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Uno spaventoso rumore, grida laceranti, una lite impari in cima alle scale, il brusco sbattere di una porta… Edith balzò in piedi dall’angolino del divano blu accanto al fuoco, su cui riposava pensando alla sua ospite, e corse alla porta. “Archie… Archie! Vieni subito qui! Cos’è questo rumore?” Un bambino di dieci anni entrò con calma nella stanza. “Non sono stato io a fare rumore,” disse, “è stata madame Frabelle.” Sua madre lo osservò. Era un bel bambino dai chiari occhi grigi che ti guardavano dritto in faccia senza lasciar trapelare niente di niente, lunghe ciglia che ammorbidivano il suo sguardo regalandogli anche un’espressione leggermente ironica, una faccia rotonda, una fronte molto ampia, e lisci capelli color paglia. Già a quella giovane età aveva il riserbo inespressivo della scuola privata dove sarebbe stato mandato, con qualcosa della soave superiorità dell’università a cui era destinato. Edith pensava che avesse ereditato questi due tratti da lei. Lei lo fissò, rimuginando, come aveva rimuginato spes1