Agatha Raisin e il mago di Evesham

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Il clima era tropicale. E sì che eravamo in Inghilterra, e quella era la cittadina di Evesham, nei Cotswolds. Agatha Raisin entrò con l’auto nel parcheggio di Merstow Green, chiuse l’aria condizionata, spense il motore e si preparò ad affrontare la muraglia di caldo brodoso che l’avrebbe accolta, lo sapeva, all’uscita dall’abitacolo. Come molti, aveva deciso che tutti gli allarmi a proposito dell’effetto serra erano mere bugie confezionate da ecoterroristi. Ma quell’agosto aveva visto un’infilata di giorni appiccicosi e sudati, seguiti, la sera, da temporali monsonici. Davvero stranissimo. Agatha gemette nello scendere dall’auto, e s’incamminò verso la macchinetta distributrice di biglietti per il parcheggio. Che giornata infernale aveva scelto, per farsi fare la tinta ai capelli. Tornò all’auto e appiccicò il biglietto sul parabrezza e poi si chinò per guardarsi nello specchietto laterale. I suoi capelli erano ancora castano scuro, però adesso c’erano alcune ciocche violacee. Dopo il suo ultimo caso era sprofondata in una leggera depressione. Ad Agatha Raisin piaceva vedersi come 1


un’investigatrice, in grado di rivaleggiare con personaggi letterari come Poirot o lord Peter Wimsey. Era una donna di mezza età, tarchiata ma fornita di un bel paio di gambe, con una faccia tonda e occhietti ursini che osservavano il mondo con sospetto. I capelli erano sempre stati il suo vanto, folti, castani e lucidi. Ma proprio quella settimana per la prima volta si era scoperta dei capelli grigi, odiosi capelli grigi spuntati qua e là. Aveva comprato una di quelle tinture a risciacquo, ma i capelli da grigi erano diventati violetti. “Vai da Mr John,” le aveva suggerito la signora Bloxby, la moglie del pastore. “Sta in High Street a Evesham. Si dice che sia bravissimo. Dicono che sia un mago nel tingere i capelli.” Così Agatha aveva fissato un appuntamento, ed eccola qui a Evesham, una cittadina a circa dieci miglia dalla sua Carsely. I cinici dicono che Evesham è famosa per il sussidio di disoccupazione e per gli asparagi. Situata lungo le rive del fiume Avon, nella valle di Evesham, il Giardino d’Inghilterra rinomato per i suoi vivai, i frutteti e ovviamente gli asparagi, Evesham tuttavia può apparire, agli occhi del visitatore venuto ad ammirare i suoi edifici storici, come una cittadina male in arnese. Nonostante l’aumento della popolazione, i negozi continuano a chiudere, e le assi poste a sbarrare le vetrine vengono decorate dagli artisti locali con raffigurazioni della vecchia Evesham, così a volte la città sembra fatta esclusivamente di bottegucce e dipinti. Donnone corpulente e prolifiche spingono passeggini pieni di figli. La moda imperante è quella dei legging, abbinati a maglie informi. Secondo l’editorialista e celebrità televisiva Ann Robinson, i legging viaggiano in coppia con i passeggini e gli infanti. A volte ad Agatha capitava di pensare che molti dei ne2


gozi di abbigliamento chiudessero perché gli addetti agli acquisti non guardavano fuori dalla finestra e non si rendevano conto delle dimensioni corporee della popolazione femminile e quindi si rifornivano solo fino alla taglia 46 invece di arrivare alla 52. Agatha si incamminò in direzione di High Street senza neppure fermarsi a dare un’occhiata alle chiese antiche, magnifiche e imponenti. Non era interessata alla storia come lo era James Lacey, il vicino di casa, l’amore della vita di Agatha, partito ancora una volta per uno dei suoi viaggi, lasciando la casa vuota e Agatha depressa e ingrigita nei capelli. Il parrucchiere lo chiamavano tutti “Mr John”. La signora Bloxby si era tanto raccomandata di prendere appuntamento con lui in persona. Ed ecco lì, scintillante nella calura di High Street, un’insegna discreta, con la scritta mr john sopra l’ingresso, in lettere d’ottone graziate. Agatha spinse la porta ed entrò. Niente aria condizionata, era ovvio. Si era in Inghilterra e si avevano troppi ricordi recenti di estati fredde perché i commercianti potessero risolversi a far mettere un impianto di condizionamento. Un’impiegata annotò il nome di Agatha sul registro e chiamò una ragazza magra e brufolosa che scortò Agatha nel salone. Lei cominciò a pentirsi della scelta. Si trascinò di malavoglia fino a una stanza sul retro, e lì la ragazza le annunciò che sarebbe andata ad avvertire Mr John. Agatha fissò immusonita la propria immagine riflessa nello specchio. Si sentiva vecchia e sciatta. Poi all’improvviso nello specchio vide alle sue spalle un’apparizione, e una voce gradevole disse: “Buongiorno, signora Raisin, io sono Mr John”. 3


Agatha sbatté le palpebre. Mr John era alto, e molto, molto attraente. Aveva i capelli biondi e folti e occhi azzurrissimi, di un azzurro sorprendente, come un’ala di martin pescatore. La faccia era lievemente abbronzata. “E allora, vediamo un po’ cosa abbiamo qui,” disse. “Abbiamo dei capelli violacei,” rispose Agatha, secchissima, sentendosi sminuita di fronte a quella apparizione di grande bellezza. “Si rimedia facilmente. Vuole anche un taglio con piega?” Agatha, che di solito teneva i capelli corti, li aveva fatti crescere parecchio. Scrollò le spalle. Abbiamo fatto trenta, facciamo trentuno. “Perché no?” “Lei non è del posto, vero?” John mescolò la tinta con le sue mani forti e ben curate. “No, sono di Londra.” Agatha non aveva intenzione di raccontare a Mr John, né a chiunque altro, della sua infanzia nei bassifondi di Birmingham. “Avevo una mia società di pubbliche relazioni, l’ho venduta e mi sono trasferita a Carsely, in pensionamento anticipato.” “Un villaggio grazioso.” “Sì, molto piacevole.” “A suo marito piace?” “Mio marito è morto.” Le mani di John indugiarono al di sopra della testa di Agatha. “Raisin. Raisin? Questo nome mi dice qualcosa.” “Dovrebbe. È stato assassinato.” “Oh, sì, ricordo. Immagino sia stato terribile, per lei.” “Ho superato la cosa. In ogni caso non vedevo mio marito da parecchi anni.” “Ma una donna attraente come lei non resterà sola a lungo.” “Sono certa che lei lo dica con le migliori intenzioni, e che 4


lo dica a tutte le sue clienti più squallide,” disse Agatha, irritata, “ma io sono perfettamente consapevole del mio aspetto.” “Oh, ma io non mi sono mai occupato dei suoi capelli. Quando avrò finito, lei dovrà tenere lontani gli uomini a mazzate.” Agatha scoppiò a ridere. “Lei è molto sicuro delle sue capacità.” “Ho tutti i motivi per esserlo.” “Ma se è tanto bravo, perché sta qui a Evesham?” “E perché no? A me Evesham piace. La gente è cordiale. E qui sono un re. A Londra c’è molta competizione, rischierei di perdermi. Ecco, siamo a posto. Adesso faccio partire il timer. Sharon, porta un caffè e qualche rivista alla signora Raisin.” Nel frattempo era entrata una donna, che ora sedeva nella poltroncina accanto a quella di Agatha. “Pronta a rifare la tinta, Maggie?” la salutò Mr John. “Se lo ritieni opportuno,” disse Maggie, guardandolo con occhi adoranti. “Tuo marito ha apprezzato il nuovo stile?” “Non apprezza niente, in me.” La voce di Maggie si fece querula e lamentosa. “Insulti dal mattino fino a sera. Te lo dico io, John, se non ci fossi tu a tenermi su di morale, mi ucciderei.” “Oh, avanti. Quando avrò finito ti sentirai meglio.” Mentre Agatha aspettava che la tinta facesse effetto, vennero servite altre clienti, alcune con l’aiuto di un paio di assistenti, e lei rimase sbalordita nel sentire quante confessioni personali fossero affidate alle orecchie dei parrucchieri. Agatha osservava di nascosto Mr John mentre lui si dava da fare, ammirando il suo corpo atletico, i capelli biondi e quegli occhi, oh sì, quegli occhi così azzurri. 5


Agatha ricominciò a sentirsi viva, per la prima volta da settimane. Il timer suonò e lei venne scortata fino a un lavatesta, e la tinta fu sciacquata via. Poi Agatha fu ricondotta da Mr John, che cominciò a metterle i bigodini. “Pensavo che fosse una piega a phon.” “Intendo tirarli su, questi capelli… Agatha. Il nome è Agatha, vero?” Un parrucchiere meno attraente si sarebbe sentito rispondere seccamente che il nome era signora Raisin. Agatha annuì. “Ti piacerà.” “Non li ho mai raccolti, i capelli. Li ho sempre avuti corti.” Mr John schioccò la lingua. “Le signore che non nutrono una sufficiente considerazione di sé hanno sempre i capelli corti. Mostrami una donna con la testa a spazzola, e io ti mostrerò un esempio di autostima davvero scarsa. Ma sai che ti dico, che se il nuovo stile non ti piace, è un attimo togliere i bigodini e procedere al taglio.” Agatha concedette con riluttanza la sua approvazione, pur sentendo il sudore gocciolare lungo il corpo. Come faceva Mr John a mantenere un aspetto così fresco? Quando ormai stava cominciando a pensare di essere sotto il casco da ore, Agatha venne tratta in salvo e riportata da Mr John. Mentre lui si dava da fare, Agatha rimase estasiata nel vedere emergere il risultato. I capelli erano tornati a essere castani e lucidi, ma raccolti sulla nuca alla francese, e poi pettinati in modo da incorniciare il viso e farlo sembrare più magro. Agatha dimenticò il gran caldo. Sorrise a Mr John, piena di gratitudine. 6


Stava tornando alla macchina, strizzando gli occhi per ammirarsi riflessa nelle vetrine di High Street, quando si rese conto di non aver fissato l’appuntamento successivo. Ma Agatha la piega se l’era quasi sempre fatta da sola, e i capelli li tagliava a Londra, quando le capitava di andarci. Una volta a casa spalancò le porte e le finestre nel tentativo di rinfrescare un po’ l’aria. I due gatti si precipitarono in giardino ma poi si accasciarono sull’erba, letargici nel sole. Agatha fissò il telefono, silenzioso nel suo angolo. Sembrava non suonare mai, cosa che contribuiva alla depressione. Il suo amico Bill, il sergente Wong, era in vacanza; sir Charles Fraith, che era rimasto coinvolto insieme a lei in un paio di casi di omicidio, era all’estero; James Lacey era andato chissà dove; e neppure Roy Silver, il suo ex dipendente, si era preso la briga di chiamarla. Poi Agatha si ricordò che quella sera era in programma una riunione della Società delle Dame di Carsely. Una buona occasione per sfoggiare la nuova acconciatura. La signora Bloxby avrebbe ospitato le socie in canonica, e per via della calura aveva disposto le sedie e i tavoli in giardino. La pettinatura di Agatha ebbe un gran successo. “Da chi sei andata?” s’informò la signora Friendly, una donna – nomen omen – paffuta e gioviale. Si era trasferita relativamente da poco nel villaggio, e l’avevano accolta come un antidoto alla presenza dell’altra nuova venuta, la signora Darry, che stava mangiucchiando un pezzetto di dolce con concentrazione degna di un coniglio. “Da Mr John a Evesham,” disse Agatha. Con sorpresa di Agatha, la faccia della signora Friendly si contorse come quella di un neonato sofferente. “Io non ci andrei,” disse, con la voce ridotta a un sussurro. 7


“Perché?” Agatha fissò maleducatamente i capelli della signora Friendly, che erano di un color castano smorto, da topo, e pendevano in ciocche sudaticce ai lati della faccia accaldata. “Oh, niente,” borbottò la signora Friendly. “È che si sentono raccontare certe storie.” “Sul conto di Mr John?” “Sì.” “Che genere di storie?” “Devo parlare con la signora Bloxby.” La signora Friendly si allontanò. Agatha la fissò un attimo e poi scrollò le spalle. Fu raggiunta dalla signorina Simms, ragazza madre di Carsely e segretaria della società. “Pettinata così è uno schianto, signora Raisin.” Agatha aveva da tempo rinunciato a chiedere alle altre socie di chiamarla per nome. Sembravano tutte quante affezionate all’uso antiquato e formale dei cognomi. La signorina Simms indossava un paio di calzoncini succinti e un top, oltre alle solite calzature con tacco a spillo. “Da chi è andata?” “Da Mr John, a Evesham.” “Oh, ci sono stata una volta a farmi fare i capelli. Ero damigella d’onore alle nozze di mia sorella Glad. Me li ha sistemati benissimo, ma lui non mi è piaciuto per niente.” “Perché?” “Se la tirava in una maniera spaventosa. Smaniava per le clienti più ricche.” Agatha scrollò le spalle. “Non è poi così importante la personalità del parrucchiere, no?” “Per me sì. Insomma, non mi piace essere toccata da uno che non mi piace.” La riunione passò ad affrontare l’ordine del giorno. Le 8


socie avrebbero organizzato un concerto ad Ancombe. Agatha fu presa dallo sconforto. I concerti della Società delle Dame erano davvero spaventosi, lunghe serate piene di gorgheggi stridenti e scenette penose. La signora Darry intervenne con gli occhi scintillanti nella faccia da furetto. Indossava una gonna di tweed, una camicetta e una giacca di tweed e non sembrava soffrire il caldo. “Come mai la signora Raisin non si offre mai di fare nulla?” “E perché non si offre lei?” la rimbeccò Agatha. “Perché io mi occupo del tè.” “Non ho alcun talento,” disse Agatha. La signora Darry fece una risatina stridula. “Nemmeno le altre ce l’hanno, ma questo non le ferma.” “Questa,” protestò la signora Bloxby, “è un’osservazione davvero poco gentile.” La signorina Simms, che si era offerta di fare la sua imitazione di Cher, guardò malissimo la signora Darry. “Brutta strega invidiosa,” disse. “Quasi quasi mi vien voglia di dirvi che al tè stavolta dovrete pensarci voi,” disse la signora Darry. Ci fu un attimo di silenzio. Poi Agatha disse: “Lo farò io”. “Buona idea,” disse la signorina Simms. La Darry si alzò dalla sedia. “Allora se non avete bisogno di me, io me ne vado a casa.” La signora Darry uscì rabbiosamente dal giardino. Agatha si morse il labbro. Non aveva una gran voglia di preparare i rinfreschi per un gruppo di donne, con quel caldo. La depressione che si era alleviata grazie alla seduta dal parrucchiere tornò a gravarle addosso come una nube nera. Questa è la tua vita, Agatha Raisin. Intrappolata in un vil9


laggio dei Cotswolds, tagliata fuori da qualsiasi attività entusiasmante, tagliata fuori da qualsiasi avventura, ridotta a preparare il tè per un branco di donnette noiose. Dopo la riunione si trascinò a casa. Non c’era un filo d’aria. Aprì tutte le finestre. Guardò il telefono muto. Magari qualcuno aveva chiamato, mentre Agatha era fuori? Compose il numero 1571, quello del servizio di segreteria. “Lei ha un messaggio,” annunciò la voce impostata del computer. “Lo vuole ascoltare?” “Certo che voglio, deficiente di una deficiente,” ruggì Agatha. Un momento di silenzio e poi la voce disse con sussiego: “Scusi, ma non ho capito. Vuole ascoltare il suo messaggio?”. “sì.” Ci fu un click e poi all’orecchio di Agatha giunsero i toni ben modulati di sir Charles Fraith: “Ciao, Aggie. Ti andrebbe di cenare insieme domani sera?”. L’umore di Agatha si rischiarò. Anche se in passato si era mostrata diffidente nei confronti di Charles per via di una notte di sesso vissuta con lui a Cipro, una notte che a quanto pareva per lui aveva avuto poco significato, l’idea di uscire a cena e di sfoggiare la nuova acconciatura l’allettava parecchio. Fece il numero di Charles, e sulla segreteria telefonica del baronetto gli lasciò detto che la passasse a prendere alle otto della sera successiva. Il senso di depressione tornò ad attenuarsi, ancora una volta, e Agatha salì al piano di sopra, si fece un bagno e andò a letto. Aveva tenuto i capelli raccolti, ma posando la nuca sul cuscino caldo le forcine le si conficcarono nel cranio. Alla fine si alzò, levò tutte le forcine e tornò a letto, 10


rigirandosi tutta la notte nell’afa soffocante. Si udirono dei tuoni e verso le due di notte piovve ma senza rinfrescare affatto l’aria. Nell’alzarsi, al mattino, Agatha scoprì che i suoi capelli erano un disastro, inumiditi dal sudore e scompigliati per tutto quel rigirarsi nel letto. Non appena giunse l’ora in cui sapeva che il salone avrebbe aperto, Agatha telefonò alla segretaria di Mr John per vedere se non fosse possibile fissare un appuntamento per il giorno stesso. “Sono molto spiacente, signora Raisin,” disse quella, con una nota un po’ boriosetta. “L’agenda di Mr John purtroppo è al completo.” “Me lo passi.” “Prego?” “Ho detto di farmici parlare… e subito!” “Oh, d’accordo.” “Agatha!” Mr John l’accolse come una vecchia amica. “Devo uscire a cena e la mia testa è un disastro. Non riesci a trovare un attimo per me?” “Mi piacerebbe poterti aiutare. Vediamo. Josie, passami l’agenda.” Si sentì un frusciare di pagine e poi John tornò al telefono. “I capelli li hai lavati ieri, quindi io potrei metterti i bigodini e rifarti la piega, ma devi per forza venire alle cinque.” Agatha rifletté rapidamente. Avrebbe avuto tempo in abbondanza per farsi i capelli, tornare a casa, lavarsi e cambiarsi d’abito prima dell’arrivo di Charles. “Perfetto,” disse. “Ci sarò.” Salì in camera e spalancò le ante del guardaroba. Come vestirsi? C’era quel tubino nero che non aveva più indossato dopo il viaggio a Cipro. A Charles era piaciuto. Agatha se 11


lo provò. Le stava largo. Che strano, pensò Agatha, la depressione si era rivelata molto più efficace delle diete e della ginnastica. Era dimagrita. Decise di prendere la macchina e andare a Mircester a cercare un vestito nuovo. Il volante le scottava tra le mani e Agatha era ormai lontana da Carsely e stava correndo lungo la Fosse quando l’effetto dell’aria condizionata cominciò a farsi sentire. Mircester luccicava nella calura implacabile. Agatha riuscì a trovare parcheggio senza difficoltà. A quanto pareva un sacco di gente aveva deciso di rimanere a casa. Agatha si mise gli occhiali da sole e scrutò il cielo. Neanche uno straccio di nuvola in vista. Puntò su Harris Street, dietro la piazza principale, una via piena di boutique di lusso. Entrò e uscì da un negozio dopo l’altro, finché non si rese conto di non farcela più a provare vestiti. Forse sarebbe stato meglio ripiegare su uno dei capi che aveva già in casa. Magari le sarebbe stato un po’ largo, ma tanto di guadagnato, visto che avrebbero cenato in qualche ristorante certamente privo di aria condizionata. Agatha aveva appena deciso di lasciar perdere, quando affacciandosi su un vicolo laterale di Harris Street che dava sull’abbazia, notò che il mercato settimanale era in pieno svolgimento. Agatha pensò di comprare un po’ di verdura per un’insalata. Una volta entrata nel mercato alla ricerca degli ortolani notò parecchie bancarelle piene di abiti dai colori vivaci. E un vestito in particolare catturò la sua attenzione. Era di un bel cotone scarlatto, con un motivo di fiori di loto bianchi. Aveva una linea morbida, e l’aria di essere fresco. Agatha lo tastò. Al suo fianco si materializzò un venditore indiano. “Vestito carino,” disse l’uomo. 12


Agatha esitò. “Quanto viene?” “Quattordici sterline.” Agatha ci pensò su. Era molto a buon mercato. Magari si sarebbe tutto raggrinzito, o addirittura si sarebbe disfatto. Lei si era preparata spiritualmente a spendere più o meno duecento sterline. “Sa che le dico,” disse stancamente il commerciante, “glielo lascio a dodici.” “D’accordo, lo prendo.” Lui ficcò l’abito in un sacchetto di plastica riciclato. “Che caldo.” Agatha gli porse i soldi. “E non mi dica che dovrei esserci abituato,” disse lui, mestamente. “Sono nato a Birmingham.” Agatha stava per dire “Anch’io”, ma poi non lo fece. Si vergognava di quel suo passato. Non appena arrivata a casa provò il vestito. Era molto grazioso, e una volta abbinato a una collana d’oro massiccio sembrava perfino un capo costoso. E adesso, Mr John. Evesham pareva perfino più afosa di Mircester. Agatha all’improvviso rimpianse la sua vecchia, semplice acconciatura, che le consentiva di farsi da sé il lavaggio e la piega. Ma ecco lì Mr John, rilassato e bello come al solito. “Abbiamo un appuntamento?” chiese. “Sì.” “Una persona speciale?” Agatha non resisté alla tentazione di pavoneggiarsi. “In effetti è un baronetto.” “Oh, magnifico. Quale baronetto?” “Sir Charles Fraith.” “E come lo hai conosciuto?” Agatha stava per dire “Mentre indagavo su un caso”, ma non le piaceva l’implicazione che una come Agatha Rai13


sin non potesse conoscere gente titolata, quindi rispose con tono disinvolto: “È nel mio giro”. E speriamo che questo ti chiuda il becco, pensò. “Peccato,” disse lui. “Peccato cosa?” “Penserai che sia una sfacciataggine da parte mia, ma stavo pensando io di invitarti a uscire.” “Perché?” chiese Agatha, colta di sorpresa. “Sei una donna molto attraente.” E ricca, pensò cinicamente Agatha. Però Mr John era così bello con i suoi occhi azzurrissimi e intensi, e i capelli biondi. Se James fosse tornato e li avesse visti uscire insieme, magari si sarebbe ingelosito; magari sarebbe stato spinto a dire con voce roca: “Ti ho sempre amata, Agatha”. “Scusa.” Mr John ficcò una forcina nei capelli di Agatha, e il suo sogno roseo scoppiò come una bolla di sapone dai colori brillanti. “Magari una delle prossime sere,” disse cautamente Agatha. “Fammici pensare.” Ma l’invito di John la fece arrossire piacevolmente e poi lui era un mago nel sistemarle i capelli in maniera così elegante. Agatha tornò alla macchina che aveva parcheggiato su una doppia linea gialla. “Ma tu guarda se è il modo di mettere la macchina!” le sibilò una donna nell’orecchio. Agatha scrollò le spalle, si avvicinò alla portiera e l’aprì. “Ma è la sua!” trasalì la donna. “Non lo sa che è vietato parcheggiare lì?” Agatha si girò per affrontarla. “Non sto bloccando il traffico e non sto intralciando nessuno,” disse con calma. “Né sono responsabile della folle distribuzione dei parcheggi a Evesham e neppure di quello stupido sistema di sensi unici. 14


Ma io mi chiedo quale godimento ci tragga, una come lei, ad andare in giro con ’sto caldo a insultare gli automobilisti. Ma vada a casa, si beva un tè, si prenda una pausa. Si faccia una vita sua!” E sorda alle insolenze che avevano cominciato a riversarsi nelle sue orecchie, Agatha salì in macchina e se ne andò. Charles arrivò puntuale alle otto. Diede ad Agatha un casto bacetto su una guancia. “Mi piacciono i tuoi capelli, Aggie. E il vestito. In effetti oggi pomeriggio ne ho comprato uno simile al mercato di Mircester, per mia zia. Brontolava perché non aveva niente di fresco da mettersi addosso.” “Questo l’ho preso da Harrods,” mentì Agatha. “Quella che hai trovato al mercato sarà stata un’imitazione da due soldi.” Ma il piacere di poter sfoggiare un bel vestito e una bella testolina era già rovinato. “Dove ceniamo?” “Pensavo di andare da Little Chef.” Little Chef è una catena di ristoranti economici, un posto sul modello di Howard Johnson negli Stati Uniti, decente ma non certo entusiasmante. “Non mi faccio portare da Little Chef. Sei proprio taccagno, Charles.” “A me mangiare lì piace,” disse lui, sulla difensiva. “Immagino che tu invece abbia voglia di qualche schifezza etnica. Senti, offrimi un whisky intanto che mi faccio venire in mente qualcosa.” Agatha gli versò un whisky e lui si accomodò in poltrona cullando il bicchiere nelle mani piccole e ben curate. Charles era un ometto biondo e snello. Agatha non aveva mai saputo quale fosse la sua età. Il baronetto aveva un viso dai tratti gentili e delicati e lei originariamente aveva creduto che non avesse compiuto ancora quarant’anni. In 15


seguito però aveva deciso che dovesse essere probabilmente attorno ai quarantacinque. Charles indossava una camicia sbottonata sul collo e aveva appeso la giacca a una sedia. “Ho trovato,” disse. “Possiamo andare al Jolly Roger, quel nuovo pub di Ancombe.” “Non ci sono mai stata e il nome non mi ispira affatto.” “Un mio amico c’è andato la settimana scorsa. Ha detto che si mangia bene. E poi hanno alcuni tavoli in giardino. A proposito, a Mircester ho incontrato quel tuo amico poliziotto; il cinese, come è che si chiama?” “Bill Wong. Ma è via in ferie!” “Immagino che le passi a casa, le ferie. Era in giro a braccetto con una ragazza.” E non mi ha telefonato, pensò Agatha. Bill era stato il suo primo amico, perché la vecchia Agatha, l’Agatha più tosta e ambiziosa, quella che pensava solo alla carriera, non aveva mai avuto il tempo di farsi degli amici. Agatha sentì ammassarsi all’orizzonte le vecchie nubi nere di quella depressione. Partirono per Ancombe e parcheggiarono davanti al Jolly Roger, che un tempo si chiamava l’Uomo Verde. All’interno ogni dettaglio fece presagire ad Agatha che il cibo sarebbe stato scadente – le reti da pesca, i murali con scene di pirati, camerieri e baristi in magliette a righe e braghe al ginocchio con fibbie in argento di purissima plastica. Charles fece strada in giardino, che perlomeno era di una frazione di grado più fresco dell’interno. Un cameriere furfantesco, presentatosi come “Henry”, consegnò due menu grandi e chiassosamente colorati. “Oh, merda!” borbottò Agatha. “Senti qui. Deliziosa salsina di patate di Capitan Uncino. E che ne dici del Polletto della Costa dei Barbari con frittelle di mais bollenti alla Long John?” 16


Il cameriere Henry incombeva su di loro. “Ricordi quando si chiamavano galline, e i polletti erano quei cosini gialli e piumosi?” domandò Agatha. “E adesso tutti i montoni si chiamano agnelli, cara mia,” disse Henry con un risolino. Agatha gli lanciò un’occhiata ostile. “Levati dai piedi e piantala di contorcerti e sogghignare, ti chiameremo noi quando saremo pronti.” “Ma non l’ho mai fatto, davvero.” Henry fece un movimento brusco con la testa. “Che tu non abbia perso la verginità è una cosa che non mi riguarda. Cavati dai piedi.” “Lo hai offeso, Aggie,” disse tranquillamente Charles. “E chi se ne frega,” borbottò Agatha. Bill non si era neppure preso la briga di telefonarle. “Tu cosa prendi?” “Prendo la prima colazione, qui la servono tutto il giorno. La Colazione Speciale di Dick lo Sguercio, e spero che me la portino con un sacco di patate fritte.” “Niente antipasto? Io prenderò un’insalata di prosciutto.” “Non possono avere un piatto descritto banalmente come un’insalata di prosciutto.” “È descritto come maiale dei Mari del Sud arrostito, affettato su un letto di insalatina croccante con gallette del marinaio.” “Oh. Prendi del vino?” “Perché no?” Charles fece un cenno di richiamo al cameriere, ordinò i piatti e una caraffa di vino della casa. “Niente vino d’annata, per me?” chiese Agatha. “In un posto come questo non mi pare il caso.” “E allora perché mi ci hai portata, in un posto come questo?” 17


“Dio mio Agatha, sei acida come un limone, stasera. Ne devo dedurre che James non è nei paraggi?” “No, è via chissà dove.” “E non ti ha neppure detto arrivederci? Sì, lo capisco dalla tua faccia.” “Gli uomini sono così immaturi.” “È quello che le donne ci rinfacciano sempre.” “Beh, è la verità.” “È una componente necessaria della cosmetica maschile. Ci consente di sognare più in grande e di realizzare questi sogni. Ti sei mai chiesta perché tutti i grandi inventori sono maschi?” “Perché le donne non ne hanno mai avuta l’opportunità.” “Sbagliato. Le donne sono pragmatiche. Devono esserlo, per poter tirare su i figli. Ti illustrerò il mio pensiero con un aneddoto.” Charles posò il mento sulle mani e fissò con aria sognante un punto alle spalle di Agatha. “Un tizio va all’università di Cambridge. Le ragazze lo atterriscono e in ogni caso sono interessate solo ai rugbisti grossi e pelosi, mentre lui è il tipo dell’accademico. Così il tizio si innamora della camerierina di un bar e la ingravida e la sposa. Si laurea con il massimo dei voti in fisica ma deve mantenere la nuova famiglia, quindi accetta un lavoro in una società di assicurazioni, ed eccolo lì immerso fino al collo nel mutuo e nelle rate dell’auto, e la moglie mette al mondo due gemelli. Passa qualche anno e lui comincia a passare tutti i fine settimana nel capanno degli attrezzi, in giardino. La moglie comincia a piagnucolare e a lagnarsi. ‘Non ti vediamo mai. A Sharon e Tracey manca il loro papà. Cosa stai combinando?’ Alla fine lui glielo dice. Sta costruendo una macchina del tempo. E a quel punto, oh merda, scoppia il finimondo. ‘Ci pagheremo le bollette, 18


con ’sta roba?’, s’infuria lei. ‘I Jones, i nostri vicini, hanno un freezer nuovo. Quando ne avremo uno anche noi?’ E così via. Lui allora si rinchiude nel suo capanno ed eccolo lì che lavora con il suo martello, mentre lei è là fuori a strillare. “Insomma, il tizio costruisce questa macchina del tempo e diventa miliardario e scappa di casa con una ragazzetta dell’ufficio, l’unica donna che lo capisce veramente e che gli ha dato sostegno, e lei di sicuro lo ha fatto pur non capendo una sola parola di quel che il tizio le ha raccontato, però le piace il brivido di avere una storia con un uomo sposato. Il tizio divorzia dalla moglie e sposa la ragazza dell’ufficio, solo che il denaro dà alla testa della nuova tipa che comincia a frequentare gli Eurotrash e fugge con un pilota da corsa e poi vivono tutti infelici e scontenti. E la morale della favola è che gli uomini e le donne sono diversi tra loro e dovrebbero cominciare ad accettare questo fatto.” Agatha rise. “Ma il tizio non poteva fuggire dentro la sua macchina del tempo?” “Ovviamente no. Gli avevano dato fior di miliardi per distruggerla. Non si poteva rischiare di avere gente saltabeccante da un secolo all’altro, a incasinare la storia.” “Non capisco mai se sei un maschio porco sciovinista o se stai solo facendo lo spiritoso.” “Non faccio mai lo spiritoso. Guarda che rughe ho sulla fronte, Aggie. Il prodotto di pensieri profondi. Ma dimmi di te. Niente omicidi piacevoli e succosi?” “Niente di niente. Ormai sono un’investigatrice in disarmo.” “Pensavo che l’esperienza di Cipro ti avesse assicurato una dose di morte e agitazione bastevole per tutta la vita.” Cipro. Sull’isola Agatha aveva trascorso una notte con 19


Charles e James lo aveva scoperto e le cose tra lui e Agatha non erano state più le stesse. Agatha non voleva riconoscere che la relazione con James era in crisi già da molto prima del fattaccio. Charles vide l’ombra calare sugli occhi di Agatha e disse gentilmente: “Non avrebbe funzionato, lo sai. James è un tipo da venti per cento”. “Non capisco. Che vuol dire?” “Le cose stanno in questo modo. Tu sei una tipa da ottantacinque per cento e James è uno che dà solo il venti per cento. Non lo fa per cattiva volontà, è che non è capace. Un sacco di uomini sono così ma le donne non lo capiranno mai. Le donne continuano a dare. E pensano che se andranno a letto con il tizio da venti per cento, e daranno anche quel loro quindici per cento finale, si sveglieranno miracolosamente accanto a un cento per cento. Sbagliato. Sarà già un miracolo se si sveglieranno accanto a quel tizio, e basta. Probabilmente troveranno un biglietto sul cuscino, con su scritto ‘Sono tornato a casa a dar da mangiare al cane’, o qualcosa del genere.” Ad Agatha tornarono in mente le notti con James e le mattine in cui lui si alzava sempre per primo, e non accennava mai a quel che era successo a letto né la coccolava né la baciava. “Forse ero solo la donna sbagliata,” ammise. “Fidati, cara mia. Qualunque donna è quella sbagliata, per James.” “Forse mi sarei accontentata senza problemi del venti per cento.” “Bugiarda. Ecco la nostra cena.” Agatha rimase stupita nel constatare che il prosciutto era squisito e l’insalata fresca e croccante. 20


“Quindi non andremo più in giro a investigare?” chiese Charles, irrorando di ketchup le sue patatine. “Non posso continuare a contare sul ritrovamento di cadaveri per rallegrarmi la vita.” “Non lavori più nelle pubbliche relazioni?” “No. Profondo tutte le mie energie nel rifornire di tè e torte le dame di Ancombe.” “Qualcosa ti inventerai, Aggie. Non ci sono altri uomini all’orizzonte?” “Uno assolutamente stupendo.” “Chi?” “Il mio parrucchiere.” “Ah, il responsabile della nuova eleganza?” “Lui.” “I parrucchieri sono volubili. Ricordo… Ma no, lasciamo stare.” “Che mi dici della tua vita amorosa, Charles?” “Al momento niente in vista.” Per il resto della cena rievocarono le loro avventure a Cipro, e poi Charles riaccompagnò Agatha a casa. “Se mi fermassi da te, stanotte?” disse lui, sulla soglia del cottage. “No, Charles, non mi interessa il sesso occasionale.” “E chi ti dice che sarebbe occasionale?” “Charles, a Cipro hai dimostrato che per te io sono solo un divertimento a ore. Non ti ha mai colto il dubbio che potresti essere anche tu uno da venti per cento?” “Touché! Ma rifletti, Aggie. Se un’ottantacinque per cento continua a frequentare i venti per cento vuol dire che è altrettanto refrattaria a impegnarsi.” Charles la salutò con un cenno della mano e se ne tornò alla macchina. 21


Agatha entrò in casa, con il morale a terra. Zero messaggi sulla segreteria telefonica. E perché Bill Wong non le aveva telefonato, che cosa gli passava per la testa? La cosa ragionevole sarebbe stata che gli telefonasse lei, eppure Agatha era atterrita all’idea di scoprire di aver perso l’affetto del suo primo amico. La vita andava avanti. Agatha doveva andare avanti. Forse alla fin fine avrebbe accettato l’invito di Mr John.

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Estratto da M.C. Beaton, Agatha Raisin e il mago di Evesham Titolo originale dell’opera Agatha Raisin and the Wizard of Evesham Traduzione dall’inglese di Marina Morpurgo © 1999 by M.C. Beaton © 2013 astoria srl, Milano Prima edizione: novembre 2013 ISBN 978-88-96919-73-6 Progetto grafico: zevilhéritier

www.astoriaedizioni.it


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