ripartite sempre secondo l'art. 1126 del Codice Civile?
L'art. 1126 del Codice Civile, rubricato “Lastrico solare ad uso esclusivo”, dispone che l'uso dei lastrici solari o di una parte di essi non è comune a tutti i condòmini; quelli che ne hanno l'uso esclusivo sono tenuti a contribuire per un terzo alla spesa delle riparazioni o ricostruzioni del lastrico solare, mentre gli altri due terzi sono a carico di tutti condòmini dell'edificio o della parte di questo a cui il lastrico solare serve in proporzione del valore del piano o della porzione di piano di ciascuno. La fattispecie normativa, richiama esclusivamente «l'uso dei lastrici solari o di una parte di essi». Nessun richiamo è stato fatto alle grondaie condominiali, quelle che lei nel quesito ha qualificato come «tubazione di scarico delle acque superficiali (meteoriche)». A supporto del dettato normativo le richiamo un pronunciamento della Corte di Cassazione n°27154/14 del 22/12/2014. La Corte ha analizzato il caso di specie qualificando le grondaie secondo i criteri del 1117 del Codice Civile, quale parte a servizio comune dell'edificio. Le grondaie sono funzionali allo smaltimento delle acque piovane e poiché convogliano le acque meteoriche dal tetto dell'edificio fino alla parte ultima della superficie, svolge una funzione che prescinde dal regime della proprietà esclusiva del lastrico solare, salvo dice la Cassazione titolo contrario, ossia quell'atto che disciplina diversamente l'uso dei parti e servizi condominiali. 37
Gentile Associazione, sto seguendo il vostro corso online per amministratori di condominio e vorrei sottoporvi un quesito sollevato da un affittuario di un negozio (mi occupo della gestione di una immobiliare). Confermate che la sentenza del Tribunale di Milano del 21/11/1966, perciò che riguarda i «proprietari di negozi esterni che non abbiano accesso dalle scale non sono tenuti a partecipare alle spese di manutenzione, pulizia e ricostruzione delle scale», è stata annullata da una nuova normativa della Cassazione in cui si addebitano in toto ai negozi tali spese?
Con riferimento al suo quesito, è opportuno intanto affermare che la sentenza dall'affittuario richiamata è una sentenza di merito per di più del 1966, non avendo una sua identità giurisprudenziale in sentenza di legittimità, nella fattispecie quelle emesse dalla Corte di Cassazione. Inoltre è datata rispetto ai principi riformatori della materia condominiale richiamati dalla legge n°220 del 2012. Un’attenta analisi dell'art. 1124 del Codice Civile, rubricato “Manutenzione e sostituzione delle scale e degli ascensori” con riferimento al primo comma si evince che: «Le scale e gli ascensori sono mantenuti e sostituiti dai proprietari delle unità immobiliari a cui servono. la spesa relativa è ripartita tra essi, per metà in ragione del valore delle singole unità e per l'altra metà esclusivamente in misura proporzionale all'altezza di ciascun piano dal suolo». Come tale salvo titolo contrario, ossia da regolamento condominiale o da atto di compravendita, i locali commerciali partecipano alle spese degli ascensori e delle scale a norma dell'art. 1117 del Codice Civile, in quanto tra le parti comuni rientrano le scale, definite dalla Cassazione «elementi necessari alla configurazione di un edificio diviso per piani o porzioni di piano in proprietà esclusiva e mezzo indispensabile per accedere al tetto o alla terrazza di copertura» (10 luglio 2007, n. 15444). Per quanto riguarda la pulizia delle scale, alla luce anche della richiamata giurisprudenza, Cass.sent.432/2007, devono essere applicati i principi applicativi dell'art. 1124 del Codice Civile che prevede la redazione, da parte del tecnico, di una tabella millesimale che rispetti i principi normativi della norma richiamata, nonché della relativa individuazione dei nominativi ad essi collegati.
Gentile ANAPI, qualche mese fa l'assemblea del mio condominio ha nominato amministratore un avvocato. Alcuni condòmini hanno domandato se l’avvocato fosse iscritto all’Associazione degli amministratori e se avesse frequentato i corsi di formazione. La risposta è stata che non è iscritto a nessuna associazione e che in quanto avvocato la legge non lo prevede. Pertanto ritiene di poter esercitare la funzione di amministratore di condominio. Siamo perplessi per questo ci siamo rivolti alla vostra associazione sperando in una risposta più convincente. Grazie.
Egregio signore, i requisiti per poter svolgere l'attività di amministratore di condominio sono richiamati dall'art. 71 bis delle disposizioni attuative al Codice Civile. Premesso che, non ci sono profili di incompatibilità tra l'attività professionale di amministratore di condominio e l'attività forense - così come da responso nella seduta del Consiglio Nazionale Forense del 20 febbraio del 2013 - a parere del sottoscritto, solo in due casi il professionista avvocato può esercitare l'attività di amministratore di condominio. Innanzitutto, nel rispetto dell'ultimo comma dell'art 71 bis delle disposizioni attuative, che richiama a quanti hanno svolto attività di amministratore di condominio per almeno un anno, nell'arco dei tre anni precedenti alla data di entrata in vigore della presente disposizione, restando fermo l'obbligo della formazione periodica, e nel caso in cui l'amministratore sia nominato tra i condòmini dello stabile. Pertanto, nel caso in cui l’avvocato è un soggetto non condòmino e non ha svolto l'attività di amministratore così come indicato dal citato ultimo comma dell'art. 71 bis e come tale esercita un mandato conto terzi nei confronti del condominio è opportuno verificare se il citato professionista, nel rispetto dell'art. 71 delle disposizioni attuative (lettera g), ha frequentato un corso di formazione iniziale e svolge formazione periodica in materia di amministrazione condominiale. In compenso, oltre ogni ragionevole dubbio, sollecitate il professionista avvocato a presentare le fonti oggetto delle sue asserzioni verificando i criteri di compatibilità nel rispetto delle norme di legge.
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Nuove sedi: SALERNO E ROMA SUD
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Associazione Nazionale Amministratori Professionisti d’Immobili
www.anapi.it
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