1 Il pirata della strada
Eravamo nella nostra stanza, in albergo, quando squillò il telefono. John sollevò il ricevitore e ascoltò aggrottando la fronte. “Che c’è? È successo qualcosa?” domandai quando ebbe riappeso. “Non lo so. Mhambi ha chiesto se possiamo vederci nel caffè qui sotto. Aveva una voce strana. Potrebbe trattarsi di una cosa grave.” “Grave?” “Magari ci vogliono licenziare.” “Ma se non abbiamo neppure cominciato!” “Oppure potrebbe esserci un problema con i nostri visti.” “Andiamo a vedere,” dissi. “Credi che io possa scendere senza il velo?” “Mettiti solo la palandrana e il foulard in testa. Basteranno quelli.” Il caffè era un antro buio e fumoso. Alle pareti erano appesi grandi televisori al plasma. Uno di questi stava trasmettendo una partita di calcio, un altro una puntata di I monster truck più grandi del mondo. Ai tavoli erano seduti pochi sauditi, tutti uomini. Vestiti con camicioni lunghi e bianchi e con la testa coperta da fazzolettoni a quadri bianchi e rossi, fumavano e spippolavano i loro smartphone con dita dalle unghie curatissime. Non fu difficile individuare i nostri colleghi Mhambi e Fernando: il piccolo zulù e il massiccio peruvian-britannico formavano una strana coppia. Mhambi aveva lo sguardo fisso nel vuoto. Fernando aveva l’aria più tranquilla, ma era tetro, sembrava un