Una seconda occasione

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Uno spaventoso rumore, grida laceranti, una lite impari in cima alle scale, il brusco sbattere di una porta… Edith balzò in piedi dall’angolino del divano blu accanto al fuoco, su cui riposava pensando alla sua ospite, e corse alla porta. “Archie… Archie! Vieni subito qui! Cos’è questo rumore?” Un bambino di dieci anni entrò con calma nella stanza. “Non sono stato io a fare rumore,” disse, “è stata madame Frabelle.” Sua madre lo osservò. Era un bel bambino dai chiari occhi grigi che ti guardavano dritto in faccia senza lasciar trapelare niente di niente, lunghe ciglia che ammorbidivano il suo sguardo regalandogli anche un’espressione leggermente ironica, una faccia rotonda, una fronte molto ampia, e lisci capelli color paglia. Già a quella giovane età aveva il riserbo inespressivo della scuola privata dove sarebbe stato mandato, con qualcosa della soave superiorità dell’università a cui era destinato. Edith pensava che avesse ereditato questi due tratti da lei. Lei lo fissò, rimuginando, come aveva rimuginato spes1


so, sull’impossibilità di indovinare, seppur vagamente, cosa stesse davvero accadendo dietro quella larga fronte. E lui le restituì lo sguardo, in modo rispettoso ma senza far trasparire nulla. Lei era una donna snella, bionda e attraente, con più vivacità e carattere di quanto ne abbiano di solito le donne di questo genere. Come il bambino, aveva occhi grigi con lunghe ciglia, e capelli blonde-cendre: la bocca e il mento erano alla Burne-Jones e il suo fascino, che era notevole anche se involontario, e di solito inconsapevole, agiva in parte sui sensi e in parte sull’intelletto. Di fondo non era una di quelle donne che irritano tutte le altre con il loro potere (e ancor di più con la loro ferma volontà) di attrarre gli uomini; lei era davvero e insolitamente indifferente all’ammirazione generale. Eppure, che non fosse una donna fredda, incapace di sentimenti appassionati, era ovvio per ogni fisionomista; le labbra pienamente incurvate mostravano il suo temperamento generoso e amante del piacere, mentre gli occhi sorridenti e vivaci dallo sguardo delicato parlavano di meticolosità e discernimento. La sua voce era bassa e morbida, vibrante, e lei rideva spesso e con facilità, essendo prontissima a vedere e a godersi il lato divertente della vita. Ma sia la capacità d’osservazione sia le emozioni erano istintivamente dissimulate attraverso un modo di fare tranquillo e discreto, tanto che si era resa ancor più popolare apparendo riservata. Edith Ottley avrebbe potuto essere con estrema facilità il centro di qualsiasi gruppo, eppure… non lo era! Le donne le erano grate, e in cambio ammettevano che fosse graziosa, spontanea e affascinante. Quel giorno era vestita molto semplicemente di blu scuro e sarebbe potuta passare per la sorella maggiore di Archie. “Non è niente. Non è stata colpa mia. È stata colpa sua. Madame Frabelle ha detto che mi avrebbe insegnato lei a 2


prendere il suo mandolino e usarlo come mazza da cricket. Non c’è bisogno che mi insegni; lo so già.” “Ora, Archie, sai benissimo che non hai nessun diritto di entrare in camera sua quando lei non c’è.” “Come faccio a entrare quando lei c’è…? Non me lo permetterebbe. E poi, non voglio.” “Non è carino da parte tua; non dovresti entrare da lei senza il suo permesso.” “Non è la sua camera, è la tua camera. O perlomeno, è la camera degli ospiti.” “Hai fatto qualche danno al mandolino?” Lui fece una piccola pausa, come faceva spesso prima di rispondere, come se si distraesse, e poi disse, come risvegliandosi da un sogno a occhi aperti: “Ehm… no. Nessun danno”. “Beh, cos’hai fatto?” “Posso ripararlo,” rispose. “Madame Frabelle è stata molto gentile con te, Archie. Mi dispiace che tu non ti comporti in modo carino con un’ospite in casa di tua madre. Non è il modo di fare di un gentiluomo.” “Oh. Beh, ci sono davvero tante cose in camera sua, mamma, alcune sono proprio divertenti.” “Vai a dire che ti dispiace, Archie. E non devi farlo più.” “Sarebbe il modo di agire di un gentiluomo dire che mi dispiace? Sarebbe il modo di agire di un bugiardo, sai.” “Cosa! Non ti dispiace averla disturbata?” “Mi dispiace che se ne sia accorta,” disse, mentre si voltava verso la porta. “Queste continue scene e liti tra mio figlio e la mia ospite mi causano moltissimo dolore,” disse Edith, con simulata gravità. 3


Lui assunse un’aria seria. “Beh, non aveva bisogno di litigare.” “Ma non è molto gentile con te?” “Sì, non è male a volte. Mi piace quando mi racconta bugie su cosa faceva suo marito – voglio dire storie. Non è male come tipo… È una rifugiata senzatetto, mamma?” “Non esattamente. È una vedova, e sta con noi, e dobbiamo essere carini con lei. Ora, non te lo dimenticherai di nuovo, non è vero?” “Va bene. Ma posso ripararlo.” “Penso che farei meglio a salire da lei,” disse Edith. Archie aprì educatamente la porta a sua madre. “Non lo farei se fossi in te,” disse. Edith tornò lentamente accanto al fuoco. “Beh, le lascerò un momento, forse. Adesso vai a fare qualcosa di utile.” “Cosa, di utile? Cielo! Ho appena iniziato le vacanze, mamma!” “Non è un motivo perché tu passi il tempo a far preoccupare tutti, e a rompere gli strumenti musicali degli ospiti che sono sotto il tuo tetto.” Archie guardò verso il soffitto e sorrise, come se gli piacesse quel modo di mettere le cose. “Penso sia contenta di avere un tetto sulla bocca – voglio dire sulla testa,” si affrettò a correggersi. “Ma, mamma, non è povera. Ha una collana di ambra. Per di più, l’altro giorno ha dato a Dilly sei pence perché non si è fatta spaventare da una mucca. Se si può permettere di dare sei pence a una bambina per ogni animale di cui dice che non la spaventa!” “Questo prova solo che è gentile. E io non ho detto che fosse povera; non è questo il punto. Dobbiamo essere carini e premurosi con chiunque stia con noi – non capisci?” 4


Archie rimase sovrappensiero per un altro minuto. “Beh, non mi sorprenderei se fosse in grado di usarlo ancora,” disse in tono di consolazione, “il mandolino, voglio dire. E poi, che ha di buono in ogni caso? Senti, mamma, tutti gli stranieri hanno un brutto carattere?” “Madame Frabelle non è straniera.” “Non ho detto che lo è. Ma suo marito lo era. A volte si arrabbiava terribilmente con lei. Lei dice che era un tipo nobile. Le piaceva tremendamente, ma dice che lui non l’ha mai capita. Pensi che con lui parlasse in inglese?” “Adesso basta, Archie. Vai a trovarti qualcosa da fare.” Mentre usciva si girò di nuovo e disse: “A papà lei piace?”. “Come, sì, naturalmente gli piace.” “Che strano!” disse Archie. “Beh, dirò che mi dispiace… quando la rivedo.” Edith lo baciò, un’operazione che lui sopportò eroicamente. Lui attirava i baci, ma raramente lei cedeva alla tentazione. Poi tornò al divano. Voleva continuare a riflettere su quel mistero: la sua ospite.

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Estratto da: Ada Leverson Una seconda occasione Titolo originale dell’opera Love at Second Sight (1916) Traduzione dall’inglese di Elisabetta Di Stefano © 2013 astoria srl via Aristide De Togni 7 – 20123 Milano Prima edizione: aprile 2013 ISBN 978-88-96919-55-2 Progetto grafico: zevilhéritier

www.astoriaedizioni.it


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