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Mrs Palfrey arrivò all’Hotel Claremont una domenica pomeriggio di gennaio. Londra era avvolta in una cappa di pioggia e il taxi percorreva a passo d’uomo una Cromwell Road quasi deserta, sollevando schizzi d’acqua e passando un portico cavernoso dopo l’altro, l’autista con la testa fuori dal finestrino, perché non conosceva l’hotel. Quella scoperta, che l’autista non conosceva l’hotel, aveva un po’ turbato Mrs Palfrey, perché nemmeno lei lo conosceva, e cominciava a domandarsi a cosa andava incontro. Cercò di scacciare il terrore dal petto. La spaventava la minaccia della depressione. Se non è un bel posto, non devo restarci per forza, si ripromise, muovendo appena le labbra e allungando il collo per scrutare da una parte all’altra il viale ampio, inquietante, quasi con il timore di leggere claremont su uno di quei portici. C’erano tanti alberghi uno accanto all’altro in quella strada, e si somigliavano tutti. Si era imbattuta per caso nella réclame dell’albergo sul giornale della domenica quando era in Scozia dalla figlia Elizabeth. Prezzi invernali ridotti. Cucina eccellente. Su questo poi non metterei la mano sul fuoco, aveva pensato allora. 1