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La luna piena illuminava la strada dritta davanti a lei. Era una lunga strada vuota. Le case avevano imposte chiuse e segreti androni d’ombra. Solo qua e là il battente d’ottone di una porta o il radiatore di un’auto parcheggiata lungo il marciapiede riflettevano la luce della luna. Non c’era rumore di traffico e, nonostante le sirene della contraerea avessero suonato un’ora prima, lei gli aeroplani non li sentiva. “Te la cavi?” le avevano chiesto. “Ce la fai ad arrivare a Paddington? Meglio se prendi un taxi.” Con la testa stavano già in viaggio. Le dettero un bacio di addio, si frugarono in fretta e furia nelle tasche per un impulso dell’ultimo istante. “To’, prendi questo. Per il taxi. Sta’ attenta, eh?” Issarono i bagagli sul treno, si infilarono nel corridoio gremito e scomparvero senza voltarsi in mezzo alla ressa di divise cachi e blu, all’odore di tabacco, uniformi umide, sudore. Le banconote tra le dita intirizzite erano ancora tiepide del loro corpo; spinse i pezzi di carta stropicciata nella borsetta e fece scattare la chiusura. Taxi non ce n’erano. “Se c’è un’incursione,” aveva detto uno dei due, “cerca riparo. Va’ in un rifugio, oppure prendi la metropolitana. Non c’è pericolo nella metropolitana.” Sentendo freddo, infilò le mani nelle tasche. Trovò i guanti, 1