Fragole selvatiche

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1 La funzione del mattino

Il pastore di St Mary, a Rushwater, teneva ansiosamente d’occhio attraverso la finestra della sacrestia il cancelletto nel muro del camposanto. Da quel cancello la famiglia Leslie era sempre arrivata con gradi variabili di mancanza di puntualità fin da quando il pastore aveva preso servizio a Rushwater, e sembrava improbabile che i Leslie fossero stati più puntuali prima del suo insediamento. È un omaggio alla personalità di lady Emily Leslie, rifletté il pastore, il fatto che tutti coloro che vivono con lei, ospiti del fine settimana compresi, finiscano per condividere la sua mancanza di puntualità. Quando il pastore era arrivato a St Mary, i quattro figli Leslie erano ancora nella nursery. E ogni domenica i suoi nervi erano messi a dura prova mentre l’intera famiglia faceva il suo ingresso nel bel mezzo della Confessione Generale, con lady Emily che seminava libri di preghiera e sciarpe e assegnava i posti a ciascuno con amorevoli, chiassosi bisbigli. Durante la guerra il figlio maggiore aveva combattuto in Francia, il secondogenito John era entrato in Marina, e Rushwater House era diventata un convalescenziario. Ma la vitalità di lady Emily non ne aveva risentito, e la sua partecipazione alla funzione del mattino era risultata più che mai molesta all’infastidito pastore, perché lady Emily guidava branchi di convalescenti facendoli accomodare sulla sua panca, aiutandoli senza alcuna necessità a gestire le stampelle, spostando i cuscini sugli inginocchiatoi, 1


coprendo con scialli le spalle di uomini pieni di gratitudine e di imbarazzo per proteggerli da spifferi immaginari, parlando con un sussurro penetrante che distraeva il pastore dalla funzione, e comportandosi nel complesso come se la chiesa fosse la casa di amici suoi. Giunse il momento in cui il pastore sentì che era suo dovere, per il bene degli altri fedeli, chiederle di essere un po’ più puntuale e un po’ meno direttiva. Ma stava ancora cercando di raggranellare il coraggio necessario quando giunse la notizia che il figlio maggiore dei Leslie era stato ucciso. La domenica successiva, nel vedere il bel viso di lady Emily pallidissimo e stravolto, il pastore fece voto, mentre pregava, di non concedersi più alcuna critica nei suoi confronti. E sebbene quella stessa domenica lady Emily si fosse agitata tra cuscini e strapuntini per mettere comodi i suoi soldati feriti al punto che questi rimpiansero amaramente di non essere rimasti in ospedale, e sebbene lady Emily avesse inventato un metodo di comunicazione silenziosa con Holden, il sacrestano, a proposito della chiusura di una certa finestra, assorbendo così l’attenzione dell’intera congrega, il pastore non aveva mai vacillato, da allora, nel mantenere il voto. In occasione delle nozze di sua figlia Agnes con il colonnello Graham, lady Emily era stata per una volta puntuale, ma i suoi tentativi di risistemare l’ordine delle damigelle nel bel mezzo della cerimonia e la sua insistenza nel voler uscire dal banco per porgere alla madre dello sposo novello un libro di preghiere che quella non voleva erano stati uno spettacolo all’interno del matrimonio. E per quanto riguardava la cresima di David, il figlio minore, il pastore si svegliava ancora nel pieno della notte tremando al pensiero del ricevimento che a lady Emily era sembrato opportuno offrire, dopo, nel presbiterio, per quanto in apparenza non si fosse arrecata alcuna offesa al vescovo. Rushwater adorava quella donna. Il pastore sapeva perfettamente che Holden ritardava apposta la scampanata finale per concedere a lady Emily tutte le possibilità, ma non aveva mai avuto il coraggio di accusarlo in modo aperto. Proprio in quel momento il cancello scattò e la famiglia Leslie fece il suo ingres2


so nel camposanto. Il pastore, molto sollevato, si allontanò dalla finestra e si preparò a entrare in chiesa. Era un gruppo numeroso, quello giunto da Rushwater House. Lady Emily, negli ultimi tempi un po’ azzoppata dall’artrite, camminava con una stampella nera, aggrappandosi al braccio del secondogenito John. Il marito le stava all’altro fianco. Agnes Graham la seguiva con le due bambinaie e i tre figli. Poi veniva David con Martin, il più grande tra i nipoti Leslie, un ragazzo poco più che sedicenne. Suo padre era il Leslie morto in guerra. Lady Emily arrestò la cavalcata sotto il portico. “Allora, Tata,” disse, “aspettiamo un minuto e vediamo dove sistemare tutti. Chi farà la comunione?” Entrambe le bambinaie rivolsero lo sguardo altrove con espressione schizzinosa. “Tu no, Tata, e neppure Ivy, immagino,” disse lady Emily. “Milady, Ivy può comunicarsi al mattino presto, quando vuole,” disse la Tata, glacialmente tollerante. “Io sono una dissidente.” Lady Emily assunse un’espressione angustiata. “Agnes,” gridò, posando una mano guantata sul braccio della figlia, “cosa ho combinato? Non sapevo che la Tata fosse una dissidente. Non possiamo disporre che uno degli uomini la accompagni giù al villaggio, se non è troppo tardi? Temo che oggi sia il giorno libero di Weston, ma presumo che qualcun altro potrebbe guidare la Ford. O non ha importanza?” Agnes Graham rivolse alla madre i begli occhi placidi. “È tutto a posto, mamma,” disse con la sua voce dolce e tranquilla. “Alla Tata piace venire in chiesa con i bambini, vero, Tata? Non la considera religione.” “Sono sempre stata cresciuta con il detto ‘Sia fatta la tua volontà’,” disse la Tata, introducendo all’improvviso una nota polemica nella conversazione, “e conosco i miei doveri. Tesoro, non cavarti quei guanti, o la nonna non ti porterà alla bella funzione.” “Ma per l’amore del cielo, Emily,” le interruppe facendosi 3


avanti il signor Leslie, alto, ben rasato, robusto, abituato a fare a modo suo tranne quando c’era di mezzo la moglie. “Per amor del cielo, non state lì a ciondolare e chiacchierare. Il povero vecchio Banister sta ballando sul pulpito e Holden ha finito di suonare la campana della chiamata. Venite.” Nessuno sapeva se il signor Leslie sulle questioni ecclesiali fosse ignorante quanto sosteneva di essere, ma aveva preso fin dalla più tenera età l’atteggiamento per cui una parola valeva l’altra. “Ma Henry, la faccenda della comunione è davvero importante,” disse lady Emily, con serietà. “Coloro che desiderano andarsene devono sedere sul lato esterno del banco, e coloro che intendono restare devono stare all’interno, per fare meno confusione. Solo io devo stare all’esterno perché le mie ginocchia si irrigidiscono se sto all’interno, ma se vado nella seconda fila con la Tata e Ivy e i bambini, mi possono passare tutti davanti agevolmente, non è vero, Tata?” “Sì, milady.” “E allora siamo a posto: Henry, tu vai nel banco davanti con Agnes e David e Martin, e il resto di noi starà dietro. Bada solo di far mettere Agnes proprio contro il muro perché lei si ferma a prendere la comunione e se lei sta all’esterno tu dovrai passare sopra di lei e anche sopra i ragazzi.” “Ma Martin e io non intendiamo fermarci per la comunione,” disse David. “No, tesoro? Va bene, come volete voi. In un certo senso non va tanto bene, perché il pastore adora le famiglie virtuose… ma insomma quel che intendevo dire è che se Agnes sta all’esterno, a te e a tuo padre e a Martin toccherebbe scavalcarla, non che lui dovrebbe scavalcare te e lei.” Nel frattempo la Tata, una giovane donna determinata e abbastanza gentile da sopportare i suoi datori di lavoro per amore dei bebè che i suddetti le fornivano, aveva già assunto il comando del secondo banco e sistemato se stessa e Ivy in modo che non ci fossero bambini seduti vicini. Il resto del gruppo seguì distribuendosi tra le file della congregazione già inginocchiata. E quando 4


arrivarono al banco della nursery, lady Emily si lasciò sfuggire un’esclamazione a voce alta. “John! Mi sono dimenticata di John. John, se non desideri la comunione dovresti andare davanti con David e Martin e gli altri, solo lascia a tuo padre il posto d’angolo.” John aiutò sua madre a sistemarsi nel banco, e poi scivolò in quello dietro. Lady Emily fece cadere il bastone nel corridoio, e il colpo echeggiò. John si alzò, lo raccolse e lo riconsegnò alla madre, che gli fece un sorriso radioso e disse in un’udibile a parte: “Sapete, non mi posso inginocchiare per via della gamba rigida, ma il mio spirito è genuflesso”. Ma prima che il suo spirito si dedicasse agli atti di devozione, lady Emily si sporse in avanti e batté leggermente sulla spalla di suo marito. “Henry, stai leggendo le lezioni?” s’informò. “Cosa c’è?” chiese il signor Leslie, nel bel mezzo del Venite. Lady Emily punzecchiò Agnes con il bastone. “Cara,” sussurrò a voce alta, “tuo padre sta leggendo le lezioni?” “Ma certo che le sto leggendo,” disse il signor Leslie. “Leggo sempre le lezioni.” “E allora quali sono?” chiese lady Emily. “Le voglio trovare nella Bibbia per i bambini.” “Non lo so,” disse il signor Leslie, con rabbia. “Non è affar mio.” “Ma Henry, lo devi sapere.” “Non lo so,” insisté lui, rosso in faccia per lo sforzo di sussurrare gentilmente, ma rabbioso e in tono di voce udibile. “Holden mi marca i passaggi. Guarda nel tuo libro di preghiere, Emily, troverai tutto al numero iniziale della Bestia o qualcosa del genere.” E con questa informazione sbagliata il signor Leslie si girò e riprese a cantare. E quando annunciò la prima lezione dal leggio, sua moglie ripeté a voce alta dopo di lui il libro, il capitolo e il verso, aggiungendo: “Ricordatevelo, tutti quanti”. E poi comin5


ciò la sua caccia tra le pagine della Bibbia. Il figlio maggiore di Agnes, James, che aveva solo sette anni, osservava con una certa impazienza gli sforzi della nonna. “Aprilo in un punto a caso, e basta, nonna,” sussurrò. Ma sua nonna insisté non solo nel voler trovare il punto ma anche nell’indicarlo a tutti gli occupanti di entrambi i banchi. Quando si giunse alla seconda lezione, lady Emily ormai aveva smarrito i suoi occhiali, e quindi James si assunse l’incombenza di ritrovarle il segno. Mentre lui era impegnato nella ricerca, lady Emily si sporse e domandò alla Tata: “Voi dissidenti ce le avete le lezioni?”. Ma la Tata, che sapeva qual era il suo posto, finse di non aver sentito. Quando il pastore iniziò il suo sermone virtuoso e poco appassionante, James andò a rannicchiarsi contro la nonna. Lei lo abbracciò, e nonna e nipote rimasero seduti comodamente insieme, seguendo ciascuno i propri pensieri, così diversi tra loro. Emily Leslie non stava mai nel suo banco senza pensare agli amatissimi defunti: al suo primogenito sepolto in Francia, e alla moglie di John, Gay, che dopo un anno di felicità lo aveva lasciato vedovo e senza figli. John dopo la guerra aveva lasciato la Marina, si era messo in affari e se la cavava bene, ma sua madre spesso si chiedeva se qualcuno o qualcosa sarebbe mai riuscito a fargli di nuovo battere forte il cuore. Ogni volta che veniva colto con la guardia abbassata, John straziava il cuore della madre con quelle sue rughe d’espressione profonde e dure. Per il resto pareva abbastanza felice, prosperava, pensava al Parlamento, aiutava suo padre nella tenuta, era uno zio gentile nei confronti di Martin e dei figli di Agnes, a Londra partecipava ai balli, alle serate teatrali e ai concerti, in campagna andava a cavallo e a caccia. Ma lady Emily a volte sentiva che, se gli fosse arrivata silenziosamente e all’improvviso alle spalle, avrebbe visto che John era solo una maschera vuota. E poi c’era Martin, che assomigliava in modo assurdo al suo defunto padre, ed era felice quanto ci si può aspettare da qua6


lunque sedicenne che sappia di essere ormai un vero adulto. Sua madre si era risposata, e per quanto Martin fosse in rapporti eccellenti con il patrigno americano, aveva fatto di Rushwater la sua casa, per la grande e segreta gioia dei nonni. Eredità e tasse di successione non erano parole in grado di suscitare in Martin grandi turbamenti. Lui sapeva che Rushwater un giorno sarebbe stata sua, ma possedeva la felice certezza dei giovani, sempre convinti che i loro vecchi vivranno in eterno. I pensieri più pressanti per Martin al momento riguardavano il possibile acquisto di una motocicletta in occasione del diciassettesimo compleanno, e le speranze che sua madre si scordasse del progetto di spedirlo in Francia per parte delle vacanze estive. Sarebbe stato intollerabile dover andare in quello spaventoso paese straniero quando sarebbe potuto restare a Rushwater e giocare nella squadra del villaggio contro gli undici del villaggio vicino. E voleva essere in Inghilterra se David fosse riuscito a strappare quel lavoro alla bbc. David sarebbe stato di diritto zio David, ma per quanto Martin attribuisse diligentemente il titolo di zio a John, lui e David erano su un piano di parità. David aveva solo dieci anni più di lui, e non era un tipo che ti venisse naturale considerare come zio. David era più un fratello maggiore, solo che non faceva il prepotente come taluni fratelli maggiori. David era la persona più perfetta che si potesse immaginare, e da grande Martin sarebbe diventato, con un po’ di fortuna, esattamente uguale a lui. Come David avrebbe ballato divinamente, avrebbe suonato e cantato gli ultimi successi jazz, sarebbe stato presidente della filodrammatica dell’università, avrebbe scritto una commedia che sarebbe stata messa in scena una domenica, sfornato un romanzo che solo le persone davvero intelligenti avrebbero letto, e forse, per quanto a questo punto la mente di Martin si ritraesse un po’, avrebbe fatto innamorare le ragazze a mucchi. Però non a lungo. Parrebbe superfluo precisare che le qualità che riempivano di adorazione Martin non erano affatto quelle che i genitori di David avrebbero più desiderato. Se fosse stato costretto a guadagnarsi da vivere, David sarebbe stato un serio problema. Ma 7


grazie alla parzialità avventata di una zia, il giovanotto era indipendente già da qualche anno. Quindi viveva in città e nutriva brame nei confronti del teatro, del cinema e delle trasmissioni radiofoniche, e di tanto in tanto il suo bell’aspetto, i modi disinvolti e le sue rendite autonome lo paracadutavano in qualche lavoro, ma non per molto. E come aveva vagamente intuito Martin, si erano innamorate di David frotte di ragazze. Quando i Leslie si auguravano che David riuscisse a tenersi stretto un lavoro, non mancavano mai di rammentarsi a vicenda che la casa non sarebbe stata la stessa senza le sue visite frequenti. Il signor Leslie stava pensando in parte a come avesse schivato un nome difficile nella prima lezione, tossendo e girando rumorosamente la pagina non appena giunto al punto cruciale, e in parte a un giovane toro che aveva promesso di andare a vedere dopo pranzo; e di tanto in tanto al perché Emily non potesse essere come gli altri. John invece guardò sua madre con il braccio sulle spalle di James nel banco davanti al suo e rimpianse, con quella pena che non gli usciva mai dal cuore, di non avere nessuno da poter tenere stretto, neppure per un momento, neppure nel più distaccato dei modi, senza alcuna slealtà nei confronti di Gay, solo per non sentire il vuoto che aveva al fianco, giorno e notte. “Ma comunque immagino che in chiesa non si possa fare,” pensò, e poi, essendo figlio di sua madre, per poco non rise forte di questi suoi pensieri e per poco non gli toccò fingere di avere il raffreddore per dissimulare quel riso. Fortunatamente il sermone finì proprio in quel momento e la voce di John non si notò, tra quello scalpicciare di piedi. In quel preciso istante sua madre, liberando James dall’abbraccio, disse con voce ansiosa: “Questo sembra un buon momento per fuggire”. John si protese verso di lei. “Non possiamo ancora, mamma,” sospirò, “dobbiamo restare per la colletta, lo sai.” Sua madre annuì energicamente e chiese a James di trovarle 8


la borsetta. Al termine di una lotta prolungata, questa fu recuperata sotto il cuscino, proprio all’arrivo del sacchetto delle offerte. Il signor Leslie ci infilò dentro alcune banconote e lo passò ad Agnes, che lo passò alla Tata, nella fila dietro. I due bambini più piccoli ci misero il loro mezzo scellino, ma James si limitò a sorridere e a mostrare le mani vuote. “Ecco qui,” disse John, allungandogli il mezzo scellino. “Grazie, zio John,” disse James, afferrandolo, “ma il nonno è un sostenitore della chiesa, quindi non dobbiamo dare nulla.” A quel punto non c’era altro da fare, se non strappare la moneta con forza dalle mani di James. Il gruppo della nursery sfilò davanti a lady Emily e lasciò la chiesa, seguito dagli uomini. Rimasero solo Agnes e sua madre. John e suo padre passeggiavano avanti e indietro al sole, ai piedi del basso muro del camposanto, discutendo del toro. “Come lo avete chiamato, sir?” chiese John. L’assegnazione dei nomi ai tori del signor Leslie era una faccenda di notevole peso. Tutti i tori si chiamavano Rushwater, e poi avevano un secondo nome che doveva cominciare per R. Il proprietario, che li allevava personalmente, vi attribuiva grande importanza, e cercava di trovare nomi che scorressero facili sulle lingue dei fattori argentini, acquirenti abituali dei tori. Ma ormai si era quasi esaurita la scorta di nomi a parere del signor Leslie adatti alla lingua spagnola, e nell’ultimo periodo la questione aveva assorbito una buona parte del suo tempo e delle sue conversazioni. “Avevo pensato a Rackstraw, o a Richmond,” disse il signor Leslie, dubbioso. “Ma non mi suonano tanto spagnoli.” “E Macpherson che dice?” Il signor Leslie emise un suono irato. “Macpherson sarà anche il nostro agente da trent’anni,” disse, “ma non gli è venuto in mente nulla di più sensato da proporre che Rannoch. Come pensa che un argentino possa pronunciare Rushwater Rannoch?” 9


John ammise la difficoltà, chiedendosi blandamente nel frattempo perché mai gli argentini dovessero essere ancor meno intelligenti di altri popoli. “E poi adesso c’è questa storia dell’affittare la canonica, Banister sarà via in agosto e vuole affittare. È una maledetta seccatura.” “Ma gli inquilini di Banister non dovrebbero essere una preoccupazione per voi, sir.” “Ha accennato a certi forestieri,” disse il signor Leslie. “Gente che ha conosciuto da qualche parte all’estero. A quanto pare non c’è mai pace. Tua madre li inviterà tutti quanti a cena due volte a settimana. Me ne andrò all’estero, in agosto.” “Ci sono un sacco di stranieri, all’estero,” disse John. “Sì, però se ne stanno al posto loro. È qui che non li vogliamo. Compra britannico, cose così. Se non fosse per gli stranieri staremmo molto meglio.” “In tal caso non avreste argentini cui vendere i vostri tori da esposizione.” “Stranieri, ho detto. Tedeschi e francesi e quella gente lì,” disse il signor Leslie, che a quanto pareva faceva sottili distinzioni tra i vari rami delle razze non anglofone. “E gli argentini non sono stranieri?” chiese John, poco gentilmente. “Quando ero ragazzo, per forestieri si intendevano i francesi e i tedeschi e gli italiani,” disse il signor Leslie con dignità. In quel momento lady Emily uscì dalla chiesa con Agnes. Il marito e il figlio le andarono incontro. Lady Emily si sedette su una panca sotto il portico e cominciò a involtolarsi in una lunga sciarpa color lavanda, continuando nel frattempo a parlare. “Henry, in chiesa stavo pensando che se la nipote di Agnes, cioè in realtà è la nipote di suo marito però Agnes le è affezionata, verrà a passare l’estate da noi, potremmo dare una festicciola danzante per il compleanno di Martin, in agosto. Magari una partita di cricket per cominciare, e poi il ballo. Agnes, tesoro, 10


guarda se riesci a trovare l’altro capo della sciarpa e dammelo… no, non quel capo, quello l’avevo visto, l’altro, cara. Sì, quello. È così scomodo doversi togliere i guanti per la comunione, me ne dimentico quasi sempre e il signor Banister è costretto ad aspettare.” A quel punto aveva terminato di avvolgersi la testa in un turbante elaborato, che assai si addiceva al suo bel viso sciupacchiato con il naso delicatamente aquilino, le labbra sottili e ben disegnate e i vivaci occhi scuri. Lady Emily si alzò aiutandosi con il braccio di John. “Adesso il mio bastone, Henry, e poi potresti mettermi sulle spalle quello scialle e non penso di mettermi i guanti solo per questo pezzetto per tornare a casa. Di cosa stavate parlando tu e tuo padre, John?” “Di tori, mamma, e di forestieri. Papà dice che andrà all’estero, se Banister affitterà la canonica a inquilini inadatti.” “No, Henry,” esclamò lady Emily inchiodandosi di botto e lasciando cadere la borsetta, “non dirai sul serio. Il signor Banister ci resterebbe male.” “Insomma, mia cara,” disse suo marito, raccogliendole la borsa, “in fondo se ne va all’estero anche lui e non mi pare che sia affar suo, il dove vado io.” “Dobbiamo discuterne come si deve,” disse lady Emily, continuando ad avanzare attraverso il cancello del camposanto e il giardino di rose di casa sua, “e chiarire tutto quanto insieme, a pranzo. Mi è venuto in mente, mentre c’era quell’intervallo imbarazzante in cui la gente che non fa la comunione scappa, che se potessimo far riparare il tetto del padiglione prima dell’inizio del cricket, sarebbe una gran bella cosa. Henry, ne parlerai con Macpherson?” “Gliene ho parlato l’ottobre scorso, Emily, e ci hanno lavorato negli ultimi sei mesi.” “Oh, ma certo,” disse lady Emily, fermandosi per risistemare lo scialle, che strascicava al suolo. “Si vede che pensavo a quella capannuccia vicino alla segheria, dove David a volte metteva la 11


bicicletta. O era qualcosa di diverso? In chiesa i pensieri si confondono.� PoichÊ nessuno pareva in grado di scoprire che cosa avesse avuto in mente lady Emily, lei riprese il cammino, lasciandosi alle spalle una scia di effetti personali che la famiglia avrebbe dovuto raccattare, e sparÏ dentro casa.

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Estratto da Angela Thirkell, Fragole selvatiche Titolo originale dell’opera Wild Strawberries Traduzione dall’inglese di Marina Morpurgo Copyright © the Estate of Angela Thirkell 1934 © 2014 astoria srl corso C. Colombo 11 – 20144 Milano Prima edizione: ottobre 2014 ISBN 978-88-96919-93-4 Progetto grafico: zevilhéritier

www.astoriaedizioni.it


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