rivista della Associazione Nazionale Amministratori Professionisti d’Immobili
L’ACQUEDOTTO PUGLIESE
la storia dalle origini nel 1868
Bimestrale di informazione e aggiornamento professionale ANNO 3 | N. 2 / 2015 anno 3, n.2/2015
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Anapi News
Organo Ufficiale di ANAPI Associazione Nazionale Amministratori Professionisti d'Immobili Anno 3 numero 2 / Maggio 2015 Registrazione Tribunale di Bari Registro Periodici al numero 8307
Direttore responsabile Avv. Vincenzo Vitiello
Coordinamento, Consulenza editoriale e Redazione GESERCO
SOMMARIO
Hanno collaborato
Vittorio Fusco, Simone Genovese, Luca Incoronato, Iginio S. Lentini, Anna Nicola, Paola Pontanari, Maria Sancilio
Editore
Italia Didacta
Impaginazione e grafica Marilisa Mincuzzi
Realizzato in Maggio 2015
Ufficio Stampa ANAPI
ufficiostampanapi@gmail.com Via Junipero Serra, 19 - 70100 Bari Tel. 080 564.08.67 info@anapi.it www.anapi.it
© Anapi – Tutti i diritti riservati Vietata la riproduzione anche parziale ILLUSTRAZIONI pag. 1 (copertina): "Ultima fontana Acquedotto Pugliese - Leuca" di La Cara Salma Opera propria. Con licenza CC BY-SA 3.0 tramite Wikimedia Commons - http://commons. wikimedia.org/wiki/File:Ultima_fontana_Acquedotto_Pugliese_-_Leuca.JPG#/media/ File:Ultima_fontana_Acquedotto_Pugliese_-_Leuca.JPG pag. 5: ©ANAPI pag. 6: "A researcher at The National Archives" by The National Archives - The National Archives. Licensed under CC BY 3.0 via Wikimedia Commons - http://commons. wikimedia.org/wiki/File:A_researcher_at_The_National_Archives.jpg#/media/File:A_ researcher_at_The_National_Archives.jpg pag. 9: "Case popolari al Giambellino" di FraF di Wikipedia in italiano. Con licenza CC BY-SA 3.0 tramite Wikimedia Commons - http://commons.wikimedia.org/wiki/File:Case_ popolari_al_Giambellino.jpeg#/media/File:Case_popolari_al_Giambellino.jpeg pag. 10: (1) "Scalinata monumentale - Leuca" di La Cara Salma - Opera propria. Con licenza CC BY-SA 3.0 tramite Wikimedia Commons http://commons.wikimedia.org/wiki/File:Scalinata_monumentale_-_ Leuca.JPG#/media/File:Scalinata_monumentale_-_Leuca.JPG; (2) "Acquedotto pugliese cisternino fascio" by Kiuz - Own work. Licensed under CC BY-SA 3.0 via Wikimedia Commons - http:// commons.wikimedia.org/wiki/File:Acquedotto_pugliese_cisternino_ fascio.jpg#/media/File:Acquedotto_pugliese_cisternino_fascio.jpg; (3) "Fontana aqp 1914" by VEitalico - Own work. Licensed under CC BY-SA 3.0 via Wikimedia Commons - http://commons.wikimedia.org/ wiki/File:Fontana_aqp_1914.jpg#/media/File:Fontana_aqp_1914. jpg; (4) "Acquedottopugliese" di L'utente che ha caricato in origine il file è stato Istvánka di Wikipedia in ungherese - Trasferito da hu. wikipedia su Commons da Istvánka utilizzando CommonsHelper.. Con licenza CC BY-SA 3.0 tramite Wikimedia Commons - http:// commons.wikimedia.org/wiki/File:Acquedottopugliese.JPG#/ media/File:Acquedottopugliese.JPG; (5) Logo AQP; (6) "Bari - Palzzo dell'Acquedotto Pugliese". Con licenza Pubblico dominio tramite Wikipedia - http://it.wikipedia.org/ wiki/File:Bari_-_Palzzo_dell%27Acquedotto_Pugliese.jpg#/media/File:Bari_-_Palzzo_ dell%27Acquedotto_Pugliese.jpg; (7) "Tombino aqp fascio" di VEitalico - Opera propria. Con licenza CC BY-SA 3.0 tramite Wikimedia Commons - http://commons. wikimedia.org/wiki/File:Tombino_aqp_fascio.JPG#/media/File:Tombino_aqp_fascio. JPG; (8) "StoneFormationInWater" by Audrius Meskauskas - Own work. Licensed under CC BY-SA 3.0 via Wikimedia Commons - http://commons.wikimedia.org/wiki/ File:StoneFormationInWater.jpg#/media/File:StoneFormationInWater.jpg; (9) "Serbatoio acquedotto pugliese" by Aldo lettera - Own work. Licensed under Public Domain via Wikimedia Commons - http://commons.wikimedia.org/wiki/File:Serbatoio_acquedotto_ pugliese.JPG#/media/File:Serbatoio_acquedotto_pugliese.JPG; (10) "Palazzo acquedotto pugliese (Foggia)" di Francesco interman - Opera propria. Con licenza Pubblico dominio tramite Wikimedia Commons - http://commons.wikimedia.org/wiki/File:Palazzo_ acquedotto_pugliese_(Foggia).JPG#/media/File:Palazzo_acquedotto_pugliese_(Foggia). JPG pag. 14: "Showerhead". Licensed under CC BY-SA 3.0 via Wikimedia Commons - http:// commons.wikimedia.org/wiki/File:Showerhead.JPG#/media/File:Showerhead.JPG pag. 17: "Ponderosa elevator" by Darkshark0159 at English Wikipedia - Transferred from en.wikipedia to Commons.. Licensed under Public Domain via Wikimedia Commons - http://commons.wikimedia.org/wiki/File:Ponderosa_elevator.JPG#/media/ File:Ponderosa_elevator.JPG pag. 21: http://www.sieexpo.it/; in basso: "Fiera District Towers BO" di Kalel77 - Opera propria. Con licenza CC BY-SA 3.0 tramite Wikimedia Commons - http://commons. wikimedia.org/wiki/File:Fiera_District_Towers_BO.jpg#/media/File:Fiera_District_ Towers_BO.jpg pag. 23: "Melbourne March 2010 Hail" by Shiny Things - originally posted to Flickr as Epic Hail. Licensed under CC BY 2.0 via Wikimedia Commons - http://commons.wikimedia. org/wiki/File:Melbourne_March_2010_Hail.jpg#/media/File:Melbourne_March_2010_ Hail.jpg pag. 24: The Road 4k UHD HD Background Wallpaper Computer Desktop by Max and Dee Bernt (https://www.flickr.com/photos/lhanaphotography/15379831214/in/photostream/)
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Perché i corsi di aggiornamento a cura della redazione ANAPI
Il passaggio delle consegne
a cura di Simone Genovese
Conferma dell’amministratore: delibera assembleare a maggioranza semplice a cura di Anna Nicola
Alloggi comunali. La scelta di non nominare l’amministratore di condominio a cura della redazone ANAPI
Acquedotto Pugliese. Un’opera imponente ed esemplare di ingegneria idraulica a cura di Maria Sancilio
Spese dell’acqua: come vanno ripartite? a cura della redazione ANAPI
Il vuoto normativo sul certificato di agibilità a cura di Paola Pontanari
Le novità legislative su ascensori con fossa e testata ridotta, ascensori in servizio pubblico e verifiche periodiche di Luca Incoronato
La qualità delle verifiche di legge sugli ascensori
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di Iginio S. Lentini
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L’esperto risponde. Rubrica
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Le calamità naturali e la responsabilità dell’amministratore a cura di Paola Pontanari
L’esordio
di Vittorio Fusco
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PERCHÉ I CORSI DI AGGIORNAMENTO a cura della redazione ANAPI Da una recente indagine, è emerso che non tutti gli amministratori di condominio sanno di essere obbligati a dover frequentare corsi di aggiornamento continuo qualificato e certificato. I condomini sono già pronti a richiedere e verificare l’idoneità del professionista. Il Decreto del 13 agosto 2014, n. 140 Pubblicato in Gazzetta Ufficiale, ha modificato organicamente gran parte della sua disciplina originaria. Nel contesto normativo è ben chiaro quello che si intende per “aggiornamento continuo” e cioè una formazione specialistica per l’amministratore di condominio, che non può più limitarsi all’analisi della normativa propriamente condominiale, ma deve abbracciare anche tutti gli istituti giuridici che possono interessare il condominio. Le attività di formazione ed aggiornamento, così come recita l’art. 2 del presente decreto ”... Devono perseguire i seguenti obiettivi: a) migliorare e perfezionare la competenza tecnica, scientifica e giuridica in materia di amministrazione condominiale e di sicurezza degli edifici; b) promuovere il più possibile l’aggiornamento delle competenze appena indicate in ragione dell’evoluzione normativa, giurisprudenziale, scientifica e dell’innovazione tecnologica; c) accrescere lo studio e l’approfondimento individuale quali presupposti per un esercizio professionale di qualità.” Quindi non sarà più giustificabile per quell’amministratore di condominio che si dimentica di raccogliere le schede anagrafiche dei condomini/inquilini, che non è attento a normalizzare tutti gli impianti di gestione del medesimo edificio; quell’amministratore che non è pronto a sviluppare contatti tramite posta certificata o che ha scelto di non realizzare un sito web apposito per la consultazione dei documenti tecnico fiscali. L’aggiornamento continuo sviluppa piani di lavoro e di ricerca per meglio tutelare e garantire la migliore efficienza della gestione immobiliare. L’Art. 5, sempre del Decreto 140/2013 elenca i contenuti delle attività di formazione e di aggiornamento. Al primo posto c’è il corso di formazione iniziale che si svolge secondo un pro-
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gramma didattico predisposto dal responsabile scientifico in base a quanto specificato dai moduli didattici affinché si conoscano i principi base della gestione condominiale. In tale contesto, difatti il corso si struttura idealmente in due parti; Il corso di formazione iniziale che ha una durata di almeno 72 ore e si articola nella misura di 24 ore di esercitazioni pratiche, mentre le altre 48 ore restanti di impegnano regolarmente con mere lezioni teoriche. Al secondo posto ci sono gli obblighi formativi di aggiornamento che hanno una cadenza annuale; vale a dire che il corso di aggiornamento ha una durata di almeno 15 ore e riguarda elementi in materia di amministrazione condominiale, in relazione all’evoluzione normativa, giurisprudenziale e alla risoluzione di casi teorico e pratici. Esempi di aggiornamenti normativi sono alla portata dei nostri giorni soprattutto quando ci si trova davanti a casi accaduti che solo la giurisprudenza e quindi le sentenze di cassazione regolamentano, e quindi molto spesso accade che tali sentenze possano poi rivelarsi utili ancor più della riforma stessa che diversamente non specifica e regolamenta. Al terzo posto conosciamo i contenuti di questi corsi di formazione e di aggiornamento; contenuti che sviluppano moduli didattici attinenti le materie di interesse dell’amministratore quali ai compiti ed ai poteri dell’amministratore, alla sicurezza degli edifici, ai requisiti di staticità e di risparmio energetico, ai sistemi di riscaldamento e di condizionamento, agli impianti idrici, elettrici ed agli ascensori e montacarichi, alle verifiche della manutenzione delle parti comuni degli edifici ed alla prevenzione incendi, le problematiche in tema di spazi comuni, regolamenti condominiali, ripartizione dei costi in relazione alle tabelle millesimali, diritti reali,
con particolare riguardo al condominio degli edifici ed alla proprietà edilizia, la normativa urbanistica e quindi i regolamenti edilizi che possono variare da comune a comune, alla legislazione speciale delle zone territoriali di interesse per l’esercizio della professione ed alle disposizioni sulle barriere architettoniche, ai contratti che possono essere quelli d’appalto oppure al contratto di lavoro subordinato, le tecniche di risoluzione dei conflitti, l’utilizzo degli strumenti informatici, la contabilità, la mediazione ad oggi un valido strumento di deflazione dei contenziosi utile al settore condominiale, e ancora altri contenuti sempre indispensabili alla gestione del condominio dei nostri giorni. Per le associazioni invece, il Decreto regolamenta le modalità di svolgimento dei medesimi corsi e cioè l’elencazione dei nominativi dei formatori e dei responsabili scientifici direttamente alla sedi del Ministero della Giustizia con l’indicazione della data di inizio del corso, tramite posta certificata. Il corso di formazione e di aggiornamento può essere svolto anche in via telematica nella sede indicata, fatto salvo per l’esame finale che invece si dovrà concordare presso le sedi opportune. Oggi sì. Ad una distanza triennale dall’entrata in vigore delle Riforma del Condominio e dei suoi decreti attuativi, si possono già constatare e dimostrare quanto i condomini stessi siano, se pur parzialmente, al corrente dei principali aspetti della vita condominiale, oltre ai doveri del professionista nei confronti dello stesso condominio. Ad oggi una delibera condominiale pari alla maggioranza al secondo comma l’art. 1136 del c.c. è in grado di poter revocare l’amministratore di condominio semplicemente perché non conforme alle disposizioni secondo l’art. 140 del 13 Agosto 2014.
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IL PASSAGGIO DELLE CONSEGNE
Cosa prevede la riforma, l’orientamento della corte di cassazione, le sentenze precedenti alla riforma del 2012 e gli aspetti legali correlati alla mancata consegna della documentazione contabile a cura di Simone GENOVESE - amminnistratore di condominio Il passaggio delle consegne tra l’amministratore di condominio uscente e il subentrante è uno dei momenti più complessi. Questa fase è regolata dalla Riforma 220/2012 all’articolo 1129 del Codice Civile, comma VIII: “alla cessazione dell’incarico l’amministratore è tenuto alla consegna di tutta la documentazione in suo possesso afferente il condominio e ai singoli condomini e ad eseguire le attività urgenti al fine di evitare pregiudizi agli interessi comuni senza diritto ad ulteriori compensi”. L’articolo recepisce l’orientamento che la Giurisprudenza ha mostrato nel periodo antecedente alla Riforma, in particolar modo evidenzia tre aspetti fondamentali: 1) la gratuità del passaggio di consegne, adempimento incluso nel compenso ordinario dell’amministratore, a meno che questi non specifichi chiaramente all’atto della nomina/rinnovo del mandato che questa operazione prevede un compenso a parte. Se l’amministratore non mette nero su bianco questo aspetto è da ritenersi gratuito. 2) la gratuità delle prestazioni urgenti successive alla cessazione dall’incarico (si veda pure Corte di Cassazione civ. Sez II,
22/08/2012, n° 14599). Questo principio scoraggia gli amministratori uscenti a ritardare e/o rifiutare di consegnare la documentazione al nuovo amministratore, anche se è compito di chi subentra e interesse dei condòmini revocare l’autorizzazione alla gestione del conto corrente condominiale. 3) il diritto di proprietà della documentazione è attribuito al condominio e non all’amministratore, che è un mero custode ex articolo 1130 comma I n° 8 Codice Civile, tenuto a “conservare tutta la documentazione inerente alla propria gestione riferibile sia al rapporto con i condòmini, sia allo stato tecnico-amministrativo dell’edificio e del condominio”. La Giurisprudenza, anticipando la Riforma del 2012, si era già pronunciata nel 2008: “l’amministratore revocato deve far pervenire tempestivamente e spontaneamente al nuovo amministratore tutta la documentazione in suo possesso che detiene unicamente nella sua veste di mandatario e che è di esclusiva pertinenza del mandante” (vedi Tribunale di Milano Sez V, 24/01/2008). Solitamente l’amministratore subentrante stende un verbale che attesti l’avvenuta ricezione dei documenti condominiali, questo è firmato da entrambi i soggetti interessati e reca l’elenco di quanto ricevuto, onde evitare che chi subentra possa addossare colpe al vecchio amministratore, qualora perda dei documenti. Nel caso in cui l’amministratore uscente rifiutasse di consegnare la suddetta documentazione, il professionista appena incaricato, quale legale rappresentante del condominio, può far condannare il suo omologo all’esecuzione specifica dell’obbligo (vedi Tribunale di Milano Sez. VIII, 30/04/2005). I condòmini stessi, dal canto loro, hanno tutto il diritto di agire in giudizio per ottenere i documenti del
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condominio, ex art. 700 del Codice di procedura civile essendoci le condizioni (fumus boni iuris e periculum in mora). Va ricordato che l’amministratore non può vantare alcun diritto di titolarità sulla documentazione del condominio, neppure se è stato lui stesso a redigerla, egli è tenuto solamente a custodirla. In questa fase di “passaggio” i dati più importanti da tenere sotto controllo sono quelli contabili. Questi documenti devono essere custoditi per 10 anni (ex art. 1130 bis C.C. secondo la Riforma del 2012). L’amministratore uscente che non dovesse consegnare la documentazione in suo possesso è perseguibile anche penalmente, per due fattispecie di reato. Nel caso in cui il giudice abbia già disposto la consegna della documentazione e l’amministratore continui a tenerla, si prospetta la violazione dell’articolo 388 del Codice Penale, ossia la mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice. La seconda ipotesi di reato, la violazione dell’articolo 646 C.P., prevede l’appropriazione indebita in quanto il soggetto senza autorizzazione, si è appropriato di documentazione altrui al fine di realizzare un ingiusto profitto, con l’aggravante dell’articolo 61 C.P., cioè l’avere commesso il fatto con abuso di autorità o di relazioni domestiche, ovvero con abuso di relazioni di ufficio, di prestazione d’opera, di coabitazione, o di ospitalità. Ricorrendo all’art. 61 C.P. si cerca di punire la pericolosità e antisocialità che l’amministratore manifesta approfittando della fiducia accordatagli dai condòmini. Questo reato, a cui solitamente si procede con querela di parte, è perseguibile d’ufficio. Bisogna precisare che questa fattispecie di reato è strettamente collegata alla volontà di perseguire un ingiusto profitto, per esempio se il suo inadempimento è dovuto alla volontà di non consentire ai condòmini la verifica della gestione patrimoniale durante il suo mandato, magari per coprire spese gonfiate ad hoc per il proprio tornaconto. A conferma di ciò è possibile consultare la sentenza della Corte di Cassazione (Sezione II penale, sentenza n. 31192 del 16 luglio 2014). La Legge, quindi, prevede una tutela sia di tipo civile che penale per salvaguardare i condòmini e gli amministratori corretti. anno 3, n. 2/2015
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CONFERMA DELL’AMMINISTRATORE: DELIBERA ASSEMBLEARE A MAGGIORANZA SEMPLICE a cura dell’avv. Anna NICOLA - responsabile sede ANAPI Piemonte L’amministratore, una volta nominato, deve accettare l’incarico. Questa volontà deve essere sempre manifestata, sia in caso di prima nomina, sia in caso di conferma. L’accettazione può essere espressa o anche per fatti concludenti, dando corso al mandato ricevuto. È comunque in ogni caso necessario che l’amministratore, quando presta l’assenso alla gestione del condominio, comunichi i propri dati anagrafici e professionali, il codice fiscale o, se si tratta di società, anche la sede legale e la denominazione nonché l’ubicazione, la denominazione, il locale ove si trovano i registri dell’edificio nonché i giorni e le ore in cui ogni interessato, previa richiesta all’amministratore, può prenderne gratuitamente visione e ottenere, previo rimborso della spesa, copia da lui firmata. La comunicazione dei dati identificativi dell’amministratore – sia esso persona fisica o giuridica – è corretta al momento dell’assunzione della prima carica, in quanto finalizzata a rendere noto il gestore dell’edificio. È sicuramente meno utile (o meno necessaria) nel caso di riconferma, salvo che nel frattempo non vi sia stato il cambio di domicilio senza che sia stato accompagnato da apposita comunicazione o affissione. I dati anagrafici sono il nome e cognome del mandatario, mentre per dati professionali si intende l’ubicazione dell’ufficio, quale luogo di riferimento dell’amministrazione dell’edificio. La società di amministrazione deve essere identificata con la sua corretta denominazione e con la sede che coincide -anche qui- con l’ubicazione della gestione dello stabile. Dopo l’accettazione dell’incarico deve affiggerli nei luoghi di accesso dell’edificio o comunque nel luogo di maggior uso comune, tale da essere conoscibili sia dai condomini, sia dai terzi. In sede di accettazione dell’incarico, l’amministratore deve specificare analiticamente, a pena di nullità della nomina, l’importo dovuto a titolo di compenso per l’attività svolta. Occorre che indichi in modo puntuale le attività che andrà 8
a svolgere nell’interesse dell’edificio e il relativo costo che imputa a titolo di compenso, eventualmente anche di rimborso spese. Si tratta di un adempimento delicato in quanto l’assenza del dettaglio comporta la nullità della nomina. Se l’amministratore vuole variare l’importo del suo compenso in sede di rinnovo del mandato condominiale, deve specificatamente indicare il nuovo corrispettivo, valendo altrimenti quello approvato per l’anno precedente. Se la riunione condominiale decide di esprimere formalmente il rinnovo dell’incarico, l’amministratore deve formalmente accettare il nuovo rapporto, senza soluzione di continuità con il precedente mandato. Finché non vi è una formale dichiarazione dell’assemblea di nomina di un nuovo amministratore sussiste la prorogatio imperii: l’amministratore continua di fatto nel suo mandato, con i medesimi poteri e doveri, come già rilevato dalla giurisprudenza anteriore alla riforma (Cass. civ., sez. II, 15 febbraio 2010, n. 3464). Il Tribunale di Palermo con la decisione del 23.29/1.2015 ha affermato che per la conferma dell’incarico è sufficiente che l’assemblea deliberi con la maggioranza richiesta per la seconda convocazione, senza che vi sia il rispetto della maggioranza qualificata richiesta in sede di prima nomina del mandatario dell’edificio. Questa è la motivazione della decisione in oggetto: “La normativa di riferimento che disciplina l’adozione della delibera di conferma dell’amministratore di un condominio è rinvenibile, quanto alla regolare costituzione dell’assemblea dei condomini e delle maggioranze necessarie per la sua validità, dal combinato disposto degli artt. 1135 e 1136 c.c. In particolare, in seconda convocazione, come il caso di specie rappresenta, l’assemblea dei condomini fu costituita regolarmente, nel rispetto delle superiori previsioni normative, con la presenza dei condomini titolari di 830,36 millesimi
del valore della proprietà condominiale, quantità ben oltre superiore al terzo del valore dell’edificio prescritto dal comma 3 dell’art. 1136 c.c. Vi è più il numero dei partecipanti all’assemblea era visibilmente superiore al terzo dei partecipanti dell’intero condominio, siccome disposto dalla medesima norma. ….” A scanso di eventuali equivoci, è opportuno che il mandatario accetti l’incarico a ogni rinnovo dell’incarico, procedendo con gli adempimenti richiesti dalle nuove norme codicistiche del condominio, quali l’indicazione analitica del compenso, i propri dati anagrafici e professionali e così via. La durata del rinnovo vale per il medesimo periodo sancito per la prima nomina, salvo diversa espressione assembleare. Sempre in sede di nomina o rinnovo, l’assemblea può chiedere (“subordinare”) all’amministratore di presentare il contratto di assicurazione per la responsabilità civile avente ad oggetto gli atti compiuti nell’esercizio del suo mandato. La collettività dell’edificio viene in questo modo tutelata contro le negligenze del mandatario. Si pensi all’ipotesi in cui è necessario un intervento urgente a tutela dello stabile e l’amministratore risulta inerte, sempreché il contratto di assicurazione contempli la copertura per i caso di colpa del mandatario. Ove si verifichi effettivamente il danno paventato, il condominio può far azionare la polizza assicurativa del mandatario, facendo valere la sua responsabilità. È comunque corretto seguire la giurisprudenza che ritiene opportuna, se non necessaria, la polizza c.d. globale fabbricati (Cass., sez. III, 26 febbraio 2013, n. 4799). Come accennato, l’assemblea può “subordinare” la nomina/conferma dell’amministratore alla presentazione di questo contratto. Se il mandatario non vi provvede e quindi non consegna il contratto al condominio, il mandato perde di efficacia, essendo sottoposto alla condizione sospensiva del rilascio dell’assicurazione: la norma si esprime in termini di nullità della nomina dell’amministratore. anno 3, n. 2/2015
ALLOGGI COMUNALI
la scelta di non nominare l’amministratore di condominio a cura della redazione ANAPI Si chiamano alloggi comunali quegli immobili di proprietà comunale assegnati alle attività socio-assistenziali per coloro che, trovandosi in uno stato di disagio sociale, indigenza o mancata autonomia, non hanno la possibilità immediata di reperire un alloggio. Presentando domanda agli uffici preposti, sempre del comune di riferimento, si può far parte di una graduatoria per l’ottenimento dell’assegnazione dell’immobile. Chiaro che tramite apposita domanda, disponibile presso l’ufficio tecnico-sociale del Comune, è necessario ci siano requisiti idonei per il raggiungimento di tale assegnazione, come possono essere la cittadinanza italiana o di altro paese estero come nel caso di cittadini extracomunitari e quindi permessi di soggiorno etc., come invece può richiedersi il requisito della titolarità del diritto di proprietà o di usufrutto o uso di abitazione su alloggi idonei alle esigenze familiari nel contesto territoriale, per finire anche con il reddito annuo complessivo del nucleo familiare affinché non superi i minimo vitale riconosciuto e calcolato attraverso il modello ISEE. Di casi come sopra descritti si sono sviluppati nel nostro Paese già dal 1903 per volontà del deputato Luigi Luzzatti e quindi ricordiamo la legge che prende il suo nome
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dove oltre a creare l’Istituto delle Case Popolari prima (ICP) modificato nel 1908 poi in IACP Istituto Antonomo Case Popolari, fu prevista la possibilità di costituire enti di pari caratteristiche, in rango di ente economico. Solo per fare alcuni cenni storici tale tipo di ente italiano, ora non più esistente, aveva lo scopo di promuovere, realizzare e gestire l’edilizia pubblica al fine di assegnare le abitazioni alla famiglie meno abbienti, dietro canoni più bassi proporzionali alla loro disponibilità economica. Così come accade per le abitazioni private anche per gli alloggi comunali è obbligatoria la gestione delle parti comuni dell’edificio e quindi la gestione amministrativa contabile e fiscale delle parti in comunione degli stessi alloggi. Diverso è il caso di specie dai condomini privati, perché la scelta del gestore del condominio spetta direttamente al Comune di riferimento che nelle medesime modalità di un condominio standard, attraverso dei requisiti stabiliti dalle norme secondo il nuovo codice della Riforma delle Condominio, determina l’assegnazione delle gestione immobiliare. È accaduto in un paesino della provincia di Messina, che l’organizzazione comunale preposta alla nomina dell’amministratore di condominio, non abbia confermato la stessa nomina in quanto poco chiare le
spettanze delle stesse cariche politiche interessate a determinare tale nomina. Accade quindi che vi siano elenchi di amministratori interessati e disponibili alla gestione di questi alloggi comunali, ma purtroppo le nomine ufficiali vanno vanificate nonostante vi siano state tutte le intenzioni e tutte le disponibilità degli stessi inquilini e proprietari che hanno riscattato la proprietà, ad scegliere un proprio amministratore di condominio che gestisca appunto la proprietà comune in condivisione con gli altri inquilini e/o proprietari. La nomina degli amministratori potrebbe nascere anche in virtù di un’esigenza di regolamentare i rapporti fra i condomini proprietari degli alloggi già riscattati e lo stesso Comune per una supervisione più chiara della stessa rendicontazione di chi risulta ancora inquilino. Come già molti amministratori sapranno assieme a tecnici di settore, la mancata gestione delle parti comuni dell’edificio possono comportare pendenze di pagamenti o pericolosi decreti ingiuntivi da parte di terzi creditori o di imprese di manutenzione ascensori o altri impianti di pertinenza, che a loro volta graveranno eventualmente altri danni economici sia agli stessi inquilini e/o proprietari che allo stesso Comune di riferimento.
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ACQUEDOTTO PUGLIESE Un’opera imponente ed esemplare di ingegneria idraulica a cura di Maria SANCILIO - addetto stampa ANAPI
Il suo è un lungo ed articolato percorso attraverso cui, impianti ed opere di ingegneria idraulica unici al mondo, che garantiscono la captazione, la raccolta, la potabilizzazione e la capillare distribuzione ad uso civile per la Puglia e per alcuni Comuni delle Regioni confinanti, offrono il servizio a svariati ed inviti utenti al meridione d’Italia. Raccoglie reflui fognari, al fine di separare e trattare i fanghi e restituire al territorio l’acqua depurata, salvaguardando la tutela dell’ambiente in termini di sostenibilità e responsabilità sociale. Questo patto etico con l’uomo e la natura si rinnova ogni giorno da oltre cento anni, grazie al Personale che ci lavora e la loro elevata professionalità, che si impegna con responsabilità e spirito di appartenenza alla comunità in cui viviamo.
La storia La Puglia è la più vasta regione del meridione d'Italia, con i suoi quasi 20.000 Km quadrati tra l'Adriatico e lo Ionio. La natura del suolo e del sottosuolo, da sempre, non consente accumuli o riserve d'acqua. Né la pietra viva calcarea né quella carsica porosa, infatti, sono in grado di trattenere l'acqua che, perciò, penetra verso il basso concentrandosi soprattutto a grande profondità, dove il contatto con le acque salmastre e marine ne compromette purtroppo l'utilizzo da parte dell'uomo. La Puglia "sitibonda", dunque! Già nell'800 le cronache parlano di epidemie endemiche, mortalità infantile a livelli impressionanti e decessi a decine di migliaia causate dalla scarsità di acqua salubre. E per il nuovo Stato Italiano la mancanza di acqua diventa subito una delle prime grandi emergenze nazionali.
L’Acquedotto Pugliese è la più grande Impresa Pubblica, che eroga il Servizio Idrico Integrato a favore del Mezzogiorno.
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1868 - In seguito alla pubblicazione, da parte della Provincia di Bari, di un bando per un concorso avente come tema la conduttura delle acque nel territorio, diversi professionisti presentano i lo- ro progetti. Tra questi c'è il geniale ingegnere Camillo Rosalba. Questi propone l'adduzione delle acque dalle sorgenti di Caposele a mezzo di una grande conduttura in traforo fino a Conza per superare lo spartiacque del Tirreno, e di un canale lungo la sponda dell'Ofanto verso Andria per volgere verso Corato, Ruvo, Bitonto fino a Brindisi. Ma i tempi non sono ancora maturi, e il progetto non viene scelto. anno 3, n. 2/2015
1896 - Viene nominata una Commissione per lo studio delle questioni attinenti alle acque potabili e, in particolare, per l'Acquedotto Pugliese. Il Regio Decreto del Ministro dei Lavori Pubblici - del 19 maggio 1896 - è il primo atto ufficiale che vede intervenire lo Stato nella lunghissima lotta per l'approvvigionamento idrico della Puglia. Il deputato Matteo Renato Imbriani, eletto nel collegio di Trani, è l'animatore della battaglia per dissetare la Puglia e per trasformare il problema da urgenza locale a vera e propria necessità nazionale, col motto "acqua e giustizia". 1898 - Grazie ad una legge, viene autorizzata la spesa di 120 mila lire per lo studio di un progetto tecnico di massima per fornire di acqua potabile "le Puglie". Con Regio Decreto viene istituito, ad Avellino, un ufficio speciale del Genio civile per lo studio e la compilazione del progetto dell'Acquedotto Pugliese. 1902 - Dalla Commissione scaturisce
un Consorzio fra lo Stato e le tre province di Bari, Foggia e Lecce, cui è affidato il compito della "Costruzione, manutenzione e l'esercizio perpetuo dell'Acquedotto Pugliese che verranno concessi in un unico appalto all'industria privata, mercé gara internazionale fra le ditte riconosciute idonee dal Ministero dei lavori pubblici". La legge, nello stabilire il prezzo di vendita dell'acqua, lo contempera al "grado di importanza di ciascun comune" e stabilisce una tariffa speciale a prezzo ridotto per l'acqua "delle fontanine pubbliche e per quella destinata ad usi igienici d'interesse generale".
1903 - Viene pubblicato il primo ban-
do, ma la relativa gara va deserta; l'anno successivo viene indetta una seconda gara, a livello internazionale, cui partecipano cinque ditte italiane e altrettante europee. È la "Società anonima italiana Ercole Antico e soci concessionaria dell'Acquedotto Pugliese" però che si aggiudica il lavoro, per un importo di 125 milioni. Il relativo contratto viene sottoscritto nel luglio 1905.
1906 - Viene costituito il primo Consiglio
di Amministrazione del Consorzio per l'Acquedotto Pugliese (presidente l'onorevole Giuseppe Pavoncelli) e, alle sorgenti Madonna della Sanità di Caposele, hanno inizio i lavori per lo scavo della grande galleria dell'Appennino e le opere di captazione. Si confermano
anno 3, n.2/2015
così le intuizioni e i progetti dell'ing. Rosalba che aveva previsto la possibilità di dissetare la Puglia convogliando le acque di Caposele. Intuizioni e progetti, che agli occhi dei suoi contemporanei erano sembrate, a quel tempo, troppo ardite ed avveniristiche.
1914 - Dal 1906, la Società Ercole Antico
e Soci, porta avanti i lavori accumulando ritardi e debiti (anche se l'importo dell'appalto è stato, nel frattempo, aumentato di 10 milioni), motivo per cui non riesce a tener fede al contratto. Questo, infatti prevedeva la fornitura d'acqua entro il 31 dicembre 1914 per gran parte dei comuni in provincia di Bari e Foggia. La Società invece riesce soltanto a realizzare la grande struttura del Canale Principale e a completare le gallerie di attraversamento dell'Appennino e delle Murge.
1915 - L'acqua arriva a Bari il 24 aprile
1915; nello stesso anno giunge ad altri ventisette comuni della provincia. Nel 1916 ad altri sei comuni ed alla città di Taranto. Gli eventi della Prima Guerra Mondiale bloccano, di fatto, il proseguimento dei lavori. Nel tempo i ritardi si accumulano, i debiti aumentano (tanto che gli stessi operai restano spesso senza paga), e lo Stato decide di intervenire annullando la convenzione, subentrando e risolvendo il contratto con la Società in forza di un atto transattivo approvato con il decreto luogotenenziale del 1919.
1918 - L'acqua arriva a Brindisi. Le
condizioni dei comuni pugliesi sono facilmente immaginabili: strade, piazze e spazi pubblici sono in terra battuta; l'acqua, nella maggioranza dei casi, esiste solo nelle fontanine pubbliche; le fognature sono sconosciute perché esistono solo le fosse provvisorie, i pozzi neri e gli immondi carri botte che raccolgono il loro puteolente carico.
1920 - Il Regio Decreto n° 2060 del
1919, convertito nella Legge 23 settembre 1920 n° 1365, istituisce con sede a Bari un "Ente Autonomo per la costruzione, manutenzione ed esercizio dell'Acquedotto Pugliese" fissandone l'ordinamento. L'Ente ottiene un contributo di 90 milioni e uno di 68 milioni che vanno sotto il titolo di "opere pubbliche straordinarie" a carico del bilancio del Ministero dei Lavori Pubblici. Alle semplici prerogative della
costruzione, manutenzione ed esercizio perpetuo dell'Acquedotto Pugliese si aggiungono: • costruzione delle condutture interne; • completamento delle opere di rimboschimento del bacino del Sele; • manutenzione di tali opere; • costruzione delle fognature; • collegamento di edifici pubblici alle condutture d'acqua e fognarie; • coordinamento dei piani regolatori con le esigenze di costruzione e funzionamento delle condotte d'acqua e fognarie; opere di irrigazione; • costruzione di case popolari e borgate rurali; • risanamento di quartieri ed abitazioni insalubri.
1924 - La Cassa Depositi e Prestiti concede all'Ente la somma di 240 milioni per l'ultimazione dei lavori dell'Acquedotto: la restituzione è prevista in 15 milioni l'anno per i primi quattro anni e il residuo da ammortizzarsi in 25 annualità all'interesse del cinque per cento dagli utili netti realizzati dall'Ente. Inizia l'erogazione dell'acqua nella città di Foggia.
1926 - La fornitura di acqua alla pro-
vincia di Foggia viene completata in tredici anni. Il decennio del cosiddetto "completamento generale" delle diramazioni e subdiramazioni suburbane e urbane, è quello che va dal 1931 al 1941. A seguito della completata costruzione del "Grande Sifone Leccese", solo nel 1927 l'acqua riesce ad arrivare nella città di Lecce, ben dodici anni dopo Bari e tre dopo Foggia. Anche i comuni del Gargano settentrionale vedono in esercizio le condotte, come i comuni del Salento, negli anni tra il 1931 e il 1939.
1938 - Con il Decreto Legge di agosto, vengono affidati all'Ente Autonomo Acquedotto Pugliese la costruzione e la gestione delle fognature nei comuni serviti dall'acquedotto stesso.
1939 - Tra ritardi e rallentamenti l'opera
vede il suo compimento solo alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale, con il completamento delle opere terminali di Santa Maria di Leuca, estremo lembo d'Italia. Qui viene realizzata una cascata, poderosa quanto inaspettata, spettacolare e rappresentativa, al fine di celebrare il trionfo della volontà e del sacrificio dell'uomo. È lo stesso Mussolini ad inaugurarla. 11
1942 - Il governo estende all'E.A.A.P.
il completamento e la gestione della rete idrica e fognaria della Lucania, attivando gli Acquedotti dell'Agri, del Basento e del Caramola, insieme agli acquedotti comunali minori, entro un anno. Nel 1946 viene assegnato un fondo per provvedere alle opere di allacciamento delle sorgenti della Francesca presso Atella, nelle zone del Vulture, e per procedere alle trivellazioni e all'utilizzazione delle acque della falda carsica nelle zone di Brindisi, Galugnano (LE) e Foggia.
1947 - Con Decreto Legge del Capo provvisorio dello Stato, viene concesso all'E.A.A.P. un contributo statale per la costruzione dell'acquedotto dell'Alta Irpinia. 1949 - Con la legge 3 agosto 1949
n°589 (Legge Tupini), lo Stato concede ai comuni contributi trentacinquennali per l'esecuzione di opere pubbliche e, in particolare, di acquedotti e fognature. Il provvedimento dà un grande impulso alla costruzione e all'ampliamento delle reti, attività per le quali i comuni, previa convenzione, utilizzano come soggetto attuatore, a partire già dalla fase di progettazione, l'E.A.A.P.
1950 - Viene istituita la Cassa per il
Mezzogiorno, o meglio la Cassa per Opere Straordinarie di Pubblico Interesse dell'Italia Meridionale (Legge 10 agosto 1950 n° 646) che si pone come tramite per i finanziamenti da parte dello Stato a favore dell'E.A.A.P.
1963 - La legge 4 febbraio 1963 n° 29
denominata "Piano Regolatore Generale" delega al governo il compito di emanare le relative norme di attuazione, stabilisce che tutto il territorio dello Stato venga sottoposto ad indagine previsionale circa i fabbisogni ed i costi delle reti idriche e di smaltimento dei liquami organici per il cinquantennio che va dal 1963 al 2013.
1967 - Viene emanato un decreto contenente il Piano Regolatore Generale degli Acquedotti d'Italia. Si fissano le fonti necessarie da riservare al soddisfacimento dei fabbisogni delle popolazioni servite. Per la Puglia, si prevede l'utilizzo delle acque superficiali invasate dal Pertusillo, dal Fortore, dal Sinni, dal Locone, di Conza, di Atella e del Temete che non vengono però mai incanalate.
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1972 - In coincidenza con l'emergenza
conseguente all'epidemia di colera, viene avviato un complesso programma di costruzione di nuovi impianti di depurazione diffusi nell'intera regione. Significativi sono quelli a servizio della città di Bari che, in esercizio alla fine degli anni Settanta, consentono al capoluogo pugliese di porsi all'avanguardia nel settore, tra le grandi città italiane.
1974 - Viene avviato all'esercizio il primo lotto dell'acquedotto del Pertusillo che, per la sua lunghezza complessiva di 383 chilometri e per la portata addotta, di circa 4 mc. al secondo, diventa il più importante acquedotto in pressione d'Italia. Esso è a servizio di un ampio territorio che serve le province di Bari, Taranto e Lecce. È avviato all'esercizio anche l'acquedotto del Fortore che, con una portata di circa 1700 litri al secondo, risolve i problemi di approvvigionamento idrico della Capitanata. 1986 - A febbraio entra in esercizio
l'impianto di potabilizzazione delle acque del fiume Sinni in agro di Laterza che, con una capacità di trattamento di 6 mc. al secondo, è uno dei più grandi d'Europa. A novembre entra in funzione l'impianto di potabilizzazione del Camastra, a integrazione idrica della città di Potenza e di ventuno comuni della provincia.
1990 - Entra in funzione l'impianto di
potabilizzazione di Montalbano Jonico per l'alimentazione idrica dei comuni di fascia costiera del Metapontino.
1998 - Entra in esercizio l'acquedotto
del Locone le cui acque, potabilizzate dall'omonimo impianto, sono avviate verso un vasto comprensorio del nord barese.
1999 - A maggio viene pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale il decreto legislativo che sancisce la trasformazione dell'Ente Autonomo Acquedotto Pugliese in Società per azioni. Da ora in poi si chiamerà Acquedotto Pugliese S.p.A.. Azionista unico è il Ministero del Tesoro.
2000 - Nel mese di giugno viene
inaugurato il museo dell'acqua allestito nel Palazzo di via Cognetti a Bari. Il pubblico può per la prima volta visitare le sale splendidamente decorate e arredate sul tema dell'acqua da Duilio Cambellotti.
2001 - A settembre del 2001, viene
costituita la società Acquedotto Pu-
gliese potabilizzazione S.r.l. (AQPPOT) allo scopo di internalizzare l'attività strategica di potabilizzazione e trattamento dell'acqua.
2002 - Con la legge finanziaria viene disposta la cessione gratuita dell'intero pacchetto azionario dell'Acquedotto Pugliese S.p.A., da parte del Ministero dell'Economia e della Finanza, alle Regioni Puglia e Basilicata. La norma è innovativa perché riconosce, per la prima volta nella storia repubblicana, un principio di devoluzione a favore delle Regioni. Nel mese di gennaio il Ministero dell'Economia assegna alle Regioni Puglia e Basilicata l'intero capitale della società in base alla popolazione residente: circa l'87% viene assegnato alla Puglia e il 13% alla Basilicata. Il 13 giugno il Dott. Francesco Divella viene eletto dagli azionisti della AQP s.p.a., i Presidenti della Regione Puglia, Raffaele Fitto, e della Basilicata, Filippo Bubbico, nuovo Amministratore Unico della società. Il 17 giugno il Dott. Gioacchino Gabbuti viene nominato da Francesco Divella Direttore Generale. Il 30 settembre 2002 viene sottoscritta, ai sensi della legge n. 36/94 (legge Galli) la Convenzione con la quale viene affidato all'AQP la gestione del servizio idrico integrato per la Puglia fino al 31 dicembre 2018. A dicembre viene costituita l'Autorità d'Ambito Territoriale per la Puglia (AATO Puglia), soggetto espressione della comunità delle amministrazioni locali della Puglia proprietarie delle reti idriche. L'organismo, previsto nella citata legge Galli, svolge le funzioni di indirizzo e controllo sull'attività espletata dall'AQP in qualità di gestore del servizio. 2003 - Prende avvio la gestione del Servizio idrico integrato per l'ATO Puglia e introdotta la nuova disciplina tariffaria ai sensi della legge 36/94. In previsione del trasferimento della gestione del servizio all'Acquedotto lucano SPA viene avviata la gestione provvisoria per la Basilicata. 2004 - Il 30 aprile 2004 viene sottoscritto l'accordo per il trasferimento della gestione del servizio idrico integrato per la Basilicata dall'AQP all'Acquedotto Lucano. 2005 - Il 7 luglio si insedia il nuovo
Consiglio d'Amministrazione dell'Acquedotto Pugliese, composto dal Prof. Riccardo Petrella, Presidente, il Dott. Renato Scognamiglio, Amministratore anno 3, n. 2/2015
Delegato e dal Prof. Antonio Domenico Ludovico subentrato al dimissionario Prof. Fabrizio Quarta. Direttore Generale è il Dott. Massimiliano Bianco. Un compito storico attende il nuovo management dell'AQP: rilanciare l'AQP nel suo ruolo di protagonista nei processi di sviluppo del Meridione in generale e della Puglia in particolare; avviare un importante piano di investimenti per la realizzazione di opere strategiche per il sistema idrico interregionale; procedere ad una revisione del gruppo che permetta di affrontare le nuove sfide del terzo millennio con rinnovata fiducia.
inaugura il nuovo acquedotto del Locone, un'opera da 42 milioni di Euro. Collega il potabilizzatore del Locone al sistema di alimentazione urbana di Barletta. L'importo complessivo dell'investimento è stato di circa 42 milioni di Euro. L'opera si sviluppa lungo un percorso di 38 chilometri, è interamente realizzata in acciaio e, grazie ad un diametro massimo di 1,6 metri, vanta una capacità di erogazione che raggiunge picchi di 1.500 litri al secondo. L'investimento realizzato migliorerà le condizioni di erogazione nell'area del nord barese.
2007 - Il 5 febbraio 2007, l'Ing. Ivo
2010 - Assegnato a Ivo Monteforte il premio Manager dell'anno 2009 per il settore delle utilities. Inaugurato il primo parco fotovoltaico nell'ambito del progetto "Energia 10 in condotta". L'installazione si estende su di un’area di circa 30 mila metri quadrati, ha una potenza di picco di un Mega Watt, ed è composta da 4.620 pannelli fotovoltaici e da oltre 20 km di cavi e sistemi intelligenti per la gestione in remoto. L'impianto di Parco del Marchese, dove è stata inserita l'installazione, con una capacità di spinta di 7 mila litri di acqua al secondo è tra i più grandi d'Europa. Inaugurato il nuovo serbatoio di Marzagaglia: la Puglia si conferma prima in Italia per capacità di accumulo strategico di risorsa idrica potabile. L'impianto, del tipo semi interrato in calcestruzzo armato, a basso impatto ambientale, occupa una superficie di circa 3 ettari ed è stato realizzato in adiacenza a quello esistente di pari capacità (100.000 mc). L'ampliamento del serbatoio, che ha impegnato investimenti per complessivi 24,2 milioni di Euro, consente una più efficiente gestione del servizio idrico in tutta la Puglia centro meridionale, che conta un bacino di utenza di oltre 2 milioni di cittadini. Viene acquisita ASECO, società di compostaggio leader nella produzione di fertilizzanti naturali di qualità: Terra di Puglia e Pura Terra. Prodotti virtuosi che trasformano i rifiuti da costo in opportunità economica e, soprattutto, in opportunità di crescita sociale, valorizzando le buone pratiche della raccolta differenziata e del risparmio.
Monteforte viene nominato Amministratore Unico. Il Dott. Massimiliano Bianco viene confermato nel ruolo di Direttore Generale. A settembre viene presentato il nuovo Piano Industriale 2007/2010 che prevede importanti investimenti per il potenziamento delle capacità di produzione, trasporto ed accumulo della risorsa idrica e per l'adeguamento degli impianti di depurazione dei reflui. Viene avviato un importante progetto straordinario di ricerca delle perdite e di risanamento delle reti.
2008 - Un innovativo sistema telematico di controllo delle reti fino agli snodi provinciali viene messo in esercizio. Il dispositivo consente un utilizzo più razionale della risorsa. A maggio, AQP consegue a Bologna il Premio Nazionale Pianeta Acqua per le attività in corso sul risparmio dell'acqua. Ad ottobre nasce Pura Depurazione, la Società che gestisce direttamente gli impianti di trattamento dei reflui pugliesi. 2009 - Acquedotto Pugliese riceve il premio "Etica e Impresa" nella categoria "Cittadino e Società" presso il CNEL a Roma. Il premio è finalizzato alla valorizzazione dei migliori accordi e delle migliori pratiche di dialogo sociale e di partecipazione, volti alla tutela della persona. A Villa Castelli AQP attiva la prima centrale idroelettrica in Puglia. Il piano prevede la realizzazione a regime di 10 centrali idroelettriche che sfruttano i salti dell'acqua trasportata nelle condotte, l'installazione di impianti eolici e fotovoltaici su siti aziendali e la riconversione entro il 2010 di almeno il 30% degli acquisti in forniture eco-compatibili. AQP anno 3, n.2/2015
2011 - L'impianto di bio-fitode-
purazione di Melendugno (LE), il più
grande d'Italia, è primo classificato al premio nazionale "Pianeta Acqua 2011". Il progetto dell'impianto di bio-fitodepurazione, primo classificato nella categoria "civile" del Premio, è stato realizzato mediante un investimento di 2,2 milioni di Euro mediante i fondi della Regione Puglia. L'impianto si presenta come un bacino palustre naturale ed è composto da sei vasche in successione e comunicanti che occupano una superficie di circa cinque ettari. La fitodepurazione è un processo naturale di depurazione delle acque reflue che si genera nelle aree palustri, in grado di ridurre la concentrazione di inquinanti presenti nel refluo in ingresso. Il Salvagente premia l'acqua dell'Acquedotto Pugliese. Uno studio internazionale interuniversitario nell'ambito del progetto europeo "Eurogeosurvey geochemistry export group" ha promosso a pieni voti l'acqua distribuita dall'Acquedotto Pugliese giudicandola generalmente ottima e adatta anche ai neonati.
2012 - Grazie ad una intesa con la Coop
Estense, per ogni tonnellata di Terra di Puglia venduto negli Ipercoop di Puglia e Basilicata, Acquedotto Pugliese destina un quintale di fertilizzante naturale alla cooperativa "Libera terra" di Mesagne della rete di Don Ciotti e che coltiva terreni confiscati alla mafia. Il bilancio del 2011 si chiude con un record storico: oltre 40 milioni di utili. A luglio viene inaugurato il nuovo potabilizzatore di Conza e rinnovata la storica convenzione con il Comune di Caposele che disciplina la captazione delle acque dalle sorgenti Sanità. Il 15 novembre 2012 Gioacchino Maselli viene nominato dall'Assemblea dei soci nuovo Amministratore Unico.
2013 - Viene varato un importante
piano di investimenti nel campo della depurazione. Al termine dei lavori, la potenzialità di trattamento dei depuratori oggetto di intervento, passerà da 2,3 milioni di abitanti equivalenti a 3,2 milioni, con un incremento del 32%. A dicembre Nicola Di Donna viene nominato Direttore Generale.
2014 - Il 20 gennaio 2014 Nicola Costantino viene nominato Amministratore Unico. 13
SPESE DELL’ACQUA: COME VANNO RIPARTITE? a cura della redazione ANAPI
La ripartizione delle spese dell’acqua condominiale: excursus storico dalla Legge 36/94, al decreto legislativo 152/06 fino alla sentenza della Cassazione n° 17557 del 1 agosto 2014, integrate degli articoli del Codice Civile. La sentenza 17557/14 della Cassazione ha fatto chiarezza sulla disciplina del pagamento dell’acqua condominiale. Il caso preso in esame dalla Cassazione è quello di un condominio di Milano, la Corte ha dichiarato illegittimo quanto votato a maggioranza dall’assemblea che ripartiva le spese per l’acqua potabile in base al numero dei residenti negli interni delle singole unità abitative dello stabile esonerando dal pagamento, quindi, le unità abitative in cui non risiedeva nessuno. Secondo i Giudici “… le spese relative al consumo dell’acqua devono essere ripartite in base all’effettivo consumo se questo è rilevabile oggettivamente con strumentazioni tecniche”, altrimenti il criterio per dividere le spese è quello indicato dal primo comma dell’articolo 1123 del C.C., vale a dire in base alla tabella millesimale. Se si contraddice questo articolo del Codice Civile e, quindi si esonerano dal pagamento delle spese idriche gli appartamenti/locali non abitati o sfitti, allora si vïola il principio di ripartizione proporzionale stabilito dal Codice. In sostanza la condicio sine qua non per
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dividere le spese idriche del condominio in base alle persone residenti nelle singole unità abitative è l’assenso di tutti i proprietari dell’immobile, solo in questo caso si può derogare all’art. 1123 C.C., ma la sola maggioranza dell’assemblea, per quanto ampia, renderebbe nulla la delibera stessa. Bisogna considerare, inoltre, che la ripartizione in base al numero di persone è un criterio impreciso perché è complicato conoscere con certezza i residenti effettivi nei vari alloggi. Per evitare spiacevoli inconvenienti nella gestione delle spese e salvaguardare una risorsa di importanza essenziale come l’acqua e, quindi diminuirne gli sprechi, la Giurisprudenza ha scelto come soluzione al problema, il montaggio in ogni proprietà di un contatore. Con la sentenza precedente, la n° 10895, la Corte di Cassazione ha dichiarato che l’assemblea di condominio può deliberare l’installazione dei contatori dell’acqua in ogni singola unità immobiliare, anche in contrasto con il Regolamento condominiale. Stando a queste disposizioni, è nella facoltà dell’assemblea condominiale gestire le
cose e i servizi comuni «in modo dinamico», ossia eliminando gli sprechi, arrivando a dismettere alcuni beni comuni, nonostante la disciplina del Regolamento condominiale sia contrastante. Le motivazioni che hanno spinto la Corte di Cassazione ad esprimersi in questo modo vanno viste alla luce di quanto enunciato dalla Legge n° 36 del 1994, «Disposizioni in materia di risorse idriche» che, all’articolo 5, al fine di abbassare i consumi di acqua e farne un uso più razionalizzato, stabilisce ai capi C e D: c) installazione di contatori in ogni singola unità abitativa nonché di contatori differenziati per le attività produttive e del settore terziario esercitate nel contesto urbano; d) diffusione dei metodi e delle apparecchiature per il risparmio idrico domestico e nei settori industriale, terziario ed agricolo. La tutela della risorsa idrica è ribadita due anni più tardi nel Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, DPCM 4 marzo, poi ripreso dal Decreto legislativo 152/2006 che demanda alle Regioni l’obbligo di installare in ogni unità abitativa i contatori per la ripartizione dell’acqua. Solo avendo ben chiaro questo excursus è possibile cogliere lo spirito della legge a cui fanno riferimento la sentenze 17557 e 10895 del 2014. Va precisato che i modi d’uso e il funzionamento dei servizi condominiali sono attribuiti all’assemblea condominiale dall’articolo 1135 del Codice Civile, quindi nel caso specifico i condòmini possono optare per i contatori in ogni singola unità abitativa, è necessario avere solamente la maggioranza semplice, vale a dire un terzo dei condòmini che possegga almeno un terzo del valore millesimale in quanto la modifica dell’impianto dell’acqua è volta a un miglior godimento e non rappresenta un’innovazione ai sensi dell’articolo 1120 del Codice Civile. anno 3, n. 2/2015
IL VUOTO NORMATIVO SUL CERTIFICATO DI AGIBILITÀ
Non è obbligatorio nell’atto di compravendita ma per i giudici è motivo di risoluzione del contratto e di risarcimento del danno a cura dell’avv. Paola PONTANARI - consulente ANAPI
Non esiste una legge che impone al venditore di allegare all’atto di compravendita il certificato di agibilità, così come non esiste una legge che obbliga il Notaio rogante di farne menzione nell’atto. Ma per i giudici le cose stanno diversamente, ovvero l’immobile sprovvisto del certificato di agibilità costituisce grave inadempimento e, come tale, causa di risoluzione del contratto, oltre al risarcimento del danno. In particolare, il venditore si può vedere costretto a riprendersi l’immobile ed a restituire all’acquirente il prezzo, oltre a risarcire i danni, se sussistenti. Ma andiamo per gradi.
Le attestazioni e i documenti da allegare all’atto di compravendita Il decreto legge 145 art.1 comma 7 del 23/12/2013 stabilisce che i contratti di compravendita immobiliare devono contenere una apposita clausola nella quale l’acquirente dichiara di aver ricevuto le informazioni e la documentazione, comprensiva dell’attestato in merito all’attestazione della Prestazione Energetica. Copia di questo attestato deve essere allegato al contratto. In caso di omessa dichiarazione o allegazione le parti che stipulano il contratto sono soggette al pagamento, in solido ed in parti uguali, di una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 3.000 ad euro 18.000,00. L’accertamento e la contestazione viene svolta dalla Guardia di Finanza all’atto della registrazione del contratto. Altro adempimento richiesto dalla normativa in vigore dal 2010 (Dl 78 del 2010 convertito dalla legge 30.07.2010 n.122) è il cosiddetto “allineamento catastale” la cui violazione comporta la nullità degli atti di trasferimento delle proprietà immobiliari. In particolare l’attuale disciplina stabilisce che gli atti di trasferimento devono contenere, oltre all’identificazione cataanno 3, n.2/2015
stale, anche il riferimento alle planimetrie depositate in Catasto e la dichiarazione, resa in atti dagli intestatari, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie. La dichiarazione può essere sostituita da una attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato. Infine, non certo per importanza, il Notaio è obbligato, ad inserire nel contratto, pena la sua nullità, a seconda dell’epoca di costruzione dell’immobile, l’indicazione della licenza o della concessione edilizia, del permesso di costruire o della denuncia di inizio attività oppure del titolo abilitativo in sanatoria. Nulla, invece, viene detto dalla normativa in vigore sul certificato di agibilità. Vi è un vero e proprio “vuoto normativo”.
Che cos’è il certificato di agibilità e a cosa serve Ai sensi dell’art.24 del T.U. 380/2001 il certificato di agibilità attesta la sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità e risparmio energetico dell’edificio e degli impianti in esso installati. Una casa, proprio perché è destinata ad essere abitata da chi l’ha acquistata, deve avere queste caratteristiche. Se l’edificio non gode di tali condizioni esso non potrà essere abitato. Il certificato di agibilità viene rilasciato dal Comune in caso di a) nuove costruzioni b) ricostruzioni o sopraelevazioni c) interventi nell’edificio che possono influire sulle condizioni di agibilità dell’immobile. La domanda dovrà essere corredata dalla documentazione richiesta per legge, tra cui il certificato di conformità degli impianti e, ove previsto, il certificato di conformità alle norme antisismiche. Una volta presentata la domanda il certificato di agibilità può essere ottenuto mediante espresso provvedimento, entro 30 giorni dalla domanda oppure mediante “silenzio-assenso” decorsi 30
dal parere dell’A.S.L o 60 giorni in caso contrario. Pur se la consegna di questo certificato non è imposta dalla legge, l’acquirente può (meglio deve) chiedere al venditorecostruttore fin dalla stipula del preliminare e, in ogni caso, al momento del contratto definitivo di compravendita, che gli venga esibito e consegnato il certificato di agibilità. La sua mancanza, in assenza di una previsione legislativa, è stata valutata dai giudici come causa di risoluzione del contratto, principalmente in quanto costituisce una vendita di aliud pro alio ovvero di un bene diverso, inidoneo ad assolvere allo scopo che le parti si sono proposte. In particolare, per i giudici il certificato di agibilità costituisce un requisito essenziale del bene compravenduto poiché vale ad incidere sull’attitudine del bene stesso ad assolvere la sua funzione economico-sociale, assicurandone il legittimo godimento e la commerciabilità (Cass.civ.n.17707/2011, Cass. civ.n.629/2014).
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Le novità legislative su ascensori con fossa e testata ridotta, ascensori in servizio pubblico e verifiche periodiche Pubblicati il DPR 8/2015 che modifica il DPR 162/99 e i suoi due decreti applicativi di Luca INCORONATO - Direttore Sede Nazionale Anacam L’8 marzo 2015 è entrato in vigore il decreto presidenziale 8/2015 che ha modificato alcuni articoli del DPR 162/99, la legge-quadro nazionale sulla progettazione, installazione ed esercizio degli ascensori, mentre nelle settimane successive sono stati pubblicati anche i relativi decreti applicativi, uno del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti e l’altro del Ministero dello Sviluppo economico. In questo articolo analizzeremo brevemente le novità introdotte da tali provvedimenti.
LA PROCEDURA D’INFRAZIONE SUGLI ASCENSORI IN SERVIZIO PUBBLICO Il regolamento approvato con il DPR 8/2015 è stato adottato per neutralizzare la procedura d’infrazione 2011/4064 che la Commissione europea aveva avviato nei confronti dello Stato italiano per il non corretto recepimento della direttiva ascensori 95/16/CE. La Commissione contestava i maggiori adempimenti richiesti in fase di progettazione, installazione e messa in esercizio degli ascensori “in servizio pubblico” rispetto a quelli richiesti dalla direttiva (e applicati in Italia per i soli ascensori “in servizio privato”), ritenendo che costituissero un ostacolo alla libera circolazione degli ascensori in Europa e ne chiedeva, pertanto, l’eliminazione. Con il nuovo regolamento sono stati eliminati dal testo del DPR 162/99 tutti i riferimenti agli ascensori in servizio privato e in servizio pubblico: ora tale distinzione non compare più e la generica categoria degli “ascensori” comprende, senza distinzioni, sia gli ascensori in servizio pubblico che quelli in servizio privato. Coerentemente con le modifiche legislative, il Ministero delle Infrastrutture e trasporti ha emanato il 9 marzo scorso 16
un decreto direttoriale (pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n. 61 del 14 marzo 2015) recante “Disposizioni relative all’esercizio degli ascensori in servizio pubblico destinati al trasporto di persone”. Tale decreto abroga l’analogo decreto MIT dell’11 gennaio 2010 eliminando così l’obbligo ivi previsto del nullaosta preventivo all’installazione da parte degli uffici territoriali del ministero (USTIF), ritenuto illegittimo dalla Commissione europea. Ora l’articolo 2 del nuovo decreto direttoriale prevede un semplice obbligo di comunicazione all’USTIF di una serie di documenti e informazioni necessari per “l’apertura al pubblico esercizio” dell’impianto. Viene inoltre mantenuta la competenza dell’USTIF ad eseguire verifiche e prove periodiche sugli ascensori in servizio pubblico, con frequenze e modalità differenti da quelle previste dall’articolo 13 del DPR 162/99 per tutti gli altri ascensori. Si tenga presente che sono considerati ascensori “in servizio pubblico” gli ascensori inseriti in infrastrutture pubbliche di trasporto quali aeroporti, stazioni ferroviarie e metropolitane, oppure gli ascensori che collegano luoghi pubblici all’interno delle città; gli ascensori di proprietà pubblica inseriti in scuole, uffici, ospedali ed altri edifici pubblici non rientrano in questa particolare categoria. Il legislatore ha poi approfittato dell’opportunità della emanazione del decreto necessario per superare la procedura d’infrazione comunitaria per introdurre nel DPR 162/99 alcune ulteriori modifiche, definite di “aggiornamento e semplificazione”, come si evince dalla relazione illustrativa che ha accompagnato il provvedimento nell’esame da parte delle competenti Commissioni parlamentari di Camera e Senato.
LA PROCEDURA PER L’INSTALLAZIONE DI ASCENSORI IN DEROGA La modifica più importante è quella che istituisce, finalmente, una procedura pubblica e ben definita per la concessione, da parte dello Stato italiano, dell’autorizzazione preventiva all’installazione di ascensori con fosse o testate di dimensioni ridotte rispetto a quelle stabilite nelle norme armonizzate alla direttiva ascensori. Si tratta del noto requisito di sicurezza di cui al punto 2.2 dell’allegato I alla direttiva 95/16/CE e al DPR 162/99, mai formalmente applicato dallo Stato italiano: sino ad oggi, la procedura di concessione dell’accordo preventivo da parte del Ministero dello Sviluppo Economico era infatti basata su una semplice lettera inviata circa 14 anni fa da un funzionario del Ministero all’Anacam. La nostra Associazione da tempo sollecitava da parte del Ministero la predisposizione di una procedura formale, da pubblicarsi sulla Gazzetta Ufficiale, nella quale fossero definite con precisione le regole per la concessione dell’autorizzazione ministeriale, in conformità con quanto previsto dalla direttiva comunitaria e dalla sua Guida all’applicazione: ciò anche al fine di evitare abusi, come effettivamente si sono verificati nella pratica, quali l’installazione senza la necessaria autorizzazione ministeriale di impianti con spazi in testata di dimensioni non conformi alle norme armonizzate. La formalizzazione della nuova procedura costituisce, quindi, un successo per la nostra Associazione che ha visto premiate la propria costanza e la coerenza delle proprie posizioni. La nuova procedura di concessione dell’accordo preventivo all’installazione di ascensori in deroga stabilisce la competenza degli Organismi Notificati per le installazioni in anno 3, n. 2/2015
edifici esistenti, mentre per le rarissime installazioni in edifici di nuova costruzione la competenza rimane in capo allo stesso Ministero. Risulta di fatto chiaro che non è possibile autorizzare ascensori con testate ridotte in edifici nuovi in quanto la sola motivazione ammessa per la concessione di deroghe in questo tipo di edifici è quella relativa ad impedimenti “di carattere geologico”. Per gli edifici esistenti, l’Organismo Notificato incaricato deve rilasciare al cliente, e trasmettere al Ministero, una specifica certificazione con la quale attesta, da un lato, che la situazione di fatto esistente nell’edificio non consente la realizzazione dei prescritti spazi liberi o volumi di rifugio nel vano corsa (in fossa e/o in testata) e, dall’altro lato, certifica l’idoneità delle soluzioni tecniche alternative utilizzate per evitare il rischio di schiacciamento. Vista l’importanza della nuova procedura, inserita nel nuovo articolo 17-bis, riportiamo di seguito integralmente il testo della norma: Art. 17-bis. Accordo preventivo per installazione di impianti di ascensori in deroga 1. Relativamente agli altri mezzi alternativi appropriati da utilizzare per evitare rischi di schiacciamento per gli operatori e manutentori nei casi eccezionali in cui nell’installazione di ascensori non è possibile realizzare i prescritti spazi liberi o volumi di rifugio oltre le posizioni estreme della cabina, l’accordo preventivo di cui al punto 2.2 dell’allegato I al presente decreto, è realizzato: a) in edifici esistenti, mediante comunicazione al Ministero dello Sviluppo Economico corredata da specifica certificazione, rilasciata da un Organismo accreditato e notificato ai sensi dell’articolo 9, in merito all’esistenza delle circostanze che rendono indispensabile il ricorso alla deroga, nonché in merito all’idoneità delle soluzioni alternative utilizzate per evitare il rischio di schiacciamento; b) quando lo stesso è necessario per edifici di nuova costruzione, fermo restando la limitazione ai casi di impossibilità per motivi di carattere geologico, mediante preventianno 3, n.2/2015
vo accordo rilasciato dal Ministero dello Sviluppo Economico entro il termine previsto dalla specifica voce dell’allegato al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 22 dicembre 2010, n. 272. 2. Gli Organismi notificati trasmettono semestralmente al Ministero dello Sviluppo Economico l’elenco delle certificazioni rilasciate ai sensi del comma 1, lettera a), corredato di sintetici elementi di informazione sulle caratteristiche degli impianti cui si riferiscono, sulle motivazioni della deroga e sulle soluzioni alternative adottate. Il nuovo articolo 17-bis è oggi pienamente operativo in quanto il ministero dello Sviluppo economico ha prontamente emanato il decreto 19 marzo 2015 recante “Individuazione della documentazione da presentare ai fini dell’accordo preventivo per l’installazione di ascensori nei casi in cui non è possibile realizzare i prescritti spazi liberi o volumi di rifugio oltre le posizioni estreme della cabina” (pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 82 del 9 aprile 2015). La documentazione indicata nel decreto ministeriale è del tutto analoga a quella richiesta fino ad oggi per le autorizzazioni rilasciate, sulla base della procedura informale cui si faceva cenno in precedenza, direttamente dal Ministero dello Sviluppo economico. Quanto agli impedimenti oggettivi che, negli edifici esistenti, giustificano il rilascio di una deroga per gli spazi in fossa e in testata, il decreto ne elenca alcuni a titolo esemplificativo: vincoli derivanti da Regolamenti edilizi comunali o stabiliti dalle Soprintendenze per i Beni architettonici e per il Paesaggio; impossibilità oggettive dovute a vincoli naturali geologici (falde acquifere, terreni instabili) o strutturali (strutture ad arco o volta, strutture di fondazione, solette o travi portanti in testata, ecc.); diritti di soggetti terzi, quando gli stessi non investono la proprietà delle parti comuni degli edifici.
VERIFICHE PERIODICHE: ARRIVANO GLI ORGANISMI ACCREDITATI “DI TIPO A” L’altra modifica di un certo rilievo apportata al DPR 162/99 è quella relativa
all’articolo 13 che disciplina le verifiche periodiche. Per effetto di tale modifica, viene ampliato il novero degli organismi abilitati: è ora consentita l’effettuazione delle verifiche periodiche biennali sugli impianti non solo agli Organismi notificati a Bruxelles per le valutazioni di conformità di cui all’allegato VI o X (cioè agli Organismi abilitati alla certificazione dei nuovi impianti), ma anche agli Organismi di ispezione accreditati da Accredia ai sensi della norma UNI CEI EN ISO/IEC 17020:2012, denominati “di tipo A”. Quindi i proprietari degli ascensori possono ora affidare l’incarico delle verifiche periodiche anche ad Organismi che potremmo definire di secondo livello, in quanto abilitati ad effettuare le verifiche ispettive ma non le certificazioni di conformità dei nuovi impianti e neanche, ai sensi del nuovo articolo 17-bis, a rilasciare l’accordo preventivo all’installazione degli impianti in deroga. La novità legislativa non sembra andare incontro alla richiesta di una maggiore qualificazione degli Organismi e dei loro ispettori, avanzata da molti operatori, anzi, sembra andare nella direzione opposta. Verificheremo sul campo quanto questo timore sia fondato. www.anacam.it 17
LA QUALITÀ DELLE VERIFICHE DI LEGGE SUGLI ASCENSORI di Iginio S. LENTINI - Presidente Un.i.o.n. Per il conseguimento dell’importante obiettivo della qualità delle ispezioni sugli impianti, limitando agli ascensori questa specifica analisi e, nondimeno, solo soffermandoci sulle altre di cui alle verifiche di impianti di messa a terra elettrici (Dpr 462/01) e di attrezzature di lavoro (DM 11.4.11 art.71), lasciando ad altro successivo apposito spazio l’analisi tecnico-comportamentale specifica, UN.I.O.N. ha ritenuto in primis inculcare la cultura della sicurezza, sviluppandola negli anni della sua quindicennale storia associativa. Il percorso ha preso l’avvio dal sistema nazionale di leggi, norme tecniche e attività di controllo e verifica che, partendo dall’evidenza di assenza delle Istituzioni da tale vigilanza, ha dovuto – necessariamente – tenerne conto al fine di migliorare le condizioni per la tutela della sicurezza, non solo di quelle persone che svolgono attività lavorativa ma, in maggiore misura, di quelle affette da limitazioni di varia natura (disabilità e anzianità). A tale scopo, il sistema ha dovuto essere più efficacemente implementato per essere in grado di supplire alla carenza di vigilanza istituzionale, pertanto, operando attraverso i propri iscritti nelle sue diverse espressioni e componenti, con maggiore attenzione, e aderenza, alle prescrizioni delle legislazioni: europea per quanto riguardante il settore degli ascensori e, nazionale, per altre verifiche stesse di tipologia di impianti: il tutto, in un contesto di valorizzazione dell’attività pubblicistica espressa attraverso il proprio organo mensile di informazione e comunicazione (Union Magazine), di sistemica cultura dell’addestramento (formazione e refresher) dei verificatori addetti al compito specifico di controllo degli impianti, di interventi in fatto di tali tematiche di specie sviluppate in occasione di workshop, seminari, gruppi di lavoro e convegni. 18
Il sistema italiano delle (certificazioni) e ispezioni di sicurezza Per meglio comprendere l’insieme in cui si sviluppa il discorso della sicurezza, si ritiene di chiarire il ruolo delle tre categorie di Soggetti ciascuno con il proprio fondamentale ruolo: • le Autorità di Regolazione (emanazione di leggi e norme specifiche sulla sicurezza); • l’ente italiano di accreditamento, Accredia, che ha il compito di valutare ed attestare la competenza degli Organismi operanti i controlli e le verifiche diu sicurezza; • gli Organismi che si distinguono in ‘’Notificati’’ (direttive europee di prodotto) e ‘’Abilitati/Autorizzati’’ (operativi di sola legislazione nazionale). Quanto al ruolo dei primi (Autorità di Regolazione) di cui a Organi legislativi e amministrativi dello Stato, costoro hanno il compito di emanare Regole Tecniche (Leggi, Decreti, Regolamenti) in linea con la legislazione comunitaria, ovvero con quella nazionale, che riflettono lo stato dell’arte in materia, garantendo l’applicazione efficace ed armonizzata attraverso un adeguato sistema di controllo. E di sanzioni. Appare del tutto evidente come il non necessario appesantimento della regolamentazione, come pure la mancanza di controlli e sanzioni accennate in apertura di questa relazione, penalizzando gli Operatori rispettosi delle regole e, di contro, favorendo la pressapochistica operatività di chi non ne osserva, non abbia potuto evitare di innescare situazioni che compromettono gravemente l’assolvimento dell’importante compito al quale i comunque Organismi sono preposti. E, nel contesto, neppure vengono in aiuto quei comportamenti che a monte potrebbero se non evitarne, quantomeno limitarne, dovuti a quella consistente parte di Organismi ai quali la legislazione nazionale non impone l’iscrizione ad
alcuna Associazione di categoria, significando pertanto come l’assenza di partecipazione attiva alla cultura stessa del ruolo loro assegnato, l’aggiornamento tecnico-normativo, l’informazione, il mancato riscontro a quesiti, come della pedissequa presenza ai convegni/seminari/gruppi di lavoro, rendano distante la cultura della conoscenza stessa del rispetto della sicurezza dagli obblighi imposti a seguito della corretta verifica degli impianti; se, poi, tale volume di non associati ad alcuna realtà formativa raggiunge un insostenibile limite, pari ad oltre il 55% di Notificati e di oltre il 70% di Abilitati/Autorizzati, si comprende come a concorrere a tale insostenibilità situazionale sia evidente la carenza legislativa, evidentemente istituzionale. Seppure, attraverso la sorveglianza operata dall’ente di accreditamento nei confronti, però, dei soli Notificati (è tuttavia previsto che via via anche gli Autorizzati/ Abilitati sottostarebbero alla valutazione dell’accreditamento), ciò non possa rappresentare la panacea di tutti i mali, permanendo, infatti, un comportamento in field impossibilmente controllabile da parte di tali cani sciolti, non amanti di alcun guinzaglio di appartenenza ad una associazione in cui regole di comportamento, di rispetto del codice deontologico, di controllo operato sugli stessi, potrebbero limitare la loro egoistica libertà. Qualcosa, peraltro, si deve aggiungere della conoscenza del
Ruolo dell’Ente di Accreditamento La qualità delle prestazioni degli Organismi, per il momento solo di quelli ‘’Notificati’’ operanti dei controlli e delle verifiche di sicurezza, è oggi valutata e attestata da Accredia che opera in Italia quale Ente, unico, di accreditamento. Sebbene non siano mancate occasioni (Convegni, Assemblee, Seminari) alle quali l’ente suddetto è stato presente, svolgendo quindi quell’importante azione di maggiore propulsione informativa, l’auspicio tuttavia è che non si limiti in futuro l’importante azione, anche di coanno 3, n. 2/2015
municazione, in grado di sensibilizzare la conoscenza del ruolo stesso. Che, per svolgere al meglio l’importante funzione all’Ente delegata, deve provvedere fra l’altro a: • verificare come l’Organismo possa essere in grado di aggiornarsi senza l’ausilio di dimostrazione di essere inserito in una realtà associativa; • rafforzare l’efficacia del processo di accreditamento, al fine di migliorare la credibilità, evitando che lo stesso si riduca a mero adempimento burocratico (limitato valore aggiunto) con costi dimostrabilmente sostenibili per ciascuno (vale a dire, anche, per il sistema delle imprese e sulla collettività in genere); • incidere sulla valutazione delle quotazioni delle verifiche dagli Organismi praticate, laddove è del tutto evidente come al ‘’prezzo più basso’’ non si accosti il pedissequo controllo dell’opera svolta, significando come tale comportamento non possa essere giustificato se non da concorrenza sleale; • consentire a tutte le Parti direttamente ed indirettamente interessate di contribuire al buon funzionamento dell’Ente succitato, soprattutto considerando che opera in regime di monopolio su concessione dello Stato, pertanto, sull’adeguata gestione delle politiche tariffarie dalle quali dipende la concessione dell’accreditamento ai fini del rilascio dell’autorizzazione ministeriale. Per quanto sommariamente detto in precedenza sugli Organismi di Ispezione come, peraltro, degli stessi che svolgono anche l’operatività di valutazione della conformità (i cosiddetti ‘’collaudi’’, oggi più tecnicamente espressi in ‘’certificazioni’’), ecco il loro ruolo
Ruolo degli organismi addetti al controllo degli impianti
trattato ma della competenza acquisita negli anni sull’impianto e degli aggiornamenti, tecnico-normativi, ai quali tale prodotto è stato interessato: operare sostanzialmente e consapevolmente in qualità impone che conoscenza e competenza siano costantemente perfezionati nel tempo. Si accennava prima al valore dell’addestramento che va sostenuto attraverso i refresher courses, cioè l’aggiornamento costante incardinato alle informazioni, comunicazioni, quesiti, dialettica stessa sviluppata in riunioni, seminari e workshop, chiedendoci pertanto come tale scelta di qualità tecnicoprofessionale possa prescindere dall’indispensabile assistenza del Soggetto stesso non appartenente ad alcuna attività di coordinamento, pertanto, isolato dal contesto associativo.
quale appartengono i prodotti oggetto di questa disamina, rivestono un ruolo importante per promuovere il miglioramento della qualità delle prestazioni degli Organismi e quindi la credibilità e validità delle attestazioni di conformità da loro rilasciate, in specie quando si tratti di valutazioni correlate alla sicurezza.
• In particolare, tali Organismi sono chiamati sia direttamente, sia con il concorso delle rispettive Associazioni a: – migliorare la qualità delle loro prestazioni, in termini di competenza tecnica, garanzia di indipendenza, imparzialità e correttezza professionale in genere: per quest’ultimo aspetto anche tramite l’adozione di Codici Etici; – sviluppare la collaborazione con le Associazioni di categoria delle imprese che utilizzano i servizi in capo alle ispezioni, e alle valutazioni di conformità, per la qualificazione dei propri prodotti, processi e procedure; – conseguito l’accreditamento (nel caso attuale degli impianti ascensore), migliorare l’efficacia e l’efficienza del proprio comportamento professionale; – contribuire, non solo in ambito nazionale, ma europeo, allo sviluppo delle Regole e Norme Tecniche di riferimento per le attività svolte.
• una precisa definizione dei suoi obiettivi (a breve, medio e lungo termine) che intende perseguire;
• Operare con la necessaria competenza tecnica. Ma non solo. Essi devono rispettare ambedue le norme di riferimento: UniCei En Iso/Iec 17065:2012 (valutazione della conformità) e Uni Cei En Iso/Iec 17020:2012 (ispezioni) le quali impongono: – indipendenza – imparzialità – correttezza professionale
• E che, per il conseguimento degli obiettivi di crescita professionale, e imprenditoriale, gli Organismi, allo scopo di conseguire gli obiettivi, evitando di muoversi in modo sparso, certamente poco efficace, è opportuno si riuniscano in adeguate forme associative nel cui ambito lavorare insieme, valorizzando complementarietà e sviluppando le opportune sinergie, non pare essere esercizio diverso da quello, indispensabile, di appartenenza ad una loro Associazione.
La qualità dell’opera di cui al tema centrale di questo intervento, non solo è frutto della conoscenza del prodotto
• Tali associazioni di Organismi che svolgono attività di certificazione e ispezione, soprattutto di natura cogente alla
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UN.I.O.N. Unione Italiana Organismi Notificati e Abilitati Tra le Associazioni che rappresentano oggi l’universo nazionale degli Organismi, sia Notificati che Autorizzati/Abilitati, Un.i.o.n. è in grado di esprimere con chiarezza, l’implementazione efficace di politiche basate sui seguenti elementi: • un chiaro e dinamico contesto in cui è chiamata ad operare;
• una valida pianificazione delle azioni richieste per il conseguimento degli obiettivi; • creazione, mantenimento e ampliamento degli strumenti tecnici, organizzativi, di comunicazione e finanziari necessari per assicurare la realizzazione delle azioni suddette; • il supporto morale che si esplica anche attraverso il Codice Deontologico nell’insieme delle norme statutarie al quale è preposto un Comitato di Controllo di cui fanno parte il MiSE e MLPS oltre al Movimento Difesa del Cittadino; l’istituzione al suo interno di un Dipartimento Istruzione Certificazione Accreditamento; la partecipazione a Comitati e Commissioni CEI ed UNI; la costituzione di cinque Gruppi di Lavoro ciascuno inerente alla tipologia di prodotto-impianto di cui alla responsabilità operativo-funzionale dell’Organismo iscritto; la stretta collaborazione con i due Ministeri di riferimento (Sviluppo Economico e MLPS); rappresentare i propri iscritti nell’ambito delle riunioni annuali del NB-Lift; essere l’unica associazione ad essersi dotata di un organo mensile di informazione (Union Magazine) attraverso il quale viene promossa la cultura della qualità, nell’insieme di idonea e costante attività di comunicazione, tutto ciò rappresenta dimostrazione di affidabilità e coerenza delle proprie azioni alle quali, peraltro, è assicurata la collaborazione di quattro consulenti esperti in materia giuridica 19
e del lavoro, di docenza nelle materie oggetto di formazione/addestramento, di certificazione e normativa tecnica, di esperienza professionale in ambito europeo di impianti e servizi. Tali elementi che si uniscono ad un composito organigramma, costituiscono fattori chiave della caratteristica essenziale che ogni rappresentanza associativa deve possedere, vale a dire la sua credibilità alla quale Un.i.o.n. si è coerentemente ispirata nei suoi quindici anni della sua storia.
Problematiche particolari tuttora persistenti È stato analizzato finora il caso, in particolare, delle verifiche relative agli impianti ascensore, fornendo gli elementi cognitivi che incardinano la funzione degli Organismi in relazione alla qualità della loro esecuzione, estendendo la valutazione ad un altro fatto non secondario: quello della sicurezza verso gli utilizzatori. Tuttavia, al fine di chiarire come alle verifiche periodiche sono interessati altri prodotti/impianti, non diversamente importanti della realtà stessa di qualità/sicurezza ma in quanto provenienti da sole disposizioni legislative nazionali, regolate pertanto dal rapporto diretto di abilitazione operativa seguente ad una specifica autorizzazione ministeriale. Tali due tipologie di verifiche attengono: una di provvedimento istituzionale MiSE, quale quello di Dpr 462/01 che dispone quattro aree di controllo nell’ambito degli impianti di messa a
terra elettrici, funzionalmente provenienti dal D.Lgs 81/08 – Testo Unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei Luoghi di Lavoro; l’altra, di emanazione diretta del MLPS, riguardante la sicurezza delle attrezzature di lavoro di cui all’art.71 dello stesso D.Lgs 81.08 che per la specificità di tali verifiche è stato normato dal DM 11.4.11. Suddetti atti legislativi costituiscono, nel loro complesso, validi strumenti per il miglioramento della sicurezza nei luoghi di lavoro (e quindi della sicurezza in genere) e rappresentano, altresì, la continuazione (il primo esempio fu quello dell’art.13 Dpr 162/99, Regolamento della Direttiva ascensori 95/16/CE) della complementarietà e sviluppo sinergie tra pubblico e privato, stabilendo che a tali verifiche provvedano sia ASL-ARPA, sia Soggetti privati abilitati, in posizione paritetica. D’altronde era, ed è!, noto come le risorse del sistema pubblico, non apparendo sufficienti a soddisfare la domanda di qualità e sicurezza che proviene dai Datori di Lavoro e dai lavoratori, imponesse di preservare l’intera collettività dai rischi conseguenti alla carenza del solo personale degli Enti pubblici, assegnandone, di conseguenza, ai pari-grado privati. Esistono, tuttavia, in relazione ad alcune problematiche tuttora non risolte: • concessione smisurata delle specifiche autorizzazioni, soprattutto per il Dpr 462/01, di cui da poco sono state poste in essere misure di vigilanza da parte del MiSE, il tutto in attesa di quanto previsto dal controllo a monte, operato anche in
suddetto DPR dal futuro accreditamento di tali Soggetti privati; • esigenze di opportunità e miglioramento di entrambi gli strumenti legislativi, in termini di: 1) effettività pariteticità a livello di vigilanza MiSE e MLPS, in quanto oggi è prevalente la maggiore tutela nei riguardi dell’Ente Pubblico, rispetto a quello privato; 2) il freno ad un ampliamento dell’operatività delle verifiche e degli adempimenti di controllo, pertanto, una auspicabile maggiore liberalizzazione in una alla semplificazione delle procedure burocratiche ed amministrative; 3) migliore definizione degli aspetti economici e tecnici in capo alle verifiche. Oggi, peraltro, che i ruoli operativi dei Soggetti Pubblici e Soggetti Privati Abilitati sono stati equiparati nel DM 11.4.11, mentre lo era già per il DPR 462/01 sin dal suo avvento, si potrebbe pensare di porre un tempestivo rimedio all’attuale inaccettabile situazione che vede parecchie centinaia di migliaia di apparecchiature, attrezzature, prodotti circolanti ma neppure previsti di marcatura CE, molte delle quali contraddistinte da importanti criticità e mai sottoposti a verifica, consentendo ai Datori di lavoro interessati, di adempiere non solo ai loro obblighi ma, aspetto non meno significativo, di applicare quel controllo ai fini della sicurezza di esercizio. In conclusione, la collaborazione tra ANAPI e UNION di cui all’avvio in occasione del MADE Expo 2015 e l’intento che il presidente della prima ha auspicato nei desiderata stessi dell’Union, presenta particolari analogie di comune interesse ai fini dello sviluppo di sinergie che permettano, attraverso incontri e scambi di informazione, quella necessaria comunicazione finalizzata alla sempre maggiore professionalizzazione degli iscritti che si traduce poi nel migliore servizio che dal condominio si riversa al verificatore. E viceversa. Ciò porterà, anche quale visibilità verso l’esterno, al necessario protocollo di intesa che prevedrà sviluppi del reciproco bagaglio di conoscenze propedeutiche dell’interesse di una aperta collocazione sul mercato di cui potrà essere significativo l’apporto allo sviluppo dell’attività.
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Esperto Risponde L'
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a cura del Centro Studi ANAPI
A seguito forte vento sono volate parti del torrino dello stabile dove abito. Alcuni condomini preoccupati hanno informato amministratore che ha provveduto a contattare una impresa per rimozione detriti e “riparazione” torrino. Le spese di riparazione del torrino, indicate dall’amministratore come lavori ordinarie, non sono state approvate da assemblea, nel senso che l’amministratore ha agito in totale autonomia senza convocare un’assemblea straordinaria per approvazione preventivo. L’amministratore ha provveduto solo ad inoltrare, per giunta con sollecito di pagamento, la quota spettante ad ogni condomino. Ci chiediamo se l’amministratore ha agito correttamente o se per la riparazione del torrino doveva comunque convocare con urgenza assemblea prima di procedere ai lavori. Grazie Maria Casanova L’amministratore secondo i suoi adempimenti prescritti nell’articolo 1129 c.c. ha agito assicurando l’incolumità dei condomini. Dovrà a questo punto avviare i decreti ingiuntivi per recuperare il credito da coloro che non hanno pagato.
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Vorrei sapere allo stato attuale cosa è previsto riguardo uso POS da amministratore di condominio. In altre parole se un condomino richiede il pagamento tramite POS l’amministratore deve provvedere a dotarsi di tale strumento? 22
E il non utilizzo del POS deve essere deliberato in assemblea? Grazie Ernesto Chiarantoni Per l’utilizzo del POS l’amministratore non è obbligato a tale adempimento. Tra l’altro i costi sono anche abbastanza alti. Lo stesso costo dovrà essere deliberato in assemblea. A meno che non riesca a trovare una particolare convenzione con l’istituto di credito.
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L’assemblea di condominio non redige il verbale durante l’assemblea, cosa che ho contestato all’amministratore, presidente e segretario. Il verbale viene redatto dall’amministratore in separata sede e fatto firmare a Presidente e Segretario, non inserendo con precisione le mie dichiarazioni. L’Amministratore invia la convocazione dell’assemblea con la sola tabella allegata di spese per singola tabella, senza specificare il tipo di spese e la ripartizione per singolo condomino. Cosa contestata in forma scritta. La ripartizione per singolo condomino viene citata come consegnata in assemblea (cosa non vera) e non cita comunque l’elenco delle spese sostenute. Pertanto: a) Mi sono state attribuite spese legali (pro quota) per una causa da me vinta davanti al Giudice di Pace (lite condominiale) b) Sono state eseguite spese per la riparazione del portone d’ingresso del palazzo e dell’autoclave in modo diverso da ciò che si è discusso in assemblea e cioè che per far fronte a ciò si dovevano spendere le somme del fondo cassa di amministrazione e non con addebito pro quota (nel verbale redatto in separata sede ciò non è stato scritto) c) Mi sono state attribuite spese per la registrazione all’Agenzia delle Entrate della sentenza citata da me vinta davanti al GdP. Ho scritto per contestare quanto pre-
cede, senza ottenere risposta dall’Amministratore, né da Presidente e Segretario. Devo pagare o posso contestare in caso mi venga notificata una ingiunzione? È nullo ex tunc un verbale redatto al di fuori dell’assemblea? Ringrazio per la collaborazione. Cordialità Filomena Purtroppo di questi errori se ne commettono davvero tanti. Le converrà se non lo ha già fatto, di impugnare quell’assemblea secondo l’art. 1137 c.c. Comunque nell’attesa che il giudice si pronunci, purtroppo lei dovrà continuare a pagare.
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Ho da poco acquisito un condominio, in data 26-02-2015 è stato redatto il verbale con il mio nominativo di amministratore entrante. Ho contattato telefonicamente l’amministratore uscente, scritto con la mail ordinaria un paio di volte, ma non riesco ad organizzare il passaggio di consegne per contrattempi vari non miei... Al che ho contattato l’avvocato di mia fiducia per utilizzare l’art. 700 del cpc, ma mi viene chiesto il codice fiscale e la PEC di questo soggetto. C’è una banca dati al quale accedere per trovare la pec o il codice fiscale?
Sicuramente potrà verificare il codice fiscale di questo soggetto, direttamente all’agenzia delle entrate o sul precedente codice fiscale del condominio stesso dove sarà indicato il nominativo e codice fiscale del precedente amministratore. Per la PEC dovrà conoscere l’hosting della mail o chiederla direttamente a qualche condomino. Sicuramente se avranno ricevuto comunicazioni in passato dal precedente amministratore, riuscirà a scoprire l’indirizzo mail.
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LE CALAMITÀ NATURALI E LA RESPONSABILITÀ DELL’AMMINISTRATORE a cura dell’avv. Paola PONTANARI - consulente ANAPI Sono purtroppo sotto i nostri occhi le inondazioni causate dal maltempo che sta flagellando la nostra penisola in questo mese ed allora ci si chiede di chi sono le responsabilità, se del Sindaco, del Prefetto, della Protezione civile ed anche dell’amministratore di condominio che era obbligato ad assicurare l’edificio a tutela delle parti comuni ed a compiere tutti quegli atti conservativi e quelle azioni a tutela della sicurezza del condominio. Proprio a questo proposito, nonostante il comune convincimento che l’amministratore sia tenuto per legge ad assicurare l’immobile da lui amministrato, la normativa nulla prevede al riguardo. In particolare la giurisprudenza di legittimità (Cassazione civile, sezione III n.15872 del 06.07.2010, confortata dalla Cassazione civile n.8233 del 03.04.1997 e n.15735 del 13.08.2004) ha affermato che “l’amministratore non è legittimato a concludere il contratto di assicurazione del fabbricato se non abbia ricevuto l’autorizzazione da una deliberazione dell’assemblea dei partecipanti alla comunione”. La Corte aggiunge che l’articolo 1130 n.4 c.c. obbliga l’amministratore ad eseguire gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio, intendendo con ciò riferirsi ai soli atti materiali (riparazione dei muri portanti, di tetti e lastrici) e giudiziali (azioni contro comportamenti illeciti posti in essere da terzi) necessari per la salvaguardia della integrità dell’edificio. Tra questi atti non può farsi rientrare il contratto di assicurazione, perché questo non ha gli scopi conservativi ai quali si riferisce la suddetta norma, avendo, viceversa, come suo unico e diverso fine quello di evitare pregiudizi economici ai proprietari dell’edificio danneggiato. Il Governo, dopo averci tentato con il D.L.59/2012 che prevedeva la possibilità di estendere la garanzia assicurativa anche alle calamità naturali, consentendo uno sgravio fiscale, ora ci riprova, tentando di introdurre l’obbligatorietà dell’assicurazione sui fabbricati anno 3, n.2/2015
in caso di calamità naturali, senza che questo comporti, come invece oggi accade nelle zone a rischio, un eccessivo aumento dei premi assicurativi per il privato. Ma cosa succede all’amministratore quando il fabbricato da questi gestito viene colpito da un evento climatico estremo? La Cassazione con ordinanza n.3767 del 18.02.2014, esprimendosi in un caso simile ove il responsabile poteva essere considerato il Comune, ha ritenuto che la responsabilità oggettiva per le cose in custodia ex art. 2015 c.c., che ben può attribuita all’amministratore per i beni e gli impianti comuni in Condominio, può essere esclusa solamente dal caso fortuito, intendendosi come tale quel fatto estraneo, eccezionale ed imprevedibile e, quindi, inevitabile, che interrompe il nesso causale tra i beni sottoposti alla sua custodia ed il danno lamentato. Insomma, la Corte ha proprio individuato il caso fortuito nel nubifragio che colpì il Comune di Acri tra la notte del 27 e 28 novembre 1984, e che ha comportato l’allagamento del fabbricato che si sarebbe comunque verificato, a prescindere dalla idoneità o meno delle opere
poste in essere dall’amministratore ad evitare o contenere tale evento. Superato questo timore, quindi, possiamo analizzare un ultimo aspetto. L’amministratore di condominio, in caso di un evento naturale di estrema entità e gravità, può essere ritenuto responsabile penalmente? La responsabilità penale dell’amministratore va ricondotta nell’ambito della disposizione di cui all’art.40, secondo comma, c.p. per la quale “non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”. Per rispondere del mancato impedimento di un evento, quindi, è necessario che esista un obbligo giuridico di attivarsi allo scopo. Abbiamo appurato che l’amministratore non ha l’obbligo di assicurare il fabbricato, se non su espressa autorizzazione dell’assemblea di condominio e che questi eventi climatici sono considerati casi fortuiti che interrompono il nesso causale nella responsabilità oggettiva dei beni e degli impianti in custodia dell’amministratore. Quindi, anche sotto questo profilo l’amministratore non potrà essere ritenuto responsabile delle conseguenze e dei danni cagionati dall’evento medesimo.
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L’ESORDIO
di Vittorio Fusco
…sì, una melodia accordata seguendo l’istinto e deviando le difficoltà dalle più banali a quelle più difficili. Tutto, ho cambiato tutto. Anche la mia figura risultava più vera. L’occhio forse attento degli spettatori cercava di scrutare ciò che di meglio c’era all’interno di quell’involucro. C’era una grande morale, una grande passione per ciò che stavo per costruire. Questa volta avrei dato ascolto solo alla mia mente, soltanto alla mia mente... Iniziavo a progettare e guardare fuori dalla mia finestra, affinando le idee e rendendole più semplici, coerenti e per lo più caratterizzate da ciò che gli altri non avevano. Tutte le caratteristiche che nel primo viaggio non c’erano, adesso erano contemplate in un’unica strada, un unico progetto, un unico movente. Questa è stata la caratteristica che più di tutte mi ha colpito, ma soprattutto convinto che era possibile e che è stato possibile. Il mio primo vero sogno si stava realizzando. Ho realmente affondato le mani nel fango per tirare su ciò che di meglio di me era rimasto. Quel poco a cui ho ridato luce, o forse ho davvero dato vita, senza arrendermi, senza mai abbassare la guardia. Gli apprezzamenti? Nulla... La Riconoscenza? Niente… L’unica mia soddisfazione era la quantità di notizie che immagazzinavo meglio di un video recorder e che di lì a poco mi sarebbero servite per lavorare al meglio la materia prima...
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Associazione Nazionale Amministratori Professionisti d’Immobili
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