La peste e io

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“Oh Capitano! Mio capitano!” Il capitano di tutti questi uomini di morte che vennero da lui per portarselo via era la Consunzione, perché fu essa a portarlo alla tomba. John Bunyan, La vita e la morte di Mr Badman

Prendersi la tubercolosi a metà della vita è come andare in centro per fare un sacco di commissioni urgenti e venire investiti da un autobus. Quando riprendi conoscenza non ricordi assolutamente niente delle commissioni urgenti. Non ricordi nemmeno dove stavi andando. Adesso le cose importanti sono il dolore alla gamba, le fitte alla schiena, cosa mangerai per cena, chi c’è nel letto accanto al tuo. Per storia personale e indole alcune persone sono più adatte di altre a venire investite da un autobus. Per esempio Doris, che aveva lavorato con me in un ufficio statale. Sua madre aveva un piccolo tumore, il padre una gamba “che proprio non andava”, Doris una quantità di “problemi femminili” e tutti speravano che la nonna avesse il cancro. Doris, i suoi fratelli e le sue sorelle, le zie e gli zii, sua madre e suo padre, sua nonna e suo nonno, tutti loro, avevano cominciato la vita da minuscoli neonati prematuri, formati a malapena, portati in giro su cuscini e nutriti con il contagocce. Se riuscivano ad arrivare vivi al primo compleanno, e ci riuscivano spesso, da quel momento la loro vita era un susseguirsi di continui dolori, patimenti, starnuti e colpi di tosse. Quando Doris o un qualsiasi altro membro della sua grande famiglia malaticcia si chiedevano come stavano non era solo un convenevole: volevano saperlo davvero. Erano così timorosi di ammalarsi che si preparavano per le giornate da raffreddore in anticipo sui germi, come se si allenassero per la partita dell’anno. Il lunedì mattina a colazione Doris 1


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La peste e io by astoria edizioni - Issuu