Il prato di camomilla

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Helena andò al treno da Londra portando con sé Sophy, che sembrava più silenziosa del solito. Sophy era piccola, dieci anni, con qualcosa di orientale nell’aspetto, non quello che Richard avrebbe definito “sangue misto”, ma orientale. Gli zigomi potevano essere slavi, ma non gli occhi. Helena sperava che sarebbe migliorata. Non aveva mai indagato a fondo su cosa avesse combinato la sorellastra di Richard e con chi o dove. Il treno da Londra si snodò dentro Penzance. Calypso, Walter e Polly ne saltarono giù con entusiasmo, baciarono Helena, abbracciarono Sophy, il tutto gridando: “Bene, bene, come state? Non è bello? Non è magnifico? Che aria, dopo Londra! Prendiamo le valigie, troviamo un facchino. Dov’è l’auto? Come sta zio Richard? Come va la sua gamba?”. La loro sollecitudine sembrava sempre rivolta all’arto artificiale che, in effetti, si guastava più spesso di quello autentico. Calypso era mozzafiato. Ancora una volta, Helena ne fu sorpresa. A diciannove anni era ancora alta e smilza. Le labbra e le unghie orribilmente rosse e l’eccesso di cipria sul viso non riuscivano a rovinare la sua bellezza. Walter, diciotto anni, si era irrobustito. Era la versione bruna di suo padre e suo zio, eccetto per il naso che si era rotto da piccolo. Polly, invece, aveva preso da sua madre, con quella mascella quadrata e i sorprendenti occhi verdi dalle lunghe ciglia. I denti, leggermente fuori squadra, come una ballerina di fila fuori posto, davano al suo sorriso una particolare allegria. A diciannove anni, era già una bellezza. 1


“Avete saputo di Oliver?” “Oliver arriva con l’ultimo treno.” Helena osservava i giovani che si stipavano nell’auto. “E nessuno menzioni il generale Franco.” Si sistemò al volante. “Oh, zia Helena, sei una guastafeste. Vieni, Sophy, siediti sulle mie ginocchia.” Calypso abbracciò Sophy in vita e la baciò sulla nuca. “È bello rivederti.” Strinse la bambina. “Vieni a prendere Olly con me? Posso andare io a prenderlo, zia?” “Se ti fa piacere. Ma Sophy deve andare a letto.” “Oh, zia, questa volta soltanto.” “Sta crescendo, ha bisogno del suo sonno. Vedrà Oliver domani.” “Mamma ha parlato con zio George, le ha detto che Oliver se l’è cavata per un pelo. La pallottola gli ha sfiorato la testa.” Dal sedile posteriore dove stava con Polly, Walter si chinò in avanti per parlare con la zia, che guidava in modo spericolato. “Cosa pensi della guerra, zia?” “Quale?” Helena piantò una frenata per evitare un camion. “Quella che tuo zio chiama ‘la baruffa in Spagna’ o quella che sta arrivando?” “Quella che sta arrivando. Io andrò in Marina.” “Ma se hai sempre mal di mare.” Polly chiuse gli occhi mentre Helena aumentava la velocità. “Perfino in un sandolino.” “Andrò nei sommergibili. Non si può star male sott’acqua.” “Sei troppo giovane,” disse Helena. “Ho diciotto anni. E ho finito la scuola.” “E Oxford?” Helena cambiò marcia per imboccare la ripida salita della collina fuori dal paese. “O verrà distrutta o mi aspetterà. E poi non ho già il posto come Oliver. Mi chiedo se ci andrà adesso.” “A zio George non è proprio piaciuto che abbia usato il suo anno di attesa per combattere in Spagna. Voleva che imparasse il tedesco.” “La Germania non gli sarebbe piaciuta. Ci sono stata a Pasqua. Era disgustoso. Tutti quei Sieg Heil e Juden verboten. A Monaco una schifosa camicia bruna è stata villana con me, perché indossavo dei calzoncini corti.” Calypso sussultò quando Helena fece grattare il cambio in cima alla collina. 2


“Non parliamo di politica o di guerra. Potrebbe essere la nostra ultima vacanza estiva.” Polly parlò con impeto. “Non possiamo più fermarla, adesso.” “Vostro zio non crede che ci sarà la guerra. Preferirei che non ne parlaste davanti a lui.” “Oh, zia, esageri!” Calypso buttò indietro la testa e rise ma, vedendo la faccia di Helena, si fermò di botto. “Vuole l’ultima tutta per sé,” mormorò Polly a Walter, “e la zia ha perduto il suo primo marito, completamente, non solo una gamba e un po’ di gas negli occhi.” “Eccoci arrivati.” Helena svoltò nel viale che portava sul retro della casa, all’ingresso protetto dal vento. “Dopo che avrete salutato Richard, volete scegliervi le camere?” “Farai il pieno di sfollati, zia?” Walter scaricò le valigie. “La gamba dello zio lo eviterà.” Polly sgusciò fuori dall’auto. “Oh, maledizione, mi sono smagliata una calza.” “Polly, ti prego…” Helena aveva voglia di mollarle uno schiaffo. “Scusa, scusa zia. Ciao, zio Richard, come stai? Papà e mamma ti salutano tanto.” Polly e Calypso baciarono lo zio. Walter tese la mano. Era troppo vecchio ormai per dar baci e poi discutere se suo zio soffriva di alitosi o no. In attesa del treno di mezzanotte, leggermente in ritardo, Calypso rabbrividì passeggiando lungo il binario. Ricordava la frase di Polly secondo cui quella poteva essere la loro ultima vacanza. Erano dieci anni che lei e i suoi cugini venivano lì ogni estate, da quando Helena aveva sposato Richard e comprato la casa, brutta e quadrata, ma in una splendida posizione. Ogni agosto, da quando aveva l’età di Sophy, insieme a Polly, Walter e Oliver avevano fatto i bagni, si erano arrampicati sugli scogli e stramangiato a spese di Helena, comportandosi come se fossero a casa loro per poi svanire come uno stormo di rondini lasciando la casa a zio Richard e zia Helena e, per tutto l’anno, a Sophy che poi parlava di bufere invernali e mari agitati, di pioggia sferzante, di venti che non era possibile contrastare e di nebbia. Calypso si strinse 3


addosso il cardigan e saltellò da un piede all’altro. “Su, treno, arriva, su, Oliver, arriva.” Chissà se era cambiato? Sarebbe stato ancora lo stesso Oliver bello e divertente, quello che organizzava tutti i loro giochi? Cosa aveva visto e fatto in Spagna, in quella guerra che suscitava in tutti un’intensa passione? Oliver scese rigidamente dal treno e si guardò attorno. Calypso corse. “Oliver, tesoro, come sei abbronzato! Sembri Suzanne Lenglen. Ti fa male?” La testa bendata aveva un aspetto strano. Oliver le mise un braccio attorno alle spalle. Era tutto esattamente uguale, niente era cambiato, stessi facchini, stesso bigliettaio, stesso posteggio di taxi, porto, sciabordio d’acqua con l’alta marea, treno stanco. “Ti fa male?” ripeté. “No. Domani posso togliere la fasciatura. Guidi tu? Dov’è l’auto?” “Al solito posto.” “Credi che ci sia un pub aperto?” “È troppo tardi. Ti sei messo a bere?” “Solo rimandare l’arrivo.” “Perché?” “Tutte le domande.” “Non ce ne saranno molte. Helena dice che non dobbiamo parlare di Spagna o di guerra. Tra quanto verrà, Oliver? Quanto ci è rimasto? Ormai sono tutti a letto.” “Possiamo fermarci alla scogliera prima di andare a casa?” “Certo.” Calypso, leggermente imbarazzata, guidò veloce attraverso il paese addormentato sulla strada per la scogliera. “Va bene qui?” Fermò l’auto. Oliver scese, attraversò il terreno ineguale e si fermò a guardare di sotto il mare. Sembrava aver dimenticato Calypso che sedeva in macchina e lo guardava. Non si mosse e così lei lo raggiunse. “La Corsa del Terrore.” Calypso indicò il sentiero della scogliera. “La faremo quest’anno? Polly dice che potrebbe essere la nostra ultima vacanza.” “Posso scoparti? Ora, immediatamente. Calypso, voglio sposarti.” Lei non disse niente. “Beh?” Oliver guardò in basso il mare. “Beh, posso?” 4


“No, tesoro, sono vergine. Potrei avere un bambino. Non posso sposarti. Voglio sposare uno ricco, lo sai.” “Perché ti mantenga nella condizione a cui desideri abituarti?” “Sì. Io ti amo, Oliver, questo lo sai. E poi, abbiamo solo diciannove anni.” “Diciannove!” “Diciannove sono troppo pochi per un uomo per sposarsi. Devi andare a Oxford.” “Oxford, Cristo…” “Non rovinare la nostra vacanza.” “Va bene, faremo la Corsa del Terrore.” Tornò verso l’auto. “Dio, sono stanco.” Calypso salì accanto a lui. “La puzza. Non so dirti com’è.” “Che puzza?” Calypso mise in moto. “Morte.” “Pezzi di persone, come la gamba dello zio?” “Esattamente. Poveraccio, e noi che gli facciamo il verso.” “Sei cambiato.” Cercava di parlare con leggerezza. “Sono soltanto uscito dal guscio, svegliato, cresciuto.” “Eccoci.” Calypso fermò l’auto vicino alla casa. “Mi dispiace tanto, Oliver.” “Buonanotte. In che stanza sono?” “Quella rossa.” “Grazie.” Oliver salì le scale senza voltarsi indietro e andò nella sua camera. Si svestì senza accendere la luce, infilò il pigiama, si avvicinò alla finestra per tirare le tende, trovò Sophy. “Sophy, cosa fai qui?” “Zia Helena non ha voluto che venissi a prenderti. Calypso voleva portarmi alla stazione.” “Davvero?” “Sì, lo ha proposto lei, ma zia Helena ha detto che dovevo andare a letto e che ti avrei visto domani mattina. Sei arrabbiato?” “No. Tu hai freddo. Vieni qui.” La prese in braccio. “Lascia che ti riscaldi.” Portò sul letto la bambina tremante. “Scaldiamoci a vicenda. Vieni sotto con me.” “Ti fa male la testa? Come hanno fatto a spararti?” 5


“No, non mi fa male. Non parlare. Forse riusciamo a sentire il mare.” “Oliver, stai piangendo.” Gli toccò la faccia bagnata. Lui se la strinse vicino nel suo pigiamino di flanella. Odorava di sapone. “Lasciami piangere…” Piangeva per gli orrori della Spagna e per il secco rifiuto di Calypso.

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Estratto da Mary Wesley, Il prato di camomilla Titolo dell’opera originale The Camomile Lawn Traduzione dall’inglese di Bruna Mora © 1984 Mary Wesley. All rights reserved Published by arrangement with Marco Vigevani Agenzia Letteraria, on behalf of Toby Eady Associates Ltd. © 2011 astoria srl via Aristide De Togni 7 – 20123 Milano Prima edizione: settembre 2011 ISBN 978-88-96919-13-2 Progetto grafico: zevilhéritier

www.astoriaedizioni.it


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