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L’elegante carrozza che conduceva la signorina Wychwood dal suo luogo di nascita, ai confini tra il Somerset e il Wiltshire, alla casa di Bath, avanzava a un’andatura decorosa poiché tale era la volontà del cocchiere, anziano despota, che, avendo conosciuto la signorina Annis dal giorno della sua nascita, quasi trent’anni addietro, guidava all’andatura che più giudicava conveniente e faceva orecchi da mercante alle richieste di lei di spronare i cavalli. Se la signorina Annis Wychwood di Twynham Park ignorava che cosa si dovesse alla sua posizione, lui non lo ignorava affatto. Sebbene non fosse più giovanissima – in realtà, la si poteva definire una zitella; non che egli l’avrebbe mai definita così: aveva infatti licenziato lo sfrontato mozzo di stalla che aveva osato farlo, dopo avergli dato un sonoro ceffone sull’orecchio –, sapeva molto bene, lui, come il suo amato padrone avrebbe desiderato che fosse condotta sua figlia per la campagna. Sapeva anche piuttosto bene cosa avrebbe pensato sir Thomas se avesse saputo che la signorina Wychwood, pochi mesi dopo la sua morte, aveva deciso di stabilirsi da sola a Bath, con l’unica compagnia di una zitella strabica come chaperon. Una donnetta da poco, la signorina Farlow, come lui non ne aveva mai viste: simile a un coniglio scorticato più che a una donna, e, come non bastasse, un vero mulino a vento di parole. Lo stupiva profondamente che la signorina Wychwood riuscisse a sopporta1
re le sue sciocche chiacchiere, perché davvero non smetteva mai di dare aria alla bocca. La signorina tanto severamente giudicata sedeva in quel momento accanto alla signorina Wychwood nella carrozza, e ingannava il tedio del viaggio con ininterrotte chiacchiere. Aveva un’età incerta, ma era scortese definirla una vecchia zitella; e sebbene fosse senza alcun dubbio assai magra, era ingiusto paragonarla a un coniglio scorticato. Maria Farlow era una lontana parente della signorina Wychwood che un padre improvvido aveva lasciato in povertà; quando aveva ricevuto una visita da sir Geoffrey Wychwood e aveva compreso di dovere quell’onore senza precedenti all’insistente desiderio di lui di assumerla come chaperon di sua sorella, la signorina Farlow aveva visto nella persona robusta e assai poco romantica di sir Geoffrey un paladino giunto a lei per salvarla da una dimora misera, da un cibo squallido, e dal costante timore di trovarsi indebitata. Non avrebbe mai saputo quanto strenuamente la giovane donna che volevano affidarle si fosse battuta contro la prospettiva di vedersi imporre la sua compagnia o quella di qualsiasi altra donna; ma quando si era presentata a Twynham Park stringendo nervosamente la sua borsetta fuori moda, disperatamente ansiosa di riuscire gradita, rivolgendo al viso della signorina Wychwood uno sguardo atterrito e implorante, il cuore di Annis aveva sconfitto la ragione, e lei aveva pensato soltanto ad accogliere benevolmente quella povera creatura timorosa. Lady Wychwood, incapace di figurarsi la piccola e mite signorina Farlow come una compagna, e ancor meno come uno chaperon, adatta alla vivacissima signorina Wychwood, alla prima occasione disponibile aveva supplicato la cognata di non accettare con leggerezza i servizi della signorina Farlow. “Sono convinta, carissima, che la troverai di una noia insopportabile!” disse seriamente. “Sì, è possibile, ma troverei di una noia insopportabile qualsiasi chaperon,” disse Annis. “Se devo avere uno chaperon – non che ne veda la più piccola necessità, alla mia età! – lei va bene come chiunque altra. Perlomeno non tenterà di governare in casa 2
mia, o di darmi degli ordini. Inoltre, mi spiace per lei!” All’improvviso si mise a ridere, vedendo lo sguardo dubbioso negli occhi azzurri di lady Wychwood. “Ah, temi che non eserciterà alcun controllo su di me! Hai perfettamente ragione: non lo farà! Ma nessun altro lo farebbe, lo sai.” “Ma Annis, Geoffrey dice…” “So esattamente cosa dice Geoffrey,” la interruppe Annis. “Negli ultimi vent’anni ho sempre saputo cosa avrebbe detto, e lo trovo molto più noioso della povera signorina Farlow. No, no, non cercare di sembrare scioccata! Credo che nessuno meglio di te sappia che io e lui non possiamo andare d’accordo. L’unica volta che tra noi c’è stato un accordo perfetto è stato quando mi ha assicurato che avrei amato sua moglie!” “Oh, Annis!” protestò lady Wychwood, arrossendo e voltando il viso dall’altra parte. “Non dovresti dire queste cose. Inoltre, non posso credere che tu intenda davvero ciò che hai detto, visto che non vuoi continuare a vivere con me!” “Che sciocchina!” esclamò Annis, lo sguardo ancora ridente. “Potrei vivere felicemente con te per il resto dei miei giorni, come sai bene! È con il mio eminente, pomposo e arrogante fratello che non posso e non voglio vivere. Sì, lo trovi innaturale da parte mia?” “È così triste!” mormorò Sua Signoria. “Oh, no, perché? Avresti motivo di dire così se io rimanessi qui. Devi ammettere che la vita sarà molto più pacifica senza di me, visto che provoco Geoffrey una dozzina di volte al giorno!” Lady Wychwood non poté negarlo, ma sospirò e disse: “Ma sei troppo giovane per mettere su casa tua, carissima! Su questo non posso che concordare con Geoffrey!”. “Sei sempre d’accordo con lui, Amabel: in realtà, sei la moglie perfetta per lui,” la interruppe Annis senza potersi frenare. “Sono certa di non esserlo, sebbene ci provi con tutte le mie forze. E per quanto riguarda l’essere d’accordo con lui, i gentiluomini sono molto più saggi di noi, e molto più capaci di giudicare de… delle cose mondane, non pensi?” “Assolutamente no!” 3
“Ma Geoffrey ha ragione a dire che farà una strana impressione il fatto che tu vada a vivere da sola a Bath!” “Beh, non sarò da sola, avrò con me la signorina Farlow.” “Annis, non riesco a persuadermi che sia la persona giusta per te!” “No, ma la bellezza della cosa sta nel fatto che, avendola scelta, e avendomela imposta, Geoffrey non potrà mai riconoscere di essere stato in errore. Anzi, ben presto scoprirà in lei tutte le virtù, e ti dirà che il suo docile atteggiamento ha su di me un’eccellente influenza.” Poiché sir Geoffrey le aveva già detto qualcosa di molto simile, lady Wychwood si vide obbligata a ridere; tuttavia, scosse la testa e disse: “È bello da parte tua trasformare tutto in scherzo, ma non sarà divertente per Geoffrey – e neanche per me – quando la gente penserà che hai lasciato la nostra casa perché non eravamo gentili con te!”. “Mia cara, non penseranno niente di simile quando vedranno che siamo in perfetta amicizia. Spero che tu voglia continuare a frequentarmi! Mi aspetto di ospitarvi spesso a Camden Place, e ti avverto che continuerò a considerare Twynham come la mia seconda casa, ed è probabile che io venga a trovarvi senza cerimonie per lunghe visite. Spererai che io sia a Gerico, vedrai!” Vide che lady Wychwood sembrava molto malinconica, e andò a sederle accanto. Le prese la mano e disse: “Cerca di capire, Amabel. Non è solo per il fatto che io e Geoffrey ci scontriamo in continuazione che vado a vivere da sola. Voglio… voglio una vita mia!”. “Oh, questo lo capisco,” disse lady Wychwood con viva simpatia. “Dal primo momento in cui ti ho visto, ho trovato terribile che una ragazza deliziosa come te dovesse sprecare la propria vita! Se solo tu potessi accettare l’offerta di lord Beckenham, o quella del signor Kilbride… No, forse questa no! Geoffrey dice che è un vagabondo e un giocatore, e credo che non andrebbe affatto bene per te, sebbene debba confessare che l’ho trovato molto affascinante. Beh, se non ti piace Beckenham, cosa non va nel giovane Gaydon? O…” 4
“Ferma, ferma,” pregò Annis ridendo. “Non c’è nulla che non vada in loro, ma non ho potuto trovare in me il minimo desiderio di sposare nessuno di loro. In realtà, non desidero sposare nessuno.” “Ma Annis, ogni donna deve desiderare di sposarsi!” esclamò lady Wychwood, piuttosto scioccata. “Ecco, questo mostra ciò che penserà la gente nel vedermi vivere nella mia casa invece che a Twynham,” esclamò Annis. “Penseranno che sono un’eccentrica! Dieci a uno, diventerò una delle attrazioni di Bath, come il vecchio generale Preston o come quella bizzarra creatura che va in giro con un cerchio e delle piume! Sarò indicata come…” “Se non la smetti di dire sciocchezze, non so se mi tratterrò dal darti uno schiaffo,” la interruppe lady Wychwood. “Non dubito che sarai indicata, ma non come un’eccentrica!” Alla fine, entrambe provarono di essere nel giusto. Annis aveva conoscenze tra i residenti di Bath, e molti cari amici che vivevano nelle vicinanze, presso i quali aveva spesso soggiornato, così che non arrivò a Bath come una forestiera. Si pensò che fosse un po’ strano che Annis Wychwood avesse risolto di lasciare la protezione della casa fraterna; ma poiché era conosciuta come una giovane donna assai indipendente e aveva allora già ventisei anni, soltanto le creature più rigorose e malevole potevano condannare la sua condotta. Possedeva per di più una ricca rendita, e non vi era dunque da stupirsi che intendesse valersi dei vantaggi della ricchezza. Vi era tuttavia da stupirsi che non fosse stata rapita nella sua prima Stagione a Londra da un gentiluomo in cerca di una moglie in cui la nascita e la bellezza si accompagnassero a una non piccola dote. Nessuno conosceva l’esatto ammontare della sua ricchezza; ma era palesemente cospicuo: la famiglia Wychwood possedeva Twynham Park da generazioni. Non meno degna di nota era la sua bellezza. Se alcuni la giudicavano troppo alta e altri erano pronti a trovare belle soltanto le brune, tali critici erano assai poco numerosi. I suoi ammiratori – e ne aveva a dozzine – la 5
definivano un’autentica perfezione, e dai capelli di un ricco color oro alle piante dei suoi esili piedini non trovavano in lei alcun difetto. Di particolare bellezza erano gli occhi, di un azzurro profondo, e scintillanti di una tale luce che un gentiluomo invaghito di lei e dotato di una mente poetica aveva dichiarato che il loro splendore gettava nell’ombra le stelle. Erano occhi ridenti, incorniciati da sopracciglia delicatamente arcuate; e la sua bocca generosa sembrava fatta per il riso. Aveva inoltre un personale elegante, si muoveva con grazia, si vestiva con gusto impeccabile, e aveva modi affascinanti che la rendevano cara anche a vecchie e rigorose gentildonne quali la signora Mandeville. Una “brava ragazza” l’aveva definita un giorno, “non una di quelle ragazzette smorfiose! Non riesco a capire perché non sia sposata”. Quanti avevano conosciuto suo padre sapevano quale affetto avesse avuto per lei e immaginavano fosse per questo che Annis non aveva accettato alcuna proposta di matrimonio. Senza alcun dubbio, dicevano i saccenti, era per questo che aveva deciso di vivere a Bath quando il padre era morto: aveva infine deciso di sposarsi, e quali possibilità aveva di incontrare un buon partito in piena campagna? Soltanto una signora giudicò sconveniente quella decisione, ma, poiché era notoriamente una persona malevola e aveva due figlie di scarsa avvenenza in età da marito, nessuno le prestò ascolto. Senza dire che la signorina Wychwood viveva con un’anziana cugina, e non avrebbe potuto esservi una soluzione più rispettosa delle convenienze. Così anche sir Geoffrey dimostrava di essere stato nel giusto e poteva vantarsi della sua saggezza. Presto accettò benevolmente la situazione e si sentì più affettuosamente vicino alla sorella di quanto fosse mai stato prima. Quanto alla signorina Farlow, non era mai stata tanto felice in vita sua, né mai aveva goduto di tanto lusso, e senza dubbio non avrebbe mai potuto essere sufficientemente grata alla cara Annis, che non soltanto le pagava uno stipendio molto generoso ma la ricolmava di lussi, dal fuoco sempre acceso nella sua camera al diritto di ordinare la carrozza 6
ogniqualvolta desiderasse recarsi troppo lontano per potervi andare a piedi. Non già che lei si avvalesse mai di tale concessione, poiché, a suo avviso, sarebbe stato abusare in modo deplorevole della generosità della sua ospite. Sventuratamente, con quella sua strabocchevole gratitudine non faceva che indispettire la signorina Wychwood oltre ogni limite, con incessanti premure, continue e superflue commissioni che si ostinava a fare per lei (suscitando la gelosa collera della signorina Jurby, la devota cameriera personale di Annis), e con la determinazione di intrattenerla (a quanto sperava) con l’inesauribile flusso di quelli che Annis chiamava “tediosi nulla”. Era giusto quel che stava facendo ora, nel viaggio di ritorno a Bath da Twynham Park. Non la offendeva ricevere dalla signorina Wychwood soltanto risposte distratte, meno ancora la induceva a porre freno alla sua inesauribile conversazione. Al contrario; vedeva bene che la cara signorina Annis era malinconica e giudicava suo dovere distrarla. Senza alcun dubbio la addolorava dover lasciare Twynham; la signorina Farlow lo comprendeva assai bene poiché lei stessa era piuttosto triste: era stata una settimana in verità assai gradevole! “È così gentile lady Wychwood,” disse in tono gaio. “Davvero, rende triste il doversene andare. Ora non possiamo che aspettare Pasqua, quando li avremo tutti a Camden Place. Sarà difficile occuparsi in modo adeguato di quei meravigliosi bambini, non credete Annis?” “Non credo lo troverò difficile,” disse Annis con un debole sorriso. “E immagino che anche Jurby non lo troverà tale,” aggiunse, facendo l’occhiolino alla sua cameriera personale, che le sedeva di fronte, tenendo la scatola dei gioielli della padrona sulle ginocchia ossute. “L’ultimo incontro del piccolo Tom con Jurby è stato un po’ turbolento, posso assicurartelo Maria! Anzi, sono certa che se non fossi entrata nella stanza per caso proprio in quel momento, gli avrebbe dato una sberla, proprio come meritava! L’avresti fatto, vero Jurby?” La cameriera rispose in modo austero: “Per quanto io possa 7
essere stata tentata, Dio mi ha dato la forza di resistere alle tentazioni del male”. “Oh, davvero, è stato Dio a darti la forza?” disse Annis con fare interrogativo. “Avevo pensato che fosse stato il mio intervento a salvarlo!” “Povero piccolo!” disse la signorina Farlow in modo caritatevole. “Così vivace! E dice delle cose così bizzarre! Non ho mai visto un bambino così precoce. E anche la vostra dolce figlioccia, Annis!” “Temo sia inutile chiedermi di andare in estasi per i bambini piccoli,” disse Annis in tono di scusa. “Credo che entrambi i bambini mi piaceranno di più quando saranno un po’ più grandi. Nel frattempo lascio che siate tu e la loro mamma a stravedere per loro.” La signorina Farlow si convinse che la cara Annis avesse mal di capo, che era l’unica spiegazione possibile per la sua mancanza di entusiasmo per i nipoti. Disse: “Perché mi permettete di continuare a chiacchierare quando sono convinta che abbiate mal di capo? Non è questo il modo in cui dovreste trattarmi, o in cui desidero che voi mi trattiate. Non c’è niente di più irritante per i nervi che ascoltare chiacchiere da camino – non che questo sia il camino, beninteso, per quanto il mattone bollente che ho sotto i piedi mi tenga calda come fossi un toast – quando uno non si sente bene. E non mi sorprenderebbe, mia cara, se fosse il tempo a farvi dolere la testa, perché il vento freddo mi provoca di frequente una sorta di tic, e il vento oggi è tagliente – non che noi ce ne accorgiamo nella carrozza, che sono certa è la più confortevole che si possa immaginare, ma certamente c’è uno spiffero, e non dobbiamo dimenticare che sei stata in piedi a parlare con sir Geoffrey a lungo prima di entrarci. Sono certa che è lì che è iniziato il malessere. Mi attendo che una volta a casa vi passi, e nel frattempo non vi infastidirò continuando a parlare. Siete sicura di essere calda abbastanza? Lasciate che vi dia il mio scialle da mettere intorno alla testa! Jurby vi terrà il cappello, o lo farò io. Ora, dove ho messo i miei sali? Dovrebbero essere nella mia 8
borsetta, perché li metto sempre lì quando viaggio, perché non si sa mai quando se ne possa aver bisogno, non è vero? Ma non sembrano esserci… Oh, sì, eccoli! Sono scivolati sul fondo, sotto il mio fazzoletto, sa il cielo come abbiano fatto, visto che mi ricordo distintamente di averli messi sopra a tutto, perché potessero essere a portata di mano. Spesso penso quanto sia straordinario il modo che hanno le cose di muoversi da sole, come nessuno può negare che facciano!”. Continuò in questo modo per parecchi minuti, e quando Annis rifiutò lo scialle e i sali, desiderò che avessero portato un cuscino da mettere dietro la testa di Annis, o che fosse possibile farle una tisana. Disperata, Annis chiuse gli occhi, e finalmente la signorina Farlow, dopo aver attirato l’attenzione della signorina Jurby su questo fatto, e averle detto che dovevano stare zitte, perché la signorina Annis stava tentando di riposare, si placò. Annis non aveva mal di testa né era malinconica per la sua partenza da Twynham Park. Era soltanto tediata. Forse il tempo cupo, sebbene non le avesse causato il mal di testa, aveva influenzato il suo umore, dandole la sensazione per lei inconsueta che il suo futuro fosse grigio e poco promettente come il cielo. Lady Wychwood aveva tentato di trattenerla a Twynham ancora per alcuni giorni dichiarando che avrebbe nevicato, ma Annis non avrebbe prolungato la sua visita quando pure la neve fosse in verità caduta, eventualità che giudicava assai improbabile. Interpellato, sir Geoffrey disse: “Neve? Sciocchezze, amor mio. C’è troppo vento, e non c’è freddo a sufficienza. Naturalmente saremmo felici di trattenere Annis con noi, ma se ha degli impegni a Bath, non dobbiamo impedirle di mantenerli. Inoltre, se nevicasse, sarebbe perfettamente al sicuro con Twitcham a cassetta”. Così fu permesso a Annis di partire senza ulteriori ostacoli da parte dell’ansiosa cognata, e in cuor suo Annis pensò che se davvero avesse nevicato, sarebbe stata molto meglio a casa sua a Bath piuttosto che murata a Twynham Park. La neve non cadde, ma nessun raggio di sole penetrò le nuvole per rallegrare la malin9
conia della campagna intrisa di pioggia; e un vento di nord-ovest non contribuiva a rendere più confortevole quel giorno di marzo. Era comprensibile che la signorina Wychwood fosse lievemente depressa, e uscì dalla malinconica visione del suo probabile futuro soltanto quando, a circa otto miglia da Bath, la signorina Farlow esclamò: “Oh, povera, povera me; vi è forse stato un incidente? Dovremmo fermarci? Guardate, cara Annis!”. Bruscamente sottratta alle sue vane meditazioni, la signorina Wychwood aprì gli occhi. E non appena vide la causa della improvvisa esclamazione della signorina Farlow, tirò il cordone di cuoio, e quando Twitcham fermò i cavalli disse: “Oh, quelle povere creature! Senza dubbio dobbiamo fermarci, Maria, e fare quanto è in nostro potere per salvarle da una orribile situazione”. Mentre lo staffiere balzava a terra per aprire la portiera e abbassare il montatoio, Annis ebbe il tempo di cogliere i particolari della sventura occorsa ai due viaggiatori. Un calessino, privo di una ruota, giaceva pericolosamente inclinato sul lato della strada, e accanto si trovavano due persone: una figura femminile, avvolta in un mantello, e un giovane biondo, che tastava le ginocchia del cavallo e che disse, nell’istante in cui James, lo staffiere, apriva la portiera della carrozza della signorina Wychwood: “Bene, è quantomeno una fortuna che il cavallo non abbia subito danni”. La sua compagna – la signorina Wychwood vide che si trattava di una donna molto giovane e assai graziosa – rispose non senza una certa asprezza: “Non vedo che cosa vi sia di tanto fortunato in questo!”. “Sì, immagino che voi non lo vediate,” ribatté seccamente il giovane gentiluomo. “Non siete voi che dovrete pagare per…” Si interruppe, quando vide che l’elegante carrozza che aveva appena voltato l’angolo si era fermata, e la viaggiatrice, una signora di incantevole bellezza, si preparava a scenderne. Trattenne il respiro, si tolse il cappello a cilindro, e balbettò: “Non avevo visto… voglio dire, non pensavo… vale a dire…”. La signorina Wychwood scoppiò a ridere e lo trasse dal suo imbarazzo dicendo mentre scendeva dalla carrozza: “Immagi10
nate dunque si potesse essere tanto crudeli da non sostare? State certo che io non lo sono! Questa stessa sventura è accaduta una volta a me, e so bene quanto ci si senta impotenti se si perde una ruota. Che cosa posso fare per salvarvi da questa orribile situazione?” La ragazza, guardandola con diffidenza, non disse nulla, ma il giovane gentiluomo s’inchinò garbatamente. “Vi ringrazio,” disse. “È davvero generoso da parte vostra, signora. Vi sarò assai grato se vorrete pregare qualcuno, alla prossima stazione di posta, di mandare qui una carrozza per condurci a Bath. Io non conosco questa zona, e dunque non saprei… Inoltre c’è il problema del cavallo: non posso lasciarlo qui, non credete? Forse… Soltanto non mi piace chiedervi di trovare un carraio, signora, sebbene un carraio sia proprio quello di cui abbiamo soprattutto necessità!” A quelle parole intervenne la sua compagna dichiarando che un carraio non era quello di cui lei aveva necessità. “Dieci contro uno non verrebbe affatto, e quando pure venisse, chi ha mai udito parlare di un carraio che ripari una ruota lungo la strada? Tanto più una ruota con due raggi spezzati! Passerebbero ore prima che possiamo giungere a Bath, e voi sapete quanto sia importante per me giungervi non un solo istante dopo le cinque! Avrei dovuto sapere come sarebbero andate le cose quando voi vi siete messo di mezzo in una vicenda che è soltanto mia, poiché di tutte le teste vuote che ho mai conosciuto voi siete la testa più vuota, Ninian!” concluse con sdegno. “Permettetemi di ricordarvi, Lucy,” ribatté il giovane gentiluomo, arrossendo fino alla radice dei capelli biondi, “che l’incidente non è imputabile a me! E se io non mi fossi, come voi dite, messo in mezzo, in questo istante vi trovereste a miglia e miglia da Bath! Se poi vogliamo parlare di teste vuote… !” Si interruppe, controllandosi con sforzo palese, strinse i denti e concluse, con la voce gelida di chi sia risoluto a non lasciarsi vincere dalla collera: “Tuttavia, non sarò io a farlo!”. “No, non fatelo!” intervenne Annis, non poco divertita da 11
quello scambio di frasi. “Non avete davvero il tempo di indulgere a recriminazioni in questo momento, non è forse così? Se è tanto importante per voi raggiungere Bath prima delle cinque, signorina…?” Tacque, inarcando le sopracciglia in una espressione interrogativa, ma la giovane signora che le era di fronte non parve voler riempire quel silenzio. Dopo alcuni istanti di incertezza, balbettò: “Se non vi dispiace, signora, chiamatemi soltanto Lucilla. Ho… ho una ragione molto particolare per desiderare che nessuno conosca il mio nome, semmai dovessero inseguirmi!” “Chi dovrebbe inseguirvi?” chiese la signorina Wychwood, domandandosi in quale singolare avventura si fosse mai imbattuta. “Mia zia e suo padre,” spiegò Lucilla accennando al suo compagno. “E molto probabilmente anche mio zio, se si indurrà ad agire!” “Sventurata me!” esclamò la signorina Wychwood, gli occhi scintillanti. “È mai possibile che io stia aiutando una fuga?” La prontezza con la quale la giovane signora e il gentiluomo respinsero una simile ipotesi si accompagnava a tale sdegnata veemenza che la signorina Wychwood faticò assai a non cedere all’ilarità. Riuscendo a mantenere una certa compostezza, con l’ombra appena di un tremito nella voce, disse: “Vogliate scusarmi! Non riesco a pensare come possa aver detto qualcosa di tanto sciocco: avrei dovuto comprendere sin dall’inizio che non si trattava di una fuga!” Lucilla disse con dignità: “Sono forse un triste maschiaccio, una zingara, forse la mia deplorevole condotta ripugna alla gente, ma non ho perduto il senso delle convenienze a tal punto, qualsiasi cosa dica la zia, e nulla potrebbe indurmi a fuggire con chicchessia! Neppure se fossi terribilmente innamorata, e non lo sono. Quanto all’idea di fuggire con Ninian, sarebbe davvero sciocco poiché…” “Vorrei sapeste tenere a freno la lingua, Lucy,” la interruppe Ninian, con uno sguardo assai offeso. “Parlate e parlate ininter12
rottamente, e vedete bene quali ne siano le conseguenze! Non mi stupisce che abbiate potuto credere a una fuga,” aggiunse rigido rivolto a Annis. “Ma le cose stanno in modo diverso.” “Oh, molto, molto diverso,” confermò Lucilla. “La verità è che io sto fuggendo da Ninian.” “Vedo bene!” esclamò Annis in tono comprensivo. “E lui vi aiuta a farlo.” “Ebbene, sì, in un certo senso è così,” ammise Lucilla. “Non già che io desiderassi il suo aiuto, ma le circostanze mi hanno reso difficile respingerlo. È tutto… è tutto molto complicato, temo.” “In verità sembra lo sia,” concordò Annis. “E se voleste spiegarmelo – non già che io desideri essere volgarmente curiosa, badate! – che cosa ne direste di salire nella mia carrozza e di venire con me nel luogo di Bath in cui desiderate andare?” Lucilla lanciò uno sguardo di desiderio alla carrozza, ma scosse risolutamente il capo. “No, è molto cortese da parte vostra, ma sarebbe davvero meschino da parte mia lasciare Ninian nelle peste e non lo farò.” “Oh, sì che lo farete!” intervenne Ninian. “Mi stavo appunto chiedendo come farvi giungere a Bath prima che congeliate per il freddo, e se la signora è disposta a condurvi le sarò molto grato.” “Senza dubbio la condurrò a Bath,” sorrise Annis. “Il mio nome, tra parentesi, è Wychwood, Annis Wychwood.” “E io, signora, mi chiamo Elmore, Ninian Elmore al vostro servizio!” rispose galantemente lui. “E Lucilla…” “Ninian, no!” gridò Lucilla in grave imbarazzo. “Se dovesse dire alla zia dove mi trovo…” “Oh, non abbiate timore!” disse allegramente Annis. “Non si dirà mai di me che io sono una tale guastafeste, credetemi! Immagino vi rechiate in visita da un’amica, o forse da una parente?” “Ebbene, no, non esattamente. A dire il vero non l’ho ancora incontrata,” rivelò Lucilla in un impeto di sincerità. “La verità è, signora, che vado a chiederle di farle da dama di compagnia. La signora dice – ho portato con me l’annuncio del ‘Morning Post’, ma sventatamente l’ho messo nella valigia, cosicché non posso 13
mostrarvelo ora – la signora dice dunque di volere una giovane donna attiva di buona famiglia, volonterosa, e che le candidate devono rivolgersi a lei nella sua residenza in North Parade tra le ore…” “North Parade!” la interruppe Annis. “È mai possibile, bambina mia, che vi rechiate dalla signora Nibley?” “Sì,” balbettò Lucilla, sgomenta per la pietà palese nelle parole della signorina Wychwood. “L’onorevole signora Nibley: per questo ho pensato fosse una donna assolutamente rispettabile. Non lo è, signora?” “Oh, sì, un campione di rispettabilità!” rispose Annis. “Nota in tutta Bath come la peggior megera del luogo. Ha avuto un numero imprecisato di giovani donne attive e di buona famiglia nei tre anni nei quali io l’ho conosciuta. O hanno abbandonato la casa in preda a una crisi isterica, o le butta fuori lei perché non sono state sufficientemente attive e volonterose. Mia cara, credetemi quando vi dico che il posto che lei offre non è adatto a voi.” “Era quanto pensavo!” si intromise il signor Elmore, non senza una certa soddisfazione. Lucilla, che sembrava essere stata dolorosamente colpita, si rianimò alle parole di lui. “No che non lo pensavate!” disse fieramente. “E come avreste potuto pensare qualcosa del genere?” “Bene, in ogni caso ero certo che non sarebbe venuto nulla di buono da un inizio tanto sventato, e a suo tempo l’ho detto! Questo, non potete negarlo. E ora che cosa intendete fare?” “Non so,” disse Lucilla, e le labbra le tremavano. “Dovrò pensare a qualcosa.” “Vi è una sola cosa che possiate fare: ritornare dalla signora Amber.” “No, no, no!” esclamò lei con veemenza. “Preferirei lavorare come sguattera piuttosto che tornare dalla zia per essere rimproverata e accusata di averla fatta ammalare e costretta a sposare voi: poiché questo è quanto accadrebbe dal momento che sono fuggita con voi! Non varrebbe a nulla dire alla zia e a vostro pa14
dre che non sono fuggita con voi ma da voi, poiché quando pure dovessero credermi penserebbero che la situazione sia ancora peggiore e direbbero che dobbiamo sposarci!” Ninian impallidì e proruppe: “Sì, è senz’altro quel che farebbero! Siamo davvero in un bell’impiccio. Giungo quasi a desiderare di non avervi vista mentre vi allontanavate segretamente da casa e di non aver giudicato mio dovere accertarmi che non vi accadesse nulla di male.” “Vogliate perdonarmi,” si intromise la signorina Wychwood, “ma potrei offrirvi un suggerimento?” Sorrise a Lucilla e le porse la mano. “Se davvero volete fare la dama di compagnia, venite e siate una compagna per me!” Sentì la signorina Farlow emettere un suono debole e offeso all’interno della carrozza, e si affrettò ad aggiungere: “Non sarebbe bene, vedete, alloggiare da sola in un albergo; e non è pensabile che la signora Nibley – quando pure dovesse assumervi, e non lo giudico probabile – sia pronta ad assumervi immediatamente. Vi chiederà di darle il nome e l’indirizzo di una signora rispettabile pronta a garantire per voi”. “Oh, povera me!” esclamò Lucilla sgomenta. “A questo non avevo pensato!” “È assai comprensibile,” ribatté Annis. “A ben riflettere, non si può pensare a tutto. Ma credo veramente che sia necessario pensarci, e credo anche sia impossibile pensare ad alcunché restando in piedi in mezzo alla strada, con un vento che gela il pensiero nella mente! Vi prego, dunque, salite nella mia carrozza. Il signor Elmore ci seguirà a suo tempo, e potremo discutere la cosa quando avremo cenato e saremo tranquillamente seduti accanto al fuoco.” “Vi ringrazio,” disse con voce incerta Lucilla. “Siete davvero molto buona, signorina Wychwood! Soltanto… soltanto come potrà fare Ninian, dal momento che non può lasciare il cavallo?” “Non dovete darvi pena per me,” rispose magnanimamente il signor Elmore. “Condurrò il cavallo alla più vicina stazione di posta e mi auguro di poter prendere a nolo un veicolo che mi porti a Bath.” 15
“Potreste forse,” suggerì Annis, “cavalcare voi stesso.” “Non sono vestito da cavallerizzo!” ribatté lui fissandola stupefatto. “E, quando pure lo fossi, il cavallo è un cavallo da tiro!” Annis comprese a questo punto che il signor Elmore era un giovane gentiluomo assai corretto; si sentì molto divertita, ma, sebbene gli occhi le scintillassero, disse con la più assoluta gravità: “Siete davvero nel giusto! Dobbiamo lasciare che voi facciate quel che vi sembra meglio, ma dovrei forse avvertirvi che poiché questa non è una strada principale potrebbe esservi difficile prendere a nolo una carrozza alla ‘più vicina stazione di posta’; potreste essere costretto ad accontentarvi di un veicolo ben inferiore alle vostre giuste esigenze! Tuttavia, non dispero di vedervi in Upper Camden Place in tempo per la cena”. Gli diede il suo indirizzo completo, gli sorrise benevolmente e spinse Lucilla verso gli scalini della carrozza. Condotta in modo irresistibile da una mano ferma sulla schiena, Lucilla li salì, ma in cima si fermò per dire: “Se potessi esservi di un qualsiasi aiuto, Ninian, non vi lascerei in questa situazione, anche se non ci sareste se non vi foste immischiato nei miei affari!”. “Andate tranquilla!” rispose il signor Elmore. “Non solo la vostra presenza non sarebbe d’aiuto, ma renderebbe tutto più complicato! Ammesso che sia possibile.” “Beh, di tutte le cose ingiuste da dire…!” sobbalzò Lucilla indignata. Avrebbe detto di più, ma la signorina Wychwood tagliò corto le recriminazioni spingendola nella carrozza. Diede quindi ordine allo staffiere, profondamente interessato a quei singolari eventi, di trasportare il bagaglio della sua inattesa ospite dal calessino alla carrozza, e, quando il suo ordine venne eseguito, salì lei stessa in carrozza chiedendo vivacemente alla signorina Farlow di fare posto per una terza persona; spinse sotto i piedi di Lucilla il mattone caldo che riscaldava i suoi, le avvolse intorno una generosa porzione della coperta foderata di pelliccia, e fece cenno allo staffiere di richiudere il montatoio. Non erano trascorsi che pochi minuti quando il cocchiere rimise in marcia i cavalli, e 16
Lucilla, stretta tra la sua ospite e la signorina Farlow, diede in un breve sospiro e, mettendo una mano gelida in quella della signorina Wychwood, sussurrò: “Oh, vi sono davvero grata, signora!”. La signorina Wychwood strofinò la manina dicendo: “Povera piccola! Siete gelata! Non importa. Presto saremo a Bath e non discuteremo dei vostri problemi fino a quando non vi sarete riscaldata, avrete cenato e – ehm – avrete ricevuto i consigli del signor Elmore!”. Lucilla scoppiò involontariamente a ridere, ma si trattenne dal commentare. La conversazione durante il viaggio non fu tuttavia delle più animate; Lucilla, esausta per le sue molte disavventure, era sul punto di addormentarsi e la signorina Wychwood limitava le sue frasi a poche banali osservazioni rivolte alla signorina Farlow. Quanto a lei, la signorina Farlow aveva frenato il consueto flusso delle sue inesauribili chiacchiere, poiché (e non avrebbe tardato a rivelarlo alla sua datrice di lavoro) i suoi sentimenti erano stati profondamente offesi dall’implicazione che la sua compagnia non fosse abbastanza per la signorina Wychwood. La signorina Jurby mantenne un rigido silenzio, adatto alla sua posizione, ma anche lei era intenzionata a esprimere, non appena si fossero trovate sole, la sua opinione alla signorina Wychwood a proposito del passo falso da lei compiuto, e in termini molto più espliciti di quelli che avrebbe usato la signorina Farlow. Lucilla si destò quando la carrozza si fermò in Upper Camden Place e si sentì impercettibilmente rallegrata dalla accogliente luce delle candele che giungeva dalla porta aperta e dall’aspetto benevolo dell’anziano maggiordomo che sorrise radiosamente alla sua padrona e accettò, senza battere ciglio, l’inatteso arrivo di un’estranea insieme a lei. Annis affidò Lucilla alla signora Wardlow, la governante, dando istruzioni di mettere l’ospite nella Camera Rosa, e di inviarle una cameriera; poi si preparò ad affrontare la sua compagna offesa. Non appena Lucilla, che seguiva obbediente la signora Wardlow su per le scale, non fu più a portata d’orecchio, la signorina 17
Farlow disse che, sebbene non avesse mai pensato di criticare alcuna azione della sua cara cugina, si sentiva costretta a dire che se avesse saputo che la sua compagnia non era più gradita alla cara Annis, avrebbe immediatamente dato le dimissioni. “A prescindere dalle mie condizioni,” disse in tono lacrimevole, “preferirei vivere in miseria piuttosto che rimanere dove non sono desiderata, per quanto confortevole possa essere questa casa, e indubbiamente lo è, per non dire lussuosa, perché è meglio un piatto dì erbe, dov’è l’amore, che un bove ingrassato, dov’è l’odio! Sebbene non mi piacciano particolarmente le erbe, a eccezione di un po’ di prezzemolo in una salsa, e non sia mai stata in grado di capire come qualcuno, anche se è un personaggio biblico, possa vivere solo di erbe. Tuttavia, i tempi cambiano, e se si pensa alle cose davvero singolari che succedono nella Bibbia, non si può che essere grati di non aver vissuto in quei tempi! Cespugli che prendono fuoco, scale che scendono dal cielo, e gente inghiottita dalle balene senza affatto risentirne, beh, trovo tutto ciò davvero sconcertante! E la manna? Non sono mai riuscita a scoprire che tipo di cibo sia, ma sono persuasa che non mi piacerebbe, anche se stessi morendo di fame e me la vedessi cadere addosso, fatto che considero altamente improbabile. Ma,” continuò, guardando la signorina Wychwood con aria di rimprovero, “farei in modo di farmela piacere se desideraste mettere un’altra al mio posto!” “Non essere sciocca, Maria!” rispose la signorina Wychwood in tono ironico. “Non ho alcun desiderio di mettere un’altra al tuo posto!” Apprezzando, come era sua consuetudine, il ridicolo, non poté trattenersi dal dire: “Posso vedere che non c’è odio in questa casa – a meno che Jurby non ti odi, ma tu non daresti peso alla cosa, perché sai bene che non ti odierebbe a meno che non temesse che tu la stia allontanando dalla mia considerazione –, ma il bove ingrassato mi incuriosisce. Dove pensi, cugina, che io abbia un bove ingrassato?” “Parlavo in modo metaforico,” replicò sdegnata la signorina Farlow. “Non è possibile pensare che voi teniate un bove a Bath, perché potrete essere certa che contravverrebbe un qualche rego18
lamento. Oso dire che non vi sarebbe permesso tenere una mucca in una stalla, e questo potrebbe esservi molto più utile!” “Effettivamente,” concordò la signorina Wychwood, piuttosto colpita. “Mucche e buoi non hanno nulla a che fare con il problema!” disse la signorina Farlow, sciogliendosi in lacrime. “La mia sensibilità è stata profondamente ferita, Annis! Quando vi ho sentita invitare qui quella giovane donna perché diventi la vostra dama di compagnia, ho sofferto… uno shock elettrico da cui non credo i miei nervi si riprenderanno mai!” Capendo che l’anziana cugina era davvero turbata, Annis cercò di consolare i suoi sentimenti offesi. Le ci volle tempo e pazienza per tranquillizzare la signorina Farlow, e sebbene fosse riuscita a convincerla che non correva il rischio di essere licenziata, non riuscì a farle accettare pienamente la presenza di Lucilla a Camden Place. “Non mi piace, cugina,” disse in tono solenne. “Dovete perdonarmi se vi dico che mi stupisce che voi le abbiate offerto ospitalità in casa vostra, perché in genere avete un grande buonsenso! Ricordatevi le mie parole, ve ne pentirete!” “Se succedesse, Maria, avrai il conforto di poter dire che me l’avevi detto! Ma per quale ragione non avrei dovuto salvare quella bambina da una situazione così orribile?” “Credo,” disse oscuramente la signorina Farlow, “che la storia che vi ha raccontato sia falsa. Mi sembra una giovane donna molto chiassosa! Così intraprendente… quasi spudorata, anzi! Una tale mancanza di delicatezza, scappare di casa e in compagnia di un giovane gentiluomo! Senza dubbio io sono all’antica, ma questa condotta non si conforma al mio senso delle convenienze. Inoltre, sono certa che sir Geoffrey disapproverebbe quanto me!” “Con ogni probabilità, ancora di più,” disse Annis. “Ma non penso che potrebbe essere così sciocco da definirla intraprendente o spudorata!” La signorina Farlow si spaventò di fronte allo sguardo furente di Annis, e s’imbarcò in un confuso discorso che mescolava in modo incoerente scuse con molte autogiustificazioni. Annis la 19
interruppe, dicendole che si attendeva da lei che trattasse Lucilla con civiltà. Parlò in modo inusualmente severo, e quando l’afflitta signorina Farlow cercò rifugio nelle lacrime, rimase del tutto fredda, limitandosi a raccomandarle di salire di sopra e di disfare il suo baule.
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Estratto da Georgette Heyer, Una donna di classe Titolo dell’opera originale Lady of Quality Edizione integrale Traduzione dall’inglese di Anna Luisa Zazo Traduzione delle parti mancanti di Bruna Mora © Georgette Heyer 1972 © 2013 astoria srl via Aristide De Togni 7 – 20123 Milano Prima edizione: luglio 2013 ISBN 978-88-96919-60-6 Progetto grafico: zevilhéritier
www.astoriaedizioni.it