Jane e prudence

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Jane e Prudence passeggiavano nel giardino del college prima di cena. La loro conversazione era appassionata e discontinua, perché Oxford a mezza estate è straordinariamente incantevole, e la vista delle torri grigie attraverso gli alberi e il fiume che scorreva accanto a loro le inducevano ad abbandonarsi ai ricordi. “Ah, quei delfinium,” sospirò Jane. “Ho sempre pensato che gli occhi di Nicholas avessero esattamente lo stesso colore. Ma immagino che un uomo di mezza età – com’è adesso, povero caro – non possa avere gli occhi azzurro delfinium.” “Quelle rose bianche mi fanno sempre pensare a Laurence,” disse Prudence, seguendo un proprio corso di pensiero. “Mi ricordo che una volta è venuto a prendermi e ha raccolto per me una rosa bianca – e la signorina Birkinshaw lo vide dalla finestra! Eravamo come la Bella e la Bestia,” soggiunse. “Non che Laurence fosse brutto. L’ho sempre giudicato piuttosto attraente.” “Ma tu eri senza dubbio la Bella, Prue,” disse Jane con calore. “Oh, i giorni del vino e delle rose! Non durano a lungo.” “E pensare che il vino non ci piaceva nemmeno,” disse Prudence. “Quanto eravamo innocenti e felici allora!” Continuarono a camminare senza parlare, il loro silenzio un piccolo tributo alla gioventù perduta. Prudence Bates aveva ventinove anni, un’età spesso critica per una donna che non si sia ancora sposata. Jane Cleveland 1


aveva quarantun anni, un’età che può recare con sé soddisfazioni insospettate da una ventinovenne ansiosa. Se poteva sembrare improbabile che una coppia di età così diversa passeggiasse insieme a un raduno di ex allieve, quando la differenza di età fra le amiche raramente supera un anno o due, ciò accadeva perché il loro rapporto era stato quello di maestra e allieva. Per due anni, quando suo marito aveva avuto un beneficio proprio vicino a Oxford, Jane era tornata nel suo vecchio college per aiutare la signorina Birkinshaw con le studentesse di inglese, ed era stato allora che Prudence era diventata sua allieva ed era rimasta sua amica. Per Jane quei due anni erano stati molto piacevoli, ma poi la coppia si era trasferita in una parrocchia suburbana, e adesso, pensò Jane, guardando intorno al tavolo a cena, eccomi di nuovo al punto di partenza, un’altra delle molte ex allieve che hanno sposato un ecclesiastico. Le sembrava di rivedere l’annuncio sul “Chronicle” nella rubrica Matrimoni, “Cleveland-Bold”, o piuttosto, “Bold-Cleveland,” perché qui erano le donne ad avere la precedenza; era il loro mondo, i mariti esistevano solo in relazione a loro: “Jane Mowbray Bold, con Herbert Nicholas Cleveland”. E in seguito, dopo un ragionevole lasso di tempo, “A Jane Cleveland (Bold), una figlia (Flora Mowbray)”. Quando lei e Nicholas erano fidanzati, a Jane piaceva molto immaginarsi come moglie di un ecclesiastico, a incominciare da Trollope fino ai romanzieri vittoriani e alle mogli di oggi, ardite, cordiali, che mandavano avanti grandi case e numerose famiglie con davvero troppo poco denaro e talvolta scrivevano perfino sul “Church Times”. Ma ben presto era subentrata la delusione. Il primo incarico di curato di Nicholas era stato in una città nella quale lei aveva trovato ben poco in comune con le donne anziane e di mezza età che costituivano la maggior parte della congregazione. La franchezza di linguaggio di Jane e il suo carattere bizzarro non erano stati apprezzati; a quanto pareva erano necessarie anche qualità che lei non possedeva e che le sembrava impossibile acquisire. Poi, con il passare degli anni, quando si era resa conto che Flora sarebbe rimasta figlia unica 2


aveva nuovamente provato la sensazione di avere fallito, poiché la sua immagine di moglie di un ecclesiastico includeva una numerosa famiglia vittoriana, come quelle dei romanzi della signorina Charlotte M. Yonge. “Almeno ho avuto Flora, anche se qui hanno avuto tutte due figli,” disse, formulando ad alta voce i suoi pensieri per chiunque si trovasse a portata d’orecchio. “Io no,” disse Prudence con una certa freddezza, poiché in occasioni come queste era consapevole di non avere ancora marito, sebbene donne di ventinove o trent’anni o perfino di più potessero ancora sposarsi, e lo facevano, a giudicare dagli altri annunci sul “Chronicle”. Avrebbe desiderato che Jane non dicesse cose del genere con la sua voce alta e squillante, la voce di chi è abituato a parlare alle assemblee parrocchiali. E perché non fare lo sforzo di cambiarsi per cena invece di comparire nel completo di flanella grigia con la gonna stazzonata con il quale era arrivata? In realtà Jane era molto graziosa, con i grandi occhi e i capelli corti e ricciuti, ma i suoi vestiti erano spaventosi. Non si poteva certo biasimare la gente se considerava tutte le universitarie delle sciattone, pensava Prudence, facendo scorrere lo sguardo lungo la tavola sui buffi capi di abbigliamento e sulle donne ancora più buffe che li indossavano, sui volti appassionati, senza trucco, con le ciocche di capelli spettinate, gli abiti trasandati; eppure la maggior parte di loro si era sposata, era questa la cosa più strana e sconcertante. Prudence è incantevole questa sera, pensava a sua volta Jane, sembra uscita da una rivista femminile, “tirata a lucido”, con un vestito rosso che fa risaltare il suo incarnato pallido e i suoi capelli neri. Era strano, in verità, che non si fosse ancora sposata. Era legittimo domandarsi se fosse davvero meglio avere amato e perduto che non aver amato affatto, visto che la povera Prudence sembrava avere perduto tante volte. Poiché sebbene fossa stata, e lo fosse tutt’ora, molto ammirata, aveva preso l’andazzo di preferire, tra tutte le storie d’amore, la più infelice, così che stava diventando quasi una cattiva abitudine. La sua ultima passione non 3


sembrava più ragionevole delle precedenti. Aveva qualcosa a che fare con il suo lavoro, credeva Jane, poiché fino a quel momento aveva preferito non chiederle i particolari. Sarebbero arrivati sicuramente più tardi nella serata, accompagnati da quella che era stata un tempo una cioccolata o un’Ovomaltina quando erano studentesse, e adesso probabilmente soltanto troppe sigarette, senza l’innocuo conforto della bevanda calda. “Cosicché avete tutte sposato uomini di chiesa,” stava dicendo la signorina Birkinshaw con voce limpida all’altro capo del tavolo. “Tu, Maisie, Jane, Elspeth, Sybil e Prudence…” “No, signorina Birkinshaw,” si affrettò a dire Prudence, “io non sono affatto sposata.” “Naturalmente, adesso ricordo… tu, Eleanor Hitchens e Mollie Holmes, siete le uniche tre del vostro corso che non si sono sposate.” “Lo fa sembrare spaventosamente definitivo,” disse Jane. “Sono certa che ci sia ancora speranza per ognuna di loro.” “Ebbene, Eleanor ha il suo lavoro al ministero, e Mollie l’assistenza e i suoi cani, e Prudence, anche lei, il suo lavoro…” Il tono della signorina Birkinshaw sembrò perdere un po’ della propria incisività, perché non riusciva mai a ricordare che cosa facesse Prudence. Le piaceva che le sue ex allieve avessero un’etichetta precisa: le mogli degli ecclesiastici, le altre mogli, quelle che si erano “realizzate” in modi meno ovvi, con lo scrivere, o l’assistenza sociale o una brillante carriera al ministero degli Interni. Era forse quest’ultima l’etichetta che si sarebbe potuta applicare a Prudence? si chiese speranzosa la signorina Birkinshaw. Avrebbe potuto dire “E Prudence ha i suoi amori,” pensò in fretta Jane, poiché senza dubbio erano un’occupazione come qualsiasi altra. “Il tuo lavoro deve essere molto interessante, Prudence,” proseguì la signorina Birkinshaw. “Non mi piace chiedere alle persone nella tua posizione che cosa facciano esattamente.” “Sono una specie di assistente personale del dottor Grampian,” disse Prudence. “È piuttosto difficile da spiegare. Mi oc4


cupo della parte più noiosa del suo lavoro, preparo i testi per la stampa e via dicendo.” “Dev’essere meraviglioso sapere che hai una parte, per quanto piccola, in quello che fa,” disse la moglie di un ecclesiastico. “Sono certa che scriverai gran parte dei suoi libri,” disse un’altra. “Penso spesso che un lavoro come questo debba ricompensare ampiamente del fatto di non essere sposate,” aggiunse con tono di sufficienza. “Non ho alcun bisogno di essere ricompensata,” rispose Prudence con leggerezza. “Penso spesso che essere sposata sarebbe una bella seccatura. Ho un bell’appartamento, e sono così abituata a vivere da sola che non saprei davvero che farmene di un marito.” Oh, ma un marito è uno cui raccontare i propri sciocchi scherzetti, uno che porta le valigie e dà le mance in albergo, pensò impetuosamente Jane. E sebbene facesse senza dubbio tutte queste cose, Nicholas era anche molto di più. “Mi piace pensare che alcune mie allieve facciano un lavoro accademico,” disse la signorina Birkinshaw con un po’ di rimpianto, perché erano tanto poche a farlo. Il dottor Grampian era una specie di economista o di storico, credeva. Scriveva quel genere di libri che non si poteva pretendere che qualcuno leggesse. “Eccoci qui tutte riunite attorno a lei,” disse Jane, “e nessuna di noi ha mantenuto veramente le sue antiche promesse.” Per un attimo aveva quasi dimenticato la propria ricerca nata morta – “l’influenza di qualcosa su qualcuno”, non l’aveva chiamata così Virginia Woolf ? – alla quale il suo matrimonio aveva posto precocemente termine. Non riusciva quasi neppure a ricordare quale avrebbe dovuto esserne l’argomento: Donne, e la sua influenza su qualche poeta posteriore meno illustre? O uno studio sull’omonimo di suo marito, il poeta John Cleveland? Una volta sistemati nella nuova parrocchia nella quale si sarebbero trasferiti fra breve, avrebbe ritirato fuori i suoi appunti. In campagna avrebbe avuto molto più tempo per il suo lavoro. La signorina Birkinshaw era come una vecchia scultura d’avo5


rio, pensava Prudence, senza età, immacolata, con il pizzo intorno al collo. Era stata la stessa per molte generazioni che avevano studiato letteratura inglese sotto la sua guida. Aveva mai amato? Era impossibile credere che non lo avesse fatto, doveva senza dubbio esserci stata qualche splendida tragica storia romantica molto tempo fa; e lui era stato ucciso o era morto di febbre tifoidea, o lei, una donna moderna con la passione dello studio, lo aveva respinto a favore di Donne, Marvell, e Carew. Se il tempo e il mondo fossero sufficienti, per me, Signora, non sarebbe reato questa vostra ritrosia. Ma non c’era mai abbastanza tempo e spazio e la grande opera della signorina Birkinshaw sui poeti metafisici del Seicento non era ancora finita, forse non lo sarebbe stata mai. E l’amore di Prudence, o comunque lo si volesse chiamare, per Arthur Grampian – forse amore era un nome troppo importante – procedeva senza speranza mentre il tempo fuggiva… “Credo, Jane, che tuo marito stia per trasferirsi in una nuova parrocchia,” disse la signorina Birkinshaw, raccogliendo le fila della conversazione. “L’ho letto sul ‘Church Times’. Ti piacerà stare in campagna, e poi c’è la sede episcopale così vicina.” “Sì, ci trasferiremo in settembre. Sarà come in un romanzo di Hugh Walpole,” disse Jane con entusiasmo. “Purtroppo la cattedrale è piuttosto moderna,” osservò la moglie di un pastore. “E uno dei canonici non mi piace molto.” “Ma non ho mai pensato che mi dovessero piacere i canonici!” replicò Jane impulsivamente. “Il canonico di una potrebbe non essere quello dell’altra…” incominciò un’altra moglie, ma la sua frase si interruppe, lasciando l’impressione quasi di un’affermazione sconveniente, che non venne certo migliorata dal fatto che Jane dicesse con veemenza: “Posso assicurarvi che non ci sarà niente del genere!”. “Quello dove andrai è un posticino attraente,” disse la signo6


rina Birkinshaw. “Forse si è ingrandito da quando l’ho visto l’ultima volta, allora era poco più di un paese.” “Credo che ormai sia completamente rovinato,” disse qualcuna con irruenza. “Questi posticini vicini a Londra non sono più quelli di una volta.” “Beh, immagino che sarà meglio dei sobborghi,” disse Jane. “La gente sarà di mentalità meno ristretta e arrogante.” “Tuo marito dovrà procedere con i piedi di piombo,” disse la moglie di un canonico. “Ricordo che abbiamo incontrato molte difficoltà, quando ci siamo trasferiti nel nostro paese. La chiesa non era veramente tanto cattolica quanto avremmo potuto desiderare. E i paesani erano ostinatamente restii ad accettare qualsiasi novità.” “Oh, non cercheremo di introdurre cambiamenti sensazionali,” disse Jane. “C’è una chiesa vicina costruita molto di recente dove tutto questo è già stato fatto. Il pastore era là quando c’era mio marito.” “E avremo con noi tua figlia Flora, il prossimo trimestre,” disse la signorina Birkinshaw. “Mi fa sempre piacere vedere arrivare le figlie.” “Ah, sì; rivivrò con lei i miei giorni di Oxford,” sospirò Jane. Vi fu un rumore di sedie spostate e poi il silenzio. La signorina Jellink, la preside, si era alzata, e le donne chinarono il capo per la preghiera di ringraziamento. “Benedicto benedicatur,” disse la signorina Jellink, in tono pensoso, come se riflettesse sulle parole. Presero il caffè nella sala riunione delle anziane e poi si recarono nella cappella nel piccolo edificio dal tetto di latta in mezzo agli alberi, in fondo al giardino. Jane cantò a gola spiegata, mentre Prudence taceva accanto a lei. Tutta la faccenda della religione era per lei senza significato, ma provava un certo conforto perfino nel suono stridente di voci femminili non educate che cantavano un inno vespertino. Forse era perché la riportava ai giorni del college, quando l’amore, anche se talvolta non corrisposto o insoddisfacente per altri motivi, tendeva a fiorire 7


in circostanze così romantiche, sullo sfondo idilliaco di vecchie mura di pietra, di fiumi, di giardini, e perfino delle sale di lettura della grande biblioteca. Dopo la cappella passeggiarono ancora nei giardini fino al crepuscolo, per riunirsi poi nelle stanze a chiacchierare e a scambiarsi confidenze. Jane corse alla finestra e guardò verso il fiume e una torre che si intravedeva fiocamente tra gli alberi. Le avevano dato la stanza che aveva occupato il terzo anno del suo soggiorno, e il panorama era pieno di ricordi. Qui aveva visto Nicholas risalire il viale in bicicletta, senza immaginare neppure lontanamente che sarebbe diventato un ecclesiastico, sebbene vedendolo in piedi nell’ingresso con i pantaloni ancora stretti nelle mollette da bicicletta, forse avrebbe dovuto rendersi conto che un giorno o l’altro sarebbe diventato un uomo di chiesa. Lo ricordava così vivamente pedalare lungo il viale, con lo sguardo timoroso alzato alla sua finestra, quasi temesse che ci fosse la signorina Jellink e non Jane a guardare fuori. Anche Prudence aveva i suoi ricordi. Laurence, Henry, Philip, e tanti altri, perché aveva molti e numerosi ammiratori, e tutti sembravano risalire il viale, in ranghi serrati, sebbene in verità fossero venuti ognuno per conto proprio. Se avesse sposato Henry, che adesso era lettore in un’università di provincia, pensava Prudence, oppure Laurence, che era qualcuno nell’azienda del padre a Birmingham, o perfino Philip, piccolo e occhialuto, che parlava in modo così serio e noioso di automobili… ma Philip era morto nell’Africa del Nord perché sapeva tutto sui carri armati… le lacrime, che non aveva mai sparso per lui quando era vivo, riempirono adesso gli occhi di Prudence. “Povera Prue,” disse Jane un po’ commossa, chiedendosi che cosa potesse dirle. Perché piangeva adesso? Poteva trattarsi del dottor Grampian? “Ma dopotutto, è sposato, no?… Voglio dire che c’è una moglie da qualche parte anche se non l’hai mai conosciuta. Non dovresti considerarlo veramente come un’opportunità, sai? A meno che lei non muoia, naturalmente, allora sarebbe 8


tutto regolare.” Un vedovo, ecco di che cosa aveva bisogno, se se ne fosse potuto trovare uno. Un vedovo sarebbe andato a pennello per Prudence. “Pensavo al povero Philip,” disse Prudence con una certa freddezza. “Il povero Philip?” Jane corrugò la fronte. Non riusciva a ricordare nessuno di nome Philip. “Che cosa, chi…?” incominciò. “Oh, non te lo ricordi,” disse Prudence accendendosi un’altra sigaretta. “Me lo ha fatto venire in mente questo panorama, ma in realtà non ci pensavo più da anni.” “No, immagino che sia Adrian Grampian, adesso,” disse Jane. “Non si chiama Adrian. Si chiama Arthur.” “Già, naturalmente, Arthur.” Si può amare un Arthur? si chiese Jane. Beh, tutto era possibile. Incominciò a pensare agli Arthur famosi della storia e della letteratura; naturalmente i primi a venirle in mente furono i cavalieri della Tavola Rotonda, ma non avrebbe saputo dire perché non fosse più un nome molto diffuso; di questi tempi aveva un’aria sbiadita e vittoriana. “Non si tratta tanto di quello che c’è tra noi quanto di quello che non c’è,” diceva Prudence. “È il rapporto negativo che mi ferisce tanto, la completa mancanza di rapporto, se capisci quello che voglio dire.” “Sembra piuttosto riposante in un certo senso,” disse Jane, cercando di fare del suo meglio, “avere una relazione negativa con qualcuno. Naturalmente la moglie di un pastore deve avere relazioni negative con una quantità di gente, altrimenti la vita diventerebbe insopportabile.” “Ma non si tratta affatto della stessa cosa,” spiegò pazientemente Prudence. “Vedi, sento che sotto a tutto questo c’è qualcosa, qualcosa di positivo…” Jane ricacciò uno sbadiglio, ma voleva bene a Prudence ed era decisa a fare quello che poteva per lei. Quando si fossero sistemati nella nuova parrocchia l’avrebbe invitata non solo per un fine settimana, ma per un bel po’ di tempo. Un nuovo ambiente e la conoscenza di persone nuove le avrebbero fatto molto 9


bene e avrebbe anche potuto esserci un lavoro per lei, un lavoro manuale che le desse soddisfazione, zappare, coltivare, qualcosa all’aria aperta. Ma uno sguardo alle mani piccole e palesemente inutili di Prudence, con le lunghe unghie rosse, la convinse che sarebbe stato scarsamente realizzabile. Non l’agricoltura allora, ma un vedovo: cosÏ avrebbe dovuto essere.

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Estratto da Barbara Pym, Jane e Prudence Titolo originale dell’opera: Jane and Prudence Traduzione dall’inglese di Lidia Zazo © Barbara Pym 1953 © 2015 astoria srl corso C. Colombo 11, 20144 Milano Prima edizione: aprile 2015 ISBN 978-88-98713-09-7 Progetto grafico: zevilhéritier

www.astoriaedizioni.it


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