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Le vacanze pasquali erano già iniziate da una settimana quando la cugina Sophia giunse in Berkeley Square. Le uniche informazioni che la zia ricevette nei dieci giorni intercorsi furono un breve messaggio di sir Horace, in cui le comunicava che la sua missione era stata leggermente ritardata ma che avrebbe certamente visto la nipote da lì a poco. I fiori che Cecilia aveva sistemato con tanta eleganza nella sua camera appassirono e furono gettati via; e la signora Ludstock, una governante estremamente meticolosa, aveva dovuto arieggiare per ben due volte le lenzuola prima che, nel mezzo di un luminoso pomeriggio primaverile, un tiro a quattro, generosamente infangato, giungesse alla porta. Cecilia e Selina erano andate in carrozza con la madre nel Parco ed erano rientrate in casa da non più di cinque minuti. Stavano per salire la scalinata, quando il giovane Hubert Rivenhall la scese di corsa esclamando: “Deve essere mia cugina, perché la carrozza è carica di bagagli. E che cavallo! Mai ne ho visto uno tanto bello!”. Questa profusione di parole fece sì che le tre donne lo guardassero con sconcerto. Il maggiordomo, che si era appena allontanato dall’atrio, vi tornò solennemente accompagnato dai suoi attendenti annunciando, con un inchino a lady Ombersley, che era sua opinione che la signorina Stanton-Lacy fosse or ora giunta. Il portone venne spalancato e le tre signore poterono ammi1